DEF of Tactical Media

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Autore: Lovink Geert (Olanda) e Garcia David

Tratto da: http://laudanum.net/geert/files/1021/index.shtml?1072972564

Titolo Originale: DEF of Tactical Media

Anno: 1999


DEF dei Media Tattici

Il DEF dei media tattici scitto da Geert lovink e David Garcia(o seconda parte di "L'ABC dei media tattici, scritto su Nettime e su zkp4 reader nella primavera del 1997. Scritto per il catalogo della Conferenza dei media tattici. Per ulteriori info: n5m


Una conferenza globale sulla campagne ed i movimenti alternativi tenuta durante l’anno 1993 fu contrassegnata dal primo vero grande incontro su larga scala tra due differenti comunità culturali. Da una parte gli artisti e gli attivisti mediatici di Nord america ed Europa occidentale, dall’altra i loro equivalenti dei paesi comunisti dell’Europa centrale e dell’Est, ovvero artisti ed attivisti dissidenti ancora fieri del ruolo giocato nella sovversione delle dittature comuniste. Durante questo primo periodo di eccitante vicendevole scoperta, le due parti tesero ad accantonare le proprie differenze ideologiche per mettere in primo piano la condivisione pratica dell’utilizzo dei prodotti elettronici come in una sorta di organizzazione o mobilitazione sociale. Quando noi parliamo di media tattico ci riferiamo a certe pratiche ed a ciò che da esse è scaturito. Sebbene le differenze tra questi due gruppi fossero messe all’epoca in secondo piano, esse furono ciò nonostante profonde ed illuminanti. Negli Stati Uniti ed in Europa occidentale, i media tattici erano e restano tuttora la voce di particolari campagne o politiche, piuttosto che di ampi movimenti sociali; essi non sono quindi il megafono degli oppressi. In Europa centrale ed in Oriente hanno costituito parti di imponenti movimenti sociali, fondamentali nello smantellamento dell’impero sovietico, nonostante tendessero in un primo momento ad essere piuttosto critici a proposito della futura economia di mercato.

Sei anni dopo le conseguenze di inspiegabili flussi di capitale globale sono molto radicate, e sebbene meno utopista circa il potenziale emancipatorio dei nuovi media c’è una generale convergenza di molti gruppi ben congegnati nel principale apprendimento delle lezioni del capitalismo globale. Rifiutando di lasciare il globalismo alle compagnie d'investimento e alle multinazionali, questi gruppi hanno combattuto il capitale globale con campagne globali e, presente in queste strategie, c’è la debole speranza che se una campagna genera sufficiente velocità e si ripercuote su abbastanza persone, può avere assunto alcune delle caratteristiche di un movimento.

Simulazione contro azione reale per tanti, l’urgenza di alcune delle domande che stiamo fronteggiando genera un adirato scetticismo circa qualsiasi pratica che sollevi domande sull’'arte o sui media. Per i reali attivisti l’equazione è semplice discorso = spettacolo. Essi insistono su una distinzione tra azione reale e meramente simbolica. Da questa prospettiva gli strateghi dei media sono accusati di parlare solamente non facendo nulla. Concentrandosi sulla questione dei media, siamo accusati di creare soltanto alcuni segni senza valore. E c’è molto nella corrente della realtà politica per supportare questa critica. Dopotutto l’espansione del regno dei media non ha avuto come risultato automatico un’equivalente crescita nei movimenti emancipatori e della pratica critica. E’ semplicemente sfociato in un accumulo di temi auto-referenziali. I media in questi giorni sono accusati di frammentazione piuttosto che di unificazione e mobilitazione. Paradossalmente questo è dovuto in parte a causa del loro potere discorsivo di elaborare delle differenze e di domandare piuttosto che fare solo la voce protagonista.Sebbene il nostro argomento preferito rimanga la fine dei media, l’era di una totale implosione dell’intero spettacolare circo mediatico. Questa comunque rimane l’opzione utopistica ( che non dovrebbe essere intesa come abbandono o arresa). Intanto, almeno per “the next five minutes‿ (per i prossimi 5 minuti) continuiamo a struggerci in un mondo in cui molte lotte sembrano aver perso la strada ed il piano dell’azione e sono migrate in uno spazio ideologico di rappresentazione costruito da e per mezzo dei media. Questo è spesso caratterizzato, come da spazi pubblici, verso la virtualità o un mutamento, da azione sociale verso il mediato. In un tempo in cui possiamo vedere una tale crescita nei canali mediatici dove c’è una tremenda espansione di vari cyberspazi è un non senso parlare di ritorno al reale.

Infatti, ci si potrebbe chiedere se può esistere una politica sensata al di fuori della sfera mediatica. Il corrente dibattito sull’“attivismo della rete‿ è il punto focale della discussione del simbolico contro l’azione reale, con critiche che danno voce a scetticismo sul fatto che si possa veramente provocare una campagna solamente emanando comandi ostili via internet o se per conto proprio si possa costruire un movimento con significanti tecnici o per mezzo della sola mediazione. Un altro livello di critica indirizzato alla natura problematica delle campagne auto referenziali riguarda le campagne che non vanno oltre i media, come ad esempio il movimento aperto o la campagna “We want bandwith". Tuttavia crediamo che non ci possa essere una campagna effettiva se non si ha affrontato la questione media, che siamo consapevoli sia una nostra supposizione, forse una nostra arroganza.

Sappiamo com’è facile perderci, tuffarsi in un’attraente trappola dei media. Attraente perché è così vasta, ci sono sempre più informazioni, sempre più canali, sempre più software e sbocchi politici dentro questa sfera di contestazione, le severe battaglie all’interno dell’industria dei media sono un universo a se stante. Così dobbiamo essere cauti riguardo alle campagne auto-referenziali che sono libere da antagonismo, appropriandosi del glamour dell’attivismo senza sudore e lacrime…. E' vero che siamo vulnerabili riguardo l’accusa di essere intrappolati nella solita vecchia, sicura presunzione che tutte le battaglie di potere sono combattute nello spazio mediatico. Tuttavia credere ciò vorrebbe dire credere che le campagne per danneggiare Shell, Nike o McDonalds sono state combattute solamente a livello di pura semiotica. E’ una posizione troppo facile e sontuosa per disprezzare l’intera questione mediatica. Il punto è farsi la giusta domanda: Cosa ha più effetto e cosa ci porta più vicino ai nostri obbiettivi? Queste domande implicano un’analisi ed alla fine un giudizio. In parte il trucco di enfatizzare gli argomenti che si nascondono al di fuori del regno mediatico e allo stesso tempo ritenere sofisticate le tattiche mediatiche. La campagna Maclibel è un classico esempio di campagna che vorrebbe costituirsi come movimento. Come ogni gruppo essa dipende dalla buona volontà del gruppo locale di identificarsi con essa. Il sito della Macspot Light è una collezione di link a siti, raggruppando tutti insieme questa varietà di gruppi locali. L’intero progetto compie una mossa dialettica per mezzo della quale una singola campagna organizzata da Oxford è traslata in un movimento transnazionale con un ampio appeal indirizzato a miliardi di persone.

Sebbene alleanze temporanee e ibride possono far emergere ordini del giorno equamente divisi, dovremmo anche essere realistici circa le differenze. Non abbiamo un’unica identità intorno a cui organizzarci. Creiamo modelli non positivi per ognuno con cui identificarsi, facendosi solo seguire. Le nostre alleanze sono ancora relativamente perdenti, con una tendenza a frammentarsi in un infinito numero di “gangs‿ e sottoculture. Questo perché non abbiamo ancora questa “federazione mondiale di professionisti per strategie sui media‿ forse siamo solo una diversa collezione di persone strambe, sia uomini che donne, che sono fuori soggetto dalla natura. Naturalmente c’è un elemento di piacere nel sapere che tu sei con i tuoi venti più cari amici nel tuo canale “real audio‿ personale, ma questo è subito accompagnato dalla sensazione che sarà indefinitamente confinato a questi venti amici e che potrebbe sembrare un’opportunità di inizio di un ghetto. Siamo di fronte al quesito di come lasciare la sicurezza delle biosfera da noi creata. Così iniziamo di nuovo, cerando nuove coalizioni mentre tentiamo di evitare cadute nelle trappole e nei limiti della politica istituzionalizzata. Sfortunatamente internet non ci ha liberato dalla necessità o dai pericoli di fare un patto con le politiche istituzionali. Infatti non c’è Internet senza potere, polizia di rete, denaro e diritti di accesso.

Oltre le analisi e il giudizio la tattica è anche quella di richiamare l’immaginazione e la fantasia. I classici rituali di resistenza non raggiungono più a lungo grandi parti di popolazione , questa è la crisi dell’azione diretta, che è in parte, un fallimento dell’immaginazione. Un’eccezione è l’epidemia del lancio della torta. La ritualizzata umiliazione del potere con una torta in faccia. Una pratica altamente mediatizzata, la torta non esiste senza l’immagine e ciò significa solo che è un evento mediatico. Possiamo vederlo come un primitivo tentativo di attacco al potere. Identifichi un luogo di potere e lo centri con una torta. Un salto nel perfetto simulacro creando il segno perfetto o piuttosto dei velenosi contro-segni. La torta è il perfetto contro-segno distruttivo. La saggezza segreta delle strategie dell’alienazione radicale in cui tu, o piuttosto voi, state per implodere nel reale nel modo più piacevole. E’ tempo di intensificare le nostre guerre semiotiche su immagini corporative. La strategia dei media nel contesto dell’opera è un deliberato e viscido termine, uno strumento per creare “zone di temporaneo consenso‿ basato su inaspettate alleanze con gente che normalmente non incontreresti mai, basate su di un desiderio di essere rilasciate dalla noia dell’auto-soddisfazione di gruppo e di comunità. Ma allo stesso tempo conservare il diritto, quando è ora, di disconnettersi. La nostra speranza è conservare la mobilità e la nostra velocità mentale per evitare la paralisi indotta dall’essenzialistico, interrogarsi sul tutto, in cui ognuno è oggetto di sospetto e niente è più possibile. Una delle più belle mobilità delle possibilità strategiche rimane l’ibridazione, fondendo il vecchio ed il nuovo, il reale con il virtuale. Dovremmo avere chiaro che l’ibridità non è la nostra strategia ne il nostro obbiettivo, è qualcosa in più che il nostro sporco realismo.

L’ibridizzazione è alcune vista come di per se buona, generativa di infinite possibilità, di messa in contatto tra i canal, di mixare i segnali, le intenzioni, le discipline, naturalmente operando con i mutamenti economici e tecnologici verso la sinergia. Lasciateci essere chiari, nel nostro caso l’ibridizzazione riguarda la sopravvivenza e non è una nostra scelta. Per questo per chi fa l’errore di trattarla come un’ideologia non c’è via di ritorno e non c’è posto per il negativismo. Imboccando questa via inevitabilmente arriveremo a delle zone libere, dialettiche delle nuove politiche dell’Europa. L’ibridità in questo mondo riguarda la connettivà nel senso di connessione promiscua di cose con cose, l’idea neoliberale che ogni cosa alla fine si metta in connessione. In questo mondo la critica è vista come una cosa distruttiva, creatrice di fastidi, fallendo nel suo sacro tentativo di connessione. Questo è dove la strategia finisce ed inizia la scelta E’ la fine dell’età reggente dei media? Non per il presente…ma di sicuro è una riconsiderazione che stiamo attualmente tentando trasmettere su tutti questi canali.

Indirizzo (Via, città, Stato):

Piazza della Repubblica, 10, 00185 Roma, Italia

Augmented reality (latitudine, longitudine, canale):

Latitudine:41.90278349999999

Longitudine:12.496365500000024

Altitudine:52

Portali di augmented reality: App: Wikitude, Canale: EduEDA