Historicizing art and technology: forging a method and firing a canon

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Autore: Dr. Edward A. Shanken

Tratto da: www.mediaarthistory.org

Titolo Originale: Historicizing art and technology: forging a method and firing a canon

Traduzione di: Davide Graziani

Anno: 2006


Storicizzando arte e tecnologia: forgiare un metodo e iniziare un canone

Circa una decina di anni fa, scoprì un paio di libri di arte e tecnologia che cambiarono la mia vita: il libro di Jack Burnham “Oltre la Scultura Moderna: Gli effetti della Scienza e della Tecnologia sulla scultura di questo secolo�? (Braziller, 1968) e il testo di Douglas Davis “Arte e Futuro: una Storia/Profezia di Collaborazione tra Scienza, Tecnologia e Arte�? (New York: Praeger, 1973). Era il 1993 e la corsa impetuosa del ventunesimo secolo mi abbatté e mi incoraggiò allo stesso tempo con straordinaria forza. I recenti sviluppi della tecnologia, inclusi i relativamente potenti pc, i software facili da usare e i media interattivi, i CD-Rom e forse in modo più significativo, il Mosaic (il primo browser web GUI), sembravano aprire un nuovo futuro di espressione e scambio creativo in cui ognuno potesse essere un fornitore di contenuti e liberarsi quindi dalla tirannia dell’industria culturale. Naturalmente, diventò subito chiaro che tale utopia era realistica solo come mezzo commerciale di marketing; tuttavia, cominciai a pensare sempre di più agli effetti che la scienza e la tecnologia stavano esercitando sull’arte contemporanea e su come gli artisti potevano usare la tecnologia per dare vita ai modelli estetici del futuro. Molto velocemente mi resi conto che dovevo studiare la storia dell’arte e della tecnologia per capire meglio cosa stava accadendo in quel momento e cosa il prossimo futuro avrebbe potuto portare.


Vorrei qui discutere una serie di problemi che riguardano la storia dell’arte e della tecnologia facendo riferimento al principale canone della storia dell’arte occidentale; questo documento costituisce un resoconto dalle linee di trincea e allo stesso tempo una chiamata alle armi, per così dire. Ho abbandonato la finezza per provocare, tanto da prediligere alcune note approssimative, se non esagerazioni; la mia attenzione si è concentrata sul metodo e la canonicità, mentre il mio obiettivo è quello di iniziare una discussione per critici, direttori di musei, storici dell’arte e altri addetti ai lavori la cui ricerca si concentra sul nesso di arte, scienza e tecnologia, al quale mi riferirò semplicemente con i termini di arte e tecnologia. In questo testo sono più interessato agli artisti che creano tecnologie come i media, tramite le quali continuano il loro lavoro, e specialmente coloro che usano la tecnologia come un mezzo per creare soluzioni future alternative o per fornire una metacritica della tecnologia in se stessa e della sua relazione con la cultura e la società. Sebbene la distinzione tra scienza e tecnologia sia importante, in modo da semplificare la mia discussione non farò qui alcuna differenza tra i termini, quindi siete pregati di tenere conto di questa semplificazione.


Sebbene ci sia stata un’importante erudizione sull’arte e la tecnologia, non c’è alcuna storia dell’arte tecnologica, come ci sono ad esempio storie dell’arte femministe e Marxiste. Quali somiglianze e differenze, continuità e discontinuità possono essere tracciate nell’uso della tecnologia per propositi artistici attraverso la storia dell’arte? Perché ci sono periodi di attività fervente e altri di apparente calma? Molta della migliore letteratura storica inglese, critica e teoretica riguardante questo campo è stata così scritta prevalentemente da artisti: Jack Burnham, Douglas Davis, Roy Ascott e Eduardo Kac, per nominarne solo alcuni. Leonardo, il principale giornale del settore si è storicamente concentrato sugli scritti degli artisti e degli scienziati; quando non è scritta dagli artisti veri e propri, la maggior parte della letteratura corrente sull’arte contemporanea riguardante la tecnologia si trova in altre discipline come la letteratura comparata, la storia del cinema e gli studi culturali. Dunque ciò mi porta a chiedere: Qual è l’importanza della storia dell'arte con riferimento all’arte tecnologica del nostro tempo? Quali contributi unici e preziosi ha fornito la mia disciplina e quali contributi può fornire ora e nel futuro la storicizzazione del soggetto, sia nella storia dell’arte che in un contesto culturale più grande? Sebbene non abbia risposte a tali domande, spero che tali provocazioni diano vita a dibattiti e dialoghi così che gli artisti e gli storici dell’arte, insieme, possano definire più chiaramente i problemi del nostro campo e iniziare a parlarne, se non in modo sistematico e organizzato, almeno in uno sforzo avente metodi e obiettivi espliciti.


Comincerò dalla premessa che lo sviluppo e l’uso delle tecnologie emergenti da parte degli artisti è sempre stato, e sempre sarà, parte integrante del processo di attuazione dell’arte come noi lo conosciamo. Eppure, il canone della storia dell’arte occidentale non è riuscito a riconoscere la centralità della tecnologia come uno strumento e un tema artistico o come un mezzo ermeneutico per i critici e gli storici. In assenza di una metodologia stabilita e di una storia (comprensiva di tutto) che aiuterebbe a chiarire il collegamento dell’arte e della tecnologia e ad imporre una revisione, questa visione rimarrà invariata. Di conseguenza, molti degli artisti, dei lavori, delle teorie estetiche, delle istituzioni e degli eventi che potrebbero essere considerati come i pilastri di questa narrativa storica rimarranno relativamente sconosciuti al pubblico generale.


Spostandosi verso il problema della storicizzazione dell’arte contemporanea riguardante anche la tecnologia contemporanea, possiamo notare che il compito si divide in almeno due temi: 1- il problema di definire un metodo per interpretare le opere d’arte sulla base della tecnologia e creare una storia dell’arte completa; e 2- il problema di acquisire un riconoscimento canonico che la tecnologia ha sempre svolto e sempre svolgerà un ruolo integrale nel mondo dell’arte. In effetti, solo quando tale riconoscimento e inclusione saranno ottenuti per il radicamento dell’innovazione tecnologica nella e per la produzione artistica, la storicizzazione critica dei media digitali, biotecnici e di altri sistemi emergenti potranno prendere un posto sicuro nella storia dell’arte generale. Dovrei specificare che guardo all’evoluzione della metodologia e alla narrativa storica come ad un processo reciproco e mutuale, in cui ogni funzione per gli altri è sia il carro che il cavallo che lo tira. Utilizzando Jack Burnham come mio contrasto, comincerò rivedendo una parte della storiografia dell’arte e della tecnologia in modo da supportare e allo stesso tempo criticare la mia posizione. In seguito, farò alcuni esempi e discuterò alcune delle difficoltà che ho incontrato nei miei stessi tentativi di storicizzare la cibernetica, la telematica e l’arte elettronica in un contesto artistico molto più largo. Le tre illustrazioni sono delle immagini Powerpoint tratte dal mio discorso al meeting “MediaArtHistory�? nel maggio 2004 e si riferiscono alla Sezione III, la quale delinea alcune domande che ho rivolto in una serie di articoli pubblicati tra il 1998 e il 2001, “Gemini Rising, Moon in Apollo: Art and Technology in the US, 1966-71�? http://artexetra.com/Gemini.html, “The House that Jack Built: Jack Burnham’s Concept of Software as a Metaphor for Art�? http://www.artexetra.com/House.html, e “Art in the Information Age: Technology and Conceptual Art�? http://www.artexetra.com/InfoAge.pdf.


Jack Burnham, nel suo saggio “Art and Technology: The Panacea that Failed�? (1980), adduce che l’unione tra arte e tecnologia non ha avuto niente da offrire alla spiegazione della storia dell’arte occidentale fin dal Rinascimento. La posizione sembrò costituire un chiaro voltafaccia rispetto alla precedente campionatura di Burnham riguardante l’arte e la tecnologia nella sua classica monografia “Oltre la Scultura Moderna: Gli effetti della Scienza e della Tecnologia sulla scultura di questo secolo�?, 1968. In questo lavoro, il suo metodo era naturalmente teleologico; tracciando una storia dell’arte e della tecnologia, egli affermava che la tecnologia stava svolgendo un ruolo importante nel ventesimo secolo aiutando l’arte a incarnare sempre più la vitalità della vita, incluse funzioni come il metabolismo, l’intelligenza e l’interazione. In quanto allievo del Centro per Studi Visivi Avanzati nel 1968-69, Burnham ebbe la possibilità di lavorare con computer di prima mano; nel suo saggio “L’estetica dei Sistemi Intelligenti�? (1969) discuteva di questa esperienza e fissava delle strade parallele tra l’arte e il processo di informazione. Queste idee furono in seguito rese manifeste nell’evento “Software: Tecnologia dell’Informazione – Il suo nuovo significato per l’Arte�? (1970), quando, in quanto responsabile, Burnham usò la metafora dell’arte come software per esplorare ed integrare le sue teorie strutturaliste riguardo la struttura mitica dell’arte, il crescente concettualismo dell’arte negli ultimi anni ’60 e la successiva convergenza con la tecnologia dell’informazione. Ancora una volta, il suo metodo era teleologico; seguendo Hegel e Kosuth, pronosticò che l’arte stava diventando filosofia, o “arte in quanto idea�?. In “Software�?, come anche nel suo libro “La struttura dell’Arte�? (1971), Burnham affermò che la logica interna della storia dell’arte potrebbe essere interpretata come un progressivo strappo delle regole invisibili, naturalizzate e incontestate che definiscono la mitica struttura della disciplina. Egli affermò che l’Arte Concettuale si stava “dissolvendo nella comprensione�?, come Willoughby Sharp aveva proposto in un’intervista del 1970.


“Oltre la Cultura Moderna�? resta, a mio parere, il lavoro più completo della storia dell’arte e della tecnologia. Eppure, per tutta la sua brillantezza e erudizione, i metodi di Burnham hanno oscurato la sua abilità di comprendere le maggiori implicazioni della tecnologia come parte integrante dell’arte. La tecnologia è stata, per lui, soltanto un mezzo per una fine pre -determinata che non aveva niente a che fare con la tecnologia in sé. Strappando via gli strati superficiali egli credeva di poter scoprire un grande schema che spiegava perché l’arte si rivelava e si evolveva come aveva fatto e come d’altronde avrebbe continuato a fare. In “Oltre la Scultura Moderna�?, al di sotto della superficie scoprì la vita; in “Software�? e “La struttura dell’Arte�?, egli tentò di scoprire i fondamenti strutturali ineluttabili dell’arte in quanto istituzione sociale. Questo approccio metodologico riflessivo potrebbe essere paragonato ad uno stadio avanzato di formalismo post Greenberg portato ad un meta livello di analisi.


Mentre il vitalismo e lo strutturalismo sarebbero importanti modelli filosofici, i loro limiti nella spiegazione del grande schema della storia dell’arte difficilmente hanno bisogno di essere provati; in effetti, una delle lezioni importanti del post strutturalismo è stata una messa in discussione, se non proprio il rifiuto, dell’idea stessa di narrative principali, una distruzione di quanto Burnham stesso avrebbe potuto descrivere come la struttura mitica dell’epistemologia occidentale. Lo stesso metodo di Burnham, inoltre, fu preparato per tale interpretazione e le sue stesse conclusioni erano soltanto un ordine di analisi rimosso – quel livello cruciale che distingue lo strutturalismo dal post-strutturalismo. Nonostante questo e altri lavori, “La struttura dell’Arte�? rimane un testo affascinante che chiede l’esame critico come parte di una più ampia riconsiderazione degli importanti contributi di Burnham alla storia dell’arte. Ok, dunque spazziamo via il vitalismo e la rivelazione di sé e tutte le altre narrative maggiori dalle storie dell’arte di Burnham…con che cosa ci confrontiamo? Con la tecnologia.


Senza fare grandi rivendicazioni, vorrei suggerire che dall’invenzione della prospettiva ad un fuoco e la creazione della pittura ad olio allo sviluppo delle realtà virtuali interattive a all’arte telematica, l’innovazione tecnica e l’uso delle tecnologie emergenti come media e temi artistici hanno una continuità sostanziale in tutta la storia dell’arte occidentale. Ciò per molti può non voler dire molto mentre per altri è un grande passo avanti. Per alcuni ciò può soltanto e semplicemente affermare che varie forme di sociologia, economia, psicologia, filosofia, insieme ad altre discipline e mezzi analitici e creativi sono stati considerevolmente impiegati nella pratica artistica e nell’interpretazione storica durante tutta la storia dell’arte. Quello che rende la mia affermazione significativa è che la disciplina della storia dell’arte ha abbracciato la biografia, il femminismo, il Marxismo, la psicoanalisi, l’estetica e vari post-ismi metodologici. Ciò mi porta a chiedere, Come può questo campo sviluppare una comprensione più complessiva dell’arte e della tecnologia senza un metodo disegnato per portare tale comprensione alla ribalta? Che cosa potrebbe comprendere tale metodo? Quali intuizioni potrebbero emergere nella relazione tra l’arte e la tecnologia, specialmente durante i periodi in cui sembrano relativamente scollegati?


Proprio come il campo ha fallito nell’incorporare lo studio della tecnologia (sia come storia che come scienza applicata) in quanto metodo basilare, così il canone della storia dell’arte riflette allo stesso modo una comprensione povera del ruolo della tecnologia nella storia del processo artistico e i contributi degli artisti (che sono stati importanti innovatori) a questo riguardo. Come avete potuto capire, si tratta di un terreno minato. Da una parte, sono teoricamente impegnato a criticare le narrative maestre. Allo stesso tempo, però, sono anche impegnato nella riscrittura del canone – il grande schema del nostro campo collettivo – per riflettere l’importanza della tecnologia attraverso la storia dell’arte, forzando con ciò una riconsiderazione e ricontestualizzazione critica degli artisti, dei lavori, delle tecniche artistiche e delle narrative storiche che erano state escluse in precedenza, messe da parte, o non comprese nel loro pieno potenziale.


Confrontandomi con questo dilemma, ho molte più domande che risposte, ma spero che le seguenti considerazioni aiuteranno almeno a marcare alcuni dei punti cruciali che circondano questo problema, riguardanti sia le particolarità dell’arte contemporanea (comprendente le tecnologia emergenti), sia l’interesse più generale che include lo studio della tecnologia come punto centrale della storia dell’arte. Comincerò dividendo alcuni dei miei pensieri su queste questioni riguardanti l’arte e la storia successive al 1900, concetti che estenderò con esempi più dettagliati tratti dai miei stessi lavori.


I- Come possono gli artisti, i critici, i responsabili di museo, gli storici cominciare a dimostrare, esibire e scrivere la storia dell’arte dimenticata per quanto riguarda la tecnologia?

Sebbene possiamo accettare in diversi gradi la grandezza con cui la storia dell’arte riguardante la tecnologia emergente è stata trascurata, e possiamo negare le nostre definizioni di “arte�? e “tecnologia�? per questo motivo, sarà importante che la letteratura ancora esistente sul tema, ben analizzata, sia il tema di uno studio storiografico sistematico. Soltanto tenendo conto del campo come esso esiste possiamo comprendere le nostre stesse fondamenta, capire l’accettazione dei suoi studiosi in vari posti e momenti, e guadagnare una prospettiva all’interno di temi storiografici più ampi. Credo che riscoprendo e reinserendo i migliori esempi della letteratura nel nostro campo in discorsi critici più ampi (e esaminando più approfonditamente i suoi detrattori) daremo credibilità alla nostra impresa.


II- Perché lo vogliamo?

Sebbene la critica delle narrative principali e dei grandi schemi costituisce un correttivo valido per naturalizzare le strategie discorsive e i modelli metodologici, rimane comunque il problema di definire una scheda-dati. Il discorso dipende e necessita che accettiamo il fatto di aver qualcosa di cui parlare. Possiamo anche non essere d’accordo su alcune affermazioni, metodi, e obiettivi ma ci deve essere un terreno comune. I canoni forniscono precisamente questo terreno comune, un database condiviso di affermazioni generalmente accettate, attori, e momenti che contribuiscono alla costruzione di un discorso evolutivo. Per far parte della discussione, quegli oggetti, attori, e momenti devono essere ammessi al canone dai suoi custodi. I principali custodi sono i critici dell’arte, i direttori di musei, i venditori, i collezionisti e le istituzioni che rappresentano: giornali, accademie, musei, gallerie commerciali, aste, e investitori privati e istituzionali. In pratica, un canone non può essere infinitamente grande, così per ogni lavoro nuovamente ammesso ad esso, un altro deve essere rimosso. Questi tipi di giudizi non possono essere separati dalle credenze ideologiche, le ambizioni professionali e gli investimenti finanziari. Il loro supporto e accettazione richiedono un negoziato estenuante e sottile in modo da spingere gli altri ad essere d’accordo. Quanti più ostacoli avrà un oggetto, un attore o un momento nell’essere accettato, più canonico esso diventerà.


Il canone della storia dell’arte è stato drammaticamente sconvolto negli ultimi quarant’anni, particolarmente dalle ricostruzioni create in nome del Marxismo, femminismo, multiculturalismo e post-strutturalismo. Quando ero soltanto al college, ad esempio, la decima edizione della Storia dell’arte di Janson non includeva ancora nessuna donna. Ma il canone ha provato di essere estremamente flessibile ed elastico. La sua esistenza e il suo status non sembrano seriamente minacciati, in parte perché le critiche verso di essi si sono concentrate principalmente su come riparare alle esclusioni più che su come smantellare le strutture portanti del potere ad esso endemico. In altre parole, la demolizione del canone potrebbe avere un posto importante nella storiografia dell’arte, ma mentre Donald Preziosi e altri spiegano solo cosa ciò significhi per noi, Io sto assumendo questo comportamento: se non puoi vincerli, unisciti a loro. In modo che il ruolo storico della tecnologia nel processo artistico sia riconosciuto dal campo, i suoi monumenti devono essere ammessi al canone e lo studio della tecnologia in quanto metodo ermeneutico deve essere riconosciuto tra i nostri mezzi metodologici standard. C’è così tanta ricerca da fare nel nostro campo che essere ossessionati della distruzione canonica sarebbe contro produttivo. Come gli artisti e gli intellettuali che lavorano in questo campo, abbiamo la responsabilità di essere coinvolti nei negoziati e nella sua custodia, cosa che darà la possibilità al nostro campo specializzato di ottenere uno status canonico, o qualunque cosa lo sostituisca. Chiaramente se non lo facciamo noi, non lo farà nessuno.


III- Esempi metodologici nel mio lavoro

1. Abbraccio telematico

Nella mia introduzione (94 pagine) all’Abbraccio telematico: Teorie Visionarie dell’Arte, della Tecnologia e della Consapevolezza, una serie di saggi dal 1965 al 2000 di Roy Ascott, ho tentato di contestualizzare il lavoro dell’artista in quanto professionista, teorico e insegnante della storia dell’arte, della storia della tecnologia e di quella intellettuale. Era fondamentale per me che il mio testo fosse fondamentalmente legato alla storia dell’arte in modo da localizzare il lavoro di Ascott in una continuità di strategie estetiche impiegate nell’arte sperimentale del ventesimo secolo. Ad esempio, ho inquadrato il lavoro cibernetico di Ascott a partire dagli anni ’60 nel contesto delle tendenze espressionistiche che vanno da Cezanne a Jackson Pollock, al vitalismo e le tendenze costruttiviste negli artisti Britannici da Moore a Pasmore e Nicholson, l’uso di tecniche aleatorie e un approccio al processo artistico da Arp, Duchamp e Cage, e gli aspetti interattivi dell’arte e degli avvenimenti cinetici. Ho considerato il lavoro di Ascott con l’arte telematica nel contesto di questi costituenti dell’arte cibernetica, il situazionismo, la performance, l’uso delle telecomunicazioni da parte degli artisti, i video interattivi e altre correnti sperimentali.


Era anche importante per me sottolineare che la storicizzazione delle idee spesso non riesce a riconoscere gli sviluppi artistici poiché i linguaggi dell’arte non sono né letterali né ampiamente parlati come invece i linguaggi della scienza o della letteratura. La mia ricerca ha chiarito che le idee emergono simultaneamente in vari campi. E la inter-fertilizzazione di queste idee richiede un contesto sottostante già esistente in modo che i semi di un campo possano germogliare in un altro. Nel caso del lavoro di Ascott, la cibernetica potrebbe essere applicata ai problemi dell’arte soltanto perché c’era già una storia significativa di sperimentazione artistica con processi, sistemi e forme interattive. La cibernetica, poi, ha fornito un metodo formalizzato e scientifico per affrontare quello che gli artisti (e altri) stavano già facendo. Come esempio, ho mostrato come Change Painting di Ascott (1959) potrebbe essere interpretato sulla base di principi cibernetici, anche se la sua creazione precede la consapevolezza della cibernetica.


Legato alla questione di come le idee diventino storicizzate è il ruolo degli scritti degli artisti nella teorizzazione di un campo. A questo riguardo, gli scritti di Ascott esemplificano come gli artisti innovativi stabiliscano spesso le fondamenta teoriche della loro tecnica molto prima dei critici, dei direttori di musei e di come gli storici comincino ad incorporare questi lavori artistici nei loro contesti discorsivi. Oltre a questa affermazione, è stato importante enfatizzare che gli scritti di Ascott, come quelli di artisti associati all’arte concettuale, come Joseph Kosuth e Art & Language, non soltanto teorizzarono la tecnica, ma furono anche parte integrante di essa.


[Nota: il seguente è uno schema che sarà sviluppato più ampiamente in seguito]


2. L’arte nell’Era dell’Informazione: Leggere ed Interpretare le Esposizioni e la Letteratura


. Gemini Rising, Moon in Apollo…(ISEA, 1997)

- “9 Evenings�?, “Machine�?, “Cybernetic Serendipity�?, “A&T�?, “Software�?;

- Perché si pensa tanto all’unione proprio in quest’epoca?;

- Tecnologia del controllo; complesso militare-industriale;

- Ideologia “creare più ambiente umano�?, guerra, ecologia, pubbliche relazioni;

. La casa che ha costruito Jack…(Consc. Reframed, 1998)

- Il Software come metafora per l’arte, smaterializzazione, arte concettuale;

. L’arte nell’era dell’Informazione (1999, SIGGRAPH)

- Perché esistono delle distinzioni categoriche tra l’Art & Tech e l’arte concettuale?

- Differenze formali (?) ma molte similarità ideative, specialmente nei sistemi, nelle informazioni

- Esempi: Burnham, Sofware ha tracciato un parallelismo; “L’Indice�? come sistema manuale ipertestuale

- Perché gli artisti sono messi da parte, sono esclusi? Esempio: Haacke, Ascott

- Perché l’Art & Tech è evitata? E l’arte concettuale valorizzata? Denaro, moda, società

- Perché Burnham è ignorato da Harrison, Krauss, ecc..:

- In realtà, Burnham era anni luce più avanti di Charles Harrison che, nella metà degli anni ’60 scriveva sulla scultura formalista Britannica e di Rosalind Krauss che, a quel tempo, scriveva sul Cubismo. Le loro omissioni del lavoro di Burnham nelle loro successive riflessioni sull’arte concettuale, sulla scultura moderna e sulla metodologia storica artistica sono esse stesse degne di essere studiate approfonditamente, ma sto divagando…

Conclusione metodologica: Le corrispondenze condivise da due diverse tendenze offrono terreno fertile per ripensare alla loro relazione come una parte di trasformazioni sociali più ampie dall’era della macchina a quella dell’informazione della società post-industriale.

- Queste intuizioni possono emergere soltanto grazie a specifici cambiamenti tecnologici.


3. Media artistici ed elettronici


Il mio attuale progetto, un sondaggio illustrato sull’arte elettronica, ha dato vita a numerose domande riguardo la storicizzazione dell’uso dei media elettronici nell’arte e come arte, tema che cercherò di affrontare in modo più o meno sequenziale.

1. In che modo i vari sottogeneri e metodi artistici riguardanti l’arte e i media elettronici possono essere classificati e categorizzati?

2. Quale ruolo svolgono i particolari media o le innovazioni tecniche nella definizione di queste storie, in quanto opposte alle continuità estetiche o storico-artistiche?

3. Quanto sono reali le immagini fisse nei lavori artistici espressivi in un campo segnato dai media interattivi, collaborativi e basati sul tempo?

Nella concezione di questo volume, avrei potuto organizzare il materiale in modo cronologico o utilizzando uno specifico metodo. Ero contrario ad una cronologia poiché non servirà a mostrare quanto simili i media e/o simili concetti siano stati usati in vari momenti. Ero contrario ad uno schema basato sul mezzo per diverse ragioni: 1- avrebbe posto in primo piano l’apparato tecnologico in quanto forza motrice oltre il lavoro, un messaggio che non volevo assolutamente trasmettere; e 2- non avrebbe saputo mostrare come le questioni concettuali e tematiche siano state affrontate dagli artisti che utilizzavano diversi media. La capacità di mostrare tali tipi di continuità era la mia priorità, così ho scelto di organizzare il libro per temi, nonostante la difficoltà di definire quelli che sono internamente coerenti e significativi. Poiché le categorie tematiche non ammettono distinzioni definitive, ci sono molti lavori che potrebbero appartenere benissimo a due o più sezioni, sebbene idealmente, alla fine, i contenuti di ogni sezione creeranno un’unità che chiarirà il tutto. Un’altra difficoltà è stata quella di selezionare lavori che rappresentino bene la diversità del campo attraverso il tempo, il genere, la nazionalità e così via. Una volta delimitati spazio e numero di illustrazioni, ho anche dovuto affrontare la difficile scelta di determinare quanti lavori rappresentino bene il lavoro di un pioniere, come Paik, con una carriera che abbraccia 50 anni, comparato ad un artista che lavora con l’elettronica da meno di 10 anni. Come spiegato prima nella mia discussione sulla revisione canonica, per ogni lavoro aggiunto, un altro artista sarà escluso dal volume. Per quanto riguarda le illustrazioni, è chiaro che i media statici sono estremamente limitati nella loro abilità di rappresentare le significative trasformazioni interattive e legate alla durata che caratterizzano l’arte basata sul tempo, la quale comprende una parte sostanziale del programma. Per affrontare tale problema, alcuni recenti volumi, incluso New Screen Media, include un CD o DVD contenente un contenuto multimediale che offre ai lettori un miglior senso di queste dimensioni. Ma quando i CD e i DVD saranno esauriti e/o diventeranno obsoleti, i colori continueranno a funzionare. Ammiro coloro che finanziano, forniscono, organizzano e producono le risorse multimediali ma mi domando quanti CD e DVD vedano davvero l’interno di un drive – e per quelli che lo fanno, per quanto tempo?


In conclusione, vorrei chiedere:


IV- In che cosa consiste un nuovo canone che assume ciò come perno centrale?

Sono molto interessato alla discussione di questo tema, comunque, data la sua natura speculativa, la domanda deve per il momento rimanere retorica. Questo tipo di difficoltà dovrebbe essere posta più da un gruppo che da un singolo individuo. Collettivamente, i nostri sforzi costituiranno, si spera, una risposta; ma penso che abbiamo bisogno di determinare prima di tutto quali sono i nostri obiettivi. Spero che le domande che ho sollevato nelle mie prime riflessioni aiuteranno nella stesura di nuove discussioni.