Chiari Giuseppe: differenze tra le versioni

Tratto da EduEDA
Jump to: navigation, search
Riga 7: Riga 7:
 
== Biografia ==
 
== Biografia ==
  
Giuseppe Chiari nasce a Firenze il 26 settembre 1974.<br>
+
Giuseppe Chiari nasce a Firenze il 26 settembre 1926.<br>
  
 
Intraprende gli studi di ingegneria contemporaneamente a quelli di pianoforte e composizione, con l’intento di diventare un pianista di musica jazz, manifesta inoltre interesse verso il cinema, le arti visive, l’architettura e la letteratura, interessi che favoriranno lo sviluppo di una attitudine culturale poliedrica sufficiente a non consentire, nell’ambiente culturale fiorentino, una sua immediata identificazione artistica.<br>
 
Intraprende gli studi di ingegneria contemporaneamente a quelli di pianoforte e composizione, con l’intento di diventare un pianista di musica jazz, manifesta inoltre interesse verso il cinema, le arti visive, l’architettura e la letteratura, interessi che favoriranno lo sviluppo di una attitudine culturale poliedrica sufficiente a non consentire, nell’ambiente culturale fiorentino, una sua immediata identificazione artistica.<br>

Revisione 11:20, 8 Feb 2006

Chiari Giuseppe




Biografia

Giuseppe Chiari nasce a Firenze il 26 settembre 1926.

Intraprende gli studi di ingegneria contemporaneamente a quelli di pianoforte e composizione, con l’intento di diventare un pianista di musica jazz, manifesta inoltre interesse verso il cinema, le arti visive, l’architettura e la letteratura, interessi che favoriranno lo sviluppo di una attitudine culturale poliedrica sufficiente a non consentire, nell’ambiente culturale fiorentino, una sua immediata identificazione artistica.

Quando i poeti Sergio Salvi e Lamberto Pignotti, lo introducono nel Caffe Paskovskij, dirimpetto al bar Giubbe Rosse antica sede futurista fìorentina, frequentato da letterati e poeti come Mario Luzi, Piero Bigongiari, Alessandro Bonsanti e Creste Macrì, questi si accorgono immediatamente della vivacità intellettuale del giovane Chiari, apprezzandone sia la discrezione sia le sottili e misurate opinioni.


Chiari in questo periodo è affascinato dalla creazione strutturata, analitica e concettuale, da tutto ciò che è invenzione non sentimentale e idealistica.

Musicalmente conosce già ampiamente le maggiori istanze musicali del secolo e della dodecafonia ne apprende un aspetto fondamentale: creare le proprie regole logiche per comporre.


Al gruppo collaboreranno personalità come Sylvano Bussotti, il fisico Giuliano Toraldo di Francia, il filosofo Preti, lo storico Garin e il critico d’arte Migliorini.

In quel periodo Chiari comincia a porre l’uomo e il dibattito politico e sociale che lo circonda al centro di ogni possibile attività, inclusa quella artistica.

Fondamentale quindi è anche l’esperienza del Dadaismo e di Duchamp; lo stesso Chiari dichiara:“Rimango colpito da Duchamp […] Man Ray mi stupisce e da lui attingo a piene mani.
Ma perché rimango colpito da queste persone? […]

Quest’ultima affermazione trova riscontro con le linee principali del gruppo in quanto un presupposto fondamentale per un atteggiamento, quale quello di Fluxus che rifuggiva la storia per realizzarsi e verificarsi di volta in volta nel qui ed ora del vivere quotidiano, risiede proprio nel dare a tutti l’opportunità di fare arte guardando proprio al quotidiano di una società di massa e ricordando che il compito essenziale dell’artista è quello di mantenere le intime relazioni tra l’essere umano e l’universo.

Il gruppo Fluxus e in Italia l’artista Chiari, portano avanti la grande affermazione delle avanguardie storiche di un’arte di ricerca, che si allontana definitivamente dall’arte di tradizione.





Chiari pochi giorni dopo invia le partiture a Maciunas, membro dell’organizzazione, che risponde chiedendone il prima possibile la traduzione delle istruzioni in inglese, impaginate in un solo foglio per poterne fare molte copie. La riduzione in un media così ridotto, ma facilmente diffusibile, diverrà uno dei caratteri formali dell’opera di Chiari e di Fluxus in generale.



Il gesto non è fine a se stesso ma facente parte di una partitura, originariamente dattiloscritta su carta e disegnata a china su fogli trasparenti per un totale di circa 15 pagine.



Le azioni consistono sia nella lettura di un drammatico brano sulla bomba atomica, sia nell’ascolto di brani quali: una canzone di Sinatra, un frammento di opera lirica, una parte sonora di un film poliziesco, la dizione dei nomi di membri del Governo degli Stati Uniti, la parola guerra pronunciata in più lingue.
Interattivamente avvengono altre piccole azioni come giocare con l’acqua pronunciandone il nome, schiacciare pupazzi per produrre un effetto sonoro gioioso; cucire a macchina o tagliare del legno con la sega elettrica, etc.




Il ‘64 è anche l’anno in cui Chiari diviene performer delle proprie opere concentrando così nella figura dell’artista e nella sua gestualità l’elemento fondamentale dell’opera d’arte, non più affidata ad un esecutore, dando valore all’autopresentazione, associando il momento autoesibitivo a quello della musica d’azione e della esemplificazione delle diverse operazioni concettuali, tuttavia l’autopresentazione, la gestualità narcisistica, resta la realizzazione della singola opera legata quindi all’interpretazione del brano musicale.





Nel ‘68 irrompono in ambito artistico le proposizioni concettuali le cui formulazioni e i cui enunciati condividono in parte la tensione antimerceologica e di sottrazione del prodotto creativo o di lavoro al mercato e ai suoi meccanismi di profitto.
Chiari non solo aderisce a suo modo alla nuova coniazione linguistica che condivide per logica e attitudine formale, ma frequenta anche i protagonisti della nuova tendenza: Joseph Kosuth, Sol LeWitt, Vincenzo Agnetti, Vito Acconci, Jan Wilson, Robert Barry e numerosi altri.

Dal ‘69 ha inizio con sistematicità la produzione di statement che ben presto assumono, come negli slogan del maggio francese del ‘68, la valenza apodittica di frasi inconfutabili emesse a raffica continua.

Questi statements saranno come le foto delle azioni compiute da Chiari e posti in qualità di opere in loro sostituzione e una volta cessato l’atto performativo restano iconograficamente come il fatto testimoniale irreversibile nella memoria, ma dialettico nella ragione di ciascuno.
Aspetto non indifferente dell’attività di Chiari e di musicisti come lui è la preoccupazione del proprio mantenimento.

Dopo l’attività di critica e di giornalismo, dopo l’impiego redazionale presso la casa editrice La Nuova Italia di Firenze, dopo circa quindici anni di attività compositiva, negli anni ‘70 Chiari smette di comporre ed inizia una intensa attività di concerti, performances e conferenze che lo portano, fra l’altro, a Berlino, Londra, Parigi, Vienna, Milano, Venezia, Roma, New York e da cui inizierà a percepire un guadagno seguito poi dagli introiti ottenuti con vendita di opere successivamente agli anni ‘70.

Nella maggior parte dei libri di Chiari, oltre al fondamentale significato dei concetti espressi, bisogna sottolineare la particolare impaginazione che fa assumere alle parole, alle frasi un valore grafico-estetico in un linguaggio visivo al pari di linee e colori, tali da considerarli come opere artistiche a vasta tiratura.


Chiari interagisce con questi oggetti attraverso una processualità di inversione reciproca e in tal proposito afferma: “con gli oggetti senza funzione mi comporto come se avessero funzione musicale, con gli oggetti con funzione musicale mi comporto come se non avessero funzione[
Chiari in quest’operazione artistica costituisce una catalogazione che toglie ogni oggetto dal suo contesto per abbandonarlo alla dialettica della negazione e per non restare in un’unica situazione. Immaginando ciò che accade nei diversi mondi possibili, concepisce un intenzione come a-funzione, in modo tale che in ogni mondo possibile si determini un’estensione.



Mediante il coinvolgimento infatti Chiari rende complice il fruitore per liberarsi da tutte le norme e da tutti i rituali inibitori che ancora lo incatenano.

Chiari si muove in un sistema di logiche che si possono definire di tipo paraconsistente, logiche in grado di ammettere forme di contraddizione, infatti questo tipo di logica non ha tra le sue leggi l’inviolabile principio di non-contraddizione.
Con questo genere di logica si giunge ad una sorta di capovolgimento dell’impostazione leibiniziana: non sono i mondi possibili che fondano le leggi della logica, ma al contrario siamo noi che ci scegliamo idee diverse di un mondo possibile, a seconda delle esigenze logiche che abbiamo. Esseri pensanti diversi (poniamo terrestri ed extra-terrestri) potrebbero usare logiche diverse.

Chiari come individuo, come essere pensante usa nel proprio percorso artistico ed umano logiche diverse in contesti diversi: la sua opera, tra il continuo ed il discontinuo, l’arte totale e l’arte didattica, tra la figura del Padre che impone la continuità e quella della Madre che genera la diversità, in un sistema di chiusura ed apertura linguistico, evidenzia la possibilità che la pluralità delle logiche non costituisca un ostacolo alla comunicazione.
Sviluppando questa processualità, l’opera musicale-visiva di Chiari è in grado di creare continuamente descrizioni, traduzioni e immagini di vari linguaggi logici del continuo e del discontinuo, in un contesto artistico che vuole esprimersi in diverse possibilità.

Chiari, per visualizzare il massimo del continuo, esprime il suo pensiero e la sua visione del mondo, attraverso: l’azione musicale e gestuale, il frammento, il documento, la fotocopia, la stampa topografica, il segno, il foglio, il libro, il metallo, lo strumento manipolato, la carta, la parola, il suono.
Tali mezzi al tempo stesso divengono supporti visivi dove il gioco del discontinuo trova nella non-contraddizione la possibilità di una sua eventuale verifica.
Del resto, le comunicazioni di Chiari avvengono secondo un processo di trasformazione del linguaggio che è il vero senso di tutte le occasioni espressive: disegni a china, partiture, foto, video, film e oggetti industriali.




Opere

1964 Quel che volete per più strumenti
1965 Silenzio
1965 Leggere la musica
1965 Solo con la volontà di sapere
1966 Amore
1966 Fare qualcosa con il proprio corpo e il muro
1967 La mano mangia il foglio

1967 Studio su un’opera pianistica
1969 Aforismi tratti da Musica senza contrappunto
1969 Suonare la Città
1970 Basta non leggere libri e questi non esistono
1971 Senza titolo
1972 Un Metodo
1973 Musica Madre
1974 Teatrino; Arte
1976 Metodo per video-camera (Da Il Metodo per Suonare)

1990 Improvvisazione libera; Dubbio sull'armonia

1994 Musica et cetera
1998 Tre acrostici per Piccini


Alcuni Statements di Chiari dal 1965 al 1978

SUONARE È FACILE (1965)

STRIMPELLARE (1966)

CANTERELLARE (1966)

LA SOSTANZA DELLA MUSICA NON È L’ARMONIA
LA SOSTANZA DELLA MUSICA È LA VOGLIA DI SUONARE (1968)

LA MUSICA NON È L’ARTE DEI SUONI
LA MUSICA È LA SUCCESSIONE DEI SIGNIFICATI DELLA PAROLA MUSICA (1969)
SUONARE SOLO CON lA VOLONTA’ DI SUONARE (1969)

L’ARTE È FACILE (1972)

TUTTE LE MUSICHE SONO UGUALI (1972)

MUSICA È SUONARE (1973)

L’ARTE NON ESISTE, ESISTE UN RAPPORTO TRA L’ARTE E L’ARTE (1974)

INSIEME (1974)

L’ARTE NON È A A A A A A (1974)

L’ARTE È ABCDEF...(1974)

L’ARTE È FINITA SMETTIAMO TUTTI INSIEME GUTTUSO ANCHE (1975)

NON SO SUONARE NON SO DISEGNARE (1977)

L’ARTE È UNA PICCOLA COSA (1978)

L’ARTISTA È UN DISOCCUPATO RECUPERATO (1978)

L’ARTE SARA’ DI TUTTI E LA PAROLA ARTE NON SARA’ DI NESSUNO (1978)

SE METTETE IL BRACCIO NUDO DENTRO QUESTO SPAZIO DIVERRA’ TRASPARENTE PERCHE’ L’ARIA DENTRO QUESTO SPAZIO E’ STRANA(1980)

SE QUESTA E’ARTE TU SEI PAZZO (?)


Mostre ed interventi di Chiari dal 1962 al 2002

1962:




1963:



1964:


1965:


Institute of Contemporary Arts, Londra
Centre de Musique, Parigi
Museum der XX Jahrhunderts, Vienna

1966:

Galerie René Block, Berlino

1967:


1968:

Film und Fernsehen Akademie, Berlino

1969:


1970:

Galleria Milano, Milano
Galleria Il Centro, Napoli
Film Studio, Roma

1971:

Galleria Toselli, Milano


1972:

Modern Art Agency, Napoli
Galleria LP220, Torino


1973:



Kunstmuseum Luzern, Luzern
Galerie René Block, Berlino

Kunstverein, Hannover


1974:





1975:



Galleria Lucrezia De Domizio, Pescara



1976:


Galleria Schema, Firenze

1977:






1978:



1979:



Centre d’Art Contemporain, Ginera



1980:







1981:






1982:




Galleria La Piramide, Firenze

1983:







1984:




1985:



1986:


Galleria Milano, Milano






Riciard De Marco Gallery, Edimburgo

1987:






1988:






1989:

Fluxus Codex, Museum of Modern Art, New York




Arca, Castello della Volpaia, Radda in Chianti


1990:








1991:






1992:









Fluxus Virus, Schùppenhaurer Galerie, Colonia




1993:







1994:






1995:






1996:





1997:



2000:


2002:



Cronologia comparata degli eventi Fluxus con l’attività di Chiari dal 1951 al 1964

1951-57:

G. Chiari: Do, Intervalli, Studi sulla singola frequenza. Composizioni per pianoforte

G. Chiari, P. Grossi: Vita Musicale Contemporanea, Associazione culturale, musicale sperimentale

1952:

J. cage: Theatre Piece No.1.
Black Mountain College, U.S.A.
Concerted action combining: painting, dance, films, slides,
recording, radios, poetry,piano,lecture/with audience
in the middle/a collaboration by john cage, merce cunningham,
charles olson robert rauschemberg, m.c. richard, david tudor

1959:

16/10-5/11, AA.VV.: Toward Event (an arrangement)
New York, Rueben Gallery, U.S.A.: A. Kaprow, 18 Happenings in 6
Parts: R. Montague -who speaks and moves, S.Prendergast
-who moves and plays a musical instrument, L.Samaras
-Who speaks, plays a game and musical instrument, J.Weinberger
-who moves and plays a musical instrument, R. Whitman
-who moves, speaks and plays a game, S.Francis, R.Grooms. D.Higgins,
L. Johnson, A.Leslie, J. Milder , G.Segal, R. Thompson
-each of whom paints, the visitors who is it in various chairs-

1960:

14/3, AA.VV.: A concert of New Music
New York, The Living Theatre, performance by: A. Kaprow (sound piece 1958) G. Brecht (1 card piece for voice 2. candle piece for radios) A. Hansen (bibbes o tao), R. Rauschenberg(telephone music), R. Johnson (A sequence of stuttering records), R. Maxifield (cough music), J. Cage (imaginary Landscape n .5), Mc Dowell(music for a while)

11/6, AA.VV.: An evening of sound theatre-happenings
New York, Reuben Gallery, J. Dine (Vaudeville act) A. Kaprow ( intermission piece) R. Whitman (E.G.-) G. Brecht (Gossoon) R. Maxfield (Electronic Music)

1961:

AA.VV.: Performance at Yoko Ono s Studio
New York, Chamber street ,S. Morris, d. Lindberg, P. Corner, L.M. Young, T. Ichiyanagi, H. Flint, J. Byrd, J. Mac low, R. Maxfield

25/4- 16/5, AA.VV.: Musiqua antiqua et nova
New York, AG Gallery: lecure-demonstration festival of electronic music, works by: J Cage, Hirsh, D. Higgins, J.maclow, E. Brown, J. Mc Dowell, D. Johnson, B. Morris, P. Davis, J. Fisher

1-30/6, AA.VV.: Neo Dada in der Musik
Kanimerspiele Theater di DusseldorfGeorge Brecht, Nam June Paik Dick Higgins, Sylvano Bussotti, Jackson McLow, George Maciunas, La Monte Young, Wolf Vostell

1962:

23/9, AA.VV.: Fluxus Internationale Festspiele Nuester musik
Wiesbaden, hoersaal staed, museum. 14 konzerte: D. Higgins, A. Knowles, N.J. Paik,E. Williams, A. Koepcke, W.Vostell, R.Filliou, G. Maciunas

23/10-8/11, AA.VV.: FESTIVAL OF MISFITS (MISFITS FAIR)
Londra Gallery One: A. Koepcke, G.Metzger, R. Page, B.Petterson, D. Spoerry, B Vautier

23-28/11, AA.VV.: FESTUM FLUXORUM, FLUXUS
Copenhagen, Galerie Kopcke, Kunstbiblioteket, 6 konzerte: G. Maciunas: neodada i musik, teater, digt, kunst -M. Kagel:det instrumentale teater- G. Chiari gesti sul piano
perf. by: E. Williams, J. mac low, W. Vostel, D. Higgins, A.Knowles, G.Maciunas, N.J. Paik, A. Koepcke, R. Filliou

3-8/12, AA.VV.: FESTUM FLUXORUM, FLUXUS
Parigi, American students center, poesie, music et antimusique, evenementielle et concrete: R. Filliou, E. Williams, A. Koepcke, T. Schmit, G. Maciunas, D. Higgins, A. Knowles

G. Chiari : Gesti sul Piano, Lettera, Le Corde, Per Arco
Composizioni per vari strumenti

G. Chiari, S. Bussotti: Musica e Segno, Galleria Numero, Roma

1963:

28/3, AA.VV.: Fluxus concert
Oslo, link samaras , kind of stage piece: D. Higgins, A. Knowles, E. Williams, R. Watts, B. Patterson, B. AF Klintberg, Hanson, and other

1/6, AA.VV.: FLUXUS-FESTIVAL
Copenhagen piece by E. Andersen, H. Christiansen, D. Higgins, J. Davidsen , A. Koepcke

23/6, AA.VV.: FLUXUS FESTIVAL
Amsterdam, Hypokriterion Theatre
-theatre compositions
-street compositions, exhibits
-electronic music by: G. Maciunas, N.J. Paik, T. Schmith, E;
Williams, R. Watts, D. Higgins, A. Knowles, D. Spoerry, G.Brecht,
A. Koepke, G. Ligeti, T. Ishiyanagi, J. Mc low, B. Patterson,
L.M.Young, R. Maxifield,
B. Vautier, J. Cage, W. De Maria, B. Brotzmann, M.Laurens Montw e, W. de Ridder

21/8, AA.VV.: AvantGarde Festival, New York

G. Chiari: Teatrino. Composizione per pianoforte e oggetti
25/7-3/8, AA.VV.: FLUXUS FESTIVAL OF TOTAL ART
Nizza, hotel Scribe, 1 concert, 7 street events
pieces by: B. Patterson, R. Watts, B. Vautier, N.J. Paik, D. Spoerri, G. Brecht, G. Maciunas, D. Higgins, L.M.Young

8/10, AA.VV.: FLUXUS - POESIE ET CETERA (ANTI THEATER)
Parigi, Museo d arte Moderna, piece by: T. Brown, , P. Keene, D. Higgins, J. Mc Low, G. Maciunas, R. Watts, E. Williams, B. Patterson, A. Hansen, T. Riley, L.M. Young, A. Knowles, S. Morris G. Brecht

30/10, AA.VV.: ART DU LANGAGE
Sopt compositions Simultanées: B. Patterson (paper piece), A. Hansen (?), T. Riley (Ear Piece), L.M. Young (Poem for tables, benches e chairs), A. Knowles (Shuffling piece), S. Morris (introductions for dance), G. Brecht (word event)

AA.VV.: Settimana Internazionale Nuova musica, Palermo,
G. Chiari, S. Bussotti, Miccini: Gruppo ’70

1964:

11/4-23/5, AA.VV.: FLUXUS CONCERTS
New York, ay-o/carnegie hall, canal street
CONCERT No1: performances by: N.M.Paik, G. Brecht, E. Williams, Ch. Shiomi, B. Patterson, T. Kosugi, G. Maciunas, R. Watts, B. Vautier,G. Brecht, A. Knowles
CONCERT No2: Trace kkkk by R. Watts
CONCERT No3: piece and performances by: T. Schmit, D. Higgins, E. Williams, B. Vautier
CONCERT No4: requiem for wagner D. Higgins
CONCERT No5: piece and performances by , G. Maciunas, G. Brecht, T. Schmit, D. Higgins, N.M.Paik,T. Schmitd, G. Ligeti
CONCERT No6: concert A-Yo
CONCERT No7: piece and performances by: D. Higgins, Ch. Shiomi, G. Brecht, T. Kosugi,L.M. Young
CONCERT No8: Zen for film N.M.Paik
CONCERT No9: piece and performances by: G. Brecht, T. Schmit, D. Higgins, N.M.Paik,J. Jones
CONCERT No10: sanitas T. Schmit
CONCERT No11: FLUXUS COLLECTIVE COMPOSITION (MOVING THEATER)
CONCERT No12: Street composition to be unveiled N.M.Paik

25/5, AA.VV.: FESTIVAL DE LA LIBRE EXPRESSION
Parigi, Vernissage de l’exposition
-Co/invention no1: the spaghetti sandwich (action) By R. Filliou/E. Williams
-Co/invention no2: the pink ear plug (Ist performance-piece) By R. Filliou/E. Williams
-Bottled humanism, ferro, gold water (happening)
-Seance de cinema
-Re-Fluxus Kiss me B. Vautier+ D. Pommereulle
-Meat Joy C. Sheemann

G. Chiari: Don’t Trade Here. Azione Performativa, Galleria

Musei

Bibliografia

Tesi di Francesco Monconi (Anno accademico 2003-2004)


Andrea Balzola, Anna Maria Monteverdi, 2004, Le Arti Multimediali Digitali, Garzanti Libri, Milano

Chiari Giuseppe, 1969, Musica senza contrappunto, Lerici editore, roma

Chiari Giuseppe, 1970, Basta non leggere libri e questi non esistono, Firenze

Chiari Giuseppe, 1973, Musica Madre, Milano, ed. Preparo

Chiari Giuseppe, 1974, Teatrino, ed. Nuovi Strumenti

Chiari Giuseppe, 1976, Il metodo per suonare, ed. Martano, Torino

Chiari Giuseppe, 1983, Music is easy, , Salone Villa Romana, Firenze

Chiari Giuseppe, 1990, Improvvisazione libera, Centro arte contemporanea Luigi Pecci, edizioni Exit, Prato

Chiari Giuseppe, 1991, Il Giuoco dei dieci nomi, edizioni Temi,Firenze

Pedrini Enrico, 1989, La macchina quantica e la seconda avanguardia, Studio Oggetto Edizioni, Milano

Pedrini Enrico, 1992, Giuseppe Chiari e la teoria dell'arte in Fluxus, Ulisse & Calipso, Roma

Pozzi Gianni (a cura di), 1997, Pittura Necessaria una conversazione con Giuseppe Chiari, edizioni Santo Ficara,Firenze

Tommaso Tozzi (a cura di), 1998, Sul problema della parola musica conferenza di Chiari Giuseppe in occasione del seminario Hacker Art all’interno del Hackmeeting ‘98, CPA Firenze Sud, Firenze

AA.VV, 1964-1984, L’immaginario Ritrovato, edizioni Il Candelaio, Certaldo

AA.VV, 1987, Chiari, Studio Oggetto Edizioni, Milano

AA.VV, 1990, Giuseppe Chiari, edizioni Echo, Reggio Emilia

AA.VV, 1992, I teorici dell’arte libro realizzato in occasione della mostra Giuseppe Chiari, studio Oggetto, Ulisse & Calipso edizioni mediterranee, Milano

AA.VV, 2002, Giuseppe Chiari: Strumenti musicali Catalogo della mostra, Galleria Vannucci, Pistoia

AA.VV., 2002, Chiari-Miccini.Pienotti-Ranaldi, ed.Parise Adriano

Bonito Oliva Achille, 1990, Ubi Fluxus Ibi Motus Mazzotta, Milano e La Biennale di Venezia, Venezia

Tomkins C., 1983, Vite d'avanguardia, Costa & Nolan, Genova

Webliografia

Giuseppe Chiari: musica e idee recensione di Marco Pandin per la rivista anarchica on line anno 31 n. 269 [http.//www.anarca-bolo.ch/a-rivista/269/28.htm http.//www.anarca-bolo.ch/a-rivista/269/28.htm]

Gli anni ’50 e Fluxus una coferenza con Sborgi F., Pedrini Enrico, Romano C., http://www.exibart.com/notizia

Hozro, materiali sulle arti visive a Genova: Giuseppe Chiari, Sandro Ricaldone, http://www.hozro.it/chiari2.html

Hozro, materiali sulle arti visive a Genova: Fluxus o del principio dell’indeterminazione, Sandro Ricaldone,
http://www.hozro.it/fluxind.html

“Hozro, materiali sulle arti visive a Genova: concerto per
http://www.hozro.it/chiari.html

Per complicare l'intreccio, di Sandro Ricaldone,
http://www.geocities.com/Paris/Rue/4853/fluxus.html

La coscienza luccicante, dalla videoarte all'arte interattiva, P. Sega Serra Zanetti e M. G. Tolomeo, Roma 1998,
http://w3.uniroma1.it/bordini/artele.htm

Appunti di storia Fluxus, in AA.VV., Milano-poesia, Nuova Intrapresa, Milano, 1989 Anthology of, 1963,
http://www.sapienza.it/magam/glossario/fluxus.html

Archivio Attivo Arte Contemporanea,
http://www.caldarelli.it

Dizionario dello spettacolo del ‘900,
http://www.delteatro.it/hdoc/result_spett.asp?idspettacolo=4539


http://www.strano.net/town/music/chiari.htm

http://www.strano.net/town/music/fluxus.htm

http://www.giuseppechiari.it/biografia.html

http://home.swipnet.se/sonoloco6/Silenzio/chiari.html

http://www.artearea.it/giuseppe_chiari.htm

http://nyartsmagazine.com/60/giuseppe.htm

http://www.undo.net/AbsolutMailArt/HTML/CATALOGO_eng/chiari.html

http://www.fluxus.org

http://www.emanuelearciuli.com/fluxus.html

http://www.hozro.it/multiflux.html

http://www.ben-vautier.com/2001/fluxus.php3

http://www.tract.it/fluxcost.html

http://digilander.libero.it/biblioego/fluxconst.htm

http://www.cobraart.dk

http://www.lettrisme.org

http://www.mailart-carrercollection.net

http://www.psicopolis.com/psicopedia/situazion.htm


Sito web

http://www.ecn.org/wikiartpedia/index.php/GiuseppeChiari


Poetica

Secondo Chiari tutti possono fare arte basandosi sulla quotidianità di una società di massa e il compito dell’artista è quello di mantenere le intime relazioni tra l’essere umano e l’universo.
La sua poetica si basa su una musica-visiva, creata attraverso partiture che diventano elaborati diagrammi, ovvero composizioni visive non più fatte per essere eseguite e poi ascoltate, bensì per essere guardate e vissute dallo spettatore-fruitore.


Alcune interviste e conversazioni dal 1976 al 2003

Intervista di Helena Kontovà del 1976.


Helena Kontovà: Pensi di essere un artista importante?


Il futuro è già realizzato. Noi lo chiamiamo futuro tanto per dargli un nome misterioso. In verità sappiamo bene che il futuro è fra di noi. Tu per esempio sei futuro. Tu mi chiedi anche se mi sento importante. Si. Sono molto importante. Tanto importante che senza di me, io non ho il senso dell’esistenza del mondo. Il mondo esiste senza di me? Ti confesso che non lo so. D’altra parte devo mettere in dubbio anche la tua esistenza. Questo è difficile per me. Ma rimane molto importante esistere per me. Proprio per mettere in certezza l’esistenza dì te, di Giancarlo...Importante fra gli artisti? No.

H.: Sei stato sempre contento con il tuo lavoro artistico?

C.: Si. E’ bello cercare, trovare. E’ bello curiosare. Collezionare. E’ bello anche far vedere. Cedere a chi vede e anche a chi non vede. Non sono stato sempre contento. Chi è sempre contento? E’ impossibile esserlo. Magari uno è scontento perché arriva a Milano di notte tardi non trova una camera e non ha voglia di passare la notte in stazione. E questo è anche lavoro. Il lavoro artistico è bello ma è solo un tratto alcuni piccoli tratti della giornata, della vita. La vita è la strada...

H.: Preferisci passare alla storia più come musicista o come pittore?

C.: Nei libri di storia delle scuole elementari o liceali o universitarie? Nei libri delle elementari mi piacerebbe. In quelli universitari è facile ma in quelli per i ragazzi di sei sette anni -con un piccolo disegno illustrativo che mi raffigura al pianoforte –è difficile. Musicista. Pianista. Anzi lo sono un pianista. Mi sarebbe piaciuto molto essere disegnato mentre suono il pianoforte dà Alex Raymond; che è senz’altro il più grande disegnatore che io conosca. Purtroppo non è più possibile. ma anche da Williamson.

H.: Senti di essere ancora un artista di Fluxus?

C.: Si. Certo. E come si può rispondere di no, dal momento che Fluxus è solo un nome. Fluxus è la cosa più indefinita che conosca. Forse gli uomini che ho visto a Belgrado di notte pulire le strade con una grandissima pompa d’acqua -una pompa grandissima incredibile-forse quegli uomini sono Fluxus. Anzi lo sono senz’altro. Speriamo che in questo momento non stiano dichiarando la mia espulsione...

H.: Pensi che dopo Fluxus gli artisti hanno risposto in maniera nuova alla domanda: che cos’è l’arte? o pensi che non ci sia niente di nuovo dopo Fluxus.

C.: Bisogna fissare una volta per tutte il minuto Fluxus. lo proporrei senza sentire gli inglesi di dichiarare convenzionalmente che il minuto Fluxus è: le ore 7 e 13 minuti primi del 18 gennaio del 1962. Ora dato che siamo alle ore 5 e 20 dell’11 aprile 1978 non ci rimane che decidere a che velocità cambia l’idea di arte. Poniamo per ipotesi che cambi ogni 3 minuti. AI 18 gennaio del 1972 abbiamo già 174.800 cambiamenti. E siamo solo nel 1972. Come vedi Fluxus non è riuscito a fermare il tempo. Abbiamo tentato -come tutti; chi non ci prova -ma non ci siamo riusciti. Ora però noi abbiamo dato per verificata un’altra ipotesi: che l’idea dell’arte cambi insieme al tempo e non cambi continuamente ma a gradi, tanto da poter identificare un grado di cambiamento dopo l’altro. Un’ipotesi veramente complicata. D’altra parte se noi non passiamo quest’ipotesi siamo costretti a passare una di queste due:
1) l’arte è sempre stata e sempre sarà;
oppure: 2) l’arte è sempre in divenire.
La prima ci lascia completamente indifferenti come se l’arte fosse cosa che non può ricevere nessuna interferenza da noi. Qualcosa di altro da noi, sopra o sotto che sia.
La seconda ci chiede un’interferenza continua, ci coinvolge ma senza un minuto di respiro.
L’interferenza è fine a se stessa non ha nessuna possibilità di definire l’arte perché l’arte è dentro l’interferenza stessa, è dentro l’agire...
Dunque siamo costretti a passare a una terza ipotesi che però è sola, rubata alle due estreme. E’ un alternarsi delle due.

H.: pensi di essere più intelligente degli altri.

C.: Non so... di quali altri...


Il diario minimo di un provocatore dell’arte
Intervista di Stefano Milani


(Dopo l’intoduzione generica su Fluxus)[…] Si vede anche Bussotti, per un paio di volte (riferito Flux-festival).
Poi si ritirò. Perché si ritirò?

Non lo so. Ma in Italia si è avuta una storia molto ridotta e il fulcro era la Germania occidentale, penso soprattutto per motivi geografici, anche se poi i partecipanti venivano cercati dappertutto, in Algeria, Australia, Francia, mentre New York era una fucina di idee.

E cosa facevate?



E’ avvenuto in sede sociale da parte dei collezionisti.

Ma facendo diventare oggetti, beni di mercato, quelle azioni che volevano essere momenti transitori, non siete caduti in grande contraddizione?

Ho capito, è uno sputtanamento, vuoi dire.

Quindi, a parer tuo, non si può parlare di banale commercializzazione?

No, è un po’ il discorso delle lettere di Gramsci. Valgono parecchio, tra certi collezionisti, sono anch’esse oggetti, tuttavia sarebbe sbagliato dire che il loro valore semantico, politico, letterario, diminuisce perché qualcuno lo compra.

Quanto al mettere in mostra delle partiture, come nel caso tuo e di Cage, come se fossero opere d’arte visiva, come pensi che vengono recepite dagli spettatori?

Non sono opere di arte visiva, restano partiture esposte. Che poi siano graficamente interessanti o meno, sono affari vostri, sono operazioni fatte dalla società, che le infila nella storia dell’arte.

Voi come l’avete presa un’operazione del genere?




Ma i rapporti sono informali e ognuno fa la sua vita. Quello che ancora ci unisce è un linguaggio artistico frammentario.Perché la nostra epoca, vorrei dire, è fatta di frammenti.


Per un’Arte Didattica
Intervista di Claudio Cerritelli del 1991



CHIARI: Come meccanismo di coinvolgimento lo avevo già adottato sotto forme diverse, per esempio facevo una domanda del tipo: quale è per voi l’artista più grande? Sono sempre formule di inchiesta con uno schema che provoca la reazione del pubblico, è un happening-inchiesta che mi ha sempre interessato esercitare.


CHIARI: In senso lato questo è vero, ma proprio nel senso che il campo del1’arte è un campo ospitale dove nel nostro secolo si può fare tutto. Ho sempre detto che la disciplina ospitale, il campo rifugio, nell’800 è la poesia mentre nel 900, a ben guardare, è cambiato ed è passato ad essere l’arte. Sotto 1a voce arte avviene ormai di tutto: musica, architettura, politica, oratoria, progettualità, danza, eccetera; ed è un fatto che il concetto di arte riesca reggere tutti questi ospiti…



CERRITELLI: tuttavia, le risposte della gente attingono liberamente a diversi contesti di riferimento, dai divi del cinema. dai campioni dello sport ai grandi personaggi della storia,. dai celeberrimi scrittori personaggi descritti nella letteratura di tutti i secoli dai pittori ai musicisti , dai filosofi agli uomini politici, perfino a nomi della quotidianeità familiare ed anonima, la sorella, lo zio, la fidanzata, la nonna, l’amico, Ebbene, mentre le risposte del pubblico si organizzano in molteplici ambiti, la tua sequenza di nomi mi pare categorica, univoca e ben determinata ne suggerire un contesto preciso: Quasi teorico, o no?


CERRITELLI: A voler analizzare, questi cento fogli elaborati dal pubblico che tipo dì lettura si potrebbe avviare? Le risposte hanno, evidentemente, molteplici significati, tuttavia possono essere intese almeno in una doppia valenza, come indicazioni di contenuti: i nomi in se stessi, e come nella scrittura grafico-visiva che si avvicina ad un esito praticamente estetico del foglio, modificato con la scrittura, con stili, con grafie colorate, cancellature, attraverso una diversificata spazialità delle parole, in alcuni casi con scritte a rovescio e anche dall’altra parte del foglio. Come ritieni che funzionino queste caratteristiche a prima vista?

CHIARI: Direi che funzionano in entrambi i sensi, già il carattere dattilo scritto, vecchio tipo, con cui è stata. presentata la pagina da compilare è una precisa scelta che rivela la mia attenzione verso l’aspetto grafico dell’operazione. Tieni presente che durante la serata li ho quasi costretti a scrivere a mano, senza mezzi meccanici, con l’unica possibilità di esercitare la propria grafia appoggiandosi sul tavolo, sul muro, sulle spalle dell’ altro, e a scrivere con le biro, con i lapis. Io questo lo volevo, quasi come una scrittura viva fatta per la strada che produceva una differenziazione dell’aspetto grafico del contenuto delle risposte, io lo giudico in senso statistico; un contenuto allegro, ironico, non si da peso al problema che ha posto, comunque sono risposte che, si allontanano sensibilmente dal problema dei dieci nomi, andando, verso altri contesti. Tutto sommato la risposta è allegra effimera: scegliamo dieci nomi che ci ricordano cose quotidiane, cose più semplici di quelle che tu ci hai dato è stata una bella serata, ho un ricordo piacevole e mi piace leggerene tracce che sono rimaste…






LA STANZA ROSSA
Intervista, Ottobre-Novembre 1993


Suonerebbe un computer?
“L’ho già suonato, è uno strumento che risponde poco e nello stesso tempo è molto difficile romperlo e ha il vizio di semplificare ".
Cosa deve fare l’artista, lo scienziato, il matematico?
“Cosa può fare? ... Stare zitto dicendo che è guerra; ma è provato che malgrado le bombe caschino, il matematico, lo scienziato, l’artista continuano il proprio discorso".


Pittura Necessaria
Intervista di Gianni Pozzi a Firenze nel 1997

(Gianni Pozzi)
Nessuna sorpresa, nessun imbarazzo, neppure (sembra) un po’ di curiosità per le domande che gli potranno essere rivolte: accetta di farsi intervistare come fosse la cosa più naturale del mondo, un’attività quotidiana sulla quale non vale la pena spendere troppe parole. Suggerimenti, raccomandazioni e comprensione sono invece tutti per chi si accinge all’impresa, per l’intervistatore:


GP: Ecco, vedi, ho appena riletto queste cose, anzi no, alcune le ho lette ora per la prima volta (e dalla borsa escono cataloghi e riviste)... C’è il tuo Musica madre del ‘73 con un testo di Trini che ho trovato bellissimo, c’è il recentissimo Musica et cetera, c’è Music is Easy di Villa Romana, il catalogo della mostra a Perugia, che è finita adesso mi pare... e questa intervista di Alessandra Vaccari, su un vecchio numero di Arte In del ‘92 e che mi sembra una delle più complete fra le tue tante interviste...

GC: Sì, fu un lavoro in più riprese…

GP:Io però non voglio fare una cosa del genere, avevo pensato anzi di iniziare proprio così: caro Giuseppe Chiari, ogni volta che qualcuno ti intervista ti costringe a ripercorrere tutta la tua storia, da Fluxus in poi... immagino questo ti annoi (lo dico cercando di farlo sorridere)...

GC:Sì, la risposta naturalmente è sì.

GP:Io lo eviterò, niente passato, solo il presente di questa mostra: del resto l’arte è il differente, non la ripetizione, come tu ribadisci in ogni intervista...

GC:Sì.

GP:Arrivo allora alla prima domanda.

GC:Ti ringrazio.

GP:Questa tua attività odierna, questo allestire mostre, di collages o di veri e propri dipinti, per gallerie, ha un’aria molto istituzionale: una tecnica come da tradizione (la pittura) in spazi assolutamente canonici (le gallerie). Credo di rendermi conto delle ragioni, mi incuriosisce però sapere come la vivi tu... anche in rapporto al tuo passato (che però non volevo nominare)...

GC:Per dire delle cose negative -dato e non dimostrato che il mio compito sia questo- bisogna comunque riferirsi a una situazione, non positiva ma classica... per essere romantici, voglio dire, bisogna rifarsi a qualcosa che altri hanno definito classico... La critica -e l’essere romantici è una critica- funziona solo se c’è una Verità, e la Verità -non voglio fare discorsi troppo grossi, ma sei tu che me li solleciti- a furia di aumentare la propria... maiuscolità, se mi passi il termine, sollecita il proprio rovesciamento...

GP:Nessuna verità da rovesciare qua.

GC:Infatti, ora ci arrivo (pausa, si schiarisce la voce).
Ora, sia ben chiaro che fare una mostra di acquarelli o di collages come faccio io, in una galleria, e per di più in una galleria ben strutturata come questa di Santo Ficara, non è sicuramente un no contro un sì... Santo Ficara non è al centro del Potere, non possiede certo la verità e io non ho nessun bisogno di ribellarmi a lui. È quel gesto però, questa mostra, una mostra come questa, che può dar senso anche a un’altra operazione, contemporanea o successiva... Non so, un pezzo teatrale in un teatro di ricerca come quello di Scandicci, una scritta sul muro, una pubblicazione come Musica et cetera... pratiche insomma non strettamente aderenti all’attività di pittore... È un contraddirsi, ma per contraddirsi bisogna prima avere detto qualcosa, anche di scontato se vuoi.

GP:Vuoi dire che stai facendo una cosa scontata per contraddirla in futuro con qualcosa di intelligente?

GC:[ride] No, naturalmente no..


GC: È molto generoso da parte di Trini, ma quell’intervento si riferiva alla musica e a una discussione, per fare un nome molto grande, con John Cage... Era avvenuta a Palermo, alla metà degli anni ‘60 circa, e si discuteva se il termine musica apparteneva alla nostra musica o a quella degli altri... Cage, che aveva un atteggiamento assai snob, disse che se gli altri volevano il termine musica se lo tenessero pure. Io invece, molto più polemico, dicevo che la parola musica è seria e non va ceduta, anzi, andava rubata...


GC:Anche quel discorso con Alessandra Vaccari riguardava la musica, le partiture... Il filo che unisce magari c’è, ma lo si trova dopo e lo trovano più spesso gli altri che non l’autore... No, per arrivare alle mostre e a questa mostra, bisogna fare un altro discorso, un po’ marxista in qualche modo. Ecco, se io fossi stato ricco, un ricco possidente con castelli e tenute, credo mi sarei limitato a comporre musica, con le mie belle partiture avrei ordinato a case editrici di stamparle, magari nella maniera più elegante possibile e nel numero di copie più consono... ne avrei sollecitate delle esecuzioni...Ma mi sarei limitato a questo. Ci sono diversi autori che fanno così, potrei fartene i nomi, e non possono non farlo, non possono agire diversamente, non avrebbe senso... Se invece si parte da altre situazioni finanziarie, medie diciamo, uno inizia facendo quel che vuole fare ma scopre presto che esiste un problema di sopravvivenza... Quando io ho scoperto questo avevo già delle mie partiture semicancellate...

GP:Quando?


GP:Divulgando una parte del tuo lavoro cioè, quella che più si prestava a una diffusione di questo tipo...

GC:Ci sarebbero state anche altre strade. Una casa cinematografica, per esempio, mi offriva di commentare musicalmente i suoi documentari...

GP:Ma tu, in qualche modo, eri già da tempo un pittore.

GC:Sì, io oltre a suonare e a comporre dipingevo anche, avevo dipinto fin da giovanissimo... ma fu quando la musica contemporanea cominciò, e cominciò assai presto, a espellere da se tutti i fenomeni che non offrivano continuità, che mi rivolsi con maggiore assiduità alla pittura... Vale per molti il problema di questo difficile rapporto con la musica contemporanea. Berio o Boulez, per esempio, una volta capito che li avrebbero fatti fuori, artisticamente è ovvio, come già era accaduto per altri, sono, come dire, rientrati nei ranghi, hanno offerto la continuità richiesta.


GC:È vero, da ragazzino avevo amato molto i cubisti, poi una grande passione fu la pittura informale e l’espressionismo astratto statunitense, Pollock trovavo fosse grandissimo... Comunque, io dipingevo da sempre, era una situazione multidisciplinare, come si diceva una volta. Sostanzialmente penso che si debba affrontare la vita con quel che si sa fare, e io credo di aver sempre avuto un buon rapporto con la pittura... Più di altri, certamente. Sai, in quegli anni a Firenze capitava di incontrarsi con Luzi, Bigongiari, Pignotti, Antonio Bueno, Loffredo e si parlava di pittura... Luzi e Bigongiari avevano i loro cinque-sei artisti che amavano sopra ogni altra cosa e io, con tutta la gentilezza possibile e con il tatto necessario, facevo capire che non condividevo quelle scelte.

GP:Vuoi dire che la pittura era un qualcosa che ti apparteneva? Forse più a te che a loro, nonostante ruoli e apparenze...

GC:Almeno a livello critico sì e non era poco, in un posto come Firenze poi... Sempre all’inizio degli anni ‘70, tanto per dirti quale fosse il livello, la città impazziva per Henry Moore, dal sindaco al vescovo, tutti, e non perché Moore fosse un maestro del purismo che aveva ridotto le forme all’essenziale, no, solo perché era il pittore della regina... Non si parlava d’altro... Ecco, sempre in quello stesso periodo, capitò a Firenze un altro grandissimo scultore, Lipschitz, e fu ignorato da tutti, nella maniera più totale... Mi prese lo sgomento... Questa è la mia città? mi chiedevo sconsolato...

GP:Non credo sia cambiata molto.

GC:Non so, ma questi episodi -un po’ paradossalmente- mi davano una grande coscienza di me, mi stimolavano a non avere complessi di inferiorità nella mia attività di pittore... Naturalmente non sarebbero stati sufficienti, se io non avessi avuto la determinazione di farlo, ma c’erano anche questi...

GP:Il fatto è che esiste un mercato della pittura e non della musica.

GC:Sì, certo, in quegli stessi anni c’erano pittori come Burri, Fontana, ma anche Perilli che avevano grandi riconoscimenti da una attività di uguale linguaggio... Poi, non sono stato tanto io a cercare la pittura quanto la pittura e l’ambiente e il mercato della pittura che hanno cercato me...

GP:Esiste anche, per te almeno, un pubblico diverso? pubblico della musica e un altro della pittura?

GC:Non credo. In parte sono sempre gli stessi, persone che, anche per ragioni esistenziali trovano conforto nell’andare alle mostre, alle dizioni di poesia, alle conferenze. In parte invece c’è l’aspetto professionale della cosa: ai concerti gli studenti del Conservatorio, altrove quelli dell’Accademia. Alle mostre, di specifico c’è questa figura del collezionista che non esiste da altre parti...Caso mai il problema può essere che certi collezionisti vogliono sempre la stessa cosa. Esempio: entrano in galleria, vedono un mio lavoro, degli inchiostri magari, gli piace, stanno per prenderlo, quando gli viene detto che è opera di Chiari. Chiari? -reagiscono- e perché non c’è la musica? no, un Chiari senza musica non va bene... E non lo prendono: andava bene come un pittore qualsiasi, non va bene come Chiari. All’opposto, le opere senza musica si scambiano più facilmente, sono più neutre...

GP:Arriviamo a oggi, fa un curioso effetto vedere che…

GC:Oggi (interrompe lui), il problema di oggi è che io sono storicizzato... una parola che non mi piace, nel senso che sono conosciuto, sono pubblicato, le mie opere sono suonate, sono messo in rapporto ad altri musicisti... mi sento un po’ a partita giocata, non per me: io non ho mai smesso di giocare, è che la storia alle volte offusca la lettura del presente...

GP:Infatti. Quando si parla del tuo lavoro si dedicano pagine intere alla storia e poche righe filiali al presente.. P:anch’io, del resto, che pure avevo premesso di non volermi occupare di storia, sto ricostruendo la tua storia di pittore senza occuparmi di questa mostra...

GC:Parliamone allora. ..Ecco qua, venti chitarre, realizzate tutte con la stessa maschera, con su acquerelli, carte, adesivi, inchiostri e altro ancora (mostra alcune fotocolor).

GP:La prima cosa che mi viene in mente è che si tratta di un’altra operazione ancora, diversa ad esempio dai collages esposti alla Rocca di Umbertide e a Chiavari in questo stesso periodo, un’operazione di segno diversissimo, concettualmente e tecnicamente... La seconda cosa è che mi incuriosisce molto che tu dipinga chitarre: in questo caso sono strumenti musicali che non suonano ma riverberano colore...

GC:Sono sicuro che se tu non mi conoscessi le giudicheresti più severamente... se io facessi una mostra a Brema e un giornalista, di quelli che seguono tutto e non conoscono niente, venisse incaricato della recensione di una mostra così, le giudicherebbe con una severità ben diversa...

GP:Può darsi, ma che vuoI dire? Queste chitarre mi interessano anche perché sono tue, perché le rapporto al tuo lavoro, sono un elemento di lettura in più, non in meno... Non dovrebbe dispiacerti...


GP:A te piace molto lavorare cosi?

GC:Sì, mi piace, ma non è un divertimento, è un lavoro e io ho sempre in mente il fatto che tutte queste attività devono bilanciarsi, quelle più pubbliche con quelle di minore risonanza, quelle più produttive con altre, meno redditizie, quelle più istituzionali con altre, di diverso segno...


GC:Già, è facile ma non è un gioco.


Sul problema della parola musica
Conversazioni sulla parola musica e internet tenuta al c.p.a. di Firenze, Giugno 1998.

Io chiedo, non dico scusa, in anticipo, il mio sistema che ho sempre mantenuto in questi anni e di non rimanere tanto fedele al tema del seminario, ma di leggere i miei ultimissimi appunti. Questo sistema mi funziona, non so perché, ma mentre discuto, chiacchiero, leggo, seguito a lavorare a pensare e a scrivere cose che mi sembrano vivi e interessanti. Una cosa interessante è che io scrivo, ho scritto una decina di libri, o anche di più e da alcuni editori da alcuni redattori, vengo considerato una persona che non sa scrivere, che non sa scrivere un organismo compatto, una serie di capitoli organici, qualche cosa di strutturato, ma che ammassa pensieri, sentenze, riflessioni. I pensieri vanno divisi da spazi, perché non sempre hanno un collegamento. Io non sono d’accordo con questo, non credo all’editing, tutte le volte che ho subito un editing ho finito per ritirare e non stampare, però è anche vero che io penso a singhiozzi. Io sono rimasto colpito ultimamente da un mio appunto che dice: abbiamo amato qualcosa che è la musica, ma che non ci hanno permesso di chiamare musica,ma esiste una cosa che abbiamo amato e che amiamo questo è certo, una cosa che dobbiamo difendere. Ovviamente grosso modo il pensiero è autobiografico anche se io utilizzo il noi come se l’esperienza mia dovesse essere tipica di tanti altri,se queste cose succedono a me probabilmente queste cose succedono anche a non molti, ma anche ad altri. Seconda riflessione. Siamo rimasti attaccati alla musica ( cosa la cosa ) e siamo rimasti attaccati usando la parola. Ora abbiamo la cosa che si allontana dobbiamo cancellare la parola per riprendere contatto con la cosa, è triste, ma dobbiamo farlo, dobbiamo iniziare a parlare solo di suoni. In pratica le considerazioni sono su il senso della parola musica l’utilità della parola musica per riflettere sul fatto che questa parola va invecchiando. Non chiameranno mai musica installazioni sonore, campionature, commenti di firme, sculture sonore, poesia sonora ecc. il giornale verrà sempre escluso, la cronaca verrà sempre esclusa. In altre parole i problema va affrontato, non rimandato, nel senso che il futuro risolverà livellerà le differenze. Io avrò della musica che non sarà tale perché non chiamata musica. Debbo consegnare alla società, ad una parte della società che controlla la parola questo mio materiale e debbo accettare il giudizio di questa società che controlla la parola, ma posso non farlo. Ora è chiaro che il contrasto tra la cosa e la parola si può annullare facendo una cosa molto simile ad un’altra cosa, in pratica non avendo una commissione si può fingere che vi sia una commissione nei tuoi riguardi e si può eseguire questa commissione in questo senso il contrasto tra la cosa e la parola si risolve ma il punto da decidere è se questo non sia un prezzo troppo alto da pagare. Se io avessi potere chiamerei musica questa cosa ma l’ipotesi che io abbia potere è un ipotesi abbastanza surreale dunque io devo accettare che non ho il potere di chiamare musica questa cosa. Rimane però l’inizio il fatto che io ho amato questa cosa, la amo ancora e l’ho amata come musica. In altre parole Io uso la parola musica per parlare di musica ho la parola ma sto attento e mi propongo di analizzare i condizionamenti che la parola mi dà per parlare di musica. Io so cos’è la musica e dubito che la parola musica mi aiuti a parlare di musica. Attenzione che non è un gioco di parole cioè qui la parola è usata alternativamente come parola e come oggetto,come cosa. In parole povere io sto parlando di qualcosa e ho ben chiaro l’oggetto di cui sto parlando, ma la società mi consiglia mi ordina di usare la parola musica e io trovo che la parola mi sciupa, mi deteriora il senso ,l’amore per questo oggetto. Quindi dovrei decidermi a cambiare usare canto danza ritmo suono. Io penso che siamo ad un passaggio abbastanza preciso e penso che dobbiamo deciderci in qualche modo a affrontare questo passaggio. Realizzata una cosa noi siamo abituati perché siamo tutto sommato disciplinati anche se pensiamo di essere indisciplinati, anche se pensiamo di essere disobbedienti, ribelli poi automaticamente siamo disciplinati, noi poi dobbiamo consegnare per disciplina questa cosa alla società. La società controllo se questa cosa è musica e ti manda la risposta che sembra inappellabile. La risposta da oggi in poi è appellabile per la semplice ragione che la società manda troppi no manda troppe risposte negative c’è troppo materiale che risulta indegno di essere chiamato musica e questo troppo li frega. Adesso facciamo un salto perché siamo ad un convegno su internet e su ciò che possono essere gli eventi tecnologici di oggi che io chiamo all’italiana la rete. C’è un contatto con questo problema di rifiutare la parola musica e non la cosa e internet, la rete. Ormai i dibattiti son da per tutto, tutti gli artisti cercano di entrare in contatto con questo mezzo non è mica un torto, magari il mezzo non ci spinge verso il mezzo stesso, ormai la libertà ci permette altre cose, possiamo disimparare a leggere e scrivere, ci sono reazioni diverse. A parte questo l’internet è una nuova stampa, siamo appena all’inizio, ci son tante persone che possono disporre un certo numero di persone se lo possono comprare, c’è una piccolissima minoranza che non ha internet, ma non è questo il fatto è che il fenomeno è aperto , dilaga l’apertura è squarciata ed è senz’altro una nuova stampa, una nuova diffusione. Una diffusione molto più grande della stampa del 1500 ma una diffusione che ha un tot di caratteri della nuova diffusione, l’internet non è un problema di qualità, l’internet è un problema di quantità. Può trasmetter anche milioni di dati di sciocchezze, di cultura pessima, di formule matematiche sbagliate, rimane sempre il fatto che trasmetterà una quantità di informazioni di quante ne poteva trasmettere una biblioteca con schede cartacee. Dunque è una dilatazione, un’alluvione dell’informazione che poi avrà caratteristiche molto diverse per esempio questa informazione non è firmata è aperta io posso a danno e con Tommaso Tozzi che è il mio specialista in internet fare dieci pagine di autobiografia scrivere che Giuseppe Chiari è il più grande musicista vivente e seguitare così per dieci pagine e il Tozzi mi mette tutto dentro. Molti musicisti americani lo fanno tranquillamente, ci sono musicisti di valore e altri che io non so nemmeno chi siano. L’internet è aperta ci puoi buttare dentro tutto ciò che vuoi ed è dunque un abbassamento di cultura è una degradazione, ma la degradazione sono visti in senso positivo, così come la stampa al suo tempo permise di stampare cose che prima rimaneva verbale. Mentre ora su internet troverete di tutto e questo è il nuovo fenomeno. Si tratta di un enorme processo di volgarizzazione, cioè la cultura non va come direbbero alcuni accademici dal volgare, poi al latino, poi raggiunge il greco e poi dal greco ancora meglio l’antico ebraico. La cultura va in senso inverso e ora va da un volgare 1 ad un volgare 2 ad un enorme altro scarto di volgarizzazione che il mezzo internet gli permette, quindi non è una rivoluzione da poco, è una rivoluzione abbastanza grossa che avrà conseguenze lunghe. Però è un volgare sul volgare, è un volgarizzazione ulteriore del volgare ma non rimarrà la stessa lingua è forse di nuovo esperanto. Ho letto che si dice quattro e, mettiamocelo in testa che queste quattro e è già esperanto, non è certamente una semplificazione o una schematizzazione dell’inglese. Prima o poi sempre si dirà quattro e sarà capito da per tutto e la notizia che quattro e voleva dire un giorno forever sarà una notizia dotta, di cultura, ma quelli che useranno dalla mattina alla sera quattro e per dire sempre se ne fregano perché tanto loro hanno la loro coincidenza , nascerà un nuovo volgare e in questo senso nascerà un nuovo gioco dei suoni , e questo nuovo giocare con i suoni non si chiamerà musica, questo lo sento, forse si chiamerà semplicemente s, non lo so, comunque sento arrivare la parola suono da per tutto, installazioni sonore, scultura sonora, evento sonoro, sento arrivare la parola suono e la parola uditivo da per tutto e sento abbandonare sempre di più la parola musicale ecc… Lo fo con una certa tristezza perché insomma la storia per me è stata relegata a questa parola e ho anche litigato con maestri nel fatto se la dovevamo difendere o no, ma comunque forse nel mondo dell’internet apparirà un S e quest’S vorrà dire suono forse quel giorno sarà un bel giorno.
Grazie.