Art-free portals or free art portals

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Deck Andy

Autore:

Andy Deck

Tratto da:

http://www.andyland.net/ (cerca in categoria “essays‿)

Titolo Originale:

Art-free portals or free art portals?

Traduzione di:

Simona Marini

Anno:

2000 d.c.

Portali d’arte libera o Portali d’arte gratuiti?

Mentre la sfida per "eyeballs" diventa più intensa online, la fiducia e l’attenzione del pubblico probabilmente sarà sempre più captata dalle capacità degli ingegneri di marketing e dai magici motori di ricerca e difficilmente verrà attratta dal contenuto dei produttori indipendenti. I principali portali internet presto saranno concentrati su musica e films, cosicché sempre minor attenzione sarà focalizzata su artisti indipendenti, autori e organizzazioni con fondi più modesti. È così sorto un bisogno comune per i portali popolari caratterizzati da contenuti indipendentemente prodotti. Molto si ha da imparare dall’“Open Directory Project‿ una lista gerarchica di links mantenuti da editori volontari. Una caratteristica dei portali d’arte online è la presenza di diversi contenziosi che stanno trovando una soluzione mediante un dialogo che è già iniziato.

Il decidere come orchestrare le politiche di selezione del contenuto dei portali d’arte è un problema significativo. Gli editori volontari, così come i lavoratori temporanei di Yahoo! non sono dei buoni candidati. Chi dovrebbe essere pagato, quanto e da chi sono tutte importanti questioni. Un’ ulteriore controversia è il possesso dei contenuti. A questo riguardo può essere d’aiuto distinguere tra un archivio, che deve cercare di preservare nel tempo i lavori, e un portale. Fino a quando il ruolo primario per un portale d’arte sarà di fungere da punto di riferimento per altri luoghi, gli artisti probabilmente non vorranno rinunciare a nessun diritto di proprietà intellettuale.

Lo scorso dicembre (1999) ci fu un incontro a New York che coinvolse i ‘net artisti preoccupati della proprietà intellettuale, dalle strategie per un’efficiente distribuzione e dai difetti di entrambe, dalla completa autonomia e dallo sfruttamento intellettuale e contrattuale. C’era un chiaro sentore che i problemi condivisi dovessero essere discussi e parole come “ collettivo‿, “policy‿ e “ dichiarazioni di principi‿ furono usate piuttosto seriamente. I progetti che ne uscirono nonostante fossero entusiastici risultarono comunque vaghi.

Nell’aprile del 2000 ebbe luogo un’altra conferenza alla “New York University Law School‿ intitolata “Una libera ed ecologica informazione nell’ambiente digitale‿. Ci furono molti illustri giuristi che discussero del Digital Millenium Copyright Act, sotware gratuiti, ICANN, della costituzionalità della vendita governativa della gamma, e di questioni inerenti ulteriori proprietà intellettuali e politiche di comunicazione. Dal terzo giorno si cominciò a discutere sui possibili risultati ottenibili con una corretta modalità d’azione.

Diverse persone proposero obiettivi molto ambiziosi: riscrivere completamente la legge sul copyright, promuovere una serie di principi coerenti sul copyright, convocare una convenzione costituzionale per internet. È troppo prematuro dire se qualcosa di concreto sia venuto fuori da così grandi propositi. Fa comunque pensare il fatto che liberi intellettuali si siano riuniti condividendo obiettivi e discutendo su strategie cooperative.

Nel presentare una mia personale prospettiva alla Law conference, mi sono concentrato sui problemi che possono sorgere per i produttori di contenuti indipendenti nel Web. La libertà di possedere un sito internet significa poco se è talmente remoto da non poter essere raggiunto dal pubblico. Un ulteriore argomento che ho segnalato è il ruolo centrale svolto dai portali nell’influenzare ciò che la gente trova navigando nel Web. La commercializzazione di materiali di rimando, come il sistema di parole-chiave per gli acquisti messo a punto dalla Microsoft e dai suoi RealNames affiliati, offre una buona motivazione per allestire alternative guide per la navigazione in rete.

L'Art Entertainment Network Web Site esplora questa possibilità. AEN non è un portale convenzionale perché, invece di servire da punto d’inizio per l’informazione, mette in primo piano l’arte e le esperienze online. Ancora è legato alla mentalità del portale il chiedersi se AEN o qualcosa di simile possa sviluppare un considerevole gruppo di visitatori regolari. Nella sua forma corrente i visitatori di AEN improbabilmente torneranno a visitarlo poiché esso non offre molti dei servizi che generalmente vengono offerti dai comuni portali come la “buddy chat‿ o la e-mail gratuita. Una volta riconosciuto lo stato di offuscamento dell’arte mi chiedo se sia ancora così illecito prendere in considerazione un’ibridazione con i servizi internet più comuni? È possibile che AEN possa diventare più importante se abbandonasse il proprio status di subalterno diventando più un punto di partenza quotidiano che solamente un’esposizione stagionale.

Anche con questi servizi “comuni‿ AEN resterebbe comunque un portale valido e lodevole. Mentre molti altri portali mostrano contenuti volti al profitto dando la precedenza a spazi pubblicitari, AEN mostra un modello alternativo capace di enfatizzare links interessanti a siti remoti. Invece di favorire propositi commerciali, un portale dovrebbe essere costituito da links verso altri siti e non contenuti dettati da contratti di marketing o dagli stessi proprietari del portale. Come architetto capo della AEN, Steve Dietz ha affermato:

Il “Network Museum‿ riguarderà i più diversi e appassionati punti di vista e potrà collegare , non primariamente, a ciò che è di suo possesso.

Alla stessa maniera il miglior sito di news potrebbe essere il non-profit Common Dreams Newscenter che ,nonostante eserciti in modo corretto il proprio operato, è però impossibilitato al momento ad ottenere una vasta varietà di storie da altri servizi wire.

Nello spazio Web stanno emergendo diversi spazi interessanti e sia i musei che gli artisti si chiedono come potersi inserire in tali centri di attenzione. La statistica indica che molti stanno iniziando la propria esperienza online da un paio di siti, ed in particolare da Yahoo! anche se è probabile che le nuove combinazioni dei media e l’emergente sistema di web-television rovesceranno questa tendenza.

Lo spazio all’interno della rete è solo simbolico e il marketing adesso svolge un ruolo fondamentale nel determinare quali siano i simboli principali. Al di fuori del cyber-spazio i musei hanno una diversa considerazione. Almeno nelle città stanno orgogliosamente di fianco a librerie e negozi. Ma online quando la gente inizia a navigare sui portali, le arti sono gerarchicamente dentro o sotto l’esteriorità commerciale.

Ciò non significa romanticizzare la superiorità epistemologica dei musei, che Hans Haacke ha definito come i “manager della consapevolezza‿. Dopotutto, i motori di ricerca commerciali continuano ad indirizzare grandi moltitudini di visitatori verso siti indipendenti come “Artcontext‿ mentre i siti web dei musei di arte contemporanea americani sono più simili a links di sport per la homepage di siti come quello dell’Intel o della Deutsche Bank. Sebbene le deviazioni ontologiche riflesse nei vari disegni dei portali siano spesso allarmanti, l’involucro gerarchico di categorie subordinate è a volte sottilmente coercitivo. Altre volte invece la ricerca attiva è inutile poichè i contenuti dei database sono mancanti. Non tutti i database sono strutturati allo stesso modo. La valutazione dei vari portali dovrebbe in ultima istanza condurre a considerazioni a proposito del software, degli algoritmi e delle motivazioni usate per stabilire, mantenere e rivelare dati. Purtroppo però tutto ciò non risulta appropriato alle caratteristiche delle opere d’arte che ne risentiranno se le decisioni più rilevanti saranno prese non da artisti ma da tecnocrati e funzionari d’azienda.

Nello sforzo di evidenziare i contorni della sfera pubblica che sta prendendo forma, sia nel software che nell’immaginazione, ho recentemente realizzato un artwork che smantella le “mappe‿ utilizzate dai portali per gli utenti.
Cmap.gif
Rispondendo al desiderio popolare di poter visualizzare internet, Culturemap offre una semplice presentazione grafica dei risultati totali del motore di ricerca. Sebbene questi totali numerici non siano strettamente significativi per il contenuto del web, sono ottenuti dall’uso di una serie di software automatici ed imparziali.

All’incrocio di astrazione, rappresentazione e scientifica visualizzazione, la Culturemap si appella alla suggestione popolare, mentre nello stesso tempo tenta di produrre chiare ed utili indicazioni ai personaggi della rete. È un sistema d’immagine capace di assumere diverse forme a seconda dello sviluppo di nuovi contenuti e della scomparsa di vecchi contenuti dalla rete.

Con i così veloci cambiamenti e con le così enormi potenzialità di internet non sarebbe saggio per i leader culturali ignorare le emergenti caratteristiche del network. Le future potenzialità della rete sono strettamente collegate al concetto che la gente ha della rete oggi. Friedric Jameson ha scritto:

qualunque sia la verità delle ipotesi inerenti la rivoluzione cibernetica, è abbastanza da registrare una credenza condivisa nella popolazione degli stati più sviluppati, una credenza così radicata da costituire un fatto di grande importanza che non può essere considerato come un semplice errore.

Anche se internet è mal rappresentato, adattato a semplici ragioni di marketing e sfruttato per realizzare imperativi di diverse compagnie, rimane l’euforia per le sue infinite potenzialità e per la diversità dei suoi contenuti. Consente ai media di promuovere, monopolizzare ed imporre standard tecnici, pone la propria fondazione su queste convinzioni a proposito dell’evoluzione dei media. In assenza di metafore azzeccate, l’immaginazione popolare di internet è carica di illusioni. L’enorme complessità di visualizzare e misurare la rete conferisce potere a questa dimensione immaginaria.

Sebbene il tentativo di mappare il contenuto del web risulti soggettivo e complicato, CultureMap ci rammenta che possono comunque essere fatte osservazioni provvisorie. Il web non è un oggetto immutabile, ma piuttosto un sistema di simboli in flusso continuo. A dispetto della somiglianza dei portali dominanti, internet ha potenzialità e qualità che loro tendono ad oscurare. Gli artisti possono lavorare in modo da contribuire ad una scoperta popolare delle nuove informazioni digitali. Considerato l’importante ruolo giocato dai media nella creazione di idee sociali, valori ed aspettative, è ragionevole che artisti e intellettuali si interessino a come la gente ricerca informazioni. A dispetto della loro attuale visibilità, non è detto che le fragili zone autonome che sono emerse online possano un giorno essere trovate in un modo più semplice.

I proto-portali come AEN, Turbolence, Subvertise, così come il net art map di jodi.org dimostrano modi di presentare prodotti d’arte online in modo indipendente. Forse nessuno di loro si evolverà interamente in un portale di utilizzo di massa. Comunque, avendo assistito alla rapida crescita di sistemi operativi gratuiti, ed avendo visto il web apparire a se stesso in modo inaspettato, si possono immaginare centinaia di migliaia di artisti dare un contributo ai Free Art Portals. In società abituate ad un continuo flusso di fresche offerte da parte di media, un apporto ben organizzato potrebbe essere fondamentale per competere coi più ricchi portali commerciali, alcuni dei quali già evocano lo spettro di una Art Free Culture. Probabilmente alla fine questi centri senza arte potranno essere, una buona volta, relegati ai margini.