Als ware das Plotzliche das Einzige, was sie besitzt

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Als wäre das Plötzliche das Einzige, was sie besitzy

Titolo:

Als wäre das Plötzliche das Einzige, was sie besitzt (Come se l’immediato fosse la sola cosa che le appartenesse)

Autore:

Chantal Michel

Anno:

1998

Luogo:

Thun (Svizzera)

Sito web:

http://www.chantalmichel.ch/video/97_98/und_ich_will/index

Descrizione:

Quest’opera video rinvia al valore istantaneo del gesto e della situazione, che accadono sotto lo sguardo dello spettatore. Un valore che, nella sequenza di attimi irripetibili (l’immediato), pur se ripetuti a catena nell’azione, entra nella sfera dell’unicità e della proprietà privata (la sola cosa che le appartenesse). L’immaterialità del tempo e del suono si spazializzano o contraggono nel linguaggio digitale, la fisicità del corpo si automatizza nell’artificio dell'immagine.

Un unico soggetto, l’artista, compare simultaneamente sul piccolo schermo di undici monitor in funzione. L’unicità dell’io si frammenta in undici quadri, la fisionomia della protagonista si trasforma undici volte, gli abiti si alternano nei colori gialli, rosa, blu chiaro e bianco, anche le parrucche cambiano colore e acconciatura... e su questi piccoli spazi del gioco - scrive Didier Cattroen - plana la violenza di un canto dolcissimo e infantile che ripete il ritornello della sua solitudine, allontanandosi, affievolendosi, per ritornare da nessun luogo, riprendere più da presso e quindi ricomminciare.

Nel video può capitare che il sonoro passi dal fruscio minimale dell’abito di seta allo squittìo isterico della voce, che urla la sua rabbia, mentre il corpo si dimena forsennatamente, allo sfregamento sul muro e pavimento dei piedi scalzi o dei tacchi delle scarpette argentate, al gorgoglio fisico della deglutizione di un cioccolatino dopo l’altro, al trasporto melodico-sentimentale di un romantico valzer.

Chantal Michel ha inventato una macchina di cattura di se stessa per immobilisarsi nel suo autoritratto, spostandosi da un luogo all’altro, da un abito all’altro. Un autoritratto istantaneo il suo, pietrificato, connotato dai segni degli spazi angusti che la protagonista sceglie per apparire o sparire, per darsi una natura piumata. Ogni vestito è una casa per l’artista, che ha deciso di abitare, indumento dal taglio esclusivo, su misura, mai di serie, disegnando così un elegante topografia dell’intimità. E nell’intimità, si sa, non ci sono frontiere.

In queste video-azioni Chantal Michel si rannicchia in posizione fetale, si distende come un felino, si agita come per uscire dalla prigione di se stessa, dorme come un angelo, ritorna bambina saltando alla corda, danza come un fata in spazi nudi, grigi al limite del claustrofobico.

Il contrasto con l’asetticità dello spazio è tanto più netto quanto più fruscianti ed eterei sono gli abiti che indossa, da sera, spesso di bambola, forse da sposa, da femme fatale.

Chantal Michel si reinventa un’infanzia, si racconta le favole, ridà immagine alla sua adolescenza e al suo essere donna, si taglia addosso i sogni della casa-vestito, si esercita ad abitare il dentro e il fuori e la loro rispettiva vertigine, il movimento e l’immobilità, la claustrofobia e l’agorafobia, a frequentare sovente l’inquietudine del suo doppio.

Costruisce un universo di segni che rappresenta la sua realtà e fa sapere al mondo della sua esistenza.

Genere artistico:

Installazione video

Bibliografia:

  • 2004, a cura di Fagone Vittorio, Solimano Sandra, Bianda Lorenzo, ARTE DELl VIDEO, Il viaggio dell’uomo immobile, videoinstallazioni, videoproiezioni, Edizioni Fondazione Ragghianti Studi sull’Arte, Lucca.

Webliografia: