Fuller Matthew

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==Personaggio o Gruppo:== Matthew Fuller

==Biografia:== Membro del collettivo londinese I/O/D impegnato nell’espansione e ridefinizione critica del concetto di interfaccia, Fuller è un Net.artista di spicco internazionale. Il net.group, originariamente fondato da tre persone, si sviluppo grazie alla partecipazione di creativi (artisti, musicisti, scrittori) ai quali veniva chiesto di inviare materiale di qualsiasi tipo che sarebbe poi stato ritoccato e reso interattivo.

==Sito web:== http://www.axia.demon.co.uk

==Poetica:== Lo scopo degli I/O/D è quello di scoprire, per mezzo di Internet, un’iterazione culturalmente più ampia. Fuller afferma che i progettisti, i designer e i programmatori di software, hanno un’idea troppo precisa dell’utente che utilizza il terminale, trasferendo questa idea alla loro creazione la impongono al fruitore; il sito degli I/O/D è volontariamente spoglio e privo di qualsiasi grafica accattivante, questo perché vuole lasciare lo spazio di agire, interagire e immaginare. Matthew Fuller propone un nuovo modo di percepire la rete, svincolato da un approccio funzionalistico e dalle logiche riduttive dell’usabilità. Fuller introduce nel dibattito critico il concetto di “software come cultura‿, inteso come studio dell’impatto socio-culturale implicito in ogni software, cioè nel modo in cui manipoliamo le informazioni. In "A means of mutation", Matthew Fuller descrive come "non solo arte" la definizione di quello che Webstalker punta a diventare. Un'opera che sia rilevante in molteplici contesti e che possa spostarsi senza ripercussioni fra un valore d'uso e un valore concettuale. "Non solo arte" rifiuta la dicotomia senza vie d'uscita della cultura opposta alla contro-cultura e suggerisce forme culturali ibride, in sviluppo, instabili che possano sopravvivere al di fuori dei riferimenti e del supporto economico del mondo dell'arte. "Non solo arte" non si è verificato con Webstalker e in "Means of mutation" Fuller arriva quasi a riconoscerlo. Lui lo chiama "software tattico" e osserva che il suo sviluppo è stato limitato dal denaro, dal tempo e dalle abilità tecniche. In quanto software tattico Webstalker ha avuto un grande successo, producendo enorme attenzione sui media, riflessioni critiche e ispirando ulteriori sviluppi nell'arte e nel software, ma per diventare "non solo arte" l'opera deve avere una sua utilità al di fuori del contesto artistico. Matthew Fuller sostiene che i designers hanno generalmente un’immagine idealizzata degli utenti. Creando software per questi utenti idealizzati, essi impongono quell’immagine sugli utenti reali e cioè su di una massa caotica di utenti non-aggregati. Matthew fuller si domanda che gusto ci sarebbe a navigare siti che si assomigliano tutti, che funzionano tutti nello stesso modo. E’ necessario avere elementi che rendano comprensibile ed usabile un oggetto, funzionale, ma non per ciò anonimo e standardizzato. Egli pensa alle interfacce in modo più ampio, non solo alle interfacce software per tools applicativi, omologate, dalle grandi corporation e mimate dai produttori indipendenti di software, ma a “cultural interfaces‿ in grado di raccogliere e declinare le esperienze di altri linguaggi, del cinema ad esempio, ma anche del videogioco, del film d’animazione e della musica. Nel corso del 1997, durante il periodo di maggior conflitto della cosiddetta guerra dei browser, nel mondo dell'attivismo Web si fecero gradualmente strada alcune istanze volte a contrastare la possibilità di un'unica forma di percezione dell'ambiente, legata all'uso esclusivo di uno dei due browser dominanti. Pope, Green, e Fuller individuarono in questo nodo problematico una doppia possibilità di intervento, sia politica sia artistica. In primo luogo il desiderio di contrastare una visione e una fruizione del Web portate avanti attraverso contenuti e strumenti (il browser) la cui logica di fondo rispondeva più alle necessità commerciali delle aziende di software e degli inserzionisti pubblicitari che non alle reali potenzialità espressive dell'ambiente. In quest'ottica il lavoro di I/O/D mira a restituire al codice HTML la propria originaria funzione di marcatore della struttura logica del contenuto: esso viene svincolato dalla funzione di linguaggio responsabile della presentazione, della forma del contenuto stesso, funzione assunta soltanto in seguito all'incontro con i due principali browser del mercato. Lo smantellamento di una simile convenzione permette di uscire da una situazione patologica per cui la cornice del browser circoscrive in qualche modo l'esperienza del Web di ognuno di noi, alimentando la convinzione più o meno esplicita che ciò che si verifica al suo interno è sostanzialmente il limite del possibile. Una convinzione rafforzata in modo marcato dall'introduzione da parte di Microsoft e Netscape di tag proprietari il cui comportamento si orienta più verso la definizione di forme particolari di presentazione dei documenti (testo animato e scorrevole, diversi livelli sovrapponibili di scrittura), che non verso una codifica logica in grado di asssicurare una resa perfetta su ogni piattaforma. La possibilità di intervento creativo ed artistico si concretizza nella progettazione e realizzazione di un software, il Web Stalker, che vuole porsi in contrasto con i tradizionali browser e le loro dinamiche di fruizione della Rete. La prospettiva a partire dalla quale gli autori concepiscono il Web Stalker porta con sé una forte componente di consapevolezza dell'ambiente di Rete e di creatività intesa come processo di ri-costruzione della realtà di fatto. Si avverte in sostanza all'interno di I/O/D la necessità che le nuove forme di creatività favorite dall'ambiente di rete siano allo stesso tempo arte ma anche not-just-art: l'obiettivo del Web Stalker e della sua funzione di browsing non convenzionale risiede nel mostrare la struttura latente e connettiva del Web e nel proporre questa come arte, anziché mostrare attraverso l'interpretazione del codice HTML e delle immagini in linea forme di arte visuale di importanza secondaria. Matthew Fuller sostiene che gli piacerebbe vedere che dal mercato del software mainstream nascessero prodotti più semplici, ma che rendessero più facile lo sviluppo di modifiche e integrazioni da parte della comunità degli utenti


Opere:

Bibliografia:

FULLER, Matthew: libro ATM pubblicato dalla Shake Editions

FULLER, Matthew. Commonality, pixel property, seduction: As if.

FULLER, Matthew. Data-Nudism: an interview with 0100101110101101.org.

FULLER, Matthew. Intervista con Mongrel

Flyposter -posters from the anticopyright network (1992) e Unnatural: techno-theory for a contaminated culture(1995),

Webliografia:

www.mongrelex.org motore di ricerca creato dal gruppo londinese I/O/D