Benjamin Walter: differenze tra le versioni

Tratto da EduEDA
Jump to: navigation, search
Riga 64: Riga 64:
  
 
== Opere ==
 
== Opere ==
Nel 1916 scrive Sulla lingua in generale e sulla lingua degli uomini; Benjamin descrive una situazione originaria di perfetta corrispondenza fra parole e cose, realtà e linguaggio, conseguenza dell'attribuzione da parte di Dio dei nomi alle cose. Questa iniziale trasparenza delle cose nei nomi s'interrompe col peccato originale. L'originaria lingua divina si frantuma in una pluralità di linguaggi umani privi ormai della forza rivelatrice della lingua divina e ridotti a semplici strumenti di comunicazione.
+
Nel 1916 scrive Sulla lingua in generale e sulla lingua degli uomini; Benjamin descrive una situazione originaria di perfetta corrispondenza fra parole e cose, realtà e linguaggio, conseguenza dell'attribuzione da parte di Dio dei nomi alle cose.
  
Un testo molto interessante, ma meno famoso è L’infanzia berlinese, che è un'anomala autobiografia più volte rimaneggiata (fra il 1932 e il 1938) sulla base della precedente "Cronaca berlinese" e di articoli apparsi sulla "Frankfurter Zeitung". Al centro della narrazione sta un mondo di immagini, luoghi e oggetti sepolti e ritrovati, attraverso cui la città pare educare il bambino scelto come interlocutore segreto. Nei 32 brani della raccolta, Benjamin ha la pazienza di dare nuovamente voce ai viali, agli stagni, al Giardino zoologico, ai mercati coperti, alla pista di pattinaggio, alla residenza estiva vicino a Potsdam.
+
Questa iniziale trasparenza delle cose nei nomi s'interrompe col peccato originale.  
  
Il saggio [[Affinità elettive]] (1924-25) è incentrato sull’interpretazione dell’opera d’arte: la “conciliazione�? proposta o suggerita dall’opera d’arte è solo un’ apparenza mistificante; la pretesa totalità dell’arte è falsa e smentita dall’intima frammentarietà del prodotto artistico. Nell’opera d’arte non è immediatamente visibile neppure una dimensione utopica-positiva; questo è semmai presente nella forma dell’ inespresso, del non-detto dell’arte, ovvero in una speranza, che possono cogliere solo coloro che ne sono radicalmente privi.
+
L'originaria lingua divina si frantuma in una pluralità di linguaggi umani privi ormai della forza rivelatrice della lingua divina e ridotti a semplici strumenti di comunicazione.  
  
Nel 1928 Benjamin scrive [[L’origine del dramma barocco]]: questo saggio presenta un discorso sui concetti di simbolo e allegoria, giunse ad una rivalutazione dell'arte allegorica e ad una corrispondente svalutazione dell'arte simbolica. Questa opera non servì a far ottenere a Benjamin l'abilitazione in filosofia all'Università di Francoforte, che comunque continuò a lavorare come saggista e traduttore.
+
Un testo molto interessante, ma meno famoso è L’infanzia berlinese, che è un'anomala autobiografia rielaborata più volte (fra il 1932 e il 1938) sulla base della precedente "Cronaca berlinese" e d’articoli apparsi sulla "Frankfurter Zeitung".  
  
Una delle opere principali scritte da Benjamin Walter è [[L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica]]. È un testo molto affascinante, ma piuttosto ambiguo. L'opera d'arte -dice Benjamin - prima dell'avvento dell'epoca della sua riproducibilità tecnica -grosso modo fine 800 primi 900 -godeva dello statuto di autenticità ed unicità. Un'opera - ad esempio un quadro - era un pezzo unico e originale (non prodotto in serie) ed autentico, ossia irripetibile e destinato ad un godimento estetico esclusivo nel luogo in cui si trova. Questo hic et nunc dell'opera, questa sua originalità, unità, autenticità, irripetibilità, esclusività di godimento estetico viene da Benjamin chiamata "aura". “L’aurea�? viene concepita come qualcosa di irripetibile che era presente nelle opere antiche, un qualcosa di originario che ne garantiva l’autenticità, proveniente da manipolazioni tecniche che gli dovevano apparire ogni volta uniche e non totalmente imitabili e dal fatto che l’espositività dell’opera, quella che oggi si chiamerebbe la sua fruizione, era limitata a pochi, non percepita come oggi da ognuno e ovunque, come accade per ogni immagine che sia realizzata in serie. La riproducibilità, secondo Benjamin, distruggerebbe “l’aura�? dell’opera d’arte. Diversamente l'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica è sottoposta ad un processo di "decadenza  dell'aura". Tanto è unico un quadro quanto labile e ripetibile la foto.  Ma se il godimento dell'aura di un'opera d'arte è tutto sommato una prerogativa aristocratico-umanistica, ossia un'esperienza estetica privilegiata di un fine connaisseur  o di una ristretta cerchia di happy few,  l'opera d'arte riprodotta è invece nata avendo come destinazione le masse: molteplici, ingorde, mutevoli per definizione. La contraddizione del testo di Benjamin nasce proprio qui. Poiché egli -nella Premessa teorica di questo testo e nella conclusione -  si propone di formulare dei concetti nuovi nel campo della teoria dell'arte accordabili alle «esigenze rivoluzionarie» del materialismo storico, non si vede come possa tale finalità accordarsi invece con un processo definito di "decadenza" dell'esperienza estetica - sempre più priva di "aura"-,  con le esigenze comunque sempre più pressanti delle masse di poter adire l'estetico. Per quanto ci si sforzi di leggere tra  le righe del testo non si capisce insomma fino a che punto la perdita dell'aura sia un bene o un male per Benjamin e  dunque un bene o un male per le masse o un bene o un male in sé e per sé.
+
Al centro della narrazione sta un mondo d’immagini, luoghi e oggetti sepolti e ritrovati, attraverso cui la città pare educare il bambino scelto come interlocutore segreto.  
  
 +
Nei trentadue brani della raccolta, Benjamin ha la pazienza di dare nuovamente voce ai viali, agli stagni, al giardino zoologico, ai mercati coperti, alla pista di pattinaggio, alla residenza estiva presso Potsdam.
  
Importanti sono anche le Tesi sulla filosofia della storia (1940) in cui il tradizionale concetto di tempo, caratterizzato da linerità, continuità e necessario progresso, viene rifiutato in nome di una più originaria esperienza della temporalità, in cui il rapporto tra passato e futuro è fatto d'interruzioni e rotture. Egli delinea una concezione della storia opposta a quella di Hegel. Secondo Benjamin è infondata la rappresentazione della storia come un processo finalistico, dove il futuro ci riserva necessariamente un progresso rispetto al passato: l’esperienza umana, individuale e collettiva, smentisce la pretesa hegeliana. Potremmo avere un futuro diverso se diventeremo consapevoli dei drammi della civiltà, del “cumulo di macerie�? che ci siamo lasciati alle spalle e se sapremo cogliere gli istanti messianici di cui è ricco il tempo presente.
+
Il saggio del 1924-25 intitolato Affinità elettive è incentrato sull’interpretazione dell’opera d’arte: la “conciliazione” proposta o suggerita dall’opera d’arte è solo un’apparenza mistificante; la pretesa totalità dell’arte è falsa e smentita dall’intima frammentarietà del prodotto artistico.  
  
 +
Nell’opera d’arte non è immediatamente visibile neppure una dimensione utopica-positiva; questo è semmai presente nella forma dell’inespresso, del non-detto dell’arte, in altre parole in una speranza, che può cogliere solo chi n’è radicalmente privo.
  
 +
Benjamin nel 1928 scrive L’origine del dramma barocco: questo saggio presenta un discorso sui concetti di simbolo e allegoria, giunge ad una rivalutazione dell'arte allegorica e ad una corrispondente svalutazione dell'arte simbolica.
  
 +
Questa opera non servì a far ottenere a Benjamin l'abilitazione in filosofia all'Università di Francoforte, che in ogni modo continuò a lavorare come saggista e traduttore.
 +
 +
Una delle opere principali scritte da Benjamin Walter è L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, è un testo molto affascinante, ma piuttosto ambiguo.
 +
 +
Benjamin dice: L'opera d'arte prima dell'avvento dell'epoca della sua riproducibilità tecnica, all’incirca fine ottocento primi novecento, aveva statuto d’autenticità ed unicità.
 +
 +
Un prodotto artistico, ad esempio un quadro, era un pezzo unico e originale, non fabbricato in serie, ed autentico, ossia irripetibile e destinato ad un godimento estetico esclusivo nel luogo in cui si trova.
 +
 +
Questo hic et nunc dell'opera, questa sua originalità, unità, autenticità, irripetibilità, esclusività di godimento estetico viene da Benjamin chiamata "aura".
 +
 +
L’”aura” è concepita come qualcosa d’irripetibile che era presente nelle opere antiche, un qualcosa di originario che ne garantiva l’autenticità, proveniente da manipolazioni tecniche che gli dovevano apparire ogni volta uniche e non totalmente imitabili e dal fatto che l’espositività dell’opera, quella che oggi si chiamerebbe la sua fruizione, era limitata a pochi, non percepita come oggi da ognuno e ovunque, come accade per ogni immagine che sia realizzata in serie.
 +
 +
La riproducibilità, secondo Benjamin, distruggerebbe l’”aura” dell’opera d’arte.
 +
 +
L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica è sottoposta ad un processo di "decadenza dell'aura".
 +
 +
Tanto è unico un quadro quanto labile e ripetibile la foto.
 +
 +
Ma se il godimento dell'aura di un'opera d'arte è tutto sommato una prerogativa aristocratico-umanistica, ossia un'esperienza estetica privilegiata di un fine connaisseur o di una ristretta cerchia di happy few, l'opera d'arte riprodotta è invece nata avendo come destinazione le masse: molteplici, ingorde, mutevoli per definizione.
 +
 +
La contraddizione del testo di Benjamin nasce proprio qui. Poiché egli -nella Premessa teorica di questo testo e nella conclusione - si propone di formulare dei concetti nuovi nel campo della teoria dell'arte accordabili alle «esigenze rivoluzionarie» del materialismo storico, non si vede come possa tale finalità accordarsi invece con un processo definito di "decadenza" dell'esperienza estetica - sempre più priva di "aura"-, con le esigenze comunque sempre più pressanti delle masse di poter adire l'estetico.
 +
 +
Per quanto ci si sforzi di leggere tra le righe del testo non si capisce insomma fino a che punto la perdita dell'aura sia un bene o un male per Benjamin e dunque un bene o un male per le masse o un bene o un male in sé e per sé.
 +
 +
Importanti sono anche le Tesi sulla filosofia della storia (1940) in cui il tradizionale concetto di tempo, caratterizzato da linearità, continuità e necessario progresso, viene rifiutato in nome di una più originaria esperienza della temporalità, in cui il rapporto tra passato e futuro è fatto d'interruzioni e rotture.
 +
 +
Egli delinea una concezione della storia opposta a quella di Hegel.
 +
 +
Secondo Benjamin è infondata la rappresentazione della storia come un processo finalistico, dove il futuro ci riserva necessariamente un progresso rispetto al passato: l’esperienza umana, individuale e collettiva, smentisce la pretesa hegeliana.
 +
 +
Potremmo avere un futuro diverso se diventeremo consapevoli dei drammi della civiltà, del “cumulo di macerie” che ci siamo lasciati alle spalle e se sapremo cogliere gli istanti messianici di cui è ricco il tempo presente.
  
 
== Musei ==
 
== Musei ==

Revisione 01:08, 12 Feb 2007

Walter Benjamin

Benjamin Walter è scrittore asistematico, privilegia la forma del saggio e dell'aforisma, e concepisce come compito specifico del critico il prendere posizione e la negazione dell'ordine esistente.



Biografia

Walter Benjamin nasce a Berlino il 15 luglio 1892, da Emil, antiquario e mercante d'arte, e Paula Schönflies, di famiglia d’origine ebraica e d’alta borghesia.

Dei suoi primi anni rimane il visionario scritto autobiografico degli anni Trenta Infanzia berlinese intorno al millenovecento.

Dal 1905 per due anni si reca al "Landerziehungsheim" in Turingia, dove fa esperienza del nuovo modello educativo impartito da Gustav Wyneken, il teorico della Jugendbewegung, il movimento giovanile di cui Benjamin farà parte fino allo scoppio della Grande Guerra.

Nel 1907 torna a Berlino, terminando gli studi secondari nel 1912.

Nello stesso anno comincia a scrivere per la rivista "Der Anfang", influenzata dalle idee di Wyneken.

Dall'università di Berlino si trasferisce a quella di Friburgo in Bresgovia, dove, oltre a seguire le lezioni di Rickert, stringe un forte sodalizio col poeta Fritz Heinle, che morirà suicida due anni dopo.

Dopo l'inizio della guerra, riesce a scampare l'arruolamento, ma rompe con Wyneken perché quest'ultimo aderisce entusiasticamente al conflitto.

Si trasferisce a Monaco nel 1915, dove segue i corsi di fenomenologia di Moritz Geiger e inizia un'amicizia con Gerschom Scholem, che mantiene fino alla fine dei suoi giorni.

L'anno dopo incontra Dora Kellner, che sposa nel 1917: dalla relazione nasce nel 1918 il figlio Stefan.

La coppia si trasferisce a Berna, quando Benjamin è già autore d’importanti saggi (Due poesie di Friedrich Hölderlin; Sulla lingua in generale e sul linguaggio degli uomini).

Nel 1919 si laurea in filosofia con Herbertz, discutendo una tesi sul Concetto di critica d'arte nel Romanticismo tedesco.

In Svizzera fa la conoscenza d’Ernst Bloch, con cui avrà fino alla fine un rapporto controverso, tra entusiasmi e insofferenza.

Nel 1920, tornato a Berlino, progetta senza successo la rivista "Angelus Novus", scrive Per la critica della violenza e traduce Baudelaire.

Nel 1923 conosce il giovane Theodor Adorno.

Il suo matrimonio entra in crisi e nel 1924, durante un lungo soggiorno a Capri dove conosce e s'innamora d’Asja Lacis, una rivoluzionaria russa che lo induce ad avvicinarsi al marxismo.

Pubblica un saggio su Le affinità elettive per la rivista di Hugo von Hoffmanstahl.

Nel 1925 l'università di Francoforte respinge la sua domanda d’abilitazione all'insegnamento accademico, accompagnata dallo scritto sull'Origine del dramma barocco tedesco, pubblicato infine tre anni dopo, insieme agli aforismi di Strada a senso unico.

In questo periodo Benjamin si mantiene con la sua attività di critico e recensore per la "Literarische Welt" e traduttore (di Proust, con Franz Hessel) e viaggia tra Parigi e Mosca, cominciando a maturare il progetto (destinato a rimanere incompiuto) di un'opera sulla Parigi dello XIX secolo (il cosiddetto Passagenwerk).

Nel 1929 stringe un profondo rapporto con Brecht Bertold, che negli anni Trenta, dopo l'avvento del Terzo Reich, lo ospita a più riprese nella sua casa in Danimarca.

Il 1933 segna, infatti, la definitiva separazione dal territorio Germanico.

Esule a Parigi, trascorre lunghi periodi ad Ibiza, Sanremo e Svendborg.

Per la "Jüdische Rundschau" esce Franz Kafka, ma le sue condizioni economiche si fanno sempre più precarie: l'assegno garantitogli dallo "Zeitschrift für Sozialforschung" d’Adorno e Horkheimer, quindi pubblica nel 1936 L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica e Eduard Fuchs, il collezionista e lo storico nel 1937, diventa il suo unico mezzo di sussistenza.

Nel 1938-39 lavora su Baudelaire (D’alcuni motivi in baudelaire) e dopo su "tesi Sul concetto di storia" perchè lo scoppio della seconda guerra mondiale lo induce a scrivere di getto quest’ultimo testo.

Internato nel campo di prigionia di Nevers poiché cittadino tedesco, è rilasciato tre mesi dopo.

Abbandona tardivamente Parigi e cerca di ottenere un visto per gli Stati Uniti.

Nel settembre del 1940 è bloccato alla frontiera spagnola dalla polizia: nella notte tra il ventisei e il ventisette si toglie la vita ingerendo una forte dose di morfina.

Ai suoi compagni di viaggio fu concesso di passare il confine il giorno seguente.


Opere

Nel 1916 scrive Sulla lingua in generale e sulla lingua degli uomini; Benjamin descrive una situazione originaria di perfetta corrispondenza fra parole e cose, realtà e linguaggio, conseguenza dell'attribuzione da parte di Dio dei nomi alle cose.

Questa iniziale trasparenza delle cose nei nomi s'interrompe col peccato originale.

L'originaria lingua divina si frantuma in una pluralità di linguaggi umani privi ormai della forza rivelatrice della lingua divina e ridotti a semplici strumenti di comunicazione.

Un testo molto interessante, ma meno famoso è L’infanzia berlinese, che è un'anomala autobiografia rielaborata più volte (fra il 1932 e il 1938) sulla base della precedente "Cronaca berlinese" e d’articoli apparsi sulla "Frankfurter Zeitung".

Al centro della narrazione sta un mondo d’immagini, luoghi e oggetti sepolti e ritrovati, attraverso cui la città pare educare il bambino scelto come interlocutore segreto.

Nei trentadue brani della raccolta, Benjamin ha la pazienza di dare nuovamente voce ai viali, agli stagni, al giardino zoologico, ai mercati coperti, alla pista di pattinaggio, alla residenza estiva presso Potsdam.

Il saggio del 1924-25 intitolato Affinità elettive è incentrato sull’interpretazione dell’opera d’arte: la “conciliazione” proposta o suggerita dall’opera d’arte è solo un’apparenza mistificante; la pretesa totalità dell’arte è falsa e smentita dall’intima frammentarietà del prodotto artistico.

Nell’opera d’arte non è immediatamente visibile neppure una dimensione utopica-positiva; questo è semmai presente nella forma dell’inespresso, del non-detto dell’arte, in altre parole in una speranza, che può cogliere solo chi n’è radicalmente privo.

Benjamin nel 1928 scrive L’origine del dramma barocco: questo saggio presenta un discorso sui concetti di simbolo e allegoria, giunge ad una rivalutazione dell'arte allegorica e ad una corrispondente svalutazione dell'arte simbolica.

Questa opera non servì a far ottenere a Benjamin l'abilitazione in filosofia all'Università di Francoforte, che in ogni modo continuò a lavorare come saggista e traduttore.

Una delle opere principali scritte da Benjamin Walter è L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, è un testo molto affascinante, ma piuttosto ambiguo.

Benjamin dice: L'opera d'arte prima dell'avvento dell'epoca della sua riproducibilità tecnica, all’incirca fine ottocento primi novecento, aveva statuto d’autenticità ed unicità.

Un prodotto artistico, ad esempio un quadro, era un pezzo unico e originale, non fabbricato in serie, ed autentico, ossia irripetibile e destinato ad un godimento estetico esclusivo nel luogo in cui si trova.

Questo hic et nunc dell'opera, questa sua originalità, unità, autenticità, irripetibilità, esclusività di godimento estetico viene da Benjamin chiamata "aura".

L’”aura” è concepita come qualcosa d’irripetibile che era presente nelle opere antiche, un qualcosa di originario che ne garantiva l’autenticità, proveniente da manipolazioni tecniche che gli dovevano apparire ogni volta uniche e non totalmente imitabili e dal fatto che l’espositività dell’opera, quella che oggi si chiamerebbe la sua fruizione, era limitata a pochi, non percepita come oggi da ognuno e ovunque, come accade per ogni immagine che sia realizzata in serie.

La riproducibilità, secondo Benjamin, distruggerebbe l’”aura” dell’opera d’arte.

L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica è sottoposta ad un processo di "decadenza dell'aura".

Tanto è unico un quadro quanto labile e ripetibile la foto.

Ma se il godimento dell'aura di un'opera d'arte è tutto sommato una prerogativa aristocratico-umanistica, ossia un'esperienza estetica privilegiata di un fine connaisseur o di una ristretta cerchia di happy few, l'opera d'arte riprodotta è invece nata avendo come destinazione le masse: molteplici, ingorde, mutevoli per definizione.

La contraddizione del testo di Benjamin nasce proprio qui. Poiché egli -nella Premessa teorica di questo testo e nella conclusione - si propone di formulare dei concetti nuovi nel campo della teoria dell'arte accordabili alle «esigenze rivoluzionarie» del materialismo storico, non si vede come possa tale finalità accordarsi invece con un processo definito di "decadenza" dell'esperienza estetica - sempre più priva di "aura"-, con le esigenze comunque sempre più pressanti delle masse di poter adire l'estetico.

Per quanto ci si sforzi di leggere tra le righe del testo non si capisce insomma fino a che punto la perdita dell'aura sia un bene o un male per Benjamin e dunque un bene o un male per le masse o un bene o un male in sé e per sé.

Importanti sono anche le Tesi sulla filosofia della storia (1940) in cui il tradizionale concetto di tempo, caratterizzato da linearità, continuità e necessario progresso, viene rifiutato in nome di una più originaria esperienza della temporalità, in cui il rapporto tra passato e futuro è fatto d'interruzioni e rotture.

Egli delinea una concezione della storia opposta a quella di Hegel.

Secondo Benjamin è infondata la rappresentazione della storia come un processo finalistico, dove il futuro ci riserva necessariamente un progresso rispetto al passato: l’esperienza umana, individuale e collettiva, smentisce la pretesa hegeliana.

Potremmo avere un futuro diverso se diventeremo consapevoli dei drammi della civiltà, del “cumulo di macerie” che ci siamo lasciati alle spalle e se sapremo cogliere gli istanti messianici di cui è ricco il tempo presente.

Musei

Bibliografia

-Peter Szondi, Hoffnungen im Vergangenen. Walter Benjamin und die Suche nach der verlorenen Zeit, in Zeugnisse: Theodor W. Adorno zum sechzigsten Geburtstag, a cura di V. Max Horkheimer & Institut für Sozialforschung, Frankfurt am Main (Europäische Verlagsanstalt) 1963. Theodor W. Adorno, Charakteristik Walter Benjamins, in „Prismen“, 1964, pp. 232 - 247. Peter Szondi, Hoffnung im Verganganen. Über Walter Benjamin, in „Satz und Gesatz“, 1965, pp. 79-97. -Ralph-Rainer Wuthenow, Walter Benjamin. “Kritik und Gewalt�?, in „Neue Stimme“, 3 (1965), pp. 64-80. -Cesare Cases, Der Pflaumen: Brecht, Benjamin e la natura, in “Studi germanici�?, 3 (1965) 2, pp.211- 237. -Rosemarie Heise, Der Benjamin Nachlaß in Potsdam, in “Alternative“, 10 (1967) 56/57, Berlin 1967, pp. 186-197. -Dietrich Böhler, Walter Benjamin in seinen Briefen. In “Neue Rundschau’’ , 78 (1967) 4, Berlin & Franfurt am Main ( S. Fischer Verlag) 1967. -Manfred Durzak, Walter Benjamin und die Literaturwissenschaft, in „Monatshefte“58 (1967) 3, pp. 217 - 232. -Helmut Heißenbüttel, Vom Zeugnis des Fortlebens in Briefen (zu Walter Benjamin), in Merkur 21 (1967) 3, pp. 232 - 244. -Werner Kraft, Walter Benjamin hinter seinen Briefen,in “Merkur„21 (1967) 3, pp. 226 - 232. -Friedrich Geyrhofer, Magischer Materialismus. Zum Werk Walter Benjamins, in “Literatur und Kritik„14 (1967), pp. 235 - 242. -Benjamin als Rezensent, in “Alternative„, 10 (1967) 56-57, Berlin, pp.215-224. -Piet Gruchot, Konstruktive Sabotage. Walter Benjamin und der bürgerliche Intellektuelle, in “Alternative„, 10 (1967) 56-57, Berlin, pp. 204-210. -Hans Heinz Holz, Philosophie als Interpretation. Thesen zum theologischen Horizont der Metaphysik Benjamins, in “Alternative„, 10 (1967) 56/57, Berlin, pp. 253-242. -Heinz- Dieter Kittsteiner, Die geschichtsphilosophischen Thesen, in “Alternative„, 56/57, Berlin 1967, pp.243-251. -Anna Lazis, Brief an Hildegard Brenner. Zu Walter Benjamin, in“ Alternative„, 10 (1967) 56/57, Berlin, pp. 211-214. -Helmut Lether, Zur materialistischen Kunsttheorie Benjamins, in Alternative, 10 (1967) 56/57, Berlin, pp. 225-234. -Dietrich Böhler, W. Benjamin in seinen Briefen, in “Neue Rundschau�?, 78 (1967) 4, pp.664-673. Hannah Arendt, Walter Benjamin, in “Merkur�?, 22 (1968) 1 /2, pp. 50-65; 3, pp.209-223, 4, pp. 305-315.S -Hisao Takagi, der Grundbegriff der Kritik bei Walter Benjamin, in Doitsu Bungaku, 39 (1968), pp.79-88, pp. 142-143. -Helmut HeiBenbüttel, Zu Walter Benjamins Spätwerk, in Merkur 22 (1968) 1 /2, pp. 179-185. -Dieter Bachmann, Essay und Essayismus, Stuttgart (Kohlhammer),1969. -Pierre Missac, Stephane Mallarmé et Walter Benjamin, in Revue de Litterature comparée 18 (1969) 43, pp. 233-247. -Asja Lacis, Städte und Menschen. Erinnerungen, in Sinn und Form, 21( 1969), pp.1326-1357. -Theodor W. Adorno, Prismen. Kulturkritik und Gesellschaft, Frankfurt ( Suhrkamp) 1969. -Rolf Tiedemann, Notiz zu einem Fragment Benjamins, in Kursbuch, 20 (1970) 3, pp.5-9. -Theodor W. Adorno, Über Walter Benjamin, a cura di Rolf Tiedemann, Frankfurt ( Suhrkamp) 1970. -Gabriele Dietrich, Jüdisch-Prophetisches in der modernen deutschen Philosophie und Soziologie, in “Emuna�?, 6 (1971) pp. 375-383. -Max Bense, Die Realität der Literatur. Autoren und ihre Texte, Köln (Kiepenheuer e Witsch) 1971. -Hannah Arendt, Walter Benjamin – Bertolt Brecht. 2 Essays, München (Piper) 1971. -Johann Jakob Bachofen, Walter Benjamin, in “Text und Kritik�?, (1971) 31-32, pp.28-40. -Peter Krumme, Zur Konzeption der dialektischen Bilder, in “Text und Kritik�? (1971) 31-32, pp.72-80. -Burkhardt Lindner, Kommentierende Übersicht zur Lebens- und Wirkungsgeschichte Benjamins, in “Text und Kritik�? (1971) 31-32, pp.81-91. -Burkhardt Lindner, Natur – Geschichte – Geschichtphilosophie und Welterfahrung in Benjamins Schriften, in “Text und Kritik�? (1971) 31-32, pp. 41-58. -Gerhard Plumpe, Die Entdeckung der Vorwelt. Erläuterungen zur Benjamins Bachöfenlektüre, in “Text und Kritik„ (1971) 31-32, pp. 19-27. -Dietrich Thierkopf, Nähe und Ferne. Kommentare zu Benjamins Denkverfahren, in “Text und Kritik�? (1971) 31-32, pp. 3-18. -Lieselotte Wiesenthal, Die Krise der Kunst im Prozeß ihrer Verwissenschaftlichung. Zur Beschreibung von Krisenprozessen bei Walter Benjamin, in “Text und Kritik�?, 1971, pp.59-71. -René Wellek, The early literary criticism of Walter Benjamin, in “Rice University Studies�? (1971) 57, pp. 123-134. -Carol Jacobs, Walter Benjamin: image of Proust, in “Modern Language Notes�? (1971) 86, pp. 910-932. -Siegfried Krakauer, Die Angestellten. Aus dem neuesten Deutschland. Mit einer Rezension von Walter Benjamin, Frankfurt/M, (Suhrkamp) 1971. -Peter Mayer, Die Wahrheit ist konkret. Notizen zu Benjamin und Brecht, in “Text und Kritik�?, 33 (1972) 1, pp. 141-158. -Marianne Kesting, Auf der Suche nach der Realität. Kritische Schriften zur modernen Literatur, München, (Piper) 1972. -Jürgen Habermas, Zwischen Kunst und Politik. Eine Auseinandersetzung mit Walter Benjamin, in “Merkur�?, 26 (1972), pp. 856-869. -Roger Bauer, Paris, capitale du XIXème siècle. Rèflections sur quelques textes de Walter Benjamin, in “Revue d’Allemagne�?, 3 (1972) 4, pp. 622-637. -Heinrich Vormweg, Eine andere Lesart. über neue Literatur, Neuwied (Luchterhand) 1972. -Gerhard Kaiser, Walter Benjamins geschichtphilosophische Thesen. Zur Kontroverse der Benjamin-Interpreten, in “Deutsche Vierteljahresschrift�?, 46 (1972), pp. 577-625. -Jürgen Habermas, Zwischen Kunst und Politik. Eine Auseinandersetzung mit Walter Benjamin, in “Merkur�?, 26 (1972), pp. 856-869. -Peter Mayer, Die Wahrheit ist konkret. Notizen zu Benjamin und Brecht, in “Text und Kritik�?, 1 (1973), pp. 141-158. -Marianne Kesting, Auf der Suche nach der Realität. Kritische Schriften zur modernen Literatur, München (Piper) 1973. -Roger Bauer, Paris, capitale du XIXème siècle. Rèflections sur quelques textes de Walter Benjamin, in “Revue d’Allemagne�?, 4 (1972), pp. 622-637. -Heinrich Vormweg, Eine andere Lesart. über neue Literatur, Neuwied (Luchterhand) 1972. -Gerhard Kaiser, Walter Benjamins geschichtphilosophische Thesen. Zur Kontroverse der Benjamin- Interpreten, in “Deutsche Vierteljahresschrift �? 46 (1972), pp. 577-625. -Henning Günther, Walter Benjamin und der humane Marxismus, Olten, Freiburg, 1974. -Henning Günther, Der Messianismus von Hermann Cohen und Walter Benjamin, in “Emuna�? (1974), 9, pp. 352 – 359. -H.W. Belmore, Some recollection of Walter Benjamin, in “German life & letters�?, (1974/75), 28, pp. 119-127. -H. Gunter Schmitz, Melancholie als falsches Bewußtsein, in “Neue Rundschau�?, 85 (1974), pp. 27-43. -Erwin Gehrhardt, Kleine Sprachmodenschau, in “Sprachdienst�?, 18 (1974) 5, pp. 42-43. Oskar Sahlberg, Die Wiedersprüche Walter Benjamins. Ein Vergleich der beiden Baudelaire Arbeiten, in “Neue Rundschau�?, 85 (1974), pp. 464- 487. -Peter Brüger, Theorie der Avantgarde, Frankfurt (Suhrkamp) 1974. -Werner Kraft, Das ja des Neinsagers. Karl Kraus und seine geistige Welt, München (Boorberg) 1974. -Fredric Jameson, Marxism and form. 20th century dialectical theories of literature, Princeton (N.J.) 1974. -Gerhard Michel, Wolfgang Ratke: die Muttersprache in Schule, Staat und Wissenschaft, in�?Barock-Symposion�?, 1974, pp. 185-197; 275-285. -Heinz Paetzold, Neomarxistische Ästetik, Düsseldorf (Schwann) 1974. -Sergio Givone, Hybris e melancholia. Studi sulle poetiche del Novecento, Milano (Mursia) 1974. -Theodor W.Adorno, Noten zur Literatur, Frankfurt (Suhrkamp) 1974. -Theodor W. Adorno, Gesammelte Schriften, Frankfurt (Suhrkamp) 1974. -Gerhard Kaiser, Benjamin. Adorno. 2 Studien, Frankfurt (Athenäum Fischer TaschenbuchVerlag) 1974 -Giovanni Spagnoletti, Avanguardia e Rivoluzione. Appunti sul marxismo benjaminiano, in “Studi Germanici�?, 12 (1974), pp. 291-326. -Olav Münzberg, Rezeptivität und Spontaneität. Die Frage nach dem ästetischen Subjekt oder soziologische und politische Implikationen der Verhältnisse. Kunstwerk-Rezipient in den ästetischen Theorien Kants, Schillers, Hegels, Benjamins, Brechts, Heideggers, Sartres und Adornos, Frankfurt ( Akad Verlag) 1974. -Helmut Pfotenhauer, Aktualisierung vergangener ästetischer Erfahrungen als Aufgabe und Problem einer materialistischen Literaturinterpretation. Untersuchungen zum Spätwerk Walter Benjamins, in “Literaturwissenschaft und Sozialwissenschaften�?, 4 (1975), pp. 145- 212. -Heinz Brüggermann, Aspekte einer marxistischen Produktionsästetik. Versuch über theoretische Beiträge des LEF, Benjamins und Brechts, in “Literaturwissenschaft und Sozialwissenschaften�?, 4 (1975), pp. 109-143. -Gunter Hess, Allegorie und Historismus. Zum “Bildgedächtnis des späten 19. Jh., in “Verbum et signum�?, 1 (1975), pp. 555-591. -Ludwig Rohner, Dreimal Potemkin, in “Akzente�?, 22 (1975) 5, pp. 354-366. -Dolf Dehler, Ein hermetischer Sozialist. Zur Baudelaire Kontroverse zwischen Walter Benjamin und Bertolt Brecht, in “Diskussion Deutsch, 6 (1975), pp. 569-584. -Helmut Pfotenhauer, Ästhetische Erfahrung und gesellschaftliches System. Untersuchungen zu Methodenproblemen einer materialistischen Literaturanalyse im Spätwerk Walter Benjamins, Stuttgart (Metzler) 1975. -Gerschom Scholem, Walter Benjamin, die Geschichte einer Freundschaft, Frankfurt (Suhrkamp) 1975. -Winfried Schröder, Walter Benjamin - zum Funkionswandel der Literatur in der Epoche des Imperialismus, in “Funktion der Literatur�?, Berlin (Akademie-Vlg), 1975, pp. 176, 186; 398, 404. -Gerhard Kaiser, Der profane Text eines profanen Autors oder Rückübersetzung des Materialismus in Theologie? Rolf Tiedemann zu Walter Benjamins Thesen, über den Begriff der Geschichte, in “Kaiser, -Gerhard : Neue Antithesen eines Germanisten, 1974-75�?, Kronberg (Scriptor Verlag) 1976, pp. 99-119. -Bernd Witte, Walter Benjamin. Der Intellektuelle als Kritiker. Untersuchungen zu seinem Frühwerk, Stuttgard (Metzler) 1976. -Otto Karl Werkmeister, Walter Benjamin, Paul Klee und der “Engel der Geschichte�?, in “Neue Rundschau�?, 87 (1976), pp. 16-40. -Gerhard Kurz, Benjamin: kritischer gelesen, in “Philosophische Rundschau�?, 23 (1976), pp. 161-190. -Gerd Michels, Konstruktion und Geschichte, in “Diskussion Deutsch�?, 7 (1976), pp. 313-333. -Theodor W. Adorno, Prismen. Kulturkritik und Gesellschaft, Frankfurt (Suhrkamp) 1976. -Peter Michelsen, Zeit und Bildung. Studien zur deutschen Literatur der Moderne, Göttingen, (Vandenhoeck & Ruprecht) 1976. -Wolfram Goddeck, Aesthetischer Kommentar. Anmerkungen zu Walter Benjamins Hölderlinlektüre, in „Pauvre Holterling“, 1 (1976), pp.17-21. -Ansgar Hillach, Allegorie, Bildraum, Montage. Versuch einen Begriff avantgardistischer Montage aus Benjamins Schriften zu begründen, in “Theorie der Avantgarde�?, Frankfurt (Surkamp), 1976, pp. 105- 142. -Harald Weinrich, Sprache in Texten, Stuttgart (Klett), 1977. -Karin Hirdina, Zum Begriff der ästhetischen Kultur, in “ Walter Benjamin�?, 23 (1977) 2, pp. 43 – 65. -Wolfram Groddeck, Götter wandelten einst bei Menschen. Konstituierter Text und Entwurf, in “Pauvre Holterling“, 2 (1977), pp. 25 – 34. -Burkhardt Lindner, Herrschaft als Trauma. Adornos Gesellschaftstheorie zwischen Marx und Benjamin, in “Text und Kritik�?, 1977, pp. 77-91 -Dolf Oehler, Charisma des Nicht-Identischen, Ohnmacht des Aparten. Adorno und Benjamin als Literaturkritiker: am Beispiel Proust, in “Text und Kritik�?, 1977, pp. 150-158. -Ferruccio Masini, Brecht e Benjamin. Scienza della letteratura e ermeneutica materialista, Bari (De Donato) 1977. -Erhard Schütz, Kritik der literarischen Reportage. Reportagen und Reiseberichte aus der Weimarer Republik über die USA und die Sowjetunion, München (Fink)1977. Anna Stüssi, Erinnerung an die Zukunft. Walter Benjamins “Berliner Kindheit um Neunzehnhundert�?, Göttingen (Vandenhoeck & Ruprecht) 1977. -Gershom Scholem, Von Berlin nach Jerusalem. Jugenderinnungen, Frankfurt (Suhrkamp) 1977. Helmut Pfotenhauer, Benjamins unzuverlässiger Materialismus, in “Poetica�?, 9 (1977) 1, pp. 398-416. -Jürgen Nacher, Walter Benjamins Allegorie. Begriff als Modell. Zur Konstitution philosophischer Literaturwissenschaft, Stuttgart (Klett-Cotta) 1977. -Jörg Becker, Alltäglicher Rassismus. Die afroamerikanischen Rassenkonflikte im Kinder-und Jugendbuch der Bundesrepublik, Frankfurt, New York (Campus Verlag) 1977. -Fred Lönker, Benjamins Darstellungstheorie. Zur Erkenntniskritischen Vorrede zum Ursprung des deutschen Trauerspiels, in “Urszenen. Literaturwissenschaft als Diskursanalyse und Diskurskritik“ a cura di F.A Kittler e H. Turk, Frankfurt (Suhrkamp) 1977, pp. 293-322. -Wolfgang Emmerich, Massenfaschismustheorie bei Ernst Bloch, Walter Benjamin, Bertolt Brecht, in “Antifaschistishe Literatur. Programme, Autoren, Werke“, a cura di L.Winckler, Krönberg (Scriptor Vlg) 1977, pp. 223-290. -Werner Fuld, Agesilaus Santander oder Benedix Schönflies. Die geheimen Namen Walter Benjamins, in “Neue Rundschau�?, 89 (1978), pp.253 – 263. -Peter von Haselberg, Der deutsche Walter Benjamin, in “Merkur�?, 32 (1978), pp. 592-600. -Helmut Niemeyer, Besuch in Port Bou. Auf der Suche nach der Grabe Benjamins, in “Neue Rundschau�?, 89 (1978), pp. 264-267. -Michael Rumpf, Walter Benjamins Nachleben, in “Deutsche Vierteljahrsschrift�?, 52 (1978), pp. 137-166. -Peter Szondi, Schriften 1.2, Frankfurt (Suhrkamp) 1978. -Ernst Osterkamp, Utopie und Prophetie. Uberlegungen zu den späten Schriften Walter Benjamins, in “Literatur ist Utopie�?, a cura di G. Veding, Frankfurt (Suhrkamp) 1978, pp. 103-128. -Kenjiro Asai, Walter Benjamins Standpunktwechsel, in “Doitsu Bungaku�?, 61 (1978), pp. 92-101. -Gershom Scholem, Die geheimen Namen Walter Benjamins. Eine Zuschrift, in “Neue Rundschau�?, 89 (1978), pp. 663-666; 666-667. -Peter Unger, Walter Benjamin als Rezensent. Die Reflexion eines Intellektuellen auf die zeitgeschichtliche Situation, Frankfurt, Bern, Las Vegas (Lang) 1978. -Carol Jacobs, The dissimulating harmony. The image of interpretation in Nietzsche, Rilke, Artaud and Benjamin, Baltimore, London (Johns Hopkins University) 1978. -Jeanne - Marie Gagnebin, Zur Geschichtphilosophie Walter Benjamins. Die Unabgeschlossenheit des Sinnes, Erlangen (Palm Enke) 1978. -Jürgen Habermas, Politik, Kunst, Religion. Essays über zeitgenossische Philosophen, Stuttgart, (Reclam) 1978. -Momme Brodersen, Literatur als Organon der Geschichte, in "QPalermo", 7 (1978), pp. 51-85. -Jacques Derrida, Ein Porträt Benjanims, in “Links hatte noch alles�?, Frankfurt (Syndacat- Autoren und Vlges) 1978, pp. 171-178. -Hartmut Engelhardt, Reproduktion der Reproduktion. Wenn Warhd sich den Benjamin anzieht, in “Links hatte noch alles�?, Frankfurt (Syndacat- Autoren und Vlges) 1978, pp. 258-277. -Ansgar Hillach, Ästhetisierung des politischen Lebens. Benjamins faschismustheoretischer Ansatz – eine Rekonstruktion, in “Links hatte noch alles�?, Frankfurt (Syndacat-Autoren und Vlges) 1978, pp. 127-167 -Harald Steinhagen, Zu Walter Benjamins Begriff der Allegorie, in “Formen und Funktionen�?, Boden-Boden (Koerner) 1978, pp.642-665; 726-738. -Peter Unger, Walter Benjamin als Rezensent. Die Reflexion eines Intellektuellen auf die Zeitgeschichtliche Situation, Frankfurt (Bern) Las Vegas (Lang) 1978 -Carol Jacobs, The Dissimulating harmony. The image of interpretation of Nietzsche, Rilke, Artaud and Benjamin, Baltimore, London (John Hopkins Univ.) 1978. -Erika fischer- Lichte, Bedeutung. Probleme einer semiotischen Hermeneutik und Ästhetik, München (Beck) 1979. -Samuel Weber, Benjamin Lektüre, in “Modern Language Note�?, 94 (1979) 4, pp. 441-454. -Fritz J. Raddatz, Die Kräfte des Rausches für die Revolution gewinnen. Der Literaturbegriff des Melancholikers Walter Benjamin, in “Merkur�?, 33 (1979), pp. 867-882. -Werner Fuld, Die Aura. Zur Geschichte eines Begriffes bei Benjamin, in “Akzente�?, (1979) 26, pp. 352-370. -Norbert W. Bolz, Benjamin (1892-1940), in “Klassiker der Literaturtheorie“, München (Beck) 1979, pp. 251-266; 349-351. -Hans-Joachim Mahl, Narr und Picaro. Zum Wandel der Narrenmotivik im Roman des 17. -Jahrhunderts, in “Studien zur deutschen Literatur�? Heidelberg (Winter) 1979, pp. 18-40. -Peter Bucken; Jay F. Bodine, Walter Benjamin. A selected bibliographical checklist, in “Colloquia Germanica�?, 12 (1979), pp. 292- 303. -Stephen Eric Bronner, The tapestry unravels. Considerations on the structure of Walter Benjamin’s thought, in “Colloquia Germanica�?, 12 (1979), pp 201-219. -Wolfgang Freese, Benjamin und Brecht. Aspekte ihres Verhältnisses, in “Colloquia Germanica�?, 12 (1979), pp. 220-245. -Christoph Hennig, Die Intellektuelle als Revolutionär. Walter Benjamins Analyse intellektueller Praxis, München (Fink) 1979. -Chryssoula Kambas, Walter Benjamins Verarbeitung der deutschen Frühromantik, in “Romanische Utopie�?, Hildesheim (Gerstenberg) 1979, pp.187-221. -Wolfgang Kemp, Fernbilder. Benjamin und die Kunstwissenschaft, in “Links hatte noch alles�?, Frankfurt (Syndacat-Autoren und Vlges) 1979, pp. 224-257. -Michael Müller, Architektur für das “Schlechte Neue�?. Zu Walter Benjamins Verarbeitung avantgardistischer Positionen in der Architektur, in “Links hatte noch alles�?, Frankfurt (Syndacat-Autoren und Vlges) 1979, pp. 278-323. -Helmut Pfotenhauer, Benjamin und Nietzsche, in “Links hatte noch alles�?, Frankfurt (Syndacat-Autoren und Vlges) 1979, pp. 100-126. -Heinz W. Puppe, Walter Benjamin on photography, in “Colloquia Germanica�?, 12 (1979), pp. 273-291. -Giulio Schiavoni, Von der Jugend zur Kindheit. Zu Benjamins Fragmenten einer proletarischen Pädagogik, in “ Links hatte noch alles�?, Frankfurt (Syndacat-Autoren und Vlges) 1979, pp. 30-64. -Irving Wohlfarth, Der destruktive Charakter. Benjamin zwischen den Fronten, in “Links hatte noch alles�?, Frankfurt (Syndacat-Autoren und Vlges) 1979, pp. 65-99. -Ulf Zimmermann, Benjamin and Berlin Alexanderplatz. Some notes towards a view of literature and the city, in “Colloquia Germanica�?,12 (1979), pp. 256-272. -Bernd Witte, Negative Ästhetik zu Benjamins Theorie und Praxis der literarischen Kritik, in “Colloquia Germanica�?, 12 (1979), pp. 193-200. -Peter Demetz, Walter Benjamin als Leser Adalbert Stifters, in “Stifter-Symposion�?, Linz (Linzer Veranstaltungsgesellschaft) 1979, pp.38-43. -Jean-Pierre Schonbinger, Variationen zu Walter Benjamins Sprachmeditationen, Basel, Stuttgart (Schwabe) 1979. -Werner Fuld, Walter Benjamin zwischen den Stühlen. Eine Biographie, München, Wien (Hanser) 1979. -Josef Quack, Benjamins Spleen. Verabschiedung oder Rettung eines modernen Klassikers, in “Frankfurter Hefte�?, 34 (1979), pp. 55-62. -Richard Faber, Der Collage-Essay. Eine wissenschaftliche Darstellungsform. Hommage à Walter Benjamin, Hildesheim (Gerstenberg) 1979. -Samuel Weber, Benjamin Lektüre, in “Modern Language Note�?, 94 (1979), pp. 441-454. -Fritz J. Raddatz, Die Kräfte des Rausches für die Revolution gewinnen. Der Literaturbegriff des Melancholikers Walter Benjamin, in “Merkur�?, 33 (1979), pp. 867-882. -Werner Fuld, Die Aura. Zur Geschichte eines Begriffes bei Benjamin, in “Akzente�?, 26 (1979), pp. 352-370. -David Bathrick, Reading Walter Benjamin from West to East, in “Colloquia Germanica�?, 12 (1979), pp. 246-255. -Richard Faber, Der Collage-Essay. Eine wissenschaftliche Darstellungsform. Hommage à Walter Benjamin, Hildesheim (Gerstenberg) 1979. -Geoffrey H. Hartman, Criticism in the wilderness. The study of literature today, New Haven, London (Yale Univ. Pr.) 1980. -John Milfull, The Messiah and the direction of history: Walter Benjamin, Isaac Bashevis Singer and Franz Kafka , in “Festschrifts for E. W. Herd�?, Dunedin (Dept of german, Univ. Of Otago) 1980, pp. 180-187. -Peter Bürger, Das Vermittlungsproblem in der Kunstsoziologie Adornos, in Materialen zur ästhet. Theorie, Frankfurt (Suhrkamp) 1980, pp 169-184. -Peter Demetz, Walter Benjamin als Leser Adalbert Stifters, in “Neue Rundschau�? 91 (1980) 1, pp. 148-162. -Günter Oesterle, Versetzte Kunst in Wort und Bild. Moritz Retzsch “Apollo verläugnet und entwürdigt�? 1831 und “Reinecke Fuchs�? in einer anonymen Karikatur von 1848, in “Nervöse Auffangsorgane des inneren und äußeren Lebens�?, GieBen (Anabas Vlg) 1980, pp. 172-185. -Terry Eagleton, Walter Benjamin or Towards a revolutionary criticism, London (Verso) 1981. Ferruccio Masini, Gli schiavi di Efesto. L'avventura degli scrittori tedeschi del Novecento, Roma (Ed. Riuniti) 1981. -Edzard Krückeberg, Der Begriff des Erzählers im 20. Jahrhundert. Zu den Theorien Benjamins, Adornos und Lukàcs, Bonn (Bouvier) 1981 -Gershom Scholem, Walter Benjamin und Felix Noeggerath, in “Merkur�?, 35 (1981), pp. 134-169. -Irving Wolfarth, “Die eigene, bis zum Verschwinden reife Eisamkeit�?. Zu Walter Benjamins Briefwechsel mit Gershom Scholem, in “Merkur�?, 35 (1981) 6, pp. 170-191. -Hilde Benjamin, Ein unbekannter Brief Walter Benjamins, in “Neue Deutsche Literatur�?, 29 (1981), pp. 36-42. -Werner Fuld, Walter Benjamins Beziehung zu Ludwig Klages, in “Akzente�?, 28 (1981) München (Hanser) pp. 274-287. -Burkhardt Lindner, Das Interesse an der Kindheit, in “Literaturmagazin�?, 14 (1981) Reinbek (Rowohlt) pp. 112-132. -Krista R. Greffrath, Metaforischer Materialismus. Untersuchungen zum Geschichtbegriff Walter Benjamins, München (Fink) 1981. -Werner Fuld, Walter Benjamin. Zwischen den Stühlen. Eine Biographie, Frankfurt (Fischer Taschenbuch Verlag) 1981. -Ernst Osterkamp, Näherungen. Rudolf Borchardt and the middle ages, in “Germanisch-Romanische Monatsschrift�?, 31 (1981) Heidelberg (Winter), pp. 203-233. -Hans Dieter Zimmermann, San Gimignano. Zu Aufsätzen von Reinhold Schneider und Walter Benjamin, in “Frankfurter Hefte�?, 36 (1981) Verlag der Frankfurter Hefte, pp.57-63. -Ullrich Schwarz, Rettende Kritik und antizipierte Utopie. Zum geschichtlichen Gehalt ästhetischer Erfahrung in den Theorien von Jan Mukarovsky, Walter Benjamin und Theodor W. Adorno, München (Fink) 1981. -Irving Wohlfarth, History, Literature and the Text: The case of Walter Benjamin, in “Modern language Note“, 98 (1981) Baltimore (Johns Hopkins Univ), pp. 112-1014. -Chryssoula Kambas, Walter Benjamin an Gottfried Salomon. Bericht über eine unveröffentlichte Korrespondenz, in “Deutsche Vierteljahrschrift�?, 56 (1982) Stuttgard (Metzler), pp. 601-621. -Gudrum Klatt, Benjamins Baudelaire-Studien-Baustein zu einer Ästetik des Wiederstands, in “Walter Benjamin�?, 28 (1982) Kronberg (Scriptor Vlg), pp. 34-69. -Julian Roberts, Walter Benjamin, London (Macmillian Press) 1982. -Maria Teresa Mandalari , Walter Benjamin: l’amicizia con Gershom Scholem e l’angelo di Klee, in “Belfagor�? (1982) 37, pp.55-73. -Burkhardt Lindner, Benjamin Bibliographie, 1971-1978. Mit Ergänzungen zum Zeitraum vor 1971, in “Text und Kritik“, 76 (1982) 31-32, pp. 114-120. -Michael Rumpf, Faszination und Distanz. Zu Benjamins George-Rezeption, in “Walter Benjamin-Zeitgenosse“, Kronberg (Scriptor Verlag), pp. 37-50. -Karol Sauerland, Benjamins Revision der bisherigen materialistischen Geschichtbetrachtung, in “Neue Rundschau“, 93 (1982) 1, Frankfurt (S.Fischer), pp. 60-71. -Ullrich Schödlbauer, Der Text als Material. Zu Benjamins Interpretation von Goethes Wahlverwandschaften, in “Walter Benjamin-Zeitgenosse“, Kronberg (Scriptor Verlag), pp. 94-109. Gershom Scholem, Ahnen und Verwandte Walter Benjamins, in “Bullettin des Leo Baeck Instituts“, 61 ( 1982), pp. 29-55. -Howard Stern, Umkehrung des déjà vu. Zu einem Text der „Berliner Kindheit“, in “Text und Kritik“, 76 (1982) 31-32, pp. 91-93. -Bernd Witte, Krise und Kritik. Zur Zusammenarbeit Benjamins mit Brecht in den Jahren 1929 bis 1933, in “Walter Benjamin-Zeitgenosse“, Kronberg (Scriptor Verlag), pp. 9-36. -Howard Stern, Gegenbild, Reihenfolge, Sprung. An essay on related figures of argument in Walter Benjamin, Bern (Frankfurt Lang) 1982. -Heide-Marie Wollmann, Sowjetrußland und Potemkinsche Dörfer Mitte der Zwanziger Jahre, in "Quaderni di filologia germanica", 2 (1982), pp. 379-397. -Marc Sagnol, Kolloquium zum 90. Geb. Walter Benjamins und zu dem Erscheinen des Passagen-Werks, in "Argument", 24 (1982) 131-135, Berlin (Argument Verlag), pp.870-871. -Ferruccio Masini, Allegorie, Melancholie, Avantgarde zum “Ursprung des deutschen Trauerspieles“, in „Text und Kritik“, 76 (1982) 31-32, pp. 94-12. -Bernd Witte, Benjamins Baudelaire. Rekonstruktion und Kritik eines Torsos, in “Text und Kritik“, 76 (1982) 31-32, pp. 81-90. -Hugh Ridley, Walter Benjamin-Towards a new Marxist aesthetic, in �? Weimar Germany“, Edinburgh (Scottish Academic pr.), pp. 168-183. -Lisa Fittko, „Der alte Benjamin“. Flucht über die Pyrenäen, in “Merkur“, 36 (1982), pp. 35-49. Peter Gebhardt, Über einige Voraussetzungen der Literaturkritik Benjamins, “Walter Benjamin-Zeitgenosse“, Kronberg (Scriptor Verlag), pp. 71-93. -Dietrich Harth; Martin Grzimek, “Aura“ und „Aktualität“ als ästhetische Begriffe, in “Walter Benjamin-Zeitgenosse“, Kronberg (Scriptor Verlag) , pp. 110-145. -Heinrich Kaulen, Leben im Labyrinth, Walter Benjamins letzte Lebensjahre, in “Neue Rundschau“, 93 ( 1982) Frankfurt (S. Fisher), pp. 34-59. -Hans Jürgen Brandt, „Benjamin und kein Ende?“ Zur Filmtheorie Walter Benjamins, in „Frankfurter Hefte“, 38 (1983) 3, pp. 48-54. -Chryssoula Kambas, Walter Benjamin im Exil. Zum Verhältnis von Literaturpolitik und Ästhetik, Tübingen ( Niemayer ) 1983. -Bernd Witte, Die Wandlungen des Epischen. Entwürfe zu einer Theorie der integralen Prosa, in Textsorten und Gattungen, Berlin (Scmidt), pp. 563-576. -Caroline Neubaur, Walter Benjamin: Soziologe. Anmerkungen über eine Philosophie ohne Begriffe, in "Freibeuter" 22 (1984) Berlin (Freibeuker Vlg/Wagenbach), pp. 143-149. -Hans Thiers Lehmann, Die Kinderseite der Geschichte. Zu Walter Benjamins Passagen-Werk, in "Merkur", 37 (1983), pp. 188-196. -Eva Michaelis-Stern, Miszelle, in "Bullettin des Leo Baeck Instituts", 64 (1983) Königstein (Jüdischer Vlg), pp. 85-86. -Peter Beicken, Kafkas "Prozeß" und seine Richter. Zur Debatte Brecht-Benjamin und Benjamin-Scholem, in Probleme der Moderne, Tübingen (Niemyer), pp. 343-368. -Leo Löwenthal, Die Integrität des Intellektuellen. Zum Andenken Walter Benjamins, in "Merkur", 37 (1983), pp. 223-227. -Hans Thiers Lehmann, Die Kinderseite der Geschichte. Zu Walter Benjamins Passagen-Werk, in "Merkur", 37 (1983) Stuttgart (Klett-Cotta), pp. 188-196. -Eva Michaelis-Stern, Miszelle, in "Bullettin des Leo Baeck Instituts", 64 (1983), pp. 85-86. Leo Löwenthal, Die Integrität des Intellektuellen. Zum Andenken Walter Benjamins, in "Merkur", 37 (1983) 6, pp. 223-227. -Richard Wolin, Review of Gershom Scholem’s Walter Benjamin- Story of a Friendship, in “Telos�? (1983-1984) 63 , pp. 219-227. -Gershom Scholem, Walter Benjamin und sein Engel. 14 Aufsätze und kleine Beitr., Frankfurt (Suhrkamp) 1983. -Susan Buck-Morss, Benjamin's Passagen-Werk: redeeming mass culture for the revolution, in "New German critique", (1983), 29, pp. 211-240. -Momme Brodersen, Er-fahrene Erfahrung. Eine italienische Reise Walter Benjamins, in "QPalermo", 18 (1983), pp. 41-69. -Michael W. Jennings, Benjamin as a reader of Hölderlin. The origins of Benjamin‘s theory of literary criticism, in “The german quarterly�?, 56 (1983), pp. 544. -Sabine Schiller-Lerg, Wer war‘s? Automatische Sprecheranalyse. Eine Möglichkeit zur Identifizierung historischen Tonmaterials. Vorgeführt am Beispiel eines Tonfragments des Hörspiels „Radau um Kasperl“ von Walter Benjamin, in Siegener Periodicum zum Internationalen Empirischen Literaturwissenschaft, 2 (1983), pp. 359-373. -Ferenc Fehér, Wolin on Benjamin, in “New german critique“, 28 (1983) MilwaukeeWis (New german critique), pp. 170-180. -Chryssoula Kambas, Walter Benjamin im Exil. Zum Verhältnis von Literaturpolitik und Ästhetik, Tübingen (Nyemeyer) 1983. -Karlheinz Stierle, Walter Benjamin: Der innehaltende Leser, in Fragment und Totalität, a cura di Lucien Dällenbach e Christiaan L. Hart Nibbrig, Frankfurt (Suhrkamp)1984, pp. 337-349. -Burkhardt Lindner, Das Passagen-Werk, die Berliner Kindheit und die Archäologie des Jüngst Vergangenen, in Passagen. Walter Benjamins Urgeschichte des 19.Jh., a cura di Norbert Bolz e Bernd Witte, München (Fink) 1894. -Caroline Neubaur, Walter Benjamin: Soziologe. Anmerkungen über eine Philosophie ohne Begriffe, in "Freibeuter" 22 (1984) Berlin (Freibeuker Vlg/Wagenbach), pp. 143-149. -Marta Jukubowicz- Pisarek, Zur Teorie der Aura bei Walter Benjamin, in Rocznik nauk-dydakt, 4/59 (1984), pp. 7-42. -Momme Brodersen, Kommentierte (Auswahl) Bibliographie der italienischen Benjamin-Rezeption, in Benjamin auf italienisch Frankfurt (Vlg Neue Kritik), pp. 143-159. -Momme Brodersen, Kommentierte (Auswahl) Bibliographie der italienischen Benjamin-Rezeption, in Benjamin auf italienisch Frankfurt (Vlg Neue Kritik), pp. 120-142. -Passagen. Walter Benjamins Urgeschichte des 19. Jh., a cura di Norbert Bolz und Bernd Witte, München ( Fink) 1984. -Norbert Bolz, Bedingungen der Möglichkeit historischer Erfahrung, in Passagen. Walter -Benjamins Urgeschichte des 19.Jh., München (Fink) 1984, pp. 137-162. -Susan Buck- Morss, Der Flaneur, der Sandwichman und die Hure. Dialektische Bilder und die Politik des Müßiggangs, in Passagen. Walter Benjamins Urgeschichte des 19.Jh., München (Fink) 1984, pp. 96-113. -Philippe Ivernel, Paris Hauptstadt der Volksfront oder das posume Leben des 19. Jahrhunderts, in Passagen. Walter Benjamins Urgeschichte des 19.Jh., München (Fink) 1984, pp. 114-135. Heinz- Dieter Kittsteiner, Walter Benjamins Historicismus, in Passagen. Walter Benjamins Urgeschichte des 19.Jh., München (Fink) 1984, pp. 163-197. -Burkhardt Lindner, Das Passagen-Werk, die Berliner Kindheit und die Archäologie des Jüngstvergangenen, in Passagen. Walter Benjamins Urgeschichte des 19.Jh., München (Fink) 1984, pp. 27-48. -Raimar Stefan Zons, Annäherungen an die Passagen, in Passagen. Walter Benjamins Urgeschichte des 19.Jh., München (Fink) 1984, pp. 49-69. -Bernd Witte, Paris- Berlin- Paris. Zum Zusammenhang von individueller, literarischer und gesellschaftlicher Erfahrung in Walter Benjamins Spätwerk, in Passagen. Walter Benjamins Urgeschichte des 19.Jh., München (Fink) 1984, pp. 17-26. -Irving Wohlfarth, Et cetera? Der Historiker als Lumpensammler, in Passagen. Walter Benjamins Urgeschichte des 19.Jh., München (Fink) 1984, pp. 70-95. -Caroline Neubaur, Walter Benjamin: Soziologe. Anmerkungen über eine Philosophie ohne Begriffe, in "Freibeuter" 22 (1984) Berlin (Freibeuker Vlg/Wagenbach), pp. 143-149 Dagmar Barnouw, Exil als Allegorie: Walter Benjamin und die Autorität des Kritikers, in Exilforschung,3 (1985), pp.197-214. -Eugenio Spedicato, Walter Benjamin e il “vero lettore�? dell’Origine del dramma barocco tedesco, in “Annali. Sezione Germanica�?, 28 (1985), pp. 115-139. -Martin Lüdke, Vor-Bild Benjamin. Ein wehmütiger Rückblick, in „Manuskripte“, 25 (1985) 89/90, pp. 190-194. -Gunar Musik, Die erkenntnistheoretischen Grundlagen der Ästhetik Walter Benjamins und ihr Fortwirken in der Konzeption des Passagen-Werks, Franfurt, Bern, New York ( Lang) 1985. Walter Glogauer, Wiederspruch, Paradoxie oder Rettung. Zum Begriff der Wahrheit in Walter Benjamins Ursprung des deutschen Trauerspiels, in Neoph, 69 (1985), pp. 115-125. -Tomoko Masuzawa, Tracing the figure of redemption. Walter Benjamin's physiognomy of modernity, in "Modern language note",100 (1985), pp. 514-536. -Bernd Wittte, "Die Welt allseitiger und integraler Aktualität". Die Säkularisierung jüdischer Motive in Walter Benjamins Denken, in "Der Deutschunterricht", 37 (1985), pp. 26-37. -Marcus Bullock, The coming of the Messiah or the stoic burning- aspects of the negated text in Walter Benjamin and Friedrich Schlegel, in "The germanic revue", 60 (1985), pp.2-15. -Pierre Missac, Walter Benjamin in der Bibliothèque Nationale, Paris, in "Neue Rundschau", 96 ( 1985), pp. 174-197. -Ullrich Wergin, Zwischen Strukturalismus und Kritischer Theorie. Das "Wortwerden des Fleiches", in den Ästhetikkonzeptionen Mulkarovskys, Benjamins und Adornos, in "Deutsche Vierteljahrsschrift", 59 (1985), pp. 349-379. -Hans-Ernst Schiller, Jahrzeit und Entwicklung. Geschichte bei Ernst Bloch und Walter Benjamin, in "Text und Kritik" (Sonderbd Ernst Bloch) 1985, pp. 175-193. -Gerhard Ahrens, Triebstruktur und Sprache bei Baudelaire. Eine Revision der materialistischen Ikonographie Walter Benjamins, in Walter Benjamin. Profane Erleuchterung, Würzburg (Könisgshausen), pp. 164-179. -Norbert Bolz, Einleitung. Links schreiben, in Walter Benjamin. Profane Erleuchterung, Würzburg (Könisgshausen), pp. 9-33. -Norbert Bolz, Vorschule der profanen Erleuchterung, in Walter Benjamin. Profane Erleuchterung, Würzburg (Könisgshausen), pp. 190-222. -Jürgen Ebach, Der Blick des Engels. Für eine "benjaminische" Lektüre der hebräischen Bibel, in Walter Benjamin. Profane Erleuchterung, Würzburg (Könisgshausen), pp. 67.101. -Ferenc Feher, Lukàcs and Benjamin: parallels and contrasts, in "New german critique", 34 (1985) pp. 125-138. -Ansgar Hillach, Der Anteil der Kultur an der Prägung faschistischer Herrschaftsmittel. Was leistet Benjamins Diagnose des Faschismus?, in Walter Benjamin. Profane Erleuchtung , Würzburg (Könisgshausen), pp. 231-265. -Anson Rabinbach, Between enlightenmente and apocalypse: Benjamin, Bloch and modern German jewish Messianismus, in "New german critique", 34 (1985), pp. 78-124. -Ulrich Rüffer, Organisierung des Pessimismus, in Walter Benjamin, Profane Erleuchtung, Würzburg (Könisgshausen), pp. 223-230. -Lloyd Spencer, Allegory in the world of the commodity: the importance of central park, in "New german critique", 34 (1985), pp. 59-77. -Lloyd Spencer, Introduction to Central park, in "New german critique", 35 (1985), pp. 28-31. Rudi Thiessen, Kritik der kapitalistischen Moderne, in Walter Benjamin. Profane Erleuchtung, Würzburg (Könisgshausen)1985, pp. 180-189. -Bernd Witte, Walter Benjamin. Mit Selbstzeugnissen und Bildokumenten dargestellt, Reinbek (Rowohlt) 1985. -Fred Lönker, Der fremde Sinn:überlegungen zu den übersetzungkonzeptionen Schleieimachers und Benjamis, in Actes du congres de l’Association Internationale de Litterature comparee, a cura di Daniel- Henri Pageaux, new York (Lang) 1985, pp. 345-352. -Liliana Rampello, Benjamin e Proust: il linguaggio del “lago�? sconosciuto, in Il sapere e lo scarto, a cura di Goriano Rupi, Roma (Kappa) 1985, pp.41-49. -Giulio Schiavoni, Extra vagare. Walter Benjamin e la letteratura dimenticata, in Il sapere e lo scarto, a cura di Goriano Rupi, Roma (Kappa) 1985, pp. 51-62.


Sito web

Poetica

Benjamin è scrittore asistematico, privilegia la forma del saggio e dell'aforisma, e concepisce come compito specifico del critico il prendere posizione e la negazione dell'ordine esistente. Nei suoi lavori di critica letteraria riprende la pratica del commentario ebraico, diretta a restituire all'originale la forza distruttiva di cui neppure l'autore di esso era stato cosciente. Il linguaggio, infatti, ha funzione espressiva, non strumentale: attraverso di esso, l'uomo deve dare voce alle cose mute. Dunque, teoria critico-materialistica e pensiero utopico-messianico si congiungono in modo originale nell'opera di Benjamin. Nella genesi del suo pensiero sono presenti motivi della filosofia romantica (alla quale è dedicata la sua tesi di laurea sul Concetto di critica d'arte nel romanticismo tedesco, del 1918), il pensiero nietzscheano (per le critiche alle pretese sistematico-totalizzanti della ragione, l'atteggiamento ermeneutico critico nei confronti della tradizione culturale e della realtà sociale, l'attenzione per il rapporto tra i contenuti del pensare e i suoi modi espressivi), l'esperienza delle avanguardie artistico-letterarie (per tutto ciò che di che di rivoluzionario e di dirompente hanno avuto nei confronti di una concezione ottimistica-retorica dell'uomo). Una componente essenziale della formazione e del pensiero di Benjamin è poi il suo ebraismo, rivissuto in molti suoi aspetti (a cominciare dalla lacerante tensione tra attesa messianica e valorizzazione della memoria storica) attraverso il rapporto con Gershom Sholem, un grande studioso della mistica ebraica. E' al tema di una lingua pura, immediatamente simbolica (cui si oppone la violenza operata dall'astrazione e dal giudizio concettuale proprio delle moderne concezioni del pensiero e del linguaggio) che sono dedicati i primi saggi di Benjamin: Sulla lingua in generale e su quella degli uomini (1916); Per la critica alla violenza (1921); Il compito del traduttore (1923). Sull'interpretazione dell'opera d'arte è incentrato invece il Saggio sulle affinità selettive di Goethe (1924-1925). In esso s'annuncia un motivo decisivo della riflessione estetica di Benjamin: la conciliazione proposta o suggerita dall'opera d'arte è solo un'apparenza mistificante; quanto alla pretesa totalità essa è falsa e smentita dall'intima (benché talora non evidente) frammentarietà del prodotto artistico. Nell'opera d'arte non è immediatamente visibile una dimensione utopico-positiva. Questa semmai è presente nella forma dell'inespresso, "del non detto" dell'arte - ovvero in una speranza che peraltro possono solo cogliere solo coloro che ne sono radicalmente privi. L'opera più compiuta di Benjamin - la sola ch'egli potè portare a termine - è L'origine del dramma barocco tedesco (1928). Attraverso una ricca analisi delle forme e figure del dramma barocco (Trauerspiel) come impossibile tentativo di ripetere storicamente la tragedia greca, questo celebre saggio svolge un acuto e suggestivo discorso sui concetti di simbolo e allegoria - e più in generale sull'essere e sul conoscere umano. Benjamin presenta infatti l'allegoria barocca come critica dell'aspirazione classicista a riunificare la scissione originaria prodottasi nell'uomo ed espressa sia nella simbologia tecnologica (il creatore e la creatura, la caduta e la redenzione…), sia in alcune coppie antinomiche della tradizione occidentale (il finito e l'infinito, il sensibile e il sovrasensibile…). Sotto un diverso profilo, l'opera benjaminiana fornisce una chiave preziosa per interpretare anche alcune fondamentali aporie dell'arte (e della coscienza) moderna: Benjamin fa infatti vedere come la tensione a raggiungere nell'esperienza artistica il "simbolo" (e quindi l'unificazione effettiva di cosa, linguaggio e significato) esploda continuamente in "allegoria", ovvero in una dialettica eccentrica (priva di centro) tra quanto è figurato nell'espressione, le intenzioni soggettive che lo hanno prodotto e i suoi autonomi significati. Per questo scacco del simbolico la malinconia diviene, nell'indagine di Benjamin, il sentimento fondamentale del soggetto moderno. A un altro livello, ciò che il trionfo dell'allegoria rivela è un'insanabile lacerazione, una sempre più radicale perdita di senso, un decadimento dell'umano e della storia. A partire dagli anni '30 Benjamin si avvicinò in qualche misura alla "Scuola di Francoforte": pur senza mai entrare a far parte organica del gruppo, egli collaborò con la "Rivista per la ricerca sociale" ed ebbe un'intensa, seppur travagliata, amicizia con Adorno. Le molteplici differenze tra i due pensatori non debbono far dimenticare (come talora è accaduto) certe loro innegabili prossimità di interessi e anche, entro certi precisi limiti, di convinzioni teoriche. Sia Adorno sia Benjamin respingono il privilegiamento dell'esistente, la �?��?��?��?��?� della ragione positivistica, la barbarie dell'organizzazione capitalistica e della società. Entrambi (ma soprattutto Benjamin) rifiutano un'interpretazione e una pratica della riflessione come ricerca del sistema, del fondamento assoluto. La filosofia, secondo loro, deve soprattutto mettere in luce le contraddizioni celate sotto le ingannevoli apparenze della realtà e, insieme, il bisogno di felicità e di emancipazione insito nel mondo umano. Tale bisogno si esprime (spesso in modo cifrato) nelle situazioni, nei testi, negli eventi più disparati. Per questo, entrambi i pensatori fanno filosofia interrogando le testimonianze o i segni più eterogenei e talvolta sconcertanti. Sotto tale profilo, il più caratteristico e suggestivo saggio di Benjamin è l'incompiuta opera su Parigi come " capitale del XIX secolo ", nella quale il pensatore ha cercato di afferrare il senso di un'intera epoca storica giustapponendo l'analisi della poesia di Baudelaire e quella dell'assetto urbanistico parigino, l'interpretazione di nuove figure psico-antropologiche (il "flaneur", il "dandy", la prostituta) e l'esame dei nuovi caratteri della produzione e della circolazione della merce. Molta attenzione egli dedica soprattutto alla figura di Baudelaire, di cui fu anche traduttore: in particolare, distingue il concetto di "esperienza" dal concetto di "esperienza vissuta"; la seconda permette di rielaborare razionalmente, attraverso la riflessione, gli "choc" della vita, così da impedirne la penetrazione nel profondo e da difenderne la coscienza dal loro assalto. La semplice "esperienza" è invece quella subita direttamente dallo choc, senza mediazione: è quest'ultimo il caso di Baudelaire, che nella vita cittadina subisce incessantemente l'esperienza degli choc prodotti dagli urti della folla, dalle luci, dalle novità dei prodotti e delle situazioni e insomma dall'esistenza stessa di una metropoli moderna. La folla sarebbe perciò la "figura segreta " (il suggello e insieme la potenza nascosta) della sua poesia: pur non essendo mai compiutamente rappresentata, tuttavia la folla è una presenza ossessiva nell'opera di Baudelaire e non va ricercata tanto nei temi e nei contenuti, quanto nella forma poetica, nel ritmo nervoso, ora ondulato, ora franto, del verso baudelairiano ( "questa folla, di cui Baudelaire non dimentica mai l'esistenza, non funse da modello a nessuna delle sue opere. Ma essa è iscritta nella sua creazione come figura segreta "). Nella propria anatomia della modernità, Benjamin si è spesso rivelato più aperto e spregiudicato di Adorno: ora interrogandosi sul fenomeno della droga, ora analizzando con simpatia produzioni socio-culturali in apparenza 'minori', come la letteratura per l'infanzia e il "feuilleton", la fotografia e i giocattoli. Un'altra e più sostanziale diversità fra i due filosofi è l'atteggiamento nei confronti dell'arte: convinto come Adorno che il fenomeno artistico sia un'esperienza particolarmente eloquente del disagio della civiltà, Benjamin ne ha una visione meno aristocratico-elitaria rispetto a quella dell'amico. Una significativa testimonianza di ciò è offerta dal saggio L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica (1936-37). In esso, Benjamin contrappone ad ogni interpretazione mistico-esoterica del fenomeno artistico una concezione in qualche modo secolarizzata di esso. Prodotto di uomini per altri uomini, l'arte va studiata "materialisticamente " sia nei suoi modi di elaborazione e di rappresentazione anche tecnica (non esclusi quelli fotografici e cinematografici) sai nelle particolari modalità percettive del suo fruitore. Lo sviluppo delle forze produttive, rendendo tecnicamente possibile la riproducibilità delle opere d'arte (pensiamo alla televisione, ai cd, alla radio, al computer, ecc), ha messo fine all'alone di unicità, originalità e irripetibilità dell'opera d'arte, ossia all' "aura " che la circonda di sacralità agli occhi della borghesia, la quale proietta in essa i suoi sogni e ideali aristocratici: l'aura è quindi l'alone ideale che rende sensibile al fruitore l'unicità irripetibile dell'atto creativo. Nella società di massa, in cui regna la riproducibilità dell'opera d'arte, l'opera d'arte "può introdurre la riproduzione dell'originale in situazioni che all'originale stesso non sono accessibili. In particolare, gli permette di andare incontro al fruitore, nella forma della fotografia o del disco. La cattedrale abbandona la sua ubicazione per essere accolta nello studio di un amatore d'arte; il coro che è stato eseguito in un auditorio oppure all'aria aperta può venir ascoltato in una camera. Ciò che vien meno è quanto può essere riassunto con la nozione di 'aura' e si può dire: ciò che vien meno nell'epoca della riproducibilità tecnica è l'aura dell'opera d'arte ". La riproducibilità tecnica segna il trionfo della copia e del " sempre uguale ", per uomini rimasti privi di saggezza; ma in ciò, secondo Benjamin, si annida un potenziale rivoluzionario, perché apre alle masse, soprattutto nelle forme del cinema e della fotografia, l'accesso all'arte e alle sue capacità di contestazione dell'ordine esistente. Solo attraverso la distruzione violenta di quest'ordine, ormai diventato inumano, si può aprire lo spazio per la redenzione e la felicità. Benjamin contesta le concezioni ottimistiche del progresso, condivise anche dal marxismo dei socialdemocratici tedeschi, secondo cui la storia è un cammino lineare di sviluppo crescente. Esse, infatti, si pongono dal punto di vista dei vincitori nella storia, anziché rimettere in questione le vittorie di volta in volta toccate alle classi dominanti. Si tratta, invece, di "spazzolare la storia contropelo ", strappandola al conformismo delle classi dominanti, ovvero accostandosi al passato come profezia di un futuro e arrestando la continuità storica con un salto e una rottura. Nella storia, infatti, non c'è un �?��?��?��?��?� , un "fine" garantito: e infatti anche sugli sviluppi della società sovietica Benjamin è pessimista. Solo recuperando e prendendo al proprio servizio la teologia e il messianesimo sarà possibile liberarsi dalla fede cieca in un progresso meccanico. La differenza più sostanziale tra Benjamin e Adorno è l'atteggiamento nei confronti del pensiero dialettico : profondo conoscitore ed estimatore della cultura tedesca, Benjamin 'ignora' Hegel. Il suo silenzio esprime un rifiuto che, lungi dal condannare i soli aspetti conciliativi/totalizzanti dell'hegelismo criticati anche da Adorno, investe la stessa concezione hegeliana dell'immanenza della ragione nel reale e, soprattutto, della storicità dialettico-progressiva di quest'ultimo. La critica benjaminiana dello storicismo (e, più in generale, della concezione moderna della temporalità e del suo senso) è radicale: la sua condanna Benjamin la esprime in "Tesi di filosofia della storia" (1940). Per Benjamin ogni rappresentazione del tempo/storia secondo moduli fisico/lineari è fuorviante: è falso, inoltre, che la storia sia un processo continuo e uniforme nel tempo; che tale processo sia accrescitivo e progressivo; che, quindi, i traguardi e le aspirazioni degli uomini si debbano necessariamente ed esclusivamente collocare 'davanti'. Alla redenzione umano/sociale si deve essere spinti, invece, dalla visione del passato, fatto di " rovine su rovine " e così orrendo da esercitare in chi (come l'Angelus Novus raffigurato in un acquerello di Paul Klee molto amato da Benjamin) sa voltarsi a guardarlo una spinta irresistibile verso un futuro diverso. Se il rifiuto di un tempo/storia monodimensionale e spaziale fa pensare a certe analoghe posizioni assunte da Bergson o da Dilthey, occorre subito aggiungere che Benjamin polemizza aspramente con tutti e due i filosofi. A suo avviso, la storia, ben lungi dall'essere riconducibile ad un' "Erlebnis" soggettiva, è qualcosa di estremamente oggettivo e corposo. Così oggettivo e corposo da costituire una realtà in larga misura estranea, o almeno 'altra' rispetto al soggetto. Sotto un certo aspetto, essa appare, come dicevamo, un " cumulo di macerie " , o anche un gioco di forze terribili, tanto più terribili in quanto sanno spesso mascherarsi sotto le forme di miti seducenti. Sotto un altro aspetto, essa contiene però princìpi e valori non solo preziosi, ma imprescindibili e insostituibili. Purtroppo, non sempre il presente vuole e sa interrogare il tempo che è stato: soltanto certe epoche riescono ad inoltrarsi per tale itinerario interrogativo; e solo in certi casi si riesce ad entrare in rapporto con ciò cui, più o meno consapevolmente, si tende. Ma la ricerca di questo rapporto è un compito al quale non ci si può e non ci si deve sottrarre: la decifrazione del passato consente infatti di cogliere e di rivitalizzare idee e "unità di senso" che erano rimaste come se sepolte e bloccate nei loro possibili sviluppi. Inoltre, le domande che rivolgiamo al passato sono in realtà le nostre domande: solo comprendendo il passato comprendiamo noi stessi. Solo liberandone le virtù nascoste liberiamo noi stessi. Il Novecento appare a Benjamin abitata da grandi potenzialità sia positive (le possenti spinte auto-emancipatorie degli oppressi) sia negative (i totalitarismi, il potere tecnologico non adeguatamente controllato). In veste di marxista sui generis , Benjamin sostiene la necessità che le classi rivoluzionarie sappiano svolgere approssimativamente il loro compito teorico e pratico: senza cullarsi nell'illusione di riforme graduali e indolori, senza sottomettersi ai miti del progresso e della tecnica, ma assumendo invece una responsabilità 'epocale': quella di capire e di far capire che viviamo in uno "stato di emergenza". Nelle Tesi di filosofia della storia , composte negli ultimi mesi della sua vita in Francia, Benjamin si richiama (a partire dal titolo) alle 11 Tesi su Feuerbach di Marx: in esse, Benjamin conduce una dura critica nei confronti dello storicismo, che giustifica gli eventi storici e assume quindi il punto di vista di coloro che hanno vinto nella storia. Egli indica, invece, una possibilità di vittoria per il materialismo storico, se questo "prende al suo servizio la teologia ", che oggi "è piccola e brutta". Il recupero della tradizione messianica consente infatti di concepire il tempo come un processo non lineare, bensì solcato da improvvisi istanti rivoluzionari che frantumano la continuità storica: " la coscienza di far saltare il 'continuum' della storia è propria delle classi rivoluzionarie nell'attimo della loro azione. […] Al concetto di un presente che non è passaggio, ma in bilico nel tempo ed immobile, il materialista storico non può rinunciare. Poiché questo concetto definisce appunto il presente in cui egli per suo conto scrive la storia. Lo storicismo postula un'immagine eterna del passato, il materialista storico un'esperienza unica con esso. Egli lascia che altri sprechino le proprie energie con la meretrice 'C'era una volta' nel bordello dello storicismo. Egli rimane signore delle sue forze: uomo abbastanza per far saltare il 'continuum' della storia ".


Webliografia

http://www.wbenjamin.org/walterbenjamin.html

http://www.hum.uva.nl/benjamin/

http://www.walter-benjamin.org/deu/gesellschaft.htm

http://www.tasc.ac.uk/depart/media/staff/ls/WBenjamin/WBindex.htm

http://www.alchemind.org/2JCL/2JCL21.htm

http://www.silcom.com/~dlp/Passagen/wblinks.html

http://www.popcultures.com/theorists/benjamin.html

http://web.bentley.edu/empl/c/rcrooks/toolbox/common_knowledge/general_communication/benjamin.html

http://www.dhm.de/lemo/html/biografien/BenjaminWalter/