Electronic Space

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Autore:

Adrian Robert

Tratto da:

Da "IM NETZ DER SYSTEME", Kunstform Nr.103, Koln, (Colonia) 1989.

Titolo Originale:

Electronic Space

Traduzione di:

Anno:

1989


Spazio Elettronico:

Nel 1981 Ars Electronica“ chiese all’autore di questo articolo di proporre un progetto per artisti che facesse uso della tecnologia delle telecomunicazioni. Il risultato fu "IL MONDO IN 24 ORE", che si svolse dalle 12:00 del 27 Settembre alle 12:00 del 28 Settembre del 1982, e collegò Linz, in Austria, con altre 12 città intorno al mondo.


Oggigiorno è diventato difficile distinguere l’arte da tutto il resto; in effetti, adesso, se sembra arte, si tratta probabilmente di qualcosa che non lo è. Il test infallibile è controllare sulle riviste d’arte per verificare se vi sia una pagina di pubblicità che ne parli perché - come ha dimostrato Jeff Koons, maestro della scuola del "è-o-non-è" - lì dove si trova l’arte si trovano anche le riviste d’arte. Ma negli anni 80 l’arte si trovava nelle gallerie. Il “ prodotto artistico" era tornato in grande stile (in gran voga) e la gente delle gallerie scappava a destra e sinistra, affollandosi nei cocktails presso questa o quella monumentale esposizione o fiera d’arte. In quel clima – di strategie di mercato, di sviluppo di carriere e di identificazione di prodotto – non c’era da sorprendersi che alcuni di noi pensassero alle gallerie come agenzie dedicate esclusivamente alla distribuzione ed al marketing. Alcuni di noi pensarono anche che, nell’epoca della tecnologia alla velocità della luce, le reti (networks) di comunicazioni elettroniche potessero fornire un mezzo di distribuzione delle opere d’arte (artworks) più diretto e meno product-oriented (orientato, concentrato sul prodotto).

Ciò comportò non solo la concezione di un’opera d’arte (Artwork) meno orientata al prodotto – ma, assai spesso, la effettiva e completa eliminazione dell’oggetto dall’opera d’arte stessa. Prodotti o oggetti risultanti da progetti di telecomunicazioni sono meri residui, tracce di una attività che ha avuto luogo nello spazio elettronico di una rete (network). Questo tipo di problemi era stato già affrontato negli anni 70 dai “performance artists" che avevano scoperto come il loro lavoro era stato ridotto a raccolte di foto ed articoli di giornale, scatole di cartoline e aneddoti riferiti alle cene ed ai party.

Lo spazio elettronico nel quale operano gli artisti della telecomunicazione – insieme alle corporazioni multinazionali, alle Borse dei mercati finanziari, all’esercito –è un concetto complicato, reso possibile da un altro fenomeno dell’arte degli anni 70…l’arte concettuale (conceptual art). L’arte concettuale richiede uno spazio concettuale nel quale esistere e una cultura che abbia compreso la natura sfuggente di questa concezione non avrà problemi a de-materializzare (smaterializzare) le sue strutture di potere trasformandole in qualcosa di relativamente concreto come lo spazio elettronico delle reti di comunicazione elettronica internazionale. Il nostro interesse in tale spazio non dovrebbe costituire una sorpresa: l’Arte si è sempre diretta verso il centro del potere.

Ma sebbene la Performance Art abbia dimostrato di poter essere messa in relazione con la durata (basata sul tempo) e la Conceptual Art (arte concettuale) abbia mostrato come essa possa essere collocata in uno spazio concettuale (smaterializzato), fu della massima importanza, nello sviluppo di un’arte che ricorre all’uso della tecnologia delle comunicazioni elettroniche, la Mail Art e la E.A.T. (Esperimenti in Arte e Tecnologia). In effetti la maggior parte dei primi sperimentatori della tecnologia delle comunicazioni nelle arti furono vecchi fanatici della Mail-Art o veterani dell’ E.A.T., o entrambe le cose. Ma fu la Mail-Art con il suo concetto di uno spazio postale – una bufera di immagini in circolo per il globo grazie ai servizi postali integrati – che rese possibile concepire opere d’arte nello spazio elettronico delle nuove reti di telecomunicazione. Il “Mondo in 24 ore" fu uno dei primi progetti a cercare di esplorare questo spazio.


Tecnicamente, “Il mondo in 24 ore" fu programmato per sfruttare simultaneamente tutti i mezzi (media) di telecomunicazione disponibili e facilmente accessibili (a bassa tecnologia) adatti alle applicazioni di rete via telefono. I criteri adottati prevedevano solo l’utilizzo di tecnologie relativamente economiche e facili da usare e che esse fossero disponibili nella città di Linz in una forma approvata dall’ÖPT (Le poste austriache) – non eravamo preoccupati della qualità relativamente bassa dei sistemi che stavamo usando e non ci fu alcun tentativo di definire i contenuti dei contributi da parte dei partecipanti. A quei tempi era già considerato emozionante e nuovo scambiarsi immagini a distanza usando macchine “esotiche" – persino i fax erano mezzi “esotici" nel 1982. Il formato del progetto prevedeva che ognuna delle 12 località ( Vedi Nota 1) intorno al mondo sarebbe stata chiamata alle 12 ora locale per un’ora di scambio di materiali attraverso l’uso di uno qualunque dei seguenti mezzi: Telefax, Televisione Low-Scan (a scansione lenta) e telefono amplificato (Telephone Music e Sound Works for Telephone). Una casella postale internazionale su computer e una “conference facility" (sala da conferenza, reale o virtuale) vennero donate per il progetto dalla I.P. Sharp Network e furono rese disponibili per i progetti degli artisti durante tutte le 24 ore, così come anche per la fase organizzativa precedente l’esecuzione e di coordinamento durante il suo svolgimento.


L’intenzione di “Il mondo in 24 ore" era di seguire il mezzogiorno intorno al pianeta, creando una specie di mappa telematica mondiale. Ovviamente, una delle cose più evidenti in questa mappa è che essa include solo le nazioni capitalistiche ed industrializzate – il 75% del mondo non vi è compreso – la qual cosa è un problema che riguarderà tutti i programmi di telecomunicazioni nel futuro fin qui prevedibile. Altri problemi che si sono manifestati durante “Il mondo in 24 ore��? – e che non sono ancora stati risolti – sono l’alto costo delle trasmissioni telefoniche, la necessità di ristabilire la rete di artisti per ogni progetto e la tendenza ad una istituzionalizzazione dell’accesso degli artisti ai sistemi telematici. Tutti questi problemi sono connessi al fattore costi, la cui criticità è aumentata piuttosto che diminuire con lo sviluppo di tecnologie più sofisticate.


Nel 1982 avevamo sperato e ci spettavamo che i nuovi sviluppi delle tecnologie e la rapida espansione nell’uso delle telecomunicazioni personali avrebbero fatto calare i costi e le avrebbero rese più accessibili. Ma, effettivamente, accadde il contrario. Equipaggiamenti più sofisticati e una migliore trasmissione dell’immagine hanno incrementato piuttosto che diminuire i tempi di trasmissione - e di conseguenza i costi di trasmissione – per gli utenti privati.


Questo perché la grafica più avanzata e la capacità di digitalizzazione di suoni di computer abbastanza economici ha innalzato le aspettative riguardo alla qualità. Ma il mezzo di trasmissione (la rete telefonica) non è in grado di trasportare il gran volume di dati contenuto in immagini ad alta risoluzione o in sequenze di suoni digitalizzati in modo veloce ed economico, tanto da rendere attraente (conveniente) per gli artisti gli scambi di immagini e suoni – con l’eccezione delle istituzioni o di festival e progetti che ricevono cospicui finanziamenti. E tutto ciò nonostante una generale riduzione dei costi delle chiamate telefoniche sulle grandi distanze e i miglioramenti della qualità della trasmissione telelefonica. I sistemi di trasmissione digitale (IDSN) attualmente in via di installazione in molti posti e che offrono uno cambio di dati di altà qualità ad alta velocità, non sono pensati per l’uso personale; essi sono, per gli alti costi dell’hardware e delle installazioni, sostenibili solo da grandi compagnie/istituzioni.


Inoltre c’è la spiacevole sensazione che le istituzioni stiano focalizzando la loro attenzione sull’accesso da parte di utenti non- istituzionali (privati) di reti computerizzate. I recenti e notevoli successi degli hackers (pirati informatici) nella violazione di reti di ricerca commerciali e militari sono stati usati per giustificare la concentrazione di risorse di sviluppo nell’area del miglioramento della sicurezza e la restrizione generale dell’accesso alle reti di computer. La campagna contro gli hackers insieme ai sospetti rapporti di spionaggio da parte di servizi segreti occidentali (con la relativa persecuzione legale per violazione elettronica) può essere vista come parte di una strategia volta a marginalizzare l’attività privata nell’ambiente delle reti elettroniche, simile a quella che ha marginalizzato l’attività dei radio-amatori.


Nel 1985 il gruppo BLIX di Vienna organizzò "Kunst - Funk", un progetto di una settimana per la Wiener Festwochen (Settimana festiva viennese) usando la radio per amatori. I punti di richiamo erano chiari: la trasmissione radio è gratuita, esiste una rete mondiale, tutti i media disponibili su linea telefonica sono usati dai radio-amatori e, in linea di principio, la radio per amatori è un modello per il modo in cui la tecnologia delle comunicazioni moderne può essere usata da singoli individui e gruppi. In pratica, tuttavia, è anche un modello del modo in cui un mezzo di comunicazione viene industrializzato. I monopoli dell’intrattenimento e dell’informazione hanno rapidamente assunto il controllo, la radio è diventata un mezzo di massa e gli sperimentatori che avevano creato la radio come mezzo interattivo a due vie furono compressi in canali sempre più ristretti e sempre più limitati riguardo al tipo di materiale che potevano scambiarsi. Entro la metà degli anni Venti la radio era diventata, insieme ai film, il precursore di ciò che oggi chiamiamo l’industria dell’intrattenimento.


In un certo senso il Kunst-Funk fu un tentativo sentimentale di sperimentare ciò che la radio sarebbe potuto essere se non fosse diventata un mezzo di comunicazione di massa centralizzato. Ma i regolamenti rigorosi in materia di concessioni e le restrizioni imposte ai contenuti (ad es. nessuna informazione significativa a parte il nome, l’indirizzo, le “call-letters" e le discussioni riguardo l’attrezzatura – inoltre i radio-amatori sono regolarmente monitorati e la persecuzione legale delle trasgressioni può portare alla confisca delle apparecchiature o peggio) hanno portato i radio-amatori ad una mentalità da ghetto, rendendoli estremamente sospettosi verso gli outsiders e timorosi di entrare in conflitto con l’autorità nel tentare qualunque novità – ad esempio nel lavorare con gli artisti. E’ anche probabile che i regolamenti, che mettono maggiore enfasi sul lato puramente tecnico, scoraggino tutti coloro che potrebbero essere interessati agli aspetti meno tecnici del mezzo – come ad esempio i progetti degli artisti. (Le Call Letters sono, probabilmente, le cartoline con le quali i radioamatori confermano, via posta, l’avvenuto collegamento, indicando ora e forza del segnale ed il nome in codice)


Non è irragionevole presumere che un simile destino aspetti al varco anche le caselle postali private e i “bulletin boards" (bollettini, giornali, riviste) che operano nella rete telefonica. Discussioni recenti riguardo la legislazione sul controllo su basi morali dei “bulletin boards" privati e gratuitamente accessibili in Gran Bretagna sono un primo passo di una campagna per introdurre una specie di sistema di concessioni e, presumibilmente, di restrizioni ai contenuti.


A prima vista i nuovi sistemi di video-testo entrati in voga alcuni anni fa sembravano essere un medium naturale per artisti che volessero lavorare nel nuovo spazio telematico. Quando le Poste austriache introdussero il nuovo sistema di video-testo a norma CEPT2 (con grafica vettoriale e 4096 colori) nel 1984/85, sembrava che alla fine ci fosse un sistema pubblico capace di funzionare come una rete creativa a tempo pieno. L’intenzione annunciata fu quella di fornire un computer personale economico con un software on-line e la capacità di elaborare (editing) testo ed immagini. In effetti le Poste austriache (ÖPT) introdussero il sistema e consegnarono l’hardware, ma non elaborarono una strategia per svilupparne il potenziale creativo. Il Blix Group a Vienna ed il Kultur-Data a Graz cercarono di sfruttarne gli aspetti artistici e comunicativi senza trovare alcun sostegno da parte dell’ ÖPT e presto rinunciarono. L’ ÖPT, seguendo l’esempio tedesco, si concentrò invece sullo sviluppo del video-testo come sistema commerciale per i servizi di informazione e pubblicità – cosa che può essere meglio descritta come un disastro. Con l’eccezione della Francia dove minitel, nonostante la pessima qualità tecnica e la cattiva reputazione, ha appena raggiunto i 4 milioni di utenti, il video-testo è stato un fallimento completo. Il successo di minitel fu dovuto al fatto che le Poste francesi pubblicarono gli elenchi telefonici on-line e distribuirono terminali a costo stracciato, invece che i tradizionali elenchi (stampati); il che significò che in breve tempo vi furono milioni di utenti. La dimensione della base utenti attrasse imprese commerciali e ogni tipo di servizi – dalle agenzie di viaggio ai fornitori di porno-soft - e, ovviamente, artisti e scrittori. Ma la modesta qualità della grafica offerta (dal sistema di video-text) significa che Minitel è prevalentemente “language oriented" (predisposta prevalentemente all’elaborazione di testi) e, naturalmente, in francese; così che esso rimane un sistema confinato alla sola Francia.


Il sistema CEPT2 con le sue migliori (e più semplici) prestazioni grafiche avrebbe permesso uno scambio di immagini di qualità piuttosto alta, rendendolo più adatto per una rete europea indipendentemente dall’uso di una specifica lingua. Ma è oggi chiaro che, a causa delle resistenze culturali verso la distribuzione centralizzata piuttosto che verso la comunicazione interattiva, nessuno ha mai seriamente considerato l’uso creativo ed il potenziale visivo del sistema stesso. Il video-testo come mezzo di comunicazione grafica è ormai morto.


E così, a parte le reti telefoniche ufficiali/commerciali (incluso Datex-P ecc) con i loro costi legati alle distanze e i sistemi di comunicazione commerciale forniti dalle compagnie “timesharing" (a condivisione del tempo – Time=tempo; Share=condividere) e dalle reti a pagamento – che sono molto costose per la trasmissione di dati di grande volume quali quelli richiesti per le immagini o i suoni digitalizzati – rimangono solo le reti di ricerca delle libere università come veicolo potenziale per il lavoro di telecomunicazione globale degli artisti.


Progettate per scambi di carattere scientifico ed accademico, le reti universitarie (E.A.R.N., BitNet ecc – e l’ubiquitario Internet) forniscono un collegamento in rete a costo zero, ma sono accessibili solo per i membri dei dipartimenti universitari – inclusi i dipartimenti di Arte. Per questa ragione l’attività artistica di maggior interesse nell’ambito delle telecomunicazioni si svolge, al momento, nella cornice istituzionale dei programmi di insegnamento artistico. Il problema è che l’accesso alle attrezzature ed all’equipaggiamento per la connessione in rete è disponibile solo per il personale e per gli studenti appartenenti alle istituzioni preposte all’insegnamento. E quando gli studenti si laureano, anch’essi perdono accesso alle reti. Questo è un problema ben noto agli artisti addestrati all’uso della video e computer graphic e di altre discipline tecniche.


Ora, in retrospettiva, l’assunto sul quale poggiava il progetto “Il mondo in 24 ore"– e cioè che il sempre più esteso uso della tecnologia delle telecomunicazioni avrebbe portato ad una maggiore comunicazione interattiva fra utenti privati – si è dimostrato un assunto ingenuo. Molta della tecnologia che usavamo, come il fax o le reti di computer, è diventata parte dell’attrezzatura standard degli uffici e la TV “low-scan" è ora, almeno sperimentalmente, disponibile nella forma del video-telefono. Ma la rivoluzione che avevamo previsto nelle comunicazioni personali, specialmente fra gli artisti, non si è materializzata. L’alto costo dell’hardware e delle tariffe è solo una parte del problema; ancor più importante è l’inerzia creata da 200 anni di cultura industriale con le sue derive consumistiche. Nessuno, nella nostra cultura, inclusi gli artisti, è incoraggiato o educato all’attività creativa condivisa – qualità necessaria per l’uso interattivo della tecnologia delle comunicazioni. Noi tutti siamo assuefatti a relazioni del tipo produttore/consumatore, da un lato la produzione di cose, dall’altro quelli che le consumano; e dal momento che le reti di comunicazione elettronica non consentono la creazione di prodotti in senso stretto, gli artisti hanno avuto la tendenza a produrre simulazioni telematiche degli stessi (prodotti). Il risultato è che quasi tutto ciò che è stato realizzato dagli artisti in questi sistemi (telematici) è a approdato a nient’altro che ad una versione telematica del gioco infantile del “ti mostrerò il mio se tu mi mostri il tuo". (Vedi Nota 2)


Oggi, “Il mondo in 24 ore" sarebbe impossibile da organizzare. Non è solo obsoleto ma storicamente obsoleto, perché non v’è nulla che si possa imparare da esso. Sarebbe stato un insegnamento valido se gli assunti e le previsioni sul futuro sui quali si basava fossero stati confermati dagli eventi; ma le decisioni riguardo il futuro erano già state prese nei consigli di amministrazione e nei laboratori delle compagnie elettroniche e dei loro clienti commerciali, industriali e militari, molto prima del 1982. Queste decisioni non prevedevano spazi per il collegamento in rete a basso costo di artisti o di altri utenti non istituzionali e il conseguente inquinamento elettronico (determinato da quelle scelte) è qualcosa col quale dovremo convivere per lungo tempo.



NOTE 1 – Programma del “Mondo in 24 ore" Ore dei collegamenti (da Linz in Austria) con le 12 località in giro per il mondo, il 27 e 28 Settembre 1982.

2 - Alcune notevoli eccezioni furono: “La plissure du Text" di Roy Ascott, 1983, (una favola collettiva), “Hearsay" di Norman White, 1984 (entrambi usano la casella postale per computer IP Sharp), “Oberosterreichische Bauernhaus" di Norbert Hinterberger, 1982, (una scultura via fax per “Il mondo in 24 ore") ed il classico “Hole in Space" (Buco nello Spazio), 1980, della Mobile Image (che collegò via satellite due spazi pubblici).