Giaccari Luciano: differenze tra le versioni

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(Biografia)
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Giaccari prima di impegnarsi nel video ebbe una consistente attività “ANTE-video”, decisiva a determinare gli obbiettivi strategici della sua azione nell’ambito del video che poi si sviluppò spesso controcorrente, secondo una visione che non tardò a delinearsi come “museale” e la cui originalità era dovuta all’essere Giaccari probabilmente l’unico videomaker in Europa a non avere una matrice galleristica, normalmente tesa a “oggettualizzare in video” eventi volatili come la Body Art e le performances o intrasferibili come la Land Art.  
 
Giaccari prima di impegnarsi nel video ebbe una consistente attività “ANTE-video”, decisiva a determinare gli obbiettivi strategici della sua azione nell’ambito del video che poi si sviluppò spesso controcorrente, secondo una visione che non tardò a delinearsi come “museale” e la cui originalità era dovuta all’essere Giaccari probabilmente l’unico videomaker in Europa a non avere una matrice galleristica, normalmente tesa a “oggettualizzare in video” eventi volatili come la Body Art e le performances o intrasferibili come la Land Art.  
 
Giaccari  circa a metà anni ’60 aveva fondato con la moglie G.C.Maud lo Studio 970 2 a Luvinate (Varese) per gestire le proprie attività artistiche di pittura e scultura.
 
Giaccari  circa a metà anni ’60 aveva fondato con la moglie G.C.Maud lo Studio 970 2 a Luvinate (Varese) per gestire le proprie attività artistiche di pittura e scultura.
Nel clima sociale e culturale del ‘68, che registrò la destrutturazione dei ruoli classici di curatore, critico, dei luoghi deputati alle esposizioni, lo Studio 970 2 organizzò diverse manifestazioni con installazioni, opere, happening all’aperto nella natura, proiezioni notturne nei prati e nei boschi circostanti lo studio, tra cui la “24 Ore di No Stop Theatre”, “Opere di Fumo”, “interVENTO”, “Esperimento di Nuovo Teatro”.
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Nel clima sociale e culturale del ‘68, che registrò la destrutturazione dei ruoli classici di curatore, critico, dei luoghi deputati alle esposizioni, lo Studio 970 2 organizzò diverse manifestazioni con installazioni, opere, happening all’aperto nella natura, proiezioni notturne nei prati e nei boschi circostanti lo studio, tra cui la “24 Ore di No Stop Theatre”, “Opere di Fumo”, “interVENTO”, “Esperimento di Nuovo Teatro”.
A queste manifestazioni parteciparono artisti, critici e galleristi italiani e stranieri tra cui M.Bagnoli, Bertholo, D.Boriani, P.P.Calzolari, G.De Vecchi, L.Fabro, Juan Doney e Howard Wise, gall.Toselli, gall.Diagramma,  P.Gilardi, E.Isgrò, U.La Pietra, R.Mambor, P.Martelli, Mario e Marisa Merz, E.Miccini, Hidetoshi Nagasawa, U.Nespolo, L.Ontani, M.Paladino, Daniela Palazzoli, F.Quadri, G.Sassi, P.Scheggi, Christian Tobas, Antonio Trotta, F.Vaccari, Wakabaiashi, etc.
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A queste manifestazioni parteciparono artisti, critici e galleristi italiani e stranieri tra cui M.Bagnoli, Bertholo, D.Boriani, P.P.Calzolari, G.De Vecchi, L.Fabro, Juan Doney e Howard Wise, gall.Toselli, gall.Diagramma,  P.Gilardi, E.Isgrò, U.La Pietra, R.Mambor, P.Martelli, Mario e Marisa Merz, E.Miccini, Hidetoshi Nagasawa, U.Nespolo, L.Ontani, M.Paladino, Daniela Palazzoli, F.Quadri, G.Sassi, P.Scheggi, Christian Tobas, Antonio Trotta, F.Vaccari, Wakabaiashi, etc.
 
Queste attività contestavano le liturgie consolidate dell’arte creando situazioni extra istituzionali in cui gli artisti lavoravano spesso in una sorta di collettivo piuttosto che in modo esclusivamente individuale.  Quindi le attività artistiche di Giaccari e G.C.Maud, anche attraverso un processo di “dematerializzazione” dell’opera mediante uno slittamento da quadri e sculture verso installazioni, performances, teatro, si svilupparono in un contesto comune ad altri artisti sia in manifestazioni dello stesso Studio 970 2 sia in quelle che si organizzavano all’epoca in altri spazi e situazioni extraistituzionali.
 
Queste attività contestavano le liturgie consolidate dell’arte creando situazioni extra istituzionali in cui gli artisti lavoravano spesso in una sorta di collettivo piuttosto che in modo esclusivamente individuale.  Quindi le attività artistiche di Giaccari e G.C.Maud, anche attraverso un processo di “dematerializzazione” dell’opera mediante uno slittamento da quadri e sculture verso installazioni, performances, teatro, si svilupparono in un contesto comune ad altri artisti sia in manifestazioni dello stesso Studio 970 2 sia in quelle che si organizzavano all’epoca in altri spazi e situazioni extraistituzionali.
 
Nell’ambito della “24 Ore” Giaccari (1968) elaborò poi le sue prime teorizzazioni sul Video con il progetto “Televisione come memoria” oggi considerato l’atto di nascita della videodocumentazione in tempo reale di eventi artistici performativi.
 
Nell’ambito della “24 Ore” Giaccari (1968) elaborò poi le sue prime teorizzazioni sul Video con il progetto “Televisione come memoria” oggi considerato l’atto di nascita della videodocumentazione in tempo reale di eventi artistici performativi.

Revisione 12:49, 28 Ago 2013

Biografia

In Italia la storia del video ha in Luciano Giaccari, che ha coordinato, girato, lavorato con gli artisti di quel momento e oltre, un padre, un motore propulsore, un museo, come lui stesso ama definirsi. Giaccari prima di impegnarsi nel video ebbe una consistente attività “ANTE-video”, decisiva a determinare gli obbiettivi strategici della sua azione nell’ambito del video che poi si sviluppò spesso controcorrente, secondo una visione che non tardò a delinearsi come “museale” e la cui originalità era dovuta all’essere Giaccari probabilmente l’unico videomaker in Europa a non avere una matrice galleristica, normalmente tesa a “oggettualizzare in video” eventi volatili come la Body Art e le performances o intrasferibili come la Land Art. Giaccari circa a metà anni ’60 aveva fondato con la moglie G.C.Maud lo Studio 970 2 a Luvinate (Varese) per gestire le proprie attività artistiche di pittura e scultura. Nel clima sociale e culturale del ‘68, che registrò la destrutturazione dei ruoli classici di curatore, critico, dei luoghi deputati alle esposizioni, lo Studio 970 2 organizzò diverse manifestazioni con installazioni, opere, happening all’aperto nella natura, proiezioni notturne nei prati e nei boschi circostanti lo studio, tra cui la “24 Ore di No Stop Theatre”, “Opere di Fumo”, “interVENTO”, “Esperimento di Nuovo Teatro”. A queste manifestazioni parteciparono artisti, critici e galleristi italiani e stranieri tra cui M.Bagnoli, Bertholo, D.Boriani, P.P.Calzolari, G.De Vecchi, L.Fabro, Juan Doney e Howard Wise, gall.Toselli, gall.Diagramma, P.Gilardi, E.Isgrò, U.La Pietra, R.Mambor, P.Martelli, Mario e Marisa Merz, E.Miccini, Hidetoshi Nagasawa, U.Nespolo, L.Ontani, M.Paladino, Daniela Palazzoli, F.Quadri, G.Sassi, P.Scheggi, Christian Tobas, Antonio Trotta, F.Vaccari, Wakabaiashi, etc. Queste attività contestavano le liturgie consolidate dell’arte creando situazioni extra istituzionali in cui gli artisti lavoravano spesso in una sorta di collettivo piuttosto che in modo esclusivamente individuale. Quindi le attività artistiche di Giaccari e G.C.Maud, anche attraverso un processo di “dematerializzazione” dell’opera mediante uno slittamento da quadri e sculture verso installazioni, performances, teatro, si svilupparono in un contesto comune ad altri artisti sia in manifestazioni dello stesso Studio 970 2 sia in quelle che si organizzavano all’epoca in altri spazi e situazioni extraistituzionali. Nell’ambito della “24 Ore” Giaccari (1968) elaborò poi le sue prime teorizzazioni sul Video con il progetto “Televisione come memoria” oggi considerato l’atto di nascita della videodocumentazione in tempo reale di eventi artistici performativi. Il progetto per “restituire” gli eventi che si sviluppavano sull’arco dell’intera giornata prevedeva l’utilizzo di una “batteria” di 24 monitors in cui “accumulare” ora dopo ora gli avvenimenti in diretta e gli avvenimenti registrati. Nella prima ora su tutti i monitor passavano immagini di eventi in diretta, nella seconda ora sul primo monitor le immagini registrate nella prima ora e quelle in diretta sugli altri 23, nella terza ora anche sul secondo monitor immagini registrate, quelle della seconda ora e su 22 monitor la diretta e così via fino alla ventiquattresima ora con immagini registrate su tutti i 24 monitor. Con Il progetto Televisione come memoria si evidenziavano i due parametri fondamentali della televisione: la diretta, ovvero immagini diffuse in tempo reale, e la differita, ovvero la trasmissione di immagini registrate precedentemente, il tutto a trasformare gradualmente gli eventi artistici nella loro MEMORIA. Dopo le attività del “periodo Antevideo” l’avventura col video di Luciano Giaccari inizia nel 1971 con la realizzazione del suo videotape “Tempo-Suspence”, presentato alla galleria Anne Marie Verna di Zurigo e con la video documentazione dell’happening “Print Out” di Allan Kaprow, immediatamente collocata nella mostra sul Nouveau Realisme alla Rotonda della Besana di Milano. È dunque evidente l’interesse di Giaccari sia per il video creativo che per la documentazione in tempo reale degli eventi prodotti dall’arte, sviluppatosi per la verità controcorrente agli albori del video in cui si privilegiava anche a livello internazionale il “Videotape”. Parimenti Giaccari fu agli inizi l’unico a intervenire in svariati campi della creazione artistica, quali la musica, la danza, il teatro, la poesia mentre normalmente l’uso del video era all’epoca concentrato sulle arti visive. Queste peculiarità del suo lavoro portarono Giaccari a definire di fatto una “via italiana al video” non basata come avveniva in modo diffuso sull’imitazione del modello americano. Sempre nel 1971 Giaccari apre a Milano presso la Galleria Il Diagramma la sua prima “videosaletta” che si discostava dal concetto di “videogalleria” (Schum) in quanto consisteva non solo in uno spazio espositivo di video ma soprattutto in un luogo-laboratorio di riflessione teoretico-pratica sul video in Arte in cui vennero registrate e subito presentate e lasciate in visione interviste ai critici Renato Barilli, Lea Vergine, Ernesto Francalanci, Franco Quadri, etc. La videosaletta divenne poi dette luogo, sia per l’attività di Giaccari ma anche di altri, un modulo che accompagnava mostre, rassegne, festival e ancora oggi è un “accessorio” espositivo insostituibile. Tra il 1972 e il 1973 Giaccari elabora la “Classificazione dei modi d’uso del Video in Arte” risultata essere il primo tentativo di definire una tassonomia del video d’arte. La Classificazione fu presentata nel 1975 a New York e andò a co-generare la parallela, drastica, suggestiva distinzione americana : video caldo/creativo, video freddo/documentativo. Nel 1975/76 Giaccari interrompe la produzione di videotape di altri artisti per problematiche di autorialità e si dedica per tutti gli anni ‘80, salvo sporadiche eccezioni, alle assorbenti attività di videodocumentazione nei vari settori della ricerca artistica e ai propri video. Nel 1993 viene presentato in due sale a La Biennale di Venezia il progetto “MUel – il museo elettronico”, frutto di una lunga elaborazione iniziata a metà anni 80. Si trattava di un progetto di museo che facendo uso delle moderne tecnologie video-web poteva rendere universalmente fruibile la Collezione Giaccari in più sedi attraverso un Network Web-museale planetario basato, secondo una elaborazione successiva, sulle “Porziuncole” consistenti in microstrutture esterne del MUel collocate in altri musei italiani ed esteri. Il MUel ha avuto due realizzazioni sperimentali a Varese prima nel 1995 al Castello di Masnago poi divenuto sede della galleria comunale e quindi a Villa Toeplitz dal 2003 al 2004. In seguito il Comune di Varese non è poi risultato in grado di sostenere una struttura impegnativa e complessa come il MUel e l’archivio è conservato oggi a Varese in via Del Cairo 4 presso la Videoteca Giaccari dove è consultabile da studiosi e tesisti su appuntamento Attualmente per la sua complessa storia e i suoi ricchi e specifici contenuti la Videoteca Giaccari a prescindere dall’esistenza di una sede istituzionale viene comunque considerata un VIDEOMUSEO DELLE AVANGUARDIE INTERNAZIONALI DEL SECONDO NOVECENTO. Da un’analisi del lavoro complessivo di Luciano Giaccari emerge come egli fin dagli avvii distingua tra una possibilità di intervento direttamente strutturante e creativo e una possibilità di registrazione di performance ed eventi dove la presenza del nuovo mezzo tecnologico non è solo uno strumento di archiviazione, ma rispecchiamento attivo capace di una produzione linguistica originale. Giaccari a fine anni sessanta opera a Varese, con frequenti spostamenti a Roma, a Milano e all’estero. Da quel periodo la sua presenza sulla scena del video in Italia è stata costante e ininterrotta a tutt’oggi, in una posizione che ha sempre rispecchiato questa duplice peculiarità di utilizzazione del mezzo elettronico consentendogli di realizzare un materiale prezioso da mettere a disposizione, anche in chiave museale, degli studiosi e del pubblico. Giaccari ha costruito questo lavoro con assiduità negli anni e con tempestività. La sua raccolta di avvenimenti non può essere naturalmente esaustiva ma è acutamente selettiva e quindi l’archivio che Giaccari ha potuto e saputo raccogliere costituisce un patrimonio che, nel nostro paese e non solo, può considerarsi unico.

Poetica

Il lavoro di Giaccari può essere diviso principalmente in due livelli: uno teoretico, l’altro pratico, dove il primo precede il secondo; anche se in un secondo tempo il livello pratico lo ha portato a riteorizzare sul video, continuamente: in una sorta di struttura circolare privo di inizio e fine. Sin dai primi anni, in concordanza con le più avanzate situazioni europee, Giaccari cerca di non restringere l’uso del video alla produzione di tape come opere originali. E’ molto attento a cogliere la portata del nuovo mezzo su diversi versanti. Il video non è solo una nuova area linguistica che allarga il complesso spazio delle arti visuali alla fine degli anni sessanta, ma è più sottilmente un luogo riflessivo di tutta l’esperienza artistica contemporanea.

Il lavoro di Giaccari non può essere considerato di pur e semplice archiviazione, ma di lettura intelligente e consapevole sempre affidata alle risorse del nuovo medium. Un momento quindi riflessivo e nello stesso tempo partecipe che merita oggi di essere considerato uno tra i luoghi eccentrici e vitali dove i percorsi della ricerca italiana e internazionale, i suoi tracciati sperimentali e innovativi sono riconoscibili e trattenuti nella stabilità continua della memori del video.

Nella “Classificazione dei metodi di impiego del video in arte�? Giaccari tenta di fare ordine nella confusione che circonda il video, distinguendo tra un uso “diretto�? di esso, quello degli artisti, che comprende il videotape e la videoperformance, e un uso “mediato�?, quello didattico-documentativo, che comprende la videodocumentazione, il videoreportage e la videodidattica. La “Classificazione�? ha avuta grande risonanza negli Stati Uniti, dove è arrivata nel 1975. Giaccari: “La classificazione dei metodi di impiego si basava su due ipotesi fondamentali: nella prima l’artista ha un rapporto diretto con lo strumento, che usa per scopi creativi; nella seconda l’artista ha un rapporto mediato con lo strumento, che viene usato da altri sulla sua opera creativa e con finalità prevalentemente documentative o didattiche. Il videotape all’origine ha costituito il caso principale dell’uso diretto del mezzo da parte dell’artista. Nel videotape avviene una identificazione tra mezzo e l’opera, e il nastro magnetico costituisce il supporto m materiale della stessa così come la tela, la pietra, la foto, il film […]. Videoperformance e Videoenvironment rientrano sempre nell’ipotesi dell’uso diretto del video, da parte dell’artista e consistono in azioni o allestimenti creati con l’ausilio di circuiti chiusi televisivi in diretta e/o con nastri registrati. Nel caso delle video performance si ha la presenza al vivo dell’artista, nella videoinstallazione l’artista è assente.�? Sempre nella classificazione di Giaccari rientrano anche tipologie come la videodocumentazione in tempo reale, che rappresenta il punto centrale della mediazione tra artista e mezzo televisivo, in cui altri usano lo strumento sul lavoro dell’artista. Essa nasce dall’esigenza di lasciare una memoria televisiva di avvenimenti come la performance, il concerto, lo spettacolo teatrale ecc. Il videoreportage, la videocritica e la videodidattica, come le videodocumentazioni, prevedono ipotesi di rapporto mediato tra artista e video e sono riconducibili in qualche modo al concetto di informazione e di critica. La “Classificazione�? dà vita a una terminologia pratica, normalmente utilizzata negli Stati Uniti, che collima totalmente con quella elaborata da Giaccari tra il 1972 e il 1973: l’importante distinzione tra “video caldo�? e quindi l’uso “diretto�? del video, e si tratta del video d’artista, il video creativo, e “video freddo�? e quindi l’uso “mediato�? del video, quello documentativi, che cioè documenta teatro, danza, performance e qualsiasi altra manifestazione di tipo artistico. A Giaccari interessa più il video mediato. Il video in questa disposizione è lettura attenta dei fenomeni artistici osservati. Originalmente ne agevola la comprensione e ne moltiplica la possibilità di fruizione. Giaccari è attento a sottolineare che l’operazione comporta la necessità di governare una serie di scarti: lo scarto “morfologico�?, e che può forse meglio definirsi linguistico, tra media diversi e lo scarto apercettivo: la distanza tra lo spettatore e l’opera risulta dilatata.


Opere

Alcune delle opere


Videodocumentazione di “24 ore di No-Stop Theatre�?.


  • Videoregistrazione di “Print Out�? di Allan Kaprow, 1971.


Video in bianco/nero della durata di 6’15’’.


  • Apologo 1. Così vorrei fare l’autobiografia. Apologo 2. Il moto del reazionario, 1972.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Luciano Fabro.


  • Happening sulla TV, 1972.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Giuseppe Chiari.


  • Autobiografogramma, 1972.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con G.C.Maud.


  • Punto, Silbando, 1972.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Antonio Trotta.


  • Feed-back, 1972.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Franco Vaccari.


  • Sostituzione, 1972.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Germano Olivotto.


  • Untitled, 1972.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Hidetoshi Nagasawa.


  • Senza titolo, 1972.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Eliseo Mattiacci.


  • L’eroe da camera, 1972.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Vettor Pisani.


  • Romanzo in 625 righe, 1972.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Franco Ravedone.


  • Concerto per violino, 1973.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Franco Ravedone.


  • Illustration of Art, 1973.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Antonio Dias.


  • Igloo, 1973.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Mario Merz.


  • Apocalisse, 1973.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Mimmo Germanà.


  • Telecamere in posizione di parcheggio, 1973-74.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Emilio Prini.


  • La libertà ottiene l’impressione di un movimento più facile, 1974.

Video prodotto da Giaccari insieme ed in collaborazione con Francesco Clemente.

Bibliografia

  • 1989, L’immagine video, Fagone Vittorio, ed. Feltrinelli, Milano, pp. 166, 168-171.
  • 2002, Le icone fluttuanti, Madesani Angela, ed. Mondadori, Milano, pp. 88, 90-91, 95-96, 135, 158n.


Webliografia

http://muel.altervista.org/blog/

http://www.hackerart.org/corsi/aba00/gasperi/capitoli.htm