Arte cinetica e programmata

Tratto da EduEDA
Versione del 12 Gen 2015 alle 17:07 di Cristina (Discussione | contributi)

(diff) ←Older revision | view current revision (diff) | Newer revision→ (diff)
Jump to: navigation, search
Gli Ambienti Del Gruppo T

Genere o movimento artistico

Arte cinetica e programmata


Personaggi o Gruppi

Personaggi o Gruppi: Gruppo T, Jean Tinguely, Panamarenko, Salvatore Scarpitta, Bruno Munari, Alexander Calder, il Gruppo N di Padova, il Gruppo Zero di Dusseldorf, Enrico Castellani, Enzo Mari, Gianni Colombo, Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Alberto Biasi, Getulio Alviani, Dadamaino, l'inglese Bridget Riley, l'israeliano Agam, l'argentino Soto, il Gruppo GRAV (Groupe de recherche d’art visuelle) di Parigi, Jean Pierre Vasarely, il Gruppo Uno, Julio Le Parc, il Gruppo MID, Antonio Barrese.

Luogo

Si sviluppa principalmente in Europa e in Italia. Negli Stati Uniti successivamente gli stessi concetti prendono il nome di Optical art o Op art.

Storia

L’arte cinetica e programmata diventa un fenomeno rilevante solo negli anni sessanta, quando l'Informale aveva ormai consumato tutte le sue possibilità ed era alla fine della sua parabola storica, ma la vera nascita di questo movimento si può individuare nel 1952, quando l’artista Bruno Munari scrive il "Manifesto del macchinismo". In tale testo egli parla delle macchine come di esseri viventi, ironizzando sul fatto che già in quegli anni se ne cominciava a prendere cura come se fossero animali domestici. Inoltre teorizza che in futuro l’uomo potrebbe anche diventare schiavo delle macchine e che gli unici che possono salvare il genere umano da questa prospettiva sono proprio gli artisti. Gli artisti secondo Bruno Munari dovevano abbandonare tela, colori e scalpello e cominciare a fare arte con le macchine. La sua profezia si avverò proprio con l’arte cinetica e programmata. L’artista deve "distrarre" le macchine dal loro funzionamento razionale, e deve farle diventare macchine "inutili": questo passaggio rivela già la poetica di Bruno Munari che realizzerà tutta una serie di opere chiamate appunto "Macchine inutili". Nella straordinaria visione profetica di Bruno Munari era già espressa l’esigenza che l’artista dovesse diventare un operatore di una squadra, che lavora insieme ad altri collettivamente e che concepisce opere d’arte lucidamente e con progetti ben definiti, doveva finire l’epoca dell’artista fulcro unico e protagonista totale dell’opera. Successivamente, negli anni sessanta, nel mondo dell’arte si sentì la necessità di trovare nuove strade espressive, che determinassero un nuovo ruolo dell'arte e dell'artista sia riguardo la scienza, i suoi metodi e la tecnologia, sia riguardo le società, che in quegli anni stava affrontando un profondo cambiamento culturale. Gli artisti riscoprirono così le teorie delle avanguardie storiche, e si proposero di riportare avanti il discorso dove esse l’avevano lasciato. Si rivalutarono così le poetiche del Futurismo e del Dadaismo, del Costruttivismo, di De Stijl, del Concretiamo e della Bauhaus. Si formò una visione profondamente critica del mercato dell’arte e del commercio delle opere e si pensò che un’alternativa potesse essere la moltiplicazione a basso costo delle opere, per farne crollare il prezzo. In questa direzione si mossero gallerie d’arte come il MAC e l’Azimuth, e quest’ultima ospitò molti tra i principali esponenti dell’arte cinetica e programmata: gli italiani Enrico Castellani, Enzo Mari, Getulio Alviani, Dadamaino, l'inglese Bridget Riley, l'israeliano Agam, l'argentino Soto, e fra i gruppi il GRAV, il Gruppo N, il GruppoT, il Gruppo Uno, il Gruppo Zero, che cominciano ad operare a cavallo degli anni '50 e '60. Di primaria importanza la serie di esposizioni organizzate a Zagabria dal critico Marko Mestrovic chiamate "Nove Tendencije". Ma l’esplosione dell’arte programmata si ha nel 1962, quando a Milano, alla Olivetti, viene proposta la rassegna omonima "Arte programmata". E’ proprio per quest’occasione che Bruno Munari, uno dei protagonisti di questo movimento, insieme a Giorgio Soavi inventa tale termine che darà il nome alla rassegna. Espongono il Gruppo T, il Gruppo N, Mari Enzo, Munari Bruno e il Grav (Groupe de recherche d’art visuel). A Nuova Tendenza 3 esordisce il Gruppo MID, che rimane attivo sino al 1972. Fino ad allora questa forma d’arte aveva suscitato polemiche perché considerata troppo "fredda" e tecnologica. La rassegna ebbe però tanto successo da essere ripetuta nella sede della Olivetti di New York, alla IV Biennale di San Marino (intitolata "Oltre l’informale") nel 1963 e nuovamente a New York nel 1965 con il titolo di "The Responsive Eye" Negli Stati Uniti l’arte cinetica e programmata viene ribattezzata Op art, ovvero optical art, ed in questo momento raggiunge il suo momento di fama più importante. Da allora in poi inizia per questo movimento artistico la parabola discendente. Lea Vergine, critica d’arte, afferma che proprio la sua fama è stata la causa della sua fine, poiché l’arte cinetica era diventata troppo famosa e quindi troppo banalizzata. Inoltre all’epoca stava diffondendosi ovunque la Pop art americana, che rispetto all’arte cinetica e programmata non affrontava nessun tipo di critica al sistema dell’arte, anzi, lo sfruttava fino alla conquista di tutto il mondo artistico. Nemmeno l’impegno politico, tanto importante nell’arte cinetica e programmata europea, era più importante ormai. Il mercato alla fine vinse sugli ideali. Infatti la pop art può essere vista come un’anti arte programmata, che capovolge e ferisce tutti i movimenti artistici europei. Il ruolo dell’artista ritorna centrale e così l’arte programmata, che aspirava ad un’arte collettiva, finisce nel dimenticatoio. Nemmeno l’Op art riesce a contrastare nella sua patria questa sorta di monopolio della pop art. In Italia si sciolsero tutti i gruppi importanti che proponevano un’arte collettiva, come il Gruppo N nel 1964 ed il GRAV nel 1968. La ricerca degli artisti di arte programmata si spostò sugli ambienti d’arte o "environment". Anche l’ultima avanguardia era stata sconfitta. Ma la sua eredità e le sue premonizioni sono state innegabilmente fondamentali, soprattutto se riviste oggi, alla luce delle nuove frontiere dell’arte digitale e tecnologica, che rivaluta la figura dell’autore collettivo e della progettazione dell’opera d’arte. L’arte programmata ha saputo riflettere sul progresso scientifico e tecnologico, ricontestualizzare il ruolo dell’artista, dare un nuovo rigore al fare arte e soprattutto trasformare le macchine in uno strumento di produzione estetica. Gli artisti di questa corrente si erano resi conto, inoltre, che solo con una serializzazione dell’opera si poteva contrastare il mercato dell’arte che mercifica le opere.

Poetica

L’arte cinetica produce opere che sono aperte e programmate, nelle quali il movimento è fondamentale. Il moto in tali opere può essere reale, con l’apporto di meccanismi, oppure illusorio e ottico, ottenuto tramite effetti di luce. L’opera d’arte programmata ha un suo ritmo, che idealmente può anche ripetersi all’infinito. In questo tipo di opere è fondamentale il coinvolgimento psicologico dello spettatore. Possiamo individuare alcuni principi comuni che si riscontrano nell’arte cinetica e programmata, per esempio : l’importanza della progettazione e realizzazione di meccanismi cinetici (che dotano l’opera d’arte di movimento), la rilevanza dei giochi di luce e di una dimensione temporale; l’uso di materiali alternativi come plastica, metallo, carta e vetro; la ricerca di un’estetica basata sulla razionalità e sui movimenti ciclici. La dimensione concettuale, in definitiva è determinante in tutta la poetica dell’arte cinetica e programmata. La progettazione dell’opera infatti, studiata nei minimi particolari, prevede già l’intervento dello spettatore, la possibilità di interazione di fattori aleatori o proabilistici, addirittura statistici..

Un ulteriore caratteristica di molte opere cinetiche è quella di essere replicabili, in modo simile, in varie copie (come nel caso delle sculture da viaggio di Bruno Munari) usufruendo di tecniche industriali. La creatività, in definitiva, secondo questa corrente artistica, doveva andare in parallelo con la tecnologia ed il progresso scientifico. I sistemi di produzione dovevano essere al servizio dei meccanismi creativi dell’uomo. Attraverso la padronanza della scienza e della tecnologia l’arte programmata studiava la percezione umana e poteva quindi analizzare la realtà in maniera straordinaria. La "programmazione" dell’opera dev’essere totale e controllata, non è più un’arte basata sul gesto, sulla materia, sul bisogno di espressione dell’Io, tutto questo era considerato passato. L’opera era invece considerata come un processo razionale, da controllare e da comunicare con scrupolosità. L’arte doveva avere una matrice sperimentale, costruire modelli da sottoporre a verifica empirica. La comunicazione era chiara, geometrica ed essenziale. L’opera deve stimolare la percezione visiva, renderla attiva. E soprattutto, una delle grandi intuizioni dell’arte programmata è quella di volere un artista che non sia più un romantico irrazionale ed istintivo, ma piuttosto un operatore culturale che lavora in squadra insieme a tecnici e scienziati, un attivista politico che sappia coniugare l’arte con la società. L'arte cinetica e programmata si autoimpone il rigore del fare in ambito creativo, un contatto analitico e disciplinato all'arte, che cerca di mettere insieme arte, scienza, società, artista e spettatore. Infatti l’arte cinetica e programmata è riuscita ad anticipare fenomeni che oggi appartengono alla nostra vita quotidiana, come l’invadenza della tecnologia e l’impossibilità di evitarla. Opere: Meta-matic di Jean Tinguely (1959). Quest’opera è un esempio straordinario della poetica dell’artista che ha sempre coniugato l’arte delle macchine e della cinetica con l’ironia. Meta-matic, che ebbe un grande successo in mostra a Parigi, è una macchina a gettoni che dipinge quadri automaticamente. L’interazione del pubblico era fondamentale, poiché lo spettatore doveva prima procurarsi i gettoni alla biglietteria, poi poteva personalmente mettere in moto l’opera d’arte. I gettoni erano personalizzati e "coniati" Tinguely da un lato e Meta-matic dall’altro. Il fruitore dell’opera inoltre poteva scegliere il colore del pennarello che sarebbe stato applicato sul braccio meccanico di questo straordinario congegno. Una volta inserita la moneta la macchina cominciava a muoversi e dipingeva la tela bianca che era posta nell’apposito stativo. Produceva così un quadro astratto informale monocolore che rimaneva proprietà dello spettatore. Tutti i quadri fatti dalla macchina venivano infine giudicati da una giuria di prim’ordine, con tanto di premio per il quadro vincitore. Tra i giurati era presente anche Hans Arp. Un’opera metalinguistica, interattiva, cinetica che da il via ad una performance che critica in modo beffardo tutto il sistema dell’arte. Proiezione di diapositive a luce polarizzata di Bruno Munari. In quest’opera è di primaria importanza la stimolazione visiva dello spettatore che sperimenta nuovi effetti di luce e colori che nel mondo dell’arte non si erano mai visti. E’ la nascita dell’arte programmata ottica, che sperimenta nuovi materiali e nuove tecnologie per creare un nuovo tipo di estetica. Bruno Munari è uno degli autori che ha sempre cercato di usare materiali alternativi e leggeri come la plastica o innovativi come il metallo verniciato. La sua poetica risente delle teorie futuriste, corrente alla quale l’artista aveva aderito in giovane età. 5 movimenti sorpresa di Julio Le Parc. Quest’opera consiste in un totem modulare con elementi motorizzati. Ogni elemento è costruito per mutare forma attraverso l’interazione con lo spettatore. Per far cambiare le cinque parti dell’opera il fruitore ha a disposizione un joystick. Questa scultura cinetica interattiva è esteticamente rilevante per la sua asetticità e per il suo geometrismo. L’artista, sudamericano, testimonia la partecipazione di questo continente a questo genere di neoavanguardia, unica eccezione dell’epoca nel panorama artistico occidentale. Quando Le Parc spiega le funzioni della sua opera, inoltre, lo fa vestito in tuta da operaio, come fecero a loro tempo anche Tatlin e i docenti del Bauhaus, fornendo così un’imagine innovativa dell’artista che è anche tecnico, progettista e designer. Luce prismatica di Alberto Biasi. L’artista, uno dei fondatori del Gruppo N di Padova, realizza quest’opera dal grande impatto ottico disponendo fasci luminosi di modo che rimbalzino contro oggetti prismatici riflettendo i colori nella stanza. Quest’opera rientra in tutto il filone dell’opera cinetica e programmatica che si occupa di fare opere con la luce, immateriali e che sfruttano le leggi della diffusione e della rifrazione ottica. Camera stroboscopia di Davide Boriani. L’artista, uno dei componenti del gruppo T di Milano, allestisce un ambiente nel quale apposite luci con effetti stroboscopici si riflettono sulle pareti e sul soffitto che sono ricoperti di specchi e inoltre anche sui pavimenti colorati, dando come un senso di disorientamento allo spettatore, che è immerso in una dimensione diversa rispetto al mondo reale. Il Gruppo T è uno dei più importanti gruppi di arte cinetica e programmata italiani, si proponeva di fare arte "immersiva e interattiva" cioè, come in questo caso, un’arte che avesse l’obbiettivo di realizzare ambienti che fossero capaci di indurre nello spettatore risposte non prevedibili e diverse. Le opere del gruppo T erano dette "opere-ambiente" che diventavano "abitabili" e mutavano interagendo col fruitore dell’opera d’arte. Il gruppo era costituito da cinque componenti: Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele De Vecchi, Grazia Varisco. La sua attività si svolse dal 1959 ai tardi anni Settanta e seppure teorizzasse un’ideale di arte collettiva e firmasse le opere con il nome del gruppo, non rinnegò mai l’importanza dei suoi singoli componenti. Light prism di Alberto Biasi. Uno dei principali componenti del Gruppo N. Biasi in quest’opera crea una superficie calpestabile con luci che si rifrangono su prismi dando luogo ad un gioco di colori che da l’impressione allo spettatore di camminare su di un pavimento di luce. Il Gruppo N, così come il GRAV, percorreranno la tradizione concretista, mediante un rigoroso costruttivismo; non la rappresentazione del reale dunque ma un intervento ordinativo sulla confusione della realtà, un allontanamento per certi versi idealistico dall’entropia. Tendenza che si evince in quest’opera dalla geometria delle luci e dai geometrismi che esse formano.

Opere

Meta-matic di Jean Tinguely (1959). Quest’opera è un esempio straordinario della poetica dell’artista che ha sempre coniugato l’arte delle macchine e della cinetica con l’ironia. Meta-matic, che ebbe un grande successo in mostra a Parigi, è una macchina a gettoni che dipinge quadri automaticamente. L’interazione del pubblico era fondamentale, poiché lo spettatore doveva prima procurarsi i gettoni alla biglietteria, poi poteva personalmente mettere in moto l’opera d’arte. I gettoni erano personalizzati e "coniati" Tinguely da un lato e Meta-matic dall’altro. Il fruitore dell’opera inoltre poteva scegliere il colore del pennarello che sarebbe stato applicato sul braccio meccanico di questo straordinario congegno. Una volta inserita la moneta la macchina cominciava a muoversi e dipingeva la tela bianca che era posta nell’apposito stativo. Produceva così un quadro astratto informale monocolore che rimaneva proprietà dello spettatore. Tutti i quadri fatti dalla macchina venivano infine giudicati da una giuria di prim’ordine, con tanto di premio per il quadro vincitore. Tra i giurati era presente anche Hans Arp. Un’opera metalinguistica, interattiva, cinetica che da il via ad una performance che critica in modo beffardo tutto il sistema dell’arte.

Proiezione di diapositive a luce polarizzata di Bruno Munari In quest’opera è di primaria importanza la stimolazione visiva dello spettatore che sperimenta nuovi effetti di luce e colori che nel mondo dell’arte non si erano mai visti. E’ la nascita dell’arte programmata ottica, che sperimenta nuovi materiali e nuove tecnologie per creare un nuovo tipo di estetica. Bruno Munari è uno degli autori che ha sempre cercato di usare materiali alternativi e leggeri come la plastica o innovativi come il metallo verniciato. La sua poetica risente delle teorie futuriste, corrente alla quale l’artista aveva aderito in giovane età.

5 movimenti sorpresa di Julio Le Parc Quest’opera consiste in un totem modulare con elementi motorizzati. Ogni elemento è costruito per mutare forma attraverso l’interazione con lo spettatore. Per far cambiare le cinque parti dell’opera il fruitore ha a disposizione un joystick. Questa scultura cinetica interattiva è esteticamente rilevante per la sua asetticità e per il suo geometrismo. L’artista, sudamericano, testimonia la partecipazione di questo continente a questo genere di neoavanguardia, unica eccezione dell’epoca nel panorama artistico occidentale. Quando Le Parc spiega le funzioni della sua opera, inoltre, lo fa vestito in tuta da operaio, come fecero a loro tempo anche Tatlin e i docenti del Bauhaus, fornendo così un’imagine innovativa dell’artista che è anche tecnico, progettista e designer.

Luce prismatica di Alberto Biasi L’artista, uno dei fondatori del Gruppo N di Padova, realizza quest’opera dal grande impatto ottico disponendo fasci luminosi di modo che rimbalzino contro oggetti prismatici riflettendo i colori nella stanza. Quest’opera rientra in tutto il filone dell’opera cinetica e programmatica che si occupa di fare opere con la luce, immateriali e che sfruttano le leggi della diffusione e della rifrazione ottica.

Camera stroboscopia di Davide Boriani L’artista, uno dei componenti del gruppo T di Milano, allestisce un ambiente nel quale apposite luci con effetti stroboscopici si riflettono sulle pareti e sul soffitto che sono ricoperti di specchi e inoltre anche sui pavimenti colorati, dando come un senso di disorientamento allo spettatore, che è immerso in una dimensione diversa rispetto al mondo reale. Il Gruppo T è uno dei più importanti gruppi di arte cinetica e programmata italiani, si proponeva di fare arte "immersiva e interattiva" cioè, come in questo caso, un’arte che avesse l’obbiettivo di realizzare ambienti che fossero capaci di indurre nello spettatore risposte non prevedibili e diverse. Le opere del gruppo T erano dette "opere-ambiente" che diventavano "abitabili" e mutavano interagendo col fruitore dell’opera d’arte. Il gruppo era costituito da cinque componenti: Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele De Vecchi, Grazia Varisco. La sua attività si svolse dal 1959 ai tardi anni Settanta e seppure teorizzasse un’ideale di arte collettiva e firmasse le opere con il nome del gruppo, non rinnegò mai l’importanza dei suoi singoli componenti.

Light prism di Alberto Biasi Uno dei principali componenti del Gruppo N. Biasi in quest’opera crea una superficie calpestabile con luci che si rifrangono su prismi dando luogo ad un gioco di colori che da l’impressione allo spettatore di camminare su di un pavimento di luce. Il Gruppo N, così come il GRAV, percorreranno la tradizione concretista, mediante un rigoroso costruttivismo; non la rappresentazione del reale dunque ma un intervento ordinativo sulla confusione della realtà, un allontanamento per certi versi idealistico dall’entropia. Tendenza che si evince in quest’opera dalla geometria delle luci e dai geometrismi che esse formano.

Spazio elastico di Gianni Colombo del Gruppo T di Milano Ambiente invaso da luci nel quale lo spettatore viene in contatto, attraversandolo, con elestici fosforescenti posti sulle pareti. In quest’opera l’ingegneria è usata per un’arte ludica. L’autore spiega che il fruitore dell’opera avrà delle reazioni fisiche in base alla sua percezione ambientale. Quest’opera richiama molte delle operazioni del Gruppo T, dove la materia sembra portata alla sua tensione massima, dove vengono sperimentate la capacità di interazione di un ambiente con l’uomo e le sue reazioni a tale ambiente. In questo caso lo spettatore deve intervenire non come semplice osservatore, ma come strumento che causa la reazione: il fruitore si muove nello spazio ed interagisce con gli eventi che lo circondano, attivandoli, mettendo a disposizione il suo sforzo fisico. Le operazioni arrivano così a lambire le poetiche della performance.

Architettura cacogoniometrica di Gianni Colombo In questo environment d’artista ci troviamo di fronte un insieme di colonne storte che fanno vacillare il nostro senso dell’equilibrio e alterano la nostra percezione dello spazio. Rientrano in questa serie di ambienti anche i pavimenti, che l’artista inclina in vari modi spiazzando il fruitore dell’opera che viene chiamato ad attraversarli. Queste architetture sono dette cacogoniometriche perché l’artista ha preso due termini: kakos (brutto, difforme) e gonios (angolo) intendendo che la sua poetica consisteva nell’usare angoli che non fossero mai perpendicolari o paralleli, ma sempre acuti o ottusi.

Tavola di possibilità liquide di Giovanni Anceschi (1959) L’opera consiste in un tavolo mobile nel quale è inserita un’intercapedine semovente, contenente liquido colorato, che può essere ruotata. Lo spettatore quindi, interagendo con l’opera e modificandola, può rotare la struttura e comporre diverse forme colorate liquide.

Correlazioni

Arte concettuale, Optical art, avanguardie storiche come il Costruttivismo, il futurismo, il Bauhaus, il Neoplasticismo, il Dada-surrealismo. Il design contemporaneo deve molto all’arte cinetica e programmata. Importante l’influenza di autori come Balla, Tatlin, Duchamp e Moholy Nagy. Quest’ultimo in particolare può essere ricordato come precursore in quanto creatore, negli anni venti, di un’opera chiamata "Modulatore di spazio luci", un’opera d’arte programmata ante litteram, dapprima realizzata in ferro e vetro e dieci anni più tardi in ferro e plastica. L’opera, in movimento, proiettava sulla parete giochi di luce e trasparenze come qualche decennio dopo fecero le opere di Op art.

Bibliografia

"L'ultima avanguardia. Arte programmata e cinetica 1953/1963" di Lea Vergine, catalogo della mostra, Mazzotta, Milano, 1984 Filiberto Menna, La linea analitica dell’arte moderna, Einaudi, Torino 1983 F.Popper, L'arte cinetica, Einaudi, Torino 70 Arte programmata, catalogo della mostra, Milano, 1962 Alexander Alberro, Blake Stimson, Conceptual art, a critical antology, 1999. Rudolph Arnheim, Art and visual perception, a psicology of the creative eye, 1954.

Webliografia

http://www.artemotore.com/cinetica.html http://www.arte.go.it/mostre/arte_cinetica/ http://www.babelearte.it/glossario.asp?id=149 http://www.guzzardi.it/arte/pagine/correnti/artecinetica.html http://www.italica.rai.it/galleria/zoom/cinetica.htm http://www.artelab.it/cultura/enciclopedia/ correnti/artecinetica/corpo.htm http://www.marcolla.it/glossario/a/arte_cinetica.htm