Duchamp Marcel: differenze tra le versioni

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*'''Il passaggio della vergine sposa''', 1912; tela (The Museum of Modern Art, New York).
 
*'''Il passaggio della vergine sposa''', 1912; tela (The Museum of Modern Art, New York).
 
*'''Sposa''', 1912; olio su tela, cm 89,5x55 (Philadelphia Museum of Art).
 
*'''Sposa''', 1912; olio su tela, cm 89,5x55 (Philadelphia Museum of Art).
*'''Il re e la regina''', 1912; olio su tela, cm 114x128; (Philadelphia Museum of Art). Le forme non sono completamente astratte, ma elaborate a partire dai pezzi degli scacchi; tra la figura del Re e quella della Regina si insinua una terza figura, un nudo che passa veloce, ma come bloccato nel suo movimento. L’immagine costruita per tagli e incastri di forme color legno, di forme color legno, dove permangono riferimenti alla scomposizione cubista e alla dinamicità futurista, si configura come una sorta di esplorazione interna di un congegno meccanico
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*'''Il re e la regina''', 1912; olio su tela, cm 114x128; (Philadelphia Museum of Art).<br />
*'''Nudo che scende le scale''', 1912; olio su tela (Philadelphia Museum of Art). L’opera è stata realizzata in gennaio e si ricollega strettamente sia alla prima versione, sia a Giovane triste in treno (1911-12), tela dipinta immediatamente prima di questa. L’immagine del Nudo, che emerge dalla scomposizione dei piani e delle forme della figura, è caratterizzata da una notevole accelerazione del movimento, in cui lo spazio è definito in lamine parallele che traducono lo spostamento del corpo in una sequenza di fasi, alla maniera dei cronofotogrammi di Marey, facendo eco senza dubbio alle ricerche dei futuristi, motivate però da tutt’altre ragioni e svolte in un ben diverso clima. Duchamp utilizza la fissazione fotografica per ottenere la dinamizzazione di immagini astratte, per sperimentare una serie di ricerche nel campo della cinetica delle forme che è riscontrabile anche nella sua opera pittorica e negli oggetti (ready-mades) che andava inventando e costruendo in quegli anni.  
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Le forme non sono completamente astratte, ma elaborate a partire dai pezzi degli scacchi; tra la figura del Re e quella della Regina si insinua una terza figura, un nudo che passa veloce, ma come bloccato nel suo movimento. L’immagine costruita per tagli e incastri di forme color legno, di forme color legno, dove permangono riferimenti alla scomposizione cubista e alla dinamicità futurista, si configura come una sorta di esplorazione interna di un congegno meccanico
*'''La scatola in valigia''', 1936-41. Duchamp ha condensato l’opera della sua vita in una valigetta compatta  con molti e ingegnosi scomparti, con riproduzioni in plexigas del suo Grande Vetro, dei suoi quadri a colori, dei suoi disegni, e una scelta dei suoi testi umoristici.
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*'''Nudo che scende le scale''', 1912; olio su tela (Philadelphia Museum of Art).<br />
*'''Il grande vetro - La Mariée mise à nu par ses célibataires, meme''', 1923-1936; foglio di piombo, foglio di argento e olio su vetro, cm 276x176 (Philadelphia Museum of Art). Il Grande vetro come una finestra che apre una prospettiva a perdita d’occhio, è costituito da due lastre di vetro verticali issate l’una sull’altra. E’ una immagine realizzata su vetro con olii, vernici, lamina e filo di piombo, argento, polvere, acciaio, attraversata orizzontalmente al centro da una sbarra di ferro, inserita soltanto per rendere il vetro più solido dopo la rottura. Duchamp inizia a lavorare al Grande vetro nel 1915 e continuerà fino al 1923 senza portarlo mai definitivamente a termine, è l’opera di tutta la sua vita. In seguito dopo che il lavoro fu danneggiato durante il trasporto nel 1927, Duchamp, pur lasciando intatta la frattura del vetro in quanto aggiunta casuale e quindi necessaria, riprenderà a ricostruire le parti perdute. La parte in alto, il “regno della Sposa” consiste in un sistema di provette e tubicini capillari, a destra della sposa c’è l’”Iscrizione” o “Via Lattea” (sorta di nuvolone) che circonda i tre “Pistoni di corrente d’aria” (i riquadri bianchi all’interno dell’iscrizione); in alto a destra, infine si trova l’area di “Nove spari”, buchini ottenuti perforando nei punti d’impatto tra il vetro e nove fiammiferi con la punta intinta nella vernice fresca sparati da Duchamp da tre punti diversi. Nella zona maschile sottostante, il primo elemento è costituito dallo “Scapolo-Nove stampi maschi” (o matrici di Eros che formano il cimitero delle uniformi e livree) situati in modo simmetrico alla Sposa; gli stampi sono in comunicazione, tramite i “Vasi capillari”, con i “Sette setacci” (coni ottenuti fissando con una lacca la polvere lasciata depositare per un lungo periodo sul vetro) sotto di loro si trovano, al centro, la “Macinatrice di cioccolato”, il primo elemento eseguito nell’elaborazione del Vetro, e, a sinistra, la “Regione della cascata” con la “Slitta” contenente il “Mulino ad acqua”. L’ambivalenza di questi elementi concorre a recuperare una quantità di fonti culturali disparate intrecciate a desideri inconsci interpretabili in chiave psicoanalitica. Al di là di tali componenti, in questa macchina che rifiuta ogni tipo di catalogazione estetica si ritrova, inoltre, tutto il piacere di un funzionamento a vuoto, fine a se stesso.
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L’opera è stata realizzata in gennaio e si ricollega strettamente sia alla prima versione, sia a ''Giovane triste in treno (1911-12)'', tela dipinta immediatamente prima di questa. L’immagine del Nudo, che emerge dalla scomposizione dei piani e delle forme della figura, è caratterizzata da una notevole accelerazione del movimento, in cui lo spazio è definito in lamine parallele che traducono lo spostamento del corpo in una sequenza di fasi, alla maniera dei cronofotogrammi di Marey, facendo eco senza dubbio alle ricerche dei futuristi, motivate però da tutt’altre ragioni e svolte in un ben diverso clima. Duchamp utilizza la fissazione fotografica per ottenere la dinamizzazione di immagini astratte, per sperimentare una serie di ricerche nel campo della cinetica delle forme che è riscontrabile anche nella sua opera pittorica e negli oggetti (ready-mades) che andava inventando e costruendo in quegli anni.  
*'''Macinatrice di cioccolato''', 1914, olio filo, penna su tela (Philadelphia Museum of Art).  L’opera nasce dall’incontro di Duchamp con un’autentica macinatrice di cioccolato nella vetrina di una confetteria. Essa rappresenta una rottura e racchiude in sè una totale rinuncia all’atteggiamento dell’artista romantico oltre al distacco dagli schemi cubisti e dall’organizzazione dinamica delle forme. L’immagine è la copia perfetta del modello, rappresentato con precisione meccanica. Le ombre sono eliminate a favore di una resa piatta e il filo che definisce l’intersezione dei rulli è cucito sulla tela.
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*'''La scatola in valigia''', 1936-41.<br />
*'''Tu m’''', 1918; olio e matita su tela, 69,8x313 (Yale University Art Gallery di New Haven, Connecticut). L’opera anticipa idee artistiche che sono state portate avanti da movimenti successivi a Duchamp. Sulla tela vengono uniti due tipi di realtà molto diverse tra di loro, lo sfondo è leggermente ombreggiato per suggerire lo spazio vuoto, una illusione che viene rafforzata dalla sovrapposizione di varie forme nell’opera, ma allo stesso tempo lo spazio ombreggiato è piatto perché ci si vedono sopra l’ombra della ruota di una bicicletta e l’ombra di altri oggetti. La tela con lo strappo finto chiuso da spille vere crea una fusione tra mondo reale e mondo del dipinto.
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Duchamp ha condensato l’opera della sua vita in una valigetta compatta  con molti e ingegnosi scomparti, con riproduzioni in plexigas del suo ''Grande Vetro'', dei suoi quadri a colori, dei suoi disegni, e una scelta dei suoi testi umoristici.
 
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*'''Il grande vetro - La Mariée mise à nu par ses célibataires, meme''', 1923-1936; foglio di piombo, foglio di argento e olio su vetro, cm 276x176 (Philadelphia Museum of Art).<br />
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Il ''Grande vetro'' come una finestra che apre una prospettiva a perdita d’occhio, è costituito da due lastre di vetro verticali issate l’una sull’altra. È una immagine realizzata su vetro con olii, vernici, lamina e filo di piombo, argento, polvere, acciaio, attraversata orizzontalmente al centro da una sbarra di ferro, inserita soltanto per rendere il vetro più solido dopo la rottura. Duchamp inizia a lavorare al ''Grande vetro'' nel 1915 e continuerà fino al 1923 senza portarlo mai definitivamente a termine, è l’opera di tutta la sua vita. In seguito dopo che il lavoro fu danneggiato durante il trasporto nel 1927, Duchamp, pur lasciando intatta la frattura del vetro in quanto aggiunta casuale e quindi necessaria, riprenderà a ricostruire le parti perdute. La parte in alto, il “regno della Sposa” consiste in un sistema di provette e tubicini capillari, a destra della sposa c’è l’”Iscrizione” o “Via Lattea” (sorta di nuvolone) che circonda i tre “Pistoni di corrente d’aria” (i riquadri bianchi all’interno dell’iscrizione); in alto a destra, infine si trova l’area di “Nove spari”, buchini ottenuti perforando nei punti d’impatto tra il vetro e nove fiammiferi con la punta intinta nella vernice fresca sparati da Duchamp da tre punti diversi. Nella zona maschile sottostante, il primo elemento è costituito dallo “Scapolo-Nove stampi maschi” (o matrici di Eros che formano il cimitero delle uniformi e livree) situati in modo simmetrico alla Sposa; gli stampi sono in comunicazione, tramite i “Vasi capillari”, con i “Sette setacci” (coni ottenuti fissando con una lacca la polvere lasciata depositare per un lungo periodo sul vetro) sotto di loro si trovano, al centro, la “Macinatrice di cioccolato”, il primo elemento eseguito nell’elaborazione del ''Vetro'', e, a sinistra, la “Regione della cascata” con la “Slitta” contenente il “Mulino ad acqua”. L’ambivalenza di questi elementi concorre a recuperare una quantità di fonti culturali disparate intrecciate a desideri inconsci interpretabili in chiave psicoanalitica. Al di là di tali componenti, in questa macchina che rifiuta ogni tipo di catalogazione estetica si ritrova, inoltre, tutto il piacere di un funzionamento a vuoto, fine a se stesso.
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*'''Macinatrice di cioccolato''', 1914, olio filo, penna su tela (Philadelphia Museum of Art).<br />  
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L’opera nasce dall’incontro di Duchamp con un’autentica macinatrice di cioccolato nella vetrina di una confetteria. Essa rappresenta una rottura e racchiude in sè una totale rinuncia all’atteggiamento dell’artista romantico oltre al distacco dagli schemi cubisti e dall’organizzazione dinamica delle forme. L’immagine è la copia perfetta del modello, rappresentato con precisione meccanica. Le ombre sono eliminate a favore di una resa piatta e il filo che definisce l’intersezione dei rulli è cucito sulla tela.
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*'''Tu m’''', 1918; olio e matita su tela, 69,8x313 (Yale University Art Gallery di New Haven, Connecticut).<br />
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L’opera anticipa idee artistiche che sono state portate avanti da movimenti successivi a Duchamp. Sulla tela vengono uniti due tipi di realtà molto diverse tra di loro, lo sfondo è leggermente ombreggiato per suggerire lo spazio vuoto, una illusione che viene rafforzata dalla sovrapposizione di varie forme nell’opera, ma allo stesso tempo lo spazio ombreggiato è piatto perché ci si vedono sopra l’ombra della ruota di una bicicletta e l’ombra di altri oggetti. La tela con lo strappo finto chiuso da spille vere crea una fusione tra mondo reale e mondo del dipinto.
 
*'''Lastre rotanti di vetro''', 1925 (coll. M. Sisler, New York); ottica di precisione.  
 
*'''Lastre rotanti di vetro''', 1925 (coll. M. Sisler, New York); ottica di precisione.  
 
*'''Rotorilievo''', 1935; dischi ottici.
 
*'''Rotorilievo''', 1935; dischi ottici.
*'''Etan donné'''  - 1. La chut d’eau; 2. Le gaz d’éclerage – 1946-66 (Philadelphia Museum of Art); ambiente, particolare; porta sbarrata sull’ambiente “occultato”; veduta interna
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*'''Etan donné'''  - 1. La chut d’eau; 2. Le gaz d’éclerage – 1946-66 (Philadelphia Museum of Art); ambiente, particolare; porta sbarrata sull’ambiente “occultato”; veduta interna.
 
*'''Scritti di M. Duchamp: Rrose Sélavy''', Parigi 1939;
 
*'''Scritti di M. Duchamp: Rrose Sélavy''', Parigi 1939;
 
*'''Anémic Cinema''', 1926 –Film -  Regia di M. Duchamp
 
*'''Anémic Cinema''', 1926 –Film -  Regia di M. Duchamp
 
*'''Entr‘act''', 1924 – Film - Regia di René Clair – Soggetto di F. Picabia, Attori: J. Borlin, Inge Friss, Francis Picabia, Man Ray, Marcel Duchamp, E. Satie
 
*'''Entr‘act''', 1924 – Film - Regia di René Clair – Soggetto di F. Picabia, Attori: J. Borlin, Inge Friss, Francis Picabia, Man Ray, Marcel Duchamp, E. Satie
  
'''READY-MADES'''<br>
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=== Ready-Mades ===
Ready-mades (termine inglese che significa “già fatto”) è un oggetto qualsiasi che, sottratto al suo contesto quotidiano, banale, è presentato al pubblico come opera d’arte. Tale processo di spostamento, inventato da Duchamp, è il principio fondamentale che opera nella costituzione di ogni Ready-made. L’artista sceglie un oggetto e, isolandolo dalle sue condizioni ordinarie, lo ripropone all’interno di una mostra assumendolo come arte. L’attenzione si sposta dall’”oggetto artistico” come connotazione all’”artista” come connotante, ossia dall’oggetto al soggetto. Le possibilità di lettura dei Ready-mades sono molteplici: come gesto assolutamente gratuito in base a considerazioni ottiche e con intenzione ironico-critica, ma anche come atto di protesta dissacratorio contro il concetto sacrale dell’arte.
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'''Ready-mades''' (termine inglese che significa “già fatto”) è un oggetto qualsiasi che, sottratto al suo contesto quotidiano, banale, è presentato al pubblico come opera d’arte. Tale processo di spostamento, inventato da Duchamp, è il principio fondamentale che opera nella costituzione di ogni Ready-made. L’artista sceglie un oggetto e, isolandolo dalle sue condizioni ordinarie, lo ripropone all’interno di una mostra assumendolo come arte. L’attenzione si sposta dall’”oggetto artistico” come connotazione all’”artista” come connotante, ossia dall’oggetto al soggetto. Le possibilità di lettura dei Ready-mades sono molteplici: come gesto assolutamente gratuito in base a considerazioni ottiche e con intenzione ironico-critica, ma anche come atto di protesta dissacratorio contro il concetto sacrale dell’arte.
  
 
*'''Ruota di bicicletta''', 1913;  
 
*'''Ruota di bicicletta''', 1913;  
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*'''Apolinère Enameled''', 1916-1917; tecnica mista (Philadelphia Museum of Art).
 
*'''Apolinère Enameled''', 1916-1917; tecnica mista (Philadelphia Museum of Art).
 
*'''Cappelliera''', 1917;   
 
*'''Cappelliera''', 1917;   
*'''Fontana''', 1917; un orinatoio disposto in verticale
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*'''Fontana''', 1917; un orinatoio disposto in verticale.
*'''Tonsura''', 1919, fotografia; Duchamp si fa ritrarre da Man Ray e l'opera può essere considerata come una anticipazione della [[body_art|body art]].
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*'''Tonsura''', 1919, fotografia;<br />
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Duchamp si fa ritrarre da Man Ray e l'opera può essere considerata come una anticipazione della [[body_art|body art]].
 
*'''Fresh widow''', 1920 (Museum of Modern Art, New York); una deformazione lessicale (Fresh window – finestra senza vetri oppure Fresh wi(n)dow – vedovella di fresco)  
 
*'''Fresh widow''', 1920 (Museum of Modern Art, New York); una deformazione lessicale (Fresh window – finestra senza vetri oppure Fresh wi(n)dow – vedovella di fresco)  
*'''La Joconde L.H.O.O.Q'''., 1919, cm 19,7x12,4 (coll. M. Sisler, New York); la Gioconda con baffi e pizzo;.Duchamp non vuole sfregiare un capolavorom contestarne la vererazione che gli è attribuita passivamente dall’opinione comune.
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*'''La Joconde L.H.O.O.Q'''., 1919, cm 19,7x12,4 (coll. M. Sisler, New York); la Gioconda con baffi e pizzo. <br />
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Duchamp non vuole sfregiare un capolavoro, ma contestarne la vererazione che gli è attribuita passivamente dall’opinione comune.
 
*'''Aria di Parigi''', 1919; ampolla in vetro.
 
*'''Aria di Parigi''', 1919; ampolla in vetro.
  

Revisione 23:24, 6 Gen 2009

Personaggio

DUCHAMP MARCEL
Marcel Duchamp

Artista dotato di straordinaria fecondità intellettuale è tra i rinnovatori più radicali dell’arte del ‘900. Abbandona presto l’arte tradizionale che vede nella rappresentazione della realtà oggettiva la sola parte dell’espressione e della ricerca artistica e sviluppa una concezione fondata sempre più su una elaborazione mentale che lo porta a spostarsi progressivamente dall’arte retinica fino all’arte concettuale. Impressionista, fauve-espresionista anticipa i temi del dadaismo.

Biografia

  • 1887: Henri-Robert-Marcel Duchamp nasce il 28 luglio a Blainville, vicino a Rouen, da Justin Isidore Duchamp, notaio e Lucie Caroline Nicolle. La sua era una famiglia di artisti e i fratelli minori Jacques Villon, Raymond Duchamp Villon e la sorella più piccola Suzanne si dedicavano al lavoro artistico.
  • 1902-4: Comincia a dipingere; prime tele influenzate dall’Impressionismo. Ottiene il Baccalauréat de Philosopie al Lycée Corneille. Per un anno studia all’Academie Julian di Parigi. I suoi primi lavori sono vedute dei campi che circondano la casa paterna: Paesaggio a Blainville e Giardino e cappella di Blainville.
  • 1908: Si trasferisce a Neuilly, nei pressi di Parigi, dove vive fino al 1913.
  • 1910-12: Vede i primi Cézanne e i migliori esempi di fauve. Conosce Picabia. Realizza il complesso di opere più importanti del suo periodo giovanile. Tra queste Nudo dalle calze nere e Ritratto di Duchamp padre sono caratterizzate da un lato da modi fauve-espressionisti, dall’altro dai canoni protocubisti di ispirazione cézanniana. Con le opere Dulcinea e Sonata comincia a definirsi una nuova linea di ricerca e le premesse per gli sviluppi successivi del lavoro di Duchamp. Dipinge Il macinino da caffè, Ritratto di giocatori con gli scacchi, Nudo che scende le scale.
  • 1913: Si trasferisce a Parigi e realizza il suo primo Ready-made Ruota di bicicletta, comincia a pensare al Grande vetro. Espone il Nudo all'Armony Show di New York.
  • 1915: In giugno s'imbarca a Bordeaux per New York, dove incontra i coniugi Arensberg, suoi mecenati e collezionisti per tutta la vita.
  • 1916-18: Realizza numerosi Ready-mades e, nei primi mesi del 1918, dipinge l’ultimo quadro ad olio su commissione, per la biblioteca di Katherine Dreier.
  • 1919: Incontra per la prima volta Breton.
  • 1920-21: Torna a New York e fonda con Katherine Dreier e Man Ray la Société Anonyme Inc. Assume lo pseudonimo di Rose Sélavy con il quale firma alcuni Ready-mades: pubblica l’unico numero della rivista: “New York Dada”.
  • 1922: Nel numero di ottobre di “Littérature” Breton pubblica il primo saggio fondamentale su di lui.
  • 1923: Abbandona la realizzazione del Grande vetro.
  • 1924: Partecipa come attore al primo film sperimentale dadaista realizzato da René Clair su una traccia di F. Picabia.
  • 1926: Realizza il film Anemic Cinéma.
  • 1927: A Parigi sposa Lydie Levassor-Sarrazin, divorziano l’anno dopo, risiede fino al 1942 nello studio di rue Larrey.
  • 1928-36: In questi anni gioca quasi esclusivamente a scacchi, ottenendo prestigiosi riconoscimenti.
  • 1938: Collabora con Breton ed altri all’allestimento dell’Exposition Internationale di Surréalisme alla Galerie des Beaux-Arts di Parigi.
  • 1939: Con lo pseudonimo di Rose Sélavy pubblica la prima antologia di giochi di parole.
  • 1940: Dedica la maggior parte del tempo al progetto di “La scatola in una valigia, un museo portatile di Duchamp”, contenente le copie in miniatura e le riproduzioni a colori delle sue opere più significative.
  • 1942: Parte per New York, dove è accolto da Max Ernst e Peggy Guggenheim; l’anno successivo si installa nello studio al 210 West, 14ma strada dove lavora sino al 1966. Realizza con Breton, Sidney Janis e R.A. Parker un allestimento-environment, il Mile of String a New York. Collabora con molte riviste e realizza copertine di libri e cataloghi.
  • 1944: Prima mostra dei fratelli Duchamp alla Yale University Art Gallery.
  • 1946: Ritorna a Parigi dove, in collaborazione con Breton, organizza la mostra “Le surrealisme en 1947” alla Galerie Maeght. In segreto lavora all’installazione Etans donnes; sarà finita nel 1966.
  • 1954: Apertura al Philadelphia Museum of art della colleione di Walter e Louise Arensberg, che comprende quarantatre opere di Duchamp, tra cui molte delle più significative, Il Grande vetro esposto per la prima volta in Italia, in una mostra a Milano nella Galleria Schwarz.
  • 1961: Il 19 novembre la Waye State University gli conferisce la laurea ad Honorem di Dottore in lettere.
  • 1968: Muore il 2 ottobre a Neully, a 81 anni.

Poetica:

L’opera di Marcel Duchamp esplora stili, tecniche e linguaggi differenti. I suoi esordi sondano il vocabolario pittorico delle avanguardie artistiche dall’Impressionismo a Cézanne, ai fauves. Vi è in Duchamp una continua ricerca di libertà, e già nei primi lavori, realizzati a 14 anni, traspare una notevole indipendenza di gusto. Egli rifiuta poetiche e categorie di ogni tipo, non è interessato ad una scuola ben precisa, la sua è una pittura che si libera dei mezzi tradizionali che impongono stili e soggetti convenzionali e si spinge sempre più verso la concezione di una pittura come espressione di una elaborazione concettuale piuttosto che mezzo di rappresentazione della realtà oggettiva.

A partire da "Sonata" (1911) e "Dulcinea" (1911)comincia a definirsi la nuova linea di ricerca, in cui la luce determina il rapporto con l’oggetto e lo spazio. In queste opere emergono già elementi propri del lavoro di Duchamp: il movimento da un lato e dall’altro dati visibili, segni che permettono una lettura in chiave allegorica e psicanalitica.
Con “Nudo che scende le scale” (1911 – 1912) l’artista si muove in senso opposto al cubismo e futurismo. I dati cinetici dell’immagine sono infatti in conflitto con la fedeltà cubista a un’immagine statica segnando l’atto di nascita dell’arte moderna negli Stati Uniti. Duchamp utilizza la fissazione fotografica delle varie fasi di un corpo in movimento e, secondo un principio fondamentale della sua poetica, realizza una sorta di proiezione della dimensione della pittura di un fenomeno. Il movimento che si sviluppa nella quarta dimensione: il tempo. Duchamp farà uso proprio del cinema per sperimentare la possibilità di riprendere gli oggetti in movimento da diversi punti di vista, in modo da metterne in luce la poliespressività. La ricerca estetica di Duchamp si colloca in un voler andare oltre la pittura e quindi l’arte e in questo senso il cinema diventa la macchina che permette di congiungere i due opposti: il movimento circolare dell’apparecchio di proiezione si tramuta nella linearità della successione a scatti dei fotogrammi; la profondità e il rilievo si appiattiscono in superficie e viceversa.

Il cinema gli permette di ottenere la dinamizzazione di immagini astratte, per sperimentare una serie di ricerche nel campo della cinetica delle forme che è riscontrabile anche nella sua opera pittorica e negli oggetti. Si dedica agli esperimenti ottici, collabora con Man Ray alla realizzazione di un film con effetti a tre dimensioni ed elabora la sua prima macchina ottica. Costruisce congegni meccanici, disegna variazioni sul tema della spirale anticipando ciò che faranno più tardi gli artisti ottici e cinetici. Per Duchamp tali lavori si collocano al di là di qualsiasi intenzione espressiva; ad interessarlo non sono gli aspetti formali quanto la ricerca sugli effetti di persistenza e deformazione legati alla percezione delle forme in movimento.

Duchamp abbandona la pittura retinica per spostarsi su un piano essenzialmente concettuale-etico e il procedimento del “ready-made” è il suo grande contributo alla storia dell’arte.
Con l’invenzione del “ready-made” Duchamp mette in crisi il valore tradizionale dell’opera d’arte contestandone lo statuto e il senso. Sposta la ricerca sul piano dell’estetica costringendo il pubblico ad esercitare anche altre facoltà, intellettuali, sensoriali ed estetiche. Il procedimento diventa appunto una operazione mentale, non più solo un gesto provocatorio.
Con il “ready-made” dà valore a ciò che comunemente non ne ha. Duchamp espone nel 1917 un orinatoio (Fontana, 1917) lo firma e gli dà un nome qualsiasi MUTT; con la firma ci dice che l’oggetto non ha valore in sé, ma lo acquista con il giudizio formulato da un soggetto. La pratica del ready-made combinata con il piacere dell’ironia diventa una continua sfida alla rassicurante banalità; Duchamp capovolge il senso dell’approccio alle forme, destabilizza il concetto che la realtà sia statica ed immutabile. Lo spettatore non può più essere solo un fruitore passivo, ma deve essere egli stesso coinvolto nel processo mentale che crea l’opera in una azione di reciprocità e interattività.
Duchamp con Francis Picabia e il fotografo Man Ray fonda la rivista “291” che anticipa molti dei temi propri del Dadaismo al quale gli artisti aderiranno nel 1918.

Il dadaismo con i suoi interventi apparentemente gratuiti si propone un’azione di disturbo che ha come scopo mettere in crisi la società, e lo fa usando quelle cose che essa produce. Duchamp quando mette i baffi alla Gioconda di Leonardo vuole così contestare la venerazione che gli è attribuita passivamente dall’opinione pubblica. Con la sua prima opera dadaista “Tu' m” (1918), Duchamp crea una fusione tra il mondo del dipinto e il mondo dello spettatore anticipando di cinquant’anni i temi propri della Pop art.

Tali esplorazioni pittoriche, tecniche, concettuali ed estetiche, confluiscono nel “Grande vetro”, l’opera più famosa e complessa di tutto il suo lavoro. Non si tratta tanto di un quadro, quanto piuttosto di un congegno che vuole separare l’idea di arte dall’idea di forma. L’artista inizia a lavorare al "Grande vetro" nel 1923 proprio quando smette di dipingere, in quanto considera la pittura contemporanea inutilmente superficiale, e si concentra su una attività artistica più concettuale. “Usando il vetro” scrive Janus “Duchamp voleva entrare in una dimensione del tutto nuova, nella trasparenza dello spazio, che gli consentisse cioè di attraversare tutta la superficie, di andare nell’altra parte della sua opera, come Alice che entra nel dominio dello specchio incantato”.

La lettura dell’opera è multipla, oltre a quella letteraria, enigmatica, c’è la lettura visiva: la narrazione è svolta con elementi meccanici, tema caratteristico della denuncia dada nei confronti della disumanizzazione dell’uomo. Le sue disparate esperienze sono difficili da legare a uno specifico artistico e coinvolgono molti settori di ricerca, spesso incrociati tra loro: in sostanza egli cerca di distruggere ogni fiducia nelle qualità oggettive del valore artistico-estetico, dimostrando invece che esso è il frutto di una convenzione.

La pluralità di rapporti trasforma l’osservatore in soggetto attivo costringendolo ad un processo di costruzione; lo scarto e la distinzione tra artista e fruitore si riducono annullando le distanze, analogamente a quello che già era avvenuto con l’impressionismo e le avanguardie che avevano accorciato la distanza tra l’opera e la realtà.
Duchamp si pone così come antisignano della realtà interattiva e della fruizione “collaborativa”, esplora una molteplicità di linguaggi che si integrano e producono conoscenza in una generazione continua di saperi e costruzioni di significato, attraversa diversi sistemi ed orizzonti cognitivi: la pittura, la musica, la filosofia, il cinema, la psicanalisi, l’etica intrecciando percorsi per definire la costruzione di un significato.

Opere

  • Paradiso, 1910; olio su tela, cm 114,5x128,5 (Philadelphia Museum of Art).
  • Ritratto di giocatori di scacchi, 1911; olio su tela (Philadelphia Museum of Art).
  • Dulcinea, 1911; olio su tela, cm 146,4x114 (Philadelphia Museum of Art).
  • Giovane triste in treno, 1911-1912, olio su cartone, cm 100x73 (coll. P. Guggenheim, Venezia)
  • Giovane e fanciulla in primavera, 1911; olio su tela, cm 108x101 (Collezione Vera e Arturo Schwarz, Milano).
  • Il passaggio della vergine sposa, 1912; tela (The Museum of Modern Art, New York).
  • Sposa, 1912; olio su tela, cm 89,5x55 (Philadelphia Museum of Art).
  • Il re e la regina, 1912; olio su tela, cm 114x128; (Philadelphia Museum of Art).

Le forme non sono completamente astratte, ma elaborate a partire dai pezzi degli scacchi; tra la figura del Re e quella della Regina si insinua una terza figura, un nudo che passa veloce, ma come bloccato nel suo movimento. L’immagine costruita per tagli e incastri di forme color legno, di forme color legno, dove permangono riferimenti alla scomposizione cubista e alla dinamicità futurista, si configura come una sorta di esplorazione interna di un congegno meccanico

  • Nudo che scende le scale, 1912; olio su tela (Philadelphia Museum of Art).

L’opera è stata realizzata in gennaio e si ricollega strettamente sia alla prima versione, sia a Giovane triste in treno (1911-12), tela dipinta immediatamente prima di questa. L’immagine del Nudo, che emerge dalla scomposizione dei piani e delle forme della figura, è caratterizzata da una notevole accelerazione del movimento, in cui lo spazio è definito in lamine parallele che traducono lo spostamento del corpo in una sequenza di fasi, alla maniera dei cronofotogrammi di Marey, facendo eco senza dubbio alle ricerche dei futuristi, motivate però da tutt’altre ragioni e svolte in un ben diverso clima. Duchamp utilizza la fissazione fotografica per ottenere la dinamizzazione di immagini astratte, per sperimentare una serie di ricerche nel campo della cinetica delle forme che è riscontrabile anche nella sua opera pittorica e negli oggetti (ready-mades) che andava inventando e costruendo in quegli anni.

  • La scatola in valigia, 1936-41.

Duchamp ha condensato l’opera della sua vita in una valigetta compatta con molti e ingegnosi scomparti, con riproduzioni in plexigas del suo Grande Vetro, dei suoi quadri a colori, dei suoi disegni, e una scelta dei suoi testi umoristici.

  • Il grande vetro - La Mariée mise à nu par ses célibataires, meme, 1923-1936; foglio di piombo, foglio di argento e olio su vetro, cm 276x176 (Philadelphia Museum of Art).

Il Grande vetro come una finestra che apre una prospettiva a perdita d’occhio, è costituito da due lastre di vetro verticali issate l’una sull’altra. È una immagine realizzata su vetro con olii, vernici, lamina e filo di piombo, argento, polvere, acciaio, attraversata orizzontalmente al centro da una sbarra di ferro, inserita soltanto per rendere il vetro più solido dopo la rottura. Duchamp inizia a lavorare al Grande vetro nel 1915 e continuerà fino al 1923 senza portarlo mai definitivamente a termine, è l’opera di tutta la sua vita. In seguito dopo che il lavoro fu danneggiato durante il trasporto nel 1927, Duchamp, pur lasciando intatta la frattura del vetro in quanto aggiunta casuale e quindi necessaria, riprenderà a ricostruire le parti perdute. La parte in alto, il “regno della Sposa” consiste in un sistema di provette e tubicini capillari, a destra della sposa c’è l’”Iscrizione” o “Via Lattea” (sorta di nuvolone) che circonda i tre “Pistoni di corrente d’aria” (i riquadri bianchi all’interno dell’iscrizione); in alto a destra, infine si trova l’area di “Nove spari”, buchini ottenuti perforando nei punti d’impatto tra il vetro e nove fiammiferi con la punta intinta nella vernice fresca sparati da Duchamp da tre punti diversi. Nella zona maschile sottostante, il primo elemento è costituito dallo “Scapolo-Nove stampi maschi” (o matrici di Eros che formano il cimitero delle uniformi e livree) situati in modo simmetrico alla Sposa; gli stampi sono in comunicazione, tramite i “Vasi capillari”, con i “Sette setacci” (coni ottenuti fissando con una lacca la polvere lasciata depositare per un lungo periodo sul vetro) sotto di loro si trovano, al centro, la “Macinatrice di cioccolato”, il primo elemento eseguito nell’elaborazione del Vetro, e, a sinistra, la “Regione della cascata” con la “Slitta” contenente il “Mulino ad acqua”. L’ambivalenza di questi elementi concorre a recuperare una quantità di fonti culturali disparate intrecciate a desideri inconsci interpretabili in chiave psicoanalitica. Al di là di tali componenti, in questa macchina che rifiuta ogni tipo di catalogazione estetica si ritrova, inoltre, tutto il piacere di un funzionamento a vuoto, fine a se stesso.

  • Macinatrice di cioccolato, 1914, olio filo, penna su tela (Philadelphia Museum of Art).

L’opera nasce dall’incontro di Duchamp con un’autentica macinatrice di cioccolato nella vetrina di una confetteria. Essa rappresenta una rottura e racchiude in sè una totale rinuncia all’atteggiamento dell’artista romantico oltre al distacco dagli schemi cubisti e dall’organizzazione dinamica delle forme. L’immagine è la copia perfetta del modello, rappresentato con precisione meccanica. Le ombre sono eliminate a favore di una resa piatta e il filo che definisce l’intersezione dei rulli è cucito sulla tela.

  • Tu m’, 1918; olio e matita su tela, 69,8x313 (Yale University Art Gallery di New Haven, Connecticut).

L’opera anticipa idee artistiche che sono state portate avanti da movimenti successivi a Duchamp. Sulla tela vengono uniti due tipi di realtà molto diverse tra di loro, lo sfondo è leggermente ombreggiato per suggerire lo spazio vuoto, una illusione che viene rafforzata dalla sovrapposizione di varie forme nell’opera, ma allo stesso tempo lo spazio ombreggiato è piatto perché ci si vedono sopra l’ombra della ruota di una bicicletta e l’ombra di altri oggetti. La tela con lo strappo finto chiuso da spille vere crea una fusione tra mondo reale e mondo del dipinto.

  • Lastre rotanti di vetro, 1925 (coll. M. Sisler, New York); ottica di precisione.
  • Rotorilievo, 1935; dischi ottici.
  • Etan donné - 1. La chut d’eau; 2. Le gaz d’éclerage – 1946-66 (Philadelphia Museum of Art); ambiente, particolare; porta sbarrata sull’ambiente “occultato”; veduta interna.
  • Scritti di M. Duchamp: Rrose Sélavy, Parigi 1939;
  • Anémic Cinema, 1926 –Film - Regia di M. Duchamp
  • Entr‘act, 1924 – Film - Regia di René Clair – Soggetto di F. Picabia, Attori: J. Borlin, Inge Friss, Francis Picabia, Man Ray, Marcel Duchamp, E. Satie

Ready-Mades

Ready-mades (termine inglese che significa “già fatto”) è un oggetto qualsiasi che, sottratto al suo contesto quotidiano, banale, è presentato al pubblico come opera d’arte. Tale processo di spostamento, inventato da Duchamp, è il principio fondamentale che opera nella costituzione di ogni Ready-made. L’artista sceglie un oggetto e, isolandolo dalle sue condizioni ordinarie, lo ripropone all’interno di una mostra assumendolo come arte. L’attenzione si sposta dall’”oggetto artistico” come connotazione all’”artista” come connotante, ossia dall’oggetto al soggetto. Le possibilità di lettura dei Ready-mades sono molteplici: come gesto assolutamente gratuito in base a considerazioni ottiche e con intenzione ironico-critica, ma anche come atto di protesta dissacratorio contro il concetto sacrale dell’arte.

  • Ruota di bicicletta, 1913;
  • Scolabottiglie, 1914-16;
  • Apolinère Enameled, 1916-1917; tecnica mista (Philadelphia Museum of Art).
  • Cappelliera, 1917;
  • Fontana, 1917; un orinatoio disposto in verticale.
  • Tonsura, 1919, fotografia;

Duchamp si fa ritrarre da Man Ray e l'opera può essere considerata come una anticipazione della body art.

  • Fresh widow, 1920 (Museum of Modern Art, New York); una deformazione lessicale (Fresh window – finestra senza vetri oppure Fresh wi(n)dow – vedovella di fresco)
  • La Joconde L.H.O.O.Q., 1919, cm 19,7x12,4 (coll. M. Sisler, New York); la Gioconda con baffi e pizzo.

Duchamp non vuole sfregiare un capolavoro, ma contestarne la vererazione che gli è attribuita passivamente dall’opinione comune.

  • Aria di Parigi, 1919; ampolla in vetro.

Bibliografia

  • 1964, A. Schwarz, Marcel Duchamp, Ready-Mades, etc. (1913-1964), Parigi
  • 1988, A. Schwarz, Marcel Duchamp, la Sposa... e i Readymades, Milano
  • 1993, Marcel Duchamp a cura di Elio Grazioli, ed. Marcos Y marcos
  • 2002, G. C. Argan, A. B. Oliva, L'arte moderna 1770/1990. L'arte oltre il 2000, Sansoni FI


Webliografia

http://www.marcelduchamp.net/
http://www.aqualoop.com/aqua_sound/delia/Duchamp.html
http://www.toutfait.com/issues/volume2/issue_4/articles/giunti/giunti3_it.html
http://www.marcelduchamp.net/popup_p01_05_1.htm
http://www.understandingduchamp.com/
http://www.activitaly.it/immaginicinema/avanguardie/parigi.htm
http://www.philamuseum.org/
http://www.moma.org/collection/provenance/list.html#a-e
http://artgallery.yale.edu/
http://www.gnam.arti.beniculturali.it/gnamco.htm
http://www.postmediabooks.it/AP/CDduchamp.htm