Chiari Giuseppe

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Chiari Giuseppe

Personaggio o Gruppo:

Chiari Giuseppe

Biografia:

Giuseppe Chiari nasce a Firenze il 26 settembre 1926. Intraprende gli studi di ingegneria contemporaneamente a quelli di pianoforte e composizione, con l’intento di diventare un pianista di musica jazz, manifesta inoltre interesse verso il cinema, le arti visive, l’architettura e la letteratura, interessi che favoriranno lo sviluppo di una attitudine culturale poliedrica sufficiente a non consentire, nell’ambiente culturale fiorentino, una sua immediata identificazione artistica.

Nel 1947 inizia la sua attività musicale, parallelamente a quella di scrittura critica d’arte visiva e di musica e del 1950 sono le sue prime composizioni: "do", "Studi sulla singola frequenza" e "Intervalli". Chiari in questo periodo è affascinato dalla creazione strutturata, analitica e concettuale, da tutto ciò che è invenzione non sentimentale e idealistica. Musicalmente conosce già ampiamente le maggiori istanze musicali del secolo e della dodecafonia ne apprende un aspetto fondamentale: creare le proprie regole logiche per comporre.

Attratto dalle ricerche di John Cage, che erano state portate a Firenze agli inizi degli anni ‘50 da Sylvano Bussotti dopo un suo soggiorno a Parigi, Chiari ha cominciato a interessarsi a ricerche sperimentali di musica visiva e dall’incontro con Pietro Grossi, che si compiace della preparazione matematica di Chiari nella concezione delle sue composizioni e della sua conoscenza delle avanguardie musicali, prende avvio un sodalizio che si concretizza con la costituzione dell’associazione "Vita musicale contemporanea" un punto di incontro e luogo in cui sperimentare le pratiche di combinazione matematica nella concezione musicale. Al gruppo collaboreranno personalità come Sylvano Bussotti, il fisico Giuliano Toraldo di Francia, il filosofo Preti, lo storico Garin e il critico d’arte Migliorini. In quel periodo Chiari comincia a porre l’uomo e il dibattito politico e sociale che lo circonda al centro di ogni possibile attività, inclusa quella artistica. Fondamentale è anche l’esperienza del Dadaismo e di Duchamp.

Nel Periodo tra gli anni ‘50 e ‘60, Chiari si allontanerà dalla "ripetizione sempre uguale" delle opere, proprie di molte esperienze artistiche a lui contemporanee, per attuare una preminenza dell’alterità sull’identità. A partire dagli anni ’60, Chiari, insieme ad altri artisti tra cui Bussotti e Cage, inizia ad addentrarsi nelle componenti grafiche della scrittura musicale, basandosi sulle "parole in libertà" e sulle "parolibere" del futurismo. Inizia a sperimentare partiture in grado di trasformarsi in elaborati diagrammi, composizioni visive non più fatte per essere eseguite e poi ascoltate, bensì per essere guardate e vissute.

L‘arte, secondo Chiari, si mescola al differente, per questo è costantemente variabile così da risultare "viva". La musica invece, è il confronto fra corpi e gesti dichiarando che quando un gesto è compiuto ed un suono suscitato non è più possibile modificarli, sono già accaduti. (Gesti sul piano G. Chiari 1962). Nel 1962 con l’opera "Gesti sul piano" (opera che si basa sull’espressività dei gesti, di articolazioni, combinazioni e figure che rivelano sonorità nelle quali ogni nota prodotta è un elemento autonomo con un suo carattere di identificazione specifico) Chiari aderisce al gruppo internazionale e interdisciplinare Fluxus che in quel periodo si trova a Wiesbaden per progettare un festival organizzato in cinque sezioni geografiche: Stati Uniti, Europa dell’Ovest, Europa dell’Est, Giappone, Canada. Heinz Klaus Metzger, esperto di filosofia e musica nella sezione Europa Ovest, propone il nome di Giuseppe Chiari agli organizzatori. Il gruppo Fluxus e in Italia l’artista Chiari, portano avanti la grande affermazione delle avanguardie storiche di un’arte di ricerca, che si allontana definitivamente dall’arte di tradizione.

Di grande intensità operativa il 1963 è l’anno dell’interesse verso le ricerche sul valore visuale del testo scritto operate dal Gruppo 70 di Firenze, a cui contribuiscono anche Bussotti, Miccini e i pittori Antonio Bueno e Silvio Loffredo , in cui si tenta di coniugare materiali ready-mades estrapolati di peso da rotocalchi vari ma invertiti dal punto di vista del significato mediante l’utilizzo della parola; queste ricerche saranno il fondamento di una nuova corrente sperimentale che assumerà successivamente il nome di "Poesia Visiva". Chiari per queste ricerche utilizza la partitura musicale non solo come base per eseguire un brano sonoro, ma anche come "pittura" da guardare, nella quale le note e la raffigurazione dei gesti per eseguirle, diventano elementi visuali di una composizione grafico-pittorico.

Il 1964 è l’anno in cui Chiari diviene performer delle proprie opere concentrando così nella figura dell’artista e nella sua gestualità l’elemento fondamentale dell’opera d’arte, non più affidata ad un esecutore, dando valore all’autopresentazione, associando il momento autoesibitivo a quello della musica d’azione e della esemplificazione delle diverse operazioni concettuali, tuttavia l’autopresentazione, la gestualità narcisistica, resta la realizzazione della singola opera legata quindi all’interpretazione del brano musicale.

Nel 1968 irrompono in ambito artistico le proposizioni concettuali le cui formulazioni e i cui enunciati condividono in parte la tensione antimerceologica e di sottrazione del prodotto creativo o di lavoro al mercato e ai suoi meccanismi di profitto. Chiari non solo aderisce a suo modo alla nuova coniazione linguistica che condivide per logica e attitudine formale, ma frequenta anche i protagonisti della nuova tendenza: Joseph Kosuth, Sol LeWitt, Vincenzo Agnetti, Vito Acconci, Jan Wilson, Robert Barry e numerosi altri.

Dal 1969 ha inizio con sistematicità la produzione di statement che ben presto assumono, come negli slogan del maggio francese del 1968, la valenza apodittica di frasi inconfutabili emesse a raffica continua. Questi statements saranno come le foto delle azioni compiute da Chiari e posti in qualità di opere in loro sostituzione e una volta cessato l’atto performativo restano iconograficamente come il fatto testimoniale irreversibile nella memoria, ma dialettico nella ragione di ciascuno. Aspetto non indifferente dell’attività di Chiari e di musicisti come lui è la preoccupazione del proprio mantenimento. Dopo l’attività di critica e di giornalismo, dopo l’impiego redazionale presso la casa editrice La Nuova Italia di Firenze, dopo circa quindici anni di attività compositiva, negli anni ‘70 Chiari smette di comporre ed inizia una intensa attività di concerti, performances e conferenze che lo portano, fra l’altro, a Berlino, Londra, Parigi, Vienna, Milano, Venezia, Roma, New York. Contribuiscono inoltre alla professionalizzazione dell’attività musicale di Chiari sia una serie di richieste provenienti dal mondo politico della sinistra che lo invitano a portare la sua opera in numerose sedi ed è il caso ad esempio di "220 titoli di giornali" performance a base della lettura e analisi del giornale La Nazione, sia con la pubblicazione di vari testi tra cui: nel 1969 presso l’editore Lerici, per espresso invito di Magdalo Mussio, il suo primo libro è "Musica senza contrappunto", al quale è seguito nel 1971 "Senza titolo" un repertorio di slogan presentato alla Galleria Toselli di Milano in occasione di una sua personale, nel 1974 "Musica Madre" un’antologia di frasi e componimenti per l’editore Prearo, nel 1976 esce "Metodo per Suonare", che fra l’altro contiene l’opera del 1969 "Suonare la Città" in cui Chiari analizza e trasforma la città in uno strumento musicale, nel 1994 "Musica et cetera" in cui riflette sulle implicazioni della musica all’interno di un ampio meccanismo culturale, del 1999 infine è "Frasi". Nella maggior parte dei libri di Chiari, oltre al fondamentale significato dei concetti espressi, bisogna sottolineare la particolare impaginazione che fa assumere alle parole, alle frasi un valore grafico-estetico in un linguaggio visivo al pari di linee e colori, tali da considerarli come opere artistiche a vasta tiratura.

Dagli anni ‘80 e ‘90 Chiari ha cominciato ad esaminare mezzi espressivi come i collages, spesso completati con i già citati statement, nei quali non si limita ad incollare fogli di giornale, strisce colorate, adesivi, fogli musicali, semplicemente su fogli di carta, su spartiti musicali o su tavole di legno ma anche su strumenti musicali quali chitarre e violini, ricercando una possibile contaminazione tra visualità e sonorità intrinseca dello strumento anche se spesso è privato della sua funzione primaria. Chiari interagisce con questi oggetti attraverso una processualità di inversione reciproca. Chiari in quest’operazione artistica costituisce una catalogazione che toglie ogni oggetto dal suo contesto per abbandonarlo alla dialettica della negazione e per non restare in un’unica situazione. Immaginando ciò che accade nei diversi mondi possibili, concepisce un intenzione come a-funzione, in modo tale che in ogni mondo possibile si determini un’estensione.

Muore a Firenze nel maggio del 2007.

Sito web:

http://www.giuseppechiari.it/T3/M/

Poetica:

Secondo Chiari tutti possono fare arte basandosi sulla quotidianità di una società di massa e il compito dell’artista è quello di mantenere le intime relazioni tra l’essere umano e l’universo.
La sua poetica si basa su una musica-visiva, creata attraverso partiture che diventano elaborati diagrammi, ovvero composizioni visive non più fatte per essere eseguite e poi ascoltate, bensì per essere guardate e vissute dallo spettatore-fruitore.

Alcune interviste e conversazioni dal 1976 al 2003

Intervista di Helena Kontovà del 1976.

Helena Kontovà: Pensi di essere un artista importante?

Giuseppe Chiari: lo sono un artista. Ma lo hanno deciso gli altri. Nel mio pezzo "La confessione" che ho fatto alla Biennale di Venezia due anni fa io ho descritto giorno per giorno come nei miei rapporti con gli altri il mio ruolo veniva costantemente cambiato. C’era un posto per me, ma questo posto si avvicinava sempre più all’angolo dell’artista. Finchè mi sono ritrovato cambiato da studente a artista. Ma forse oggi non esistono artisti ma solo studenti. Come tu ben sai il futuro è il presente. Il futuro è già realizzato. Noi lo chiamiamo futuro tanto per dargli un nome misterioso. In verità sappiamo bene che il futuro è fra di noi. Tu per esempio sei futuro. Tu mi chiedi anche se mi sento importante. Si. Sono molto importante. Tanto importante che senza di me, io non ho il senso dell’esistenza del mondo. Il mondo esiste senza di me? Ti confesso che non lo so. D’altra parte devo mettere in dubbio anche la tua esistenza. Questo è difficile per me. Ma rimane molto importante esistere per me. Proprio per mettere in certezza l’esistenza dì te, di Giancarlo...Importante fra gli artisti? No.

H.: Sei stato sempre contento con il tuo lavoro artistico?

C.: Si. E’ bello cercare, trovare. E’ bello curiosare. Collezionare. E’ bello anche far vedere. Cedere a chi vede e anche a chi non vede. Non sono stato sempre contento. Chi è sempre contento? E’ impossibile esserlo. Magari uno è scontento perché arriva a Milano di notte tardi non trova una camera e non ha voglia di passare la notte in stazione. E questo è anche lavoro. Il lavoro artistico è bello ma è solo un tratto alcuni piccoli tratti della giornata, della vita. La vita è la strada...

H.: Preferisci passare alla storia più come musicista o come pittore?

C.: Nei libri di storia delle scuole elementari o liceali o universitarie? Nei libri delle elementari mi piacerebbe. In quelli universitari è facile ma in quelli per i ragazzi di sei sette anni -con un piccolo disegno illustrativo che mi raffigura al pianoforte –è difficile. Musicista. Pianista. Anzi lo sono un pianista. Mi sarebbe piaciuto molto essere disegnato mentre suono il pianoforte dà Alex Raymond; che è senz’altro il più grande disegnatore che io conosca. Purtroppo non è più possibile. ma anche da Williamson.

H.: Senti di essere ancora un artista di Fluxus?

C.: Si. Certo. E come si può rispondere di no, dal momento che Fluxus è solo un nome. Fluxus è la cosa più indefinita che conosca. Forse gli uomini che ho visto a Belgrado di notte pulire le strade con una grandissima pompa d’acqua -una pompa grandissima incredibile-forse quegli uomini sono Fluxus. Anzi lo sono senz’altro. Speriamo che in questo momento non stiano dichiarando la mia espulsione...

H.: Pensi che dopo Fluxus gli artisti hanno risposto in maniera nuova alla domanda: che cos’è l’arte? o pensi che non ci sia niente di nuovo dopo Fluxus.

C.: Bisogna fissare una volta per tutte il minuto Fluxus. lo proporrei senza sentire gli inglesi di dichiarare convenzionalmente che il minuto Fluxus è: le ore 7 e 13 minuti primi del 18 gennaio del 1962. Ora dato che siamo alle ore 5 e 20 dell’11 aprile 1978 non ci rimane che decidere a che velocità cambia l’idea di arte. Poniamo per ipotesi che cambi ogni 3 minuti. AI 18 gennaio del 1972 abbiamo già 174.800 cambiamenti. E siamo solo nel 1972. Come vedi Fluxus non è riuscito a fermare il tempo. Abbiamo tentato -come tutti; chi non ci prova -ma non ci siamo riusciti. Ora però noi abbiamo dato per verificata un’altra ipotesi: che l’idea dell’arte cambi insieme al tempo e non cambi continuamente ma a gradi, tanto da poter identificare un grado di cambiamento dopo l’altro. Un’ipotesi veramente complicata. D’altra parte se noi non passiamo quest’ipotesi siamo costretti a passare una di queste due:
1) l’arte è sempre stata e sempre sarà;
oppure: 2) l’arte è sempre in divenire.
La prima ci lascia completamente indifferenti come se l’arte fosse cosa che non può ricevere nessuna interferenza da noi. Qualcosa di altro da noi, sopra o sotto che sia.
La seconda ci chiede un’interferenza continua, ci coinvolge ma senza un minuto di respiro.
L’interferenza è fine a se stessa non ha nessuna possibilità di definire l’arte perché l’arte è dentro l’interferenza stessa, è dentro l’agire...
Dunque siamo costretti a passare a una terza ipotesi che però è sola, rubata alle due estreme. E’ un alternarsi delle due.

H.: pensi di essere più intelligente degli altri.

C.: Non so... di quali altri...

Il diario minimo di un provocatore dell’arte
Intervista di Stefano Milani

(Dopo l’intoduzione generica su Fluxus)[…] Si vede anche Bussotti, per un paio di volte (riferito Flux-festival).
Poi si ritirò. Perché si ritirò?

Non lo so. Ma in Italia si è avuta una storia molto ridotta e il fulcro era la Germania occidentale, penso soprattutto per motivi geografici, anche se poi i partecipanti venivano cercati dappertutto, in Algeria, Australia, Francia, mentre New York era una fucina di idee.

E cosa facevate?

Happening (la parola performance arriverà dagli Usa solo in seguito), perché di fatto "Fluxus" era un movimento di azioni, più che di produzione di oggetti.

Considerando che poi quegli eventi, o "Happening", sono stati immortalati in fotografie, e lo stesso destino è toccato alle partiture musicali, come è avvenuto questo passaggio dall’intervento pubblico all’esposizione nelle gallerie?

E’ avvenuto in sede sociale da parte dei collezionisti.
Moltissimo di "Fluxus" nasceva come copione per un’azione teatrale o per un’opera musicale. Sono stati il collezionismo, la critica, i letterati che, ramenando tutto questo materiale, lo hanno messo in cornice.Dieci anni dopo.

Ma facendo diventare oggetti, beni di mercato, quelle azioni che volevano essere momenti transitori, non siete caduti in grande contraddizione?

Ho capito, è uno sputtanamento, vuoi dire. In parte sì, ma non totalmente. Non era un movimento "duro", intransigente, e non voleva tagliare con nulla, né si permetteva di giudicare il mercato, pur disinteressandosene.

Quindi, a parer tuo, non si può parlare di banale commercializzazione?

No, è un po’ il discorso delle lettere di Gramsci. Valgono parecchio, tra certi collezionisti, sono anch’esse oggetti, tuttavia sarebbe sbagliato dire che il loro valore semantico, politico, letterario, diminuisce perché qualcuno lo compra.

Quanto al mettere in mostra delle partiture, come nel caso tuo e di Cage, come se fossero opere d’arte visiva, come pensi che vengono recepite dagli spettatori?

Non sono opere di arte visiva, restano partiture esposte. Che poi siano graficamente interessanti o meno, sono affari vostri, sono operazioni fatte dalla società, che le infila nella storia dell’arte.

Voi come l’avete presa un’operazione del genere?

Bene e male, sebbene andrebbe chiesto a ogni singolo artista. Noi teniamo alla diffusione per cui, se questa è storia dell’arte, siamo d’accordo purché aiuti a diffondere questo gioco, questo infantilismo. Se poi quella chitarra che strimpella al tocco dell’elastico sta in mostra in questa galleria, se le scritte di "Fluxus" e tutto il resto sono rimasti, allora c’è un perché, ovvero l’arte e il pensiero contemporaneo, l’estetica, avevano di simili interventi provocatori.

Oggi come si muovono i componenti di quello che è stato, o è "Fluxus"?

Siamo un centinaio di persone sparse per il mondo e ci ritroviamo ogni tanto, quando ci propongono manifestazioni, come nell’82 per i vent’anni di "Fluxus". Ma i rapporti sono informali e ognuno fa la sua vita. Quello che ancora ci unisce è un linguaggio artistico frammentario.Perché la nostra epoca, vorrei dire, è fatta di frammenti.

Per un’Arte Didattica
Intervista di Claudio Cerritelli del 1991

CERITELLI: "II giuoco dei dieci nomi" è il titolo di una performance che hai tenuto a Bologna, nella primavera del 1985, a conclusione della mostra personale presso la Galleria Nuova 2000, una esposizione significativa di tuoi materiali radicali (fogli bianchi strappati, scritte, fogli colorati, targhe, partiture ), insomma un repertorio di "Cartein cornice" che rompeva il clima conformista delle mostre di pittura allora dominante. In una serata di metà aprile tu eseguivi una discussione sul "Giuoco dei dieci nomi" documentato in questo libro così originale e atipico , invitavi il pubblico ad esprimere altrettanti nomi in relazione alla tua opinione che era quella di riassumere il mondo nel pensiero di Platone, Aristotele, Agostino, Tommaso d’ Aquino, Galileo, Cartesio, leibniz, Newton, Kant, Hegel. Dopo questi dati, che è giusto ricordare a distanza di alcuni anni, veniamo ad una riflessione sull’oggi. l’idea di una performance basata sulla risposta del pubblico, sull’azione diretta degli spettatori conseguente ad un preciso invito ad elaborare un tema dato, è una novità oppure può collocarsi all’interno di un atteggiamento costante nella tua ricerca, sia come fatto linguistico sia come meccanismo di coinvolgimento?

CHIARI: Come meccanismo di coinvolgimento lo avevo già adottato sotto forme diverse, per esempio facevo una domanda del tipo: quale è per voi l’artista più grande? Sono sempre formule di inchiesta con uno schema che provoca la reazione del pubblico, è un happening-inchiesta che mi ha sempre interessato esercitare.

CERRITELLI: Mi pare comunque un gesto che non vive isolatamente nella tua complessa poetica linguistica ma può agevolmente ricondursi a quelle idee centrali da te più volte espresse nelle formule "l’arte è facile", "l’arte sarà di tutti", "l’arte è un’azione provvisoria utile nel suo momento di transizione" o ancora "qualsiasi cosa tu faccia qui sopra sarò contento di aver fatto qualcosa insieme a te".

CHIARI: In senso lato questo è vero, ma proprio nel senso che il campo del1’arte è un campo ospitale dove nel nostro secolo si può fare tutto. Ho sempre detto che la disciplina ospitale, il campo rifugio, nell’800 è la poesia mentre nel 900, a ben guardare, è cambiato ed è passato ad essere l’arte. Sotto 1a voce arte avviene ormai di tutto: musica, architettura, politica, oratoria, progettualità, danza, eccetera; ed è un fatto che il concetto di arte riesca reggere tutti questi ospiti…

CERRITELLI: Torniamo al nostro "Giuoco dei dieci nomi", emerge il fatto che la scelta dei personaggi cade sulla figura del filosofo, che valore ha privilegiare il nome di dieci filosofi e proporlo ad un pubblico non specialistico? Logico sarebbe stato indicare dieci nomi di pittori o almeno di personaggi che potessero avere un riferimento al sistema dei comportamenti artistici. Invece hai, spiazzato le attese con un gesto diverso che comunque ha funzionato in una serata che si è rivelata occasione positiva per il numeroso pubblico, al di là della consueta discussione prevedibile, passiva, inerte…

CHIARI: è vero che la serata è riuscita, c’ era moltissima gente, ed è vero che questo dipende dalla tua capacità organizzativa ma anche dal fatto,che la .serata era un po’ diversa dalle altre e non c’era il pubblico delle gallerie, c’erano molti studenti, dei fotografi famosi, insegnanti d’arte! ma non c’era il pubblico delle gallerie che va a vedere i quadri, i dieci nomi sono la mia risposta alla domanda "dovendo scegliete dieci nomi quali scriveresti?" rispondo per primo, alla mia domanda, gli altri sono disposti a farlo con la stessa voglia ed è per questo che la gente partecipa.

CERRITELLI: tuttavia, le risposte della gente attingono liberamente a diversi contesti di riferimento, dai divi del cinema. dai campioni dello sport ai grandi personaggi della storia,. dai celeberrimi scrittori personaggi descritti nella letteratura di tutti i secoli dai pittori ai musicisti , dai filosofi agli uomini politici, perfino a nomi della quotidianeità familiare ed anonima, la sorella, lo zio, la fidanzata, la nonna, l’amico, Ebbene, mentre le risposte del pubblico si organizzano in molteplici ambiti, la tua sequenza di nomi mi pare categorica, univoca e ben determinata ne suggerire un contesto preciso: Quasi teorico, o no?

CHIARI: in effetti: io non ho dato la mia risposta, hai ragione a sottolineare questo aspetto centrale, io ho dato la risposta che per me è quella ufficiale del sistema. La provocazione è proprio questa: se io dovessi rispondere alla stessa domanda fatta da un altro forse non darei questi dieci nomi ma questa mi sembra la risposta che il sistema da ora, Attenzione comunque; i dieci nomi non sono dieci filosofi strettamente parlando, sono dieci personaggi vicini alla, filosofia. Newton e Ga1ileo sono più scienziati, Agostino e Tommaso d’ Aquino sono più teologi. Comunque sia, voglio precisare che non ho dato la mia risposta, ho dato la risposta del "sistema", è come se avessi detto: il sistema ci dà questi dieci nomi,siete d’accordo?

CERRITELLI: A voler analizzare, questi cento fogli elaborati dal pubblico che tipo dì lettura si potrebbe avviare? Le risposte hanno, evidentemente, molteplici significati, tuttavia possono essere intese almeno in una doppia valenza, come indicazioni di contenuti: i nomi in se stessi, e come nella scrittura grafico-visiva che si avvicina ad un esito praticamente estetico del foglio, modificato con la scrittura, con stili, con grafie colorate, cancellature, attraverso una diversificata spazialità delle parole, in alcuni casi con scritte a rovescio e anche dall’altra parte del foglio. Come ritieni che funzionino queste caratteristiche a prima vista?

CHIARI: Direi che funzionano in entrambi i sensi, già il carattere dattilo scritto, vecchio tipo, con cui è stata. presentata la pagina da compilare è una precisa scelta che rivela la mia attenzione verso l’aspetto grafico dell’operazione. Tieni presente che durante la serata li ho quasi costretti a scrivere a mano, senza mezzi meccanici, con l’unica possibilità di esercitare la propria grafia appoggiandosi sul tavolo, sul muro, sulle spalle dell’ altro, e a scrivere con le biro, con i lapis. Io questo lo volevo, quasi come una scrittura viva fatta per la strada che produceva una differenziazione dell’aspetto grafico del contenuto delle risposte, io lo giudico in senso statistico; un contenuto allegro, ironico, non si da peso al problema che ha posto, comunque sono risposte che, si allontanano sensibilmente dal problema dei dieci nomi, andando, verso altri contesti. Tutto sommato la risposta è allegra effimera: scegliamo dieci nomi che ci ricordano cose quotidiane, cose più semplici di quelle che tu ci hai dato è stata una bella serata, ho un ricordo piacevole e mi piace leggerene tracce che sono rimaste…

CERRITELLI: Allora questo "happeing" è stato un particolare ruolo nella tua strategia, può ancora far scaturire una trasformazione del tuo rapporto con il pubblico in futuro, così come si è trasformato nel passato?

CHIARI: Certo, ho fatto diverse cose del genere, già il pezzo della "Discussione" che ho fatto dal 1974 fino alla metà degli anni ottanta, in cui chiedevo domande che producevano altre domande, può considerarsi un "happening-letterarìo" Altri li ho fatti su altri tipi di domande, su come si può reagire a una parola, quindi ho una continuità dì interessi in questo senso; tutte te volte che mi si presenta l’occasione io farò, con qualche altra mossa qualcosa di analogo.

CERRITELLI: Vorrei concludere questo breve dialogo con una questione che riguarda in modo emblematico il "giuoco dei dieci nomi" e che, in qualche misura, lo configura in una generale e persistente teoria linguistica della tua arte. Molti anni fa, in un bel testo sull’idea di musica madre, Tommaso Trini parlava di "arte totale" e di "arte didattica", due strade in cui si biforca il sapere acquisito dalle avanguardie. "Chiari occupa questa forcella -scriveva Trini -e se ci domandiamo chi insegna l’arte didattica vedremo che Chiari la insegna". Ecco, "il giuoco dei dieci nomi" può rientrare nella definizione di arte didattica e con quale specificità?

CHIARI: senz’altro arte didattica, togliendo la presunzione della definizione, e nello stesso tempo è arte totale per il fatto che butta una discussione letteraria in uno spazio di gesti grafici, e penso di essere riuscito a buttarla dentro. t un’affermazione presuntuosa ma tu me l’hai strappata. Nota bene che in quel testo Trini ha detto tutto ciò che si poteva dire di me mettendomi in crisi con tutti gli scrittori successivi e ha detto anche molto di più di quello che si poteva dire su di me. Ha fatto una sorta di sfida nel dire: tu sei questo e tutto questo lo dovrai essere. Tornando a noi, infine, io ci sto nel dire che "il giuoco dei dieci nomi" è stato un momento di arte didattica, è proprio così.


LA STANZA ROSSA
Intervista, Ottobre-Novembre 1993

Suonerebbe un computer?
"L’ho già suonato, è uno strumento che risponde poco e nello stesso tempo è molto difficile romperlo e ha il vizio di semplificare ".
Cosa deve fare l’artista, lo scienziato, il matematico?
"Cosa può fare? ... Stare zitto dicendo che è guerra; ma è provato che malgrado le bombe caschino, il matematico, lo scienziato, l’artista continuano il proprio discorso".

Pittura Necessaria
Intervista di Gianni Pozzi a Firenze nel 1997

(Gianni Pozzi)
Nessuna sorpresa, nessun imbarazzo, neppure (sembra) un po’ di curiosità per le domande che gli potranno essere rivolte: accetta di farsi intervistare come fosse la cosa più naturale del mondo, un’attività quotidiana sulla quale non vale la pena spendere troppe parole. Suggerimenti, raccomandazioni e comprensione sono invece tutti per chi si accinge all’impresa, per l’intervistatore:
"Sì, capisco, farla così in fretta non è facile ma non dovresti avere problemi, il mio lavoro lo conosci bene... no, andrà benissimo, vedrai".
Arriva all’appuntamento e per se, una volta che si è seduto, chiede solo un pezzo di carta e una penna, "per qualche appunto, sai", e si comincia. È un tardo pomeriggio di dicembre nella galleria di Santo Ficara a Firenze e l’unica preoccupazione è che il rumore di fondo, che lì rimbomba, disturbi la registrazione.

GP: Ecco, vedi, ho appena riletto queste cose, anzi no, alcune le ho lette ora per la prima volta (e dalla borsa escono cataloghi e riviste)... C’è il tuo Musica madre del ‘73 con un testo di Trini che ho trovato bellissimo, c’è il recentissimo Musica et cetera, c’è Music is Easy di Villa Romana, il catalogo della mostra a Perugia, che è finita adesso mi pare... e questa intervista di Alessandra Vaccari, su un vecchio numero di Arte In del ‘92 e che mi sembra una delle più complete fra le tue tante interviste...

GC: Sì, fu un lavoro in più riprese…

GP:Io però non voglio fare una cosa del genere, avevo pensato anzi di iniziare proprio così: caro Giuseppe Chiari, ogni volta che qualcuno ti intervista ti costringe a ripercorrere tutta la tua storia, da Fluxus in poi... immagino questo ti annoi (lo dico cercando di farlo sorridere)...

GC:Sì, la risposta naturalmente è sì.

GP:Io lo eviterò, niente passato, solo il presente di questa mostra: del resto l’arte è il differente, non la ripetizione, come tu ribadisci in ogni intervista...

GC:Sì.

GP:Arrivo allora alla prima domanda.

GC:Ti ringrazio.

GP:Questa tua attività odierna, questo allestire mostre, di collages o di veri e propri dipinti, per gallerie, ha un’aria molto istituzionale: una tecnica come da tradizione (la pittura) in spazi assolutamente canonici (le gallerie). Credo di rendermi conto delle ragioni, mi incuriosisce però sapere come la vivi tu... anche in rapporto al tuo passato (che però non volevo nominare)...

GC:Per dire delle cose negative -dato e non dimostrato che il mio compito sia questo- bisogna comunque riferirsi a una situazione, non positiva ma classica... per essere romantici, voglio dire, bisogna rifarsi a qualcosa che altri hanno definito classico... La critica -e l’essere romantici è una critica- funziona solo se c’è una Verità, e la Verità -non voglio fare discorsi troppo grossi, ma sei tu che me li solleciti- a furia di aumentare la propria... maiuscolità, se mi passi il termine, sollecita il proprio rovesciamento...

GP:Nessuna verità da rovesciare qua.

GC:Infatti, ora ci arrivo (pausa, si schiarisce la voce).
Ora, sia ben chiaro che fare una mostra di acquarelli o di collages come faccio io, in una galleria, e per di più in una galleria ben strutturata come questa di Santo Ficara, non è sicuramente un no contro un sì... Santo Ficara non è al centro del Potere, non possiede certo la verità e io non ho nessun bisogno di ribellarmi a lui. È quel gesto però, questa mostra, una mostra come questa, che può dar senso anche a un’altra operazione, contemporanea o successiva... Non so, un pezzo teatrale in un teatro di ricerca come quello di Scandicci, una scritta sul muro, una pubblicazione come Musica et cetera... pratiche insomma non strettamente aderenti all’attività di pittore... È un contraddirsi, ma per contraddirsi bisogna prima avere detto qualcosa, anche di scontato se vuoi.

GP:Vuoi dire che stai facendo una cosa scontata per contraddirla in futuro con qualcosa di intelligente?

GC:[ride] No, naturalmente no..

GP:Mi viene in mente il testo di Trini per la tua Musica madre... Trini scrive che (d’iniziale rivolta si muta presto in progetto rivoluzionario, dove con l’aria di volere tutto distruggere Chiari approda alla costruzione di una alternativa". A questo pensavo: che la tua non è una rivolta, evento breve e isolato, è qualcosa di più ampio, e che traversa molte fasi...

GC: È molto generoso da parte di Trini, ma quell’intervento si riferiva alla musica e a una discussione, per fare un nome molto grande, con John Cage... Era avvenuta a Palermo, alla metà degli anni ‘60 circa, e si discuteva se il termine musica apparteneva alla nostra musica o a quella degli altri... Cage, che aveva un atteggiamento assai snob, disse che se gli altri volevano il termine musica se lo tenessero pure. Io invece, molto più polemico, dicevo che la parola musica è seria e non va ceduta, anzi, andava rubata...

GP:Quel distinguere tra rivolta e rivoluzione, con tutte le fasi di una rivoluzione, si può applicare però all’intera tua attività: non credo che musica, collages o dipinti siano poi troppo lontani tra loro... In un’altra intervista, quella a Alessandra Vaccari, quando lei ti chiedeva della tua attività recente, hai risposto "non è pittura, non credo di essere un pittore per quello che la parola ancora significa. Doveva essere musica all’inizio, lo è ancora...". C’è un filo che unisce questi momenti diversi.

GC:Anche quel discorso con Alessandra Vaccari riguardava la musica, le partiture... Il filo che unisce magari c’è, ma lo si trova dopo e lo trovano più spesso gli altri che non l’autore... No, per arrivare alle mostre e a questa mostra, bisogna fare un altro discorso, un po’ marxista in qualche modo. Ecco, se io fossi stato ricco, un ricco possidente con castelli e tenute, credo mi sarei limitato a comporre musica, con le mie belle partiture avrei ordinato a case editrici di stamparle, magari nella maniera più elegante possibile e nel numero di copie più consono... ne avrei sollecitate delle esecuzioni...Ma mi sarei limitato a questo. Ci sono diversi autori che fanno così, potrei fartene i nomi, e non possono non farlo, non possono agire diversamente, non avrebbe senso... Se invece si parte da altre situazioni finanziarie, medie diciamo, uno inizia facendo quel che vuole fare ma scopre presto che esiste un problema di sopravvivenza... Quando io ho scoperto questo avevo già delle mie partiture semicancellate...

GP:Quando?

GC:Adesso ci arrivo... Avevo già alcune partiture di "musica cancellata" -come sai, da allora, il mio lavoro è stato spesso associato a questa idea. Erano partiture musicali, si suonavano come tali, evitando le cancellature...Capitò allora, ero a Napoli, un signore che chiese quanto costavano: gliene vendetti una. Non era un fatto insolito. Le partiture si comperavano come un documento del musicista, come un originale della sua musica, altri comperavano le chine di Bussotti o gli originali di Cage... Il signore però tornò a farsi vivo ben presto, e ne volle prima altre dieci, poi altre venti e continuò così... Poi vennero fuori alcuni galleristi, qualcuno propose di fare una cartella di quelle partiture... Intuii che la sopravvivenza poteva arrivare da lì, da quella pratica...

GP:Divulgando una parte del tuo lavoro cioè, quella che più si prestava a una diffusione di questo tipo...

GC:Ci sarebbero state anche altre strade. Una casa cinematografica, per esempio, mi offriva di commentare musicalmente i suoi documentari...

GP:Ma tu, in qualche modo, eri già da tempo un pittore.

GC:Sì, io oltre a suonare e a comporre dipingevo anche, avevo dipinto fin da giovanissimo... ma fu quando la musica contemporanea cominciò, e cominciò assai presto, a espellere da se tutti i fenomeni che non offrivano continuità, che mi rivolsi con maggiore assiduità alla pittura... Vale per molti il problema di questo difficile rapporto con la musica contemporanea. Berio o Boulez, per esempio, una volta capito che li avrebbero fatti fuori, artisticamente è ovvio, come già era accaduto per altri, sono, come dire, rientrati nei ranghi, hanno offerto la continuità richiesta.

GP:Sempre in quella intervista a Alessandra Vaccari parli di alcuni tuoi disegni in stile cubista realizzati da studente, al liceo, sui rovesci delle tavole dell’atlante geografico... Scherzi sul fatto che certi mercanti, nel loro insistere alla ricerca di "qualcosa di più vecchio" nel tuo lavoro, sono arrivati fin lì, ma riveli anche di essere un pittore di vecchia data...

GC:È vero, da ragazzino avevo amato molto i cubisti, poi una grande passione fu la pittura informale e l’espressionismo astratto statunitense, Pollock trovavo fosse grandissimo... Comunque, io dipingevo da sempre, era una situazione multidisciplinare, come si diceva una volta. Sostanzialmente penso che si debba affrontare la vita con quel che si sa fare, e io credo di aver sempre avuto un buon rapporto con la pittura... Più di altri, certamente. Sai, in quegli anni a Firenze capitava di incontrarsi con Luzi, Bigongiari, Pignotti, Antonio Bueno, Loffredo e si parlava di pittura... Luzi e Bigongiari avevano i loro cinque-sei artisti che amavano sopra ogni altra cosa e io, con tutta la gentilezza possibile e con il tatto necessario, facevo capire che non condividevo quelle scelte.

GP:Vuoi dire che la pittura era un qualcosa che ti apparteneva? Forse più a te che a loro, nonostante ruoli e apparenze...

GC:Almeno a livello critico sì e non era poco, in un posto come Firenze poi... Sempre all’inizio degli anni ‘70, tanto per dirti quale fosse il livello, la città impazziva per Henry Moore, dal sindaco al vescovo, tutti, e non perché Moore fosse un maestro del purismo che aveva ridotto le forme all’essenziale, no, solo perché era il pittore della regina... Non si parlava d’altro... Ecco, sempre in quello stesso periodo, capitò a Firenze un altro grandissimo scultore, Lipschitz, e fu ignorato da tutti, nella maniera più totale... Mi prese lo sgomento... Questa è la mia città? mi chiedevo sconsolato...

GP:Non credo sia cambiata molto.

GC:Non so, ma questi episodi -un po’ paradossalmente- mi davano una grande coscienza di me, mi stimolavano a non avere complessi di inferiorità nella mia attività di pittore... Naturalmente non sarebbero stati sufficienti, se io non avessi avuto la determinazione di farlo, ma c’erano anche questi...

GP:Il fatto è che esiste un mercato della pittura e non della musica.

GC:Sì, certo, in quegli stessi anni c’erano pittori come Burri, Fontana, ma anche Perilli che avevano grandi riconoscimenti da una attività di uguale linguaggio... Poi, non sono stato tanto io a cercare la pittura quanto la pittura e l’ambiente e il mercato della pittura che hanno cercato me...

GP:Esiste anche, per te almeno, un pubblico diverso? pubblico della musica e un altro della pittura?

GC:Non credo. In parte sono sempre gli stessi, persone che, anche per ragioni esistenziali trovano conforto nell’andare alle mostre, alle dizioni di poesia, alle conferenze. In parte invece c’è l’aspetto professionale della cosa: ai concerti gli studenti del Conservatorio, altrove quelli dell’Accademia. Alle mostre, di specifico c’è questa figura del collezionista che non esiste da altre parti...Caso mai il problema può essere che certi collezionisti vogliono sempre la stessa cosa. Esempio: entrano in galleria, vedono un mio lavoro, degli inchiostri magari, gli piace, stanno per prenderlo, quando gli viene detto che è opera di Chiari. Chiari? -reagiscono- e perché non c’è la musica? no, un Chiari senza musica non va bene... E non lo prendono: andava bene come un pittore qualsiasi, non va bene come Chiari. All’opposto, le opere senza musica si scambiano più facilmente, sono più neutre...

GP:Arriviamo a oggi, fa un curioso effetto vedere che…

GC:Oggi (interrompe lui), il problema di oggi è che io sono storicizzato... una parola che non mi piace, nel senso che sono conosciuto, sono pubblicato, le mie opere sono suonate, sono messo in rapporto ad altri musicisti... mi sento un po’ a partita giocata, non per me: io non ho mai smesso di giocare, è che la storia alle volte offusca la lettura del presente...

GP:Infatti. Quando si parla del tuo lavoro si dedicano pagine intere alla storia e poche righe filiali al presente.. P:anch’io, del resto, che pure avevo premesso di non volermi occupare di storia, sto ricostruendo la tua storia di pittore senza occuparmi di questa mostra...

GC:Parliamone allora. ..Ecco qua, venti chitarre, realizzate tutte con la stessa maschera, con su acquerelli, carte, adesivi, inchiostri e altro ancora (mostra alcune fotocolor).

GP:La prima cosa che mi viene in mente è che si tratta di un’altra operazione ancora, diversa ad esempio dai collages esposti alla Rocca di Umbertide e a Chiavari in questo stesso periodo, un’operazione di segno diversissimo, concettualmente e tecnicamente... La seconda cosa è che mi incuriosisce molto che tu dipinga chitarre: in questo caso sono strumenti musicali che non suonano ma riverberano colore...

GC:Sono sicuro che se tu non mi conoscessi le giudicheresti più severamente... se io facessi una mostra a Brema e un giornalista, di quelli che seguono tutto e non conoscono niente, venisse incaricato della recensione di una mostra così, le giudicherebbe con una severità ben diversa...

GP:Può darsi, ma che vuoI dire? Queste chitarre mi interessano anche perché sono tue, perché le rapporto al tuo lavoro, sono un elemento di lettura in più, non in meno... Non dovrebbe dispiacerti...

GC:Sono abbastanza vanitoso, non mi dispiace. ..Poi, per me la storia è uno dei tanti elementi con i quali giocare, e io infatti gioco con la mia storia: cambio direzione, sterzo, rientro... faccio perdere le tracce... contemporaneamente a questa mostra io esco, tanto per fare qualche esempio, con uno studio di musicologia su Monteverdi, con tre interventi sulla rivista "Il silenzio" di Roma sull’improvvisazione musicale, con un concerto a Bologna a gennaio, una trasmissione per la Rai e... e non so che altro... E quindi un sovrapporsi di cose e un portare avanti tutti insieme i vari aspetti del mio lavoro...

GP:A te piace molto lavorare cosi?

GC:Sì, mi piace, ma non è un divertimento, è un lavoro e io ho sempre in mente il fatto che tutte queste attività devono bilanciarsi, quelle più pubbliche con quelle di minore risonanza, quelle più produttive con altre, meno redditizie, quelle più istituzionali con altre, di diverso segno...

GP:È facile, ma non è un gioco: una frase che ricorre spesso nei tuoi scritti... L’ultimo capitoletto di Musica et cetera è dedicato al gioco, eccolo qua: "...Non si gioca per combattere la noia / il gioco non colma un vuoto. / Cancella il pieno".

GC:Già, è facile ma non è un gioco.

Sul problema della parola musica
Conversazioni sulla parola musica e internet tenuta al c.p.a. di Firenze, Giugno 1998.

Io chiedo, non dico scusa, in anticipo, il mio sistema che ho sempre mantenuto in questi anni e di non rimanere tanto fedele al tema del seminario, ma di leggere i miei ultimissimi appunti. Questo sistema mi funziona, non so perché, ma mentre discuto, chiacchiero, leggo, seguito a lavorare a pensare e a scrivere cose che mi sembrano vivi e interessanti. Una cosa interessante è che io scrivo, ho scritto una decina di libri, o anche di più e da alcuni editori da alcuni redattori, vengo considerato una persona che non sa scrivere, che non sa scrivere un organismo compatto, una serie di capitoli organici, qualche cosa di strutturato, ma che ammassa pensieri, sentenze, riflessioni. I pensieri vanno divisi da spazi, perché non sempre hanno un collegamento. Io non sono d’accordo con questo, non credo all’editing, tutte le volte che ho subito un editing ho finito per ritirare e non stampare, però è anche vero che io penso a singhiozzi. Io sono rimasto colpito ultimamente da un mio appunto che dice: abbiamo amato qualcosa che è la musica, ma che non ci hanno permesso di chiamare musica,ma esiste una cosa che abbiamo amato e che amiamo questo è certo, una cosa che dobbiamo difendere. Ovviamente grosso modo il pensiero è autobiografico anche se io utilizzo il noi come se l’esperienza mia dovesse essere tipica di tanti altri,se queste cose succedono a me probabilmente queste cose succedono anche a non molti, ma anche ad altri. Seconda riflessione. Siamo rimasti attaccati alla musica ( cosa la cosa ) e siamo rimasti attaccati usando la parola. Ora abbiamo la cosa che si allontana dobbiamo cancellare la parola per riprendere contatto con la cosa, è triste, ma dobbiamo farlo, dobbiamo iniziare a parlare solo di suoni. In pratica le considerazioni sono su il senso della parola musica l’utilità della parola musica per riflettere sul fatto che questa parola va invecchiando. Non chiameranno mai musica installazioni sonore, campionature, commenti di firme, sculture sonore, poesia sonora ecc. il giornale verrà sempre escluso, la cronaca verrà sempre esclusa. In altre parole i problema va affrontato, non rimandato, nel senso che il futuro risolverà livellerà le differenze. Io avrò della musica che non sarà tale perché non chiamata musica. Debbo consegnare alla società, ad una parte della società che controlla la parola questo mio materiale e debbo accettare il giudizio di questa società che controlla la parola, ma posso non farlo. Ora è chiaro che il contrasto tra la cosa e la parola si può annullare facendo una cosa molto simile ad un’altra cosa, in pratica non avendo una commissione si può fingere che vi sia una commissione nei tuoi riguardi e si può eseguire questa commissione in questo senso il contrasto tra la cosa e la parola si risolve ma il punto da decidere è se questo non sia un prezzo troppo alto da pagare. Se io avessi potere chiamerei musica questa cosa ma l’ipotesi che io abbia potere è un ipotesi abbastanza surreale dunque io devo accettare che non ho il potere di chiamare musica questa cosa. Rimane però l’inizio il fatto che io ho amato questa cosa, la amo ancora e l’ho amata come musica. In altre parole Io uso la parola musica per parlare di musica ho la parola ma sto attento e mi propongo di analizzare i condizionamenti che la parola mi dà per parlare di musica. Io so cos’è la musica e dubito che la parola musica mi aiuti a parlare di musica. Attenzione che non è un gioco di parole cioè qui la parola è usata alternativamente come parola e come oggetto,come cosa. In parole povere io sto parlando di qualcosa e ho ben chiaro l’oggetto di cui sto parlando, ma la società mi consiglia mi ordina di usare la parola musica e io trovo che la parola mi sciupa, mi deteriora il senso ,l’amore per questo oggetto. Quindi dovrei decidermi a cambiare usare canto danza ritmo suono. Io penso che siamo ad un passaggio abbastanza preciso e penso che dobbiamo deciderci in qualche modo a affrontare questo passaggio. Realizzata una cosa noi siamo abituati perché siamo tutto sommato disciplinati anche se pensiamo di essere indisciplinati, anche se pensiamo di essere disobbedienti, ribelli poi automaticamente siamo disciplinati, noi poi dobbiamo consegnare per disciplina questa cosa alla società. La società controllo se questa cosa è musica e ti manda la risposta che sembra inappellabile. La risposta da oggi in poi è appellabile per la semplice ragione che la società manda troppi no manda troppe risposte negative c’è troppo materiale che risulta indegno di essere chiamato musica e questo troppo li frega. Adesso facciamo un salto perché siamo ad un convegno su internet e su ciò che possono essere gli eventi tecnologici di oggi che io chiamo all’italiana la rete. C’è un contatto con questo problema di rifiutare la parola musica e non la cosa e internet, la rete. Ormai i dibattiti son da per tutto, tutti gli artisti cercano di entrare in contatto con questo mezzo non è mica un torto, magari il mezzo non ci spinge verso il mezzo stesso, ormai la libertà ci permette altre cose, possiamo disimparare a leggere e scrivere, ci sono reazioni diverse. A parte questo l’internet è una nuova stampa, siamo appena all’inizio, ci son tante persone che possono disporre un certo numero di persone se lo possono comprare, c’è una piccolissima minoranza che non ha internet, ma non è questo il fatto è che il fenomeno è aperto , dilaga l’apertura è squarciata ed è senz’altro una nuova stampa, una nuova diffusione. Una diffusione molto più grande della stampa del 1500 ma una diffusione che ha un tot di caratteri della nuova diffusione, l’internet non è un problema di qualità, l’internet è un problema di quantità. Può trasmetter anche milioni di dati di sciocchezze, di cultura pessima, di formule matematiche sbagliate, rimane sempre il fatto che trasmetterà una quantità di informazioni di quante ne poteva trasmettere una biblioteca con schede cartacee. Dunque è una dilatazione, un’alluvione dell’informazione che poi avrà caratteristiche molto diverse per esempio questa informazione non è firmata è aperta io posso a danno e con Tommaso Tozzi che è il mio specialista in internet fare dieci pagine di autobiografia scrivere che Giuseppe Chiari è il più grande musicista vivente e seguitare così per dieci pagine e il Tozzi mi mette tutto dentro. Molti musicisti americani lo fanno tranquillamente, ci sono musicisti di valore e altri che io non so nemmeno chi siano. L’internet è aperta ci puoi buttare dentro tutto ciò che vuoi ed è dunque un abbassamento di cultura è una degradazione, ma la degradazione sono visti in senso positivo, così come la stampa al suo tempo permise di stampare cose che prima rimaneva verbale. Mentre ora su internet troverete di tutto e questo è il nuovo fenomeno. Si tratta di un enorme processo di volgarizzazione, cioè la cultura non va come direbbero alcuni accademici dal volgare, poi al latino, poi raggiunge il greco e poi dal greco ancora meglio l’antico ebraico. La cultura va in senso inverso e ora va da un volgare 1 ad un volgare 2 ad un enorme altro scarto di volgarizzazione che il mezzo internet gli permette, quindi non è una rivoluzione da poco, è una rivoluzione abbastanza grossa che avrà conseguenze lunghe. Però è un volgare sul volgare, è un volgarizzazione ulteriore del volgare ma non rimarrà la stessa lingua è forse di nuovo esperanto. Ho letto che si dice quattro e, mettiamocelo in testa che queste quattro e è già esperanto, non è certamente una semplificazione o una schematizzazione dell’inglese. Prima o poi sempre si dirà quattro e sarà capito da per tutto e la notizia che quattro e voleva dire un giorno forever sarà una notizia dotta, di cultura, ma quelli che useranno dalla mattina alla sera quattro e per dire sempre se ne fregano perché tanto loro hanno la loro coincidenza , nascerà un nuovo volgare e in questo senso nascerà un nuovo gioco dei suoni , e questo nuovo giocare con i suoni non si chiamerà musica, questo lo sento, forse si chiamerà semplicemente s, non lo so, comunque sento arrivare la parola suono da per tutto, installazioni sonore, scultura sonora, evento sonoro, sento arrivare la parola suono e la parola uditivo da per tutto e sento abbandonare sempre di più la parola musicale ecc… Lo fo con una certa tristezza perché insomma la storia per me è stata relegata a questa parola e ho anche litigato con maestri nel fatto se la dovevamo difendere o no, ma comunque forse nel mondo dell’internet apparirà un S e quest’S vorrà dire suono forse quel giorno sarà un bel giorno.
Grazie.

Opere:

da Il Metodo per Suonare

in "L’immaginario Ritrovato"

Esperienza musicale per 70 solisti


Alcuni Statements di Chiari dal 1965 al 1978

SUONARE È FACILE (1965)

STRIMPELLARE (1966)

CANTERELLARE (1966)

LA SOSTANZA DELLA MUSICA NON È L’ARMONIA
LA SOSTANZA DELLA MUSICA È LA VOGLIA DI SUONARE (1968)

LA MUSICA NON È L’ARTE DEI SUONI
LA MUSICA È LA SUCCESSIONE DEI SIGNIFICATI DELLA PAROLA MUSICA (1969)
SUONARE SOLO CON lA VOLONTA’ DI SUONARE (1969)

L’ARTE È FACILE (1972)

TUTTE LE MUSICHE SONO UGUALI (1972)

MUSICA È SUONARE (1973)

L’ARTE NON ESISTE, ESISTE UN RAPPORTO TRA L’ARTE E L’ARTE (1974)

INSIEME (1974)

L’ARTE NON È A A A A A A (1974)

L’ARTE È ABCDEF...(1974)

L’ARTE È FINITA SMETTIAMO TUTTI INSIEME GUTTUSO ANCHE (1975)

NON SO SUONARE NON SO DISEGNARE (1977)

L’ARTE È UNA PICCOLA COSA (1978)

L’ARTISTA È UN DISOCCUPATO RECUPERATO (1978)

L’ARTE SARA’ DI TUTTI E LA PAROLA ARTE NON SARA’ DI NESSUNO (1978)

SE METTETE IL BRACCIO NUDO DENTRO QUESTO SPAZIO DIVERRA’ TRASPARENTE PERCHE’ L’ARIA DENTRO QUESTO SPAZIO E’ STRANA(1980)

SE QUESTA E’ARTE TU SEI PAZZO (?)


Mostre ed interventi di Chiari dal 1962 al 2002

1962:

Gesti sul piano, opera di adesione al movimento Fluxus. Dal 1962 partecipa ai Fluxus Festival europei

Musica e Segno, galleria Numero, Roma
"Vita musicale contemporanea", Firenze
"Fluxus Festival", Wiesbaden

1963:

"Settimana Internazionale Nuova Musica", Palermo
"Concert of the avant-garde", New York

1964:

"Fluxus Festival", New York

1965:

"Fluxus Festival", New York
Institute of Contemporary Arts, Londra
Centre de Musique, Parigi
Museum der XX Jahrhunderts, Vienna
"24 Studen", Galerie Parnass, Wuppertal

1966:

Galerie René Block, Berlino
"Festival de la libre expession", Parigi

1967:

Gruppo "Zaj", Madrid

1968:

Film und Fernsehen Akademie, Berlino

1969:

"Campo urbano", Como

1970:

Galleria Milano, Milano
Galleria Il Centro, Napoli
Film Studio, Roma

1971:

Galleria Toselli, Milano
"Il territorio magico", Centro DI, Firenze
"La musica d’oggi e i suoi problemi", Saloncino del teatro Manzoni, Pistoia

1972:

Modern Art Agency, Napoli
Galleria LP220, Torino
"La Biennale di Venezia", Venezia
"Documenta 5", Kassel

1973:

"Giuseppe Chiari.Cos’è l’arte", Galleria Toselli, Milano
"Giuseppe Chiari", Galerie 11, Parigi
Kunstmuseum Luzern, Luzern
Galerie René Block, Berlino
"An exhibition of Italian art", Belfast
Kunstverein, Hannover
"Giuseppe Chiari. Il Quadrato", Il Cortile, Roma
"Arte Cronaca 1971-73", Vinci

1974:

"An exhibition of Italian art", Dublino
"Contemporanea", Villa Borghese, Roma
"Kunst bleibt Kunst. Projekt 74, Kunsthalle", Colonia
"Fotomedia: die Erfahrungen Italienischer künstler im Umgang mit Foto und Videotape", Museum am Ostwall, Dortmund

1975:

"Americans in Florence: Europeans in Florence, videotapes produced by Art Tapes", Art Tapes 22, Museum of Art, Long Beach, California e Art Tapes 22, Firenze
"Kunstmesse", Basel
Galleria Lucrezia De Domizio, Pescara
"Sehen um Zu Horen", Kunsthalle, Düsseldolf
"A space: A thousand Words", Royal College of Art Gallery, Londra
"Fotomedia: 12 artisti che operano con la fotografia e il videotape", Rotonda di Via Besano, Milano

1976:

"Video-Concert,A.R.C.", Musée d’art moderne de la Ville de Paris, Parigi
Galleria Schema, Firenze
"Attualità Internazionali 1972-76", La Biennale di Venezia, Venezia

1977:

"Discussion as Artform", Departement of Art and Art education at New York University by Annina Nosei Weber, New York
"03 23 03, Premiere Rencontres", internationals d’Art Contemporain, Montrèal
"La performance", Galleria Comunale D’Arte Moderna, Bologna
"Marta & Maria", Spagnoli, Firenze
"L’esperienza-Orientamenti attuali del lavoro artistico", certaldo e Prato

1978:

"La Biennale di Venezia", sezione Italiana Venezia
"Internationales Performance Festival", österreichischer "Kunstverein", Vienna

1979:

"L’art corporel", Cayc, Centre Pompidou, Parigi
"The art of performance", New York University Art Departement Cayc, Palazzo Grassi, Venezia
Centre d’Art Contemporain, Ginera
"Video Concert", Holland Festival, De Appel Foundation, Amsterdam
"Words. L’uso del linguaggio nell’arte delll’ultimo decennio", Museo di Bochum, Bochum e Palazzo Ducale, Genova
"Testuale. Le parole e le immagini", Rotonda di Via Besano, Milano

1980:

"Für Augen und Ohren", Akademie der Kunste und Berliner. Programm DAAD, Berlino
"Performance", Cayc, Centre Beauburg, Parigi
"Umanesimo e Disumanesimo nel’arte Europea 1890-1980", Firenze
"Arte e critica 1980", Galleria d’Arte Moderna, Roma
"Ricerca su Pistoia", Studio La Torre, Pistoia
"Fluxus and Company", Museo St. Georges, Liegi

1981:

"Light-Concert", Antwerpen
"Fluxus Festival", Enteschede
"Spartito preso. La musica da vedere", sala d’Arme di Palazzo Vecchio, Firenze
"Linee della ricerca artistica in Italia 1960-1980", Roma
"Arte e critica 1981", Galleria d’Arte Moderna, Roma

1982:

"Light-Concert", Kunstverein, Koln
"Performance", Kunstler, Berlino
"Fluxus Festival 1962-1982", Wienbasten
Galleria La Piramide, Firenze

1983:

"Light-Concert", Universidad de Bellas Artes, Madrid
"Piano Concert", Valencia
"Light-Concert", Modern Art Galerie, Vienna
"Music is easy", Salone Villa Romana, Firenze
"Giuseppe Chiari la storia dell’arte", Galleria Primo Piano, Roma
"Ben Vautier-Giuseppe Chiari–Milan Knìzàk", Emicla Galleria d’arte, Gaeta

1984:

"I Diecinomi", Galleria Nuova Duemila, Bologna
"Pezzo per organo", Pieve di S. Piero in Bossolo, Firenze
"Arte, ambiente, scene", La Biennale di Venezia, Venezia

1985:

"Fluxus", Silbermann-Collection, Chicago
"Colore-Immagine", Studio MDA, Statte

1986:

"Giuseppe Chiari. Extra", Galleria Vivita, Firenze
Galleria Milano, Milano
"Piano Concert", Middeburg
"Vecchi e nuovi percorsi dell’arte 1960-1986", scuola media Giovanni da Terrazzano, Greve in Chianti
"Fluxeum", Wiesbaden
"I Exposicao Internacional de Esculturas Efemeras", Fortaleza, Brasile
"Peace-Space Festival", Kunstmuseum, Amburgo
"Danae", Parigi
Riciard De Marco Gallery, Edimburgo

1987:

"Fluxus, Giuseppe Chiari-Ben Vautier", Galleria Chisel, Genova e Accademia di Brera, Milano
"Hommage to Cage", Carl Solway Gallery Chicago
"Chiari", Centro Culturale Belvedere S.Leucio, Caserta
"Concettuale in Italia", Galleria Milano, Milano
"Luoghi della Seconda Avanguardia", Palazzo Ducale, Massa

1988:

"Viva", Studio Rosa Leopardi, Genova
"Piero Manzoni Giuseppe Chiari", Studio Oggetto, Milano
"Vittorio Agnetti Giuseppe Chiari", Cenobio Visualità, Milano
"Pittura d’ambiente, installazioni e scritture", Galleria San Luca, Bologna
"Arte a Palazzo", Palazzo Rocca, Chiavari

1989:

Fluxus Codex, Museum of Modern Art, New York
"Verso L’arte povera", Padiglione d’arte contemporanea, Milano e Elac, Espace Lyonnais, Lyon
"Giuseppe Chiari", Studio Cavalieri, Bologna
"Artistes des Happening et Fluxus. 1958-1988" , Galerie 1990-2000, Parigi
"Far libro: libri e pagine d’artista in italia", casermetta del Forte Belvedere, Firenze
Arca, Castello della Volpaia, Radda in Chianti
"Yuppara: dalla interdisciplinarietà all’interattività", Ospedale psichiatrico, Genova
"Metessi", Lidia Carrieri , Roma

1990:

"Giuseppe Chiari. Partitura per eventi", Sala delle Colonie ex Stalloni, Reggio Emilia e Galleria Severi arte, Bologna
"Proposta n.1: Progetto di strumento musicale", Circolo culturale Il Gabbiano, La Spezia
"The readymade boomerang: certain relations in 20th centurt art", Art Gallery of New South Wales, VIII Biennale di Sydney, Sydney. "Ubi Fluxus Ibi Motus", Antichi Granai Della Serenissima, Giudecca, Venezia
"Improvvisazione Libera per 70 Suonatori", Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato
"Laboratorio arte contemporanea bassa Lunigiana", Sala Polivalente, Arcola
"Artefax", Galleria comunale d’arte moderna, Bologna
"Fluxus S.P.Q.R.", Galleria Fontanella Borghese, Roma

1991:

"Ottanta Novanta", Monastero dei Benedettini, Monreale
"Tussen Klank en beelb", Provincial Museum, Hassel
"Scuola d’obbligo", Ex scuola di Marzio, Pescara
"Fluxartisti", La Giarina, Verona
"Ubi Fluxus Ibi Motus", Gino di Maggio, Venezia

1992:

"Giuseppe Chiari", Studio Oggetto, Milano
"Proposta n.3: Tocco d’artista", Circolo culturale Il Gabbiano, La Spezia
"Paginaperta", Circolo culturale Il Gabbiano, La Spezia
"Soggetti di frontiera", Padiglione espositivo, Fortezza da Basso, Firenze
"Identitad, Differenz", Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum, Graz
"Collection Block", Statens Museurn for Kunst, Kobenhavn
"Maestri Contemporanei: antologia scelta", centro tornabuoni, Firenze
"Florentinisches tagebuch", Museo Marino Marini, Firenze
Fluxus Virus, Schùppenhaurer Galerie, Colonia
"Discussione. La Teoria dell’arte in Fluxus", Ulisse & Calipso, Napoli
"Flux-Flag Show", Budapest
"Sous l’influence de Fluxus", Galerie M. Monreal
"Collection Block", Museet för Nutidskunst, Kobenhavn

1993:

"Collection Block", Listasafn Islands, Reykjavìk e Kunstalle Nürnberg, Nürnberg
"Proposta n.3: Tocco d’artista", Villa Pacchiani Centro di Attività espressive, Santa Croce sull’Arno
"Il suono rapido delle cose: Cage & Company", Antichi Granai Della Serenissima, Giudecca, Collezione Peggy Guggenhaim, Venezia
"Il mondo del corpo", Studio Oggetto, Milano
"In the spirit of Fluxus", Walzer Art Center, Minneapolis, Minnesota e Whitney Museum of American Art, New York e Museum of Contemporary Art, Chicago, Illinois
"Flux Attitudes", The New Museum of Contemporary Art, New York

1994:

"In the spirit of Fluxus, Wexner Center for the Visual Art", Columbus, Ohio e San Francisco Museum of Modern Art, San Francisco, California e Santa Barbara Museum of Art, Santa Barbara, California
"Shape your body:(verso il corpo astratto)", Galleria La Giarina, Verona
"Giuseppe Chiari. Extra", Houston
"Giuseppe Chiari. Trattato di musica", Studio Oggetto, Milano
"Giuseppe Chiari. La Chitarra", Studio Oggetto, Caserta

1995:

"Maestri Contemporanei: antologia scelta", Tornabuoni arte, Firenze
"In the spirit of Fluxus", Foundaciò Antoni Tàpies, Barcellona
"XL Mostra nazionale d’arte contemporanea: disegni del novecento", galleria civica d’arte contemporanea, Termoli
"Fluxus: una storia veneta", Palazzo Agostinelli, Bassano del Grappa
"Calligrafie, ovvero la scrittura dipinta", Palazzo Fazio, Capua e Centro d’arte Spaziotempo, Firenze e living Art Gallery, Milano

1996:

"Il fascino dell’oggetto", Dopotutto, Prato
"Ascoltare l’immagine: l’esperienza del suono negli artisti della Visualità", Palazzo Mediceo, Serravezza
"Conceptual music: Giuseppe Chiari", Palazzo Rocca e Spazio Multimediale ex Chiesa di San Francesco, Chiavari
"Giuseppe Chiari. Collage. Opere 1964-1996", Rocca di Umbertide, Centro per l’arte Contemporanea, Umbertide, Perugia

1997:

"Giuseppe Chiari. Pittura Necessaria", Galleria Santo Ficara, Firenze
"Dadaismo dadaismi: da Duchamp a Warhol 300 capolavori", Galleria d’arte moderna e contemporanea di Palazzo Forti, Verona

2000:

"Musica et cetera", Palazzo Fabroni, Pistoia

2002:

"Strumenti Musicali", Galleria Vannucci, Pistoia

2003:
Biennale di Ceramica Nell'Arte Comtemporanea (2° Edizione); Diverse sedi, Albisola (Sv) Gesti Sul Piano e Oltre; Galleria QAL At, Caltanissetta Arte In Italia Negli Anni 70; Polo Umanistico, Erice (Tp)

2004:
Nero su Bianco; Fondazione Achille Marazza, Borgomanero (No) La Via Dell'Arte; Chiesa Anglicana, Alassio (Sv) Deliberatamente; Rocca Sforzesca, Soncino (Cr) From Cage. Echi D'arte; Spazio Danseei, Olgiate Olona (Va) Il Disegno Nell'arte Italiana Dal 1945 al 1975; Fondazione Bandera, Busto Arsizio (Va) Quattro Progetti Per Quattro Appuntamenti; Base, Firenze (Fi) Tra i Segni Del' 900; Atelier Dell'Arco Amoroso, Ancona (An)

2005:
"Le scelte trasgressive” presso la GNAM - GALLERIA NAZIONALE D'ARTE MODERNA di Roma. La Galleria Nazionale d’Arte Moderna propone un evento inedito di uno dei padri riconosciuti dell’avanguardia artistica italiana: GIUSEPPE CHIARI, una grande istallazione dell’artista fiorentino, dal titolo OMAGGIO A ROMA

2006:

mostra e convegno "Mappe resistenti” presso il Museo d’arte contemporanea Villa Croce di Genova.

2007:

mostra "Linguaggi del corpo” presso lo studio Gennai di Pisa.

mostra "L'arte e' facile, l'arte e' difficile” che trae ispirazione dall'opera del 1978 L'arte e' difficile della serie "Statement", a Verona.

mostra "Stravolti. Ritratti/Autoritratti” presso la galleria Martano di Torino.

festival di videoarte "Ferrarainvideo 2007 - The Scientist” presso la Sala Estense di Ferrara.

mostra "Interrotti transiti” presso la Loggia della mercanzia di Genova.

mostra "Viaggio nella parola” a La Spezia.

mostra "Tuttolibri” a Milano.


Cronologia comparata degli eventi Fluxus con l’attività di Chiari dal 1951 al 1964

1951-57:

G. Chiari: Do, Intervalli, Studi sulla singola frequenza. Composizioni per pianoforte

G. Chiari, P. Grossi: Vita Musicale Contemporanea, Associazione culturale, musicale sperimentale

1952:

J. cage: Theatre Piece No.1.
Black Mountain College, U.S.A.
Concerted action combining: painting, dance, films, slides,
recording, radios, poetry,piano,lecture/with audience
in the middle/a collaboration by john cage, merce cunningham,
charles olson robert rauschemberg, m.c. richard, david tudor

1959:

16/10-5/11, AA.VV.: Toward Event (an arrangement)
New York, Rueben Gallery, U.S.A.: A. Kaprow, 18 Happenings in 6
Parts: R. Montague -who speaks and moves, S.Prendergast
-who moves and plays a musical instrument, L.Samaras
-Who speaks, plays a game and musical instrument, J.Weinberger
-who moves and plays a musical instrument, R. Whitman
-who moves, speaks and plays a game, S.Francis, R.Grooms. D.Higgins,
L. Johnson, A.Leslie, J. Milder , G.Segal, R. Thompson
-each of whom paints, the visitors who is it in various chairs-

1960:

14/3, AA.VV.: A concert of New Music
New York, The Living Theatre, performance by: A. Kaprow (sound piece 1958) G. Brecht (1 card piece for voice 2. candle piece for radios) A. Hansen (bibbes o tao), R. Rauschenberg(telephone music), R. Johnson (A sequence of stuttering records), R. Maxifield (cough music), J. Cage (imaginary Landscape n .5), Mc Dowell(music for a while)

11/6, AA.VV.: An evening of sound theatre-happenings
New York, Reuben Gallery, J. Dine (Vaudeville act) A. Kaprow ( intermission piece) R. Whitman (E.G.-) G. Brecht (Gossoon) R. Maxfield (Electronic Music)

1961:

AA.VV.: Performance at Yoko Ono s Studio
New York, Chamber street ,S. Morris, d. Lindberg, P. Corner, L.M. Young, T. Ichiyanagi, H. Flint, J. Byrd, J. Mac low, R. Maxfield

25/4- 16/5, AA.VV.: Musiqua antiqua et nova
New York, AG Gallery: lecure-demonstration festival of electronic music, works by: J Cage, Hirsh, D. Higgins, J.maclow, E. Brown, J. Mc Dowell, D. Johnson, B. Morris, P. Davis, J. Fisher

1-30/6, AA.VV.: Neo Dada in der Musik
Kanimerspiele Theater di DusseldorfGeorge Brecht, Nam June Paik Dick Higgins, Sylvano Bussotti, Jackson McLow, George Maciunas, La Monte Young, Wolf Vostell

1962:

23/9, AA.VV.: Fluxus Internationale Festspiele Nuester musik
Wiesbaden, hoersaal staed, museum. 14 konzerte: D. Higgins, A. Knowles, N.J. Paik,E. Williams, A. Koepcke, W.Vostell, R.Filliou, G. Maciunas

23/10-8/11, AA.VV.: FESTIVAL OF MISFITS (MISFITS FAIR)
Londra Gallery One: A. Koepcke, G.Metzger, R. Page, B.Petterson, D. Spoerry, B Vautier

23-28/11, AA.VV.: FESTUM FLUXORUM, FLUXUS
Copenhagen, Galerie Kopcke, Kunstbiblioteket, 6 konzerte: G. Maciunas: neodada i musik, teater, digt, kunst -M. Kagel:det instrumentale teater- G. Chiari Gesti sul piano
perf. by: E. Williams, J. mac low, W. Vostel, D. Higgins, A.Knowles, G.Maciunas, N.J. Paik, A. Koepcke, R. Filliou

3-8/12, AA.VV.: FESTUM FLUXORUM, FLUXUS
Parigi, American students center, poesie, music et antimusique, evenementielle et concrete: R. Filliou, E. Williams, A. Koepcke, T. Schmit, G. Maciunas, D. Higgins, A. Knowles

G. Chiari : Gesti sul piano, Lettera, Le Corde, Per Arco
Composizioni per vari strumenti

G. Chiari, S. Bussotti: Musica e Segno, Galleria Numero, Roma

1963:

28/3, AA.VV.: Fluxus concert
Oslo, link samaras , kind of stage piece: D. Higgins, A. Knowles, E. Williams, R. Watts, B. Patterson, B. AF Klintberg, Hanson, and other

1/6, AA.VV.: FLUXUS-FESTIVAL
Copenhagen piece by E. Andersen, H. Christiansen, D. Higgins, J. Davidsen , A. Koepcke

23/6, AA.VV.: FLUXUS FESTIVAL
Amsterdam, Hypokriterion Theatre
-theatre compositions
-street compositions, exhibits
-electronic music by: G. Maciunas, N.J. Paik, T. Schmith, E;
Williams, R. Watts, D. Higgins, A. Knowles, D. Spoerry, G.Brecht,
A. Koepke, G. Ligeti, T. Ishiyanagi, J. Mc low, B. Patterson,
L.M.Young, R. Maxifield,
B. Vautier, J. Cage, W. De Maria, B. Brotzmann, M.Laurens Montw e, W. de Ridder

21/8, AA.VV.: AvantGarde Festival, New York

G. Chiari: Teatrino. Composizione per pianoforte e oggetti
25/7-3/8, AA.VV.: FLUXUS FESTIVAL OF TOTAL ART
Nizza, hotel Scribe, 1 concert, 7 street events
pieces by: B. Patterson, R. Watts, B. Vautier, N.J. Paik, D. Spoerri, G. Brecht, G. Maciunas, D. Higgins, L.M.Young

8/10, AA.VV.: FLUXUS - POESIE ET CETERA (ANTI THEATER)
Parigi, Museo d arte Moderna, piece by: T. Brown, , P. Keene, D. Higgins, J. Mc Low, G. Maciunas, R. Watts, E. Williams, B. Patterson, A. Hansen, T. Riley, L.M. Young, A. Knowles, S. Morris G. Brecht

30/10, AA.VV.: ART DU LANGAGE
Sopt compositions Simultanées: B. Patterson (paper piece), A. Hansen (?), T. Riley (Ear Piece), L.M. Young (Poem for tables, benches e chairs), A. Knowles (Shuffling piece), S. Morris (introductions for dance), G. Brecht (word event)

AA.VV.: Settimana Internazionale Nuova musica, Palermo,
G. Chiari, S. Bussotti, Miccini: Gruppo ’70

1964:

11/4-23/5, AA.VV.: FLUXUS CONCERTS
New York, ay-o/carnegie hall, canal street
CONCERT No1: performances by: N.M.Paik, G. Brecht, E. Williams, Ch. Shiomi, B. Patterson, T. Kosugi, G. Maciunas, R. Watts, B. Vautier,G. Brecht, A. Knowles
CONCERT No2: Trace kkkk by R. Watts
CONCERT No3: piece and performances by: T. Schmit, D. Higgins, E. Williams, B. Vautier
CONCERT No4: requiem for wagner D. Higgins
CONCERT No5: piece and performances by , G. Maciunas, G. Brecht, T. Schmit, D. Higgins, N.M.Paik,T. Schmitd, G. Ligeti
CONCERT No6: concert A-Yo
CONCERT No7: piece and performances by: D. Higgins, Ch. Shiomi, G. Brecht, T. Kosugi,L.M. Young
CONCERT No8: Zen for film N.M.Paik
CONCERT No9: piece and performances by: G. Brecht, T. Schmit, D. Higgins, N.M.Paik,J. Jones
CONCERT No10: sanitas T. Schmit
CONCERT No11: FLUXUS COLLECTIVE COMPOSITION (MOVING THEATER)
CONCERT No12: Street composition to be unveiled N.M.Paik

25/5, AA.VV.: FESTIVAL DE LA LIBRE EXPRESSION
Parigi, Vernissage de l’exposition
-Co/invention no1: the spaghetti sandwich (action) By R. Filliou/E. Williams
-Co/invention no2: the pink ear plug (Ist performance-piece) By R. Filliou/E. Williams
-Bottled humanism, ferro, gold water (happening)
-Seance de cinema
-Re-Fluxus Kiss me B. Vautier+ D. Pommereulle
-Meat Joy C. Sheemann

G. Chiari: Don’t Trade Here. Azione Performativa, Galleria

Bibliografia:

  • 1964-1984, AA.VV, L’immaginario Ritrovato, Il Candelaio editore, Certaldo
  • 1969, Chiari Giuseppe, Musica senza contrappunto, Lerici editore, Roma.
  • 1970, Chiari Giuseppe, Basta non leggere libri e questi non esistono, Firenze.
  • 1971, Chiari Giuseppe, Senza titolo
  • 1973, Chiari Giuseppe, Musica Madre, Preparo editore, Milano.
  • 1974, Chiari Giuseppe, Teatrino, Nuovi Strumenti editore.
  • 1974, Chiari Giuseppe, Arte
  • 1976, Chiari Giuseppe, Il metodo per suonare, Martano editore, Torino.
  • 1983, Chiari Giuseppe, Music is easy, Salone Villa Romana, Firenze.
  • 1983, Tomkins C. Vite d'avanguardia, Costa & Nolan editore, Genova
  • 1987, AA.VV, Chiari, Studio Oggetto editore, Milano
  • 1989, Pedrini Enrico, La macchina quantica e la seconda avanguardia, Studio Oggetto editore, Milano.
  • 1990, Chiari Giuseppe, Improvvisazione libera, Centro arte contemporanea Luigi Pecci, Exit editore, Prato.
  • 1990, AA.VV, Giuseppe Chiari, Echo editore, Reggio Emilia
  • 1990, Bonito Oliva Achille, Ubi Fluxus Ibi Motus, Mazzotta, Milano e La Biennale di Venezia, Venezia.
  • 1990, Chiari Giuseppe, Dubbio sull'armonia, Hopefulmonster editore, Torino.
  • 1991, Chiari Giuseppe, Il Giuoco dei dieci nomi, Temi editore, Firenze.
  • 1992, Pedrini Enrico, Giuseppe Chiari e la teoria dell'arte in Fluxus, Ulisse & Calipso editore, Roma.
  • 1992, AA.VV, I teorici dell’arte, libro realizzato in occasione della mostra Giuseppe Chiari studio Oggetto, Ulisse & Calipso edizioni mediterranee, Milano
  • 1994, Chiari Giuseppe, Musica et cetera, Dell'ortica editore.
  • 1996, Chiari Giuseppe, Note intorno al rapporto con Duchamp, in Nuova meta–parole e immagini.
  • 1997, Pozzi Gianni (a cura di), Pittura Necessaria, una conversazione con Giuseppe Chiari, Santo Ficara editore, Firenze.
  • 1998, Tommaso Tozzi (a cura di), Sul problema della parola musica, conferenza di Chiari Giuseppe in occasione

del seminario Hacker Art all’interno del Hackmeeting ‘98, CPA Firenze Sud editore, Firenze.

  • 2002, AA.VV, Giuseppe Chiari: Strumenti musicali, Catalogo della mostra, Galleria Vannucci, Pistoia
  • 2002, AA.VV, Chiari-Miccini.Pienotti-Ranaldi, Parise editore, Adriano
  • 2003-2004, Monconi Francesco, (Tesi) Rumori di Chiari nella poetica Fluxus.
  • 2004, Balzola Andrea, Monteverdi Anna, Le Arti Multimediali Digitali, Garzanti Libri editore, Milano.
  • 2007, Sbardella Maria Rita, "Musica e segno", Gli Ori editore.

Webliografia: