I/O/D

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Personaggio o Gruppo: I/O/D (collettivo) Fuller Matthew, Pope Simon,Green Colin.

Biografia: Matthew Fuller è una delle figure di spicco della scena internazionale della net.art, scrittore, artista, critico e teorico è un membro del collettivo londinese I/O/D. Recentemente ha scritto una serie di saggi sull'arte in internet per la Tate Gallery e ha inaugurato un'installazione incentrata sulla dissezione di Microsoft Word nel contesto di Tragic Data, presso la Lux, Gallery di Londra, ha pubblicato per ShaKe il suo primo romanzo, ATM. Cura inoltre, insieme a Simon Pope, la prestigiosa sezione Art for Networks, all'interno del portale della BBC.

Sito web: http://bak.spc.org/iod

Poetica: Il risultato di queste ricerche sono i cosiddetti “alternative browsers", delle interfacce di navigazione che permettono di visualizzare la struttura e i contenuti di Internet secondo logiche nuove e sorprendenti. Web Stalker è un’opera di net art che esamina criticamente il proprio medium, visualizzando la struttura interna complessiva di ogni sito attraverso un diagramma. Attivando la funzione "Crawler" è inoltre possibile vedere il codice sorgente, i file contenuti nelle varie pagine e le informazioni testuali vere e proprie. Nonostante il Web Stalker sia un browser di solo testo ci offre infatti uno strumento in grado di "rovesciare" la rete ed esplorarne i meandri, invitandoci a riflettere sulle potenzialità inesplorate che un medium come Internet sottende.

Opere:

http://bak.spc.org/iod

Browser concettuale basato su una nuova modalità di interpretare l’html. Sritto in Lingo. Una volta installato, il Web Stalker si presenta con una grafica semplice. Immagini e funzioni come i frame, Java, Flash e altri plug-in vengono eliminate, come nei browser di solo testo (tipo Lynx). Al loro posto, prende corpo una mappa dinamica, in cui i singoli documenti Html vengono rappresentati come cerchi più luminosi. A seconda della profondità del sito, la mappa si fa più aggrovigliata e le pagine più linkate vengono via via rappresentate da cerchi più luminosi. Altre funzioni mostrano in rapida successione i codici sorgenti dei documenti scansionati, la lista dei file contenuti in ciascuno di essi o le informazioni puramente testuali. E’ come se il Web Stalker ci facesse entrare nel cervello di chi ha progettato e disegnato il sito, mostrandone sinapsi e connessioni neuronali. A balzare in primo piano è quel flusso di dati che scorre continuamente tra, il server e il nostro modem e viene interpretato dal browser; un flusso che rimane abitualmente celato dietro alle rappresentazioni stabili delle pagine Web.

Bibliografia:

Webliografia:

http://www.rai.it/RAInet/smartweb/cda/articolo/sw_articolo/0,2791,21^37,00.html

http://www.d-i-n-a.net/it/dina/dina-xpo2.html




Autore: Simon Pope e Matthew Fuller

Tratto da: http://www.backspace.org/iod/WARNING%21.html

Titolo Originale: WARNING! This Computer Has Multiple Personality Disorder

Traduzione di: acid_nally@yahoo.it

Anno: 1995

ATTENZIONE! Questo computer è affetto da Disordine da Personalità Multipla


ATTENZIONE! Questo computer è affetto da Disordine da Personalità Multipla (di Simon Pope e Matthew Fuller) http://www.backspace.org/iod/WARNING%21.html

- IntrODuzione

Questo articolo proviene in gran parte dalla nostra esperienza nella produzione del magazine iperattivo elettronico I/O/D. Perciò, prima di tutto, vorremmo spiegare cosa dovrebbe essere I/O/D. Tecnicamente è un progetto di Macromedia Director con files associati, abbastanza piccolo da essere compresso su un disco ad alta densità. Il fatto di aver scelto la misura in cui restringerlo dalle limitazioni del più banale ed economico dispositivo di immagazzinamento è importante, perchè in questo modo per le persone è molto semplice copiare I/O/D per i loro amici - o lasciarlo furtivamente nei computer dei loro nemici. Significa anche che, grazie alla sua misura relativamente piccola, è abbastanza fattibile che sia disponibile su reti come internet e le BBS. Infatti, la distribuzione sulle reti è il modo principale con cui gira I/O/D. E' anche degno di nota che all'interno di internet, dove i gradi di accesso sono stratificati, rendiamo disponibile I/O/D attraverso svariati protocolli: ftp; gopher; e il world wide web, allo scopo di assicurarci che più persone possibile abbiano la possibilità di scaricarlo. Accanto ai siti con i quali manteniamo una connessione diretta, siamo lieti di scoprire che I/O/D è stato anche distribuito indipendentemente da persone con le quali non abbiamo contatti. Inoltre, dobbiamo affermare che I/O/D non è sulle reti allo scopo di pubblicizzare qualcosa all'infuori di sè stesso. E' specificatamente un contributo anti-elitario allo sviluppo delle reti come un' "economia del dono". Di conseguenza, è anche un modo per produrre alcuni effetti pur evitando di restare troppo irretiti nel circolo senza senso di umorismo della reputazione e del fare carriera che il genere della techno-teoria sta velocemente diventando.

I/O/D è stato messo insieme da un trio di produzione, con base a Londra. Persone o gruppi con il cui lavoro noi sentiamo un'affinità contribuiscono indipendentemente o sono stati incaricati di sottoporre alcuni lavori. Nella maggior parte dei casi queste saranno persone che non hanno conoscenze specifiche di multimedia design, ma la cui attività come creatori di testi, grafiche e suoni è correlata con alcune delle dinamiche con le quali stiamo agendo nella costruzione di I/O/D.

Però, prima di tornare ad una discussione più dettagliata su I/O/D, è necessario situarlo all'interno di un contesto episodico di certi antagonismi intorno la natura di una fisicità tecnologizzata.

-Potenziale inumano

La mente come interfaccia non è più praticabile. Il presupposto di McLuhan, secondo il quale la rete mediatica diventerà una mera estensione del sistema nervoso umano con il nucleo umanoide che rimane il suo "stesso vecchio corpo", ha fornito una pietra miliare per le liberazioni dalla retorica sia di scrittori come Howard Rheingold sia per i televangelisti in cerca di redenzione del libero mercato attraverso la società virtuale: un modello di affare come il controllo di flusso che è al tempo stesso familiare e sublime - di certo non mancante di sadiche gratifiche.

Immagina, se riesci a sopportarlo, Nicholas Negroponte, favorito da gemelli intelligenti "che comunicano tra loro via satellite", ognuno con "più potenza del tuo attuale PC"(1). L'in-controllo umano diventa un'area di disastro neurologico. Può una qualsiasi quantità di attenzione dai computer dell'ambiente che dispensano anestetici tecnologici soffocare il grido di dolore della comunicazione: Rwanda sulla linea tre.

-SURGICAL STRIKE CARTESIANISM

Hans Moravec raduna tutti i kilobyte della sua coscienza e li scarica nei tuoi gemelli intelligenti, annunciando: "L'identità del corpo presume che una persona sia definita dalle cose di cui è fatto un corpo umano. Solo mantenendo una continuità delle cose del corpo possiamo preservare un individuo. L'identità-campione, contrariamente, definisce l'essenza di una persona, mi dico, come il campione, e il processo va avanti nella mia testa e nel mio corpo, non nei macchinari che supportano quel processo. Se il processo è preservato, io sono preservato. Il resto è gelatina"(2).Immagina quanto questo possa suonare bello ad un Walt Disney appiccicato in un congelatore da qualche parte in California.

L'intelligenza spersonificata di questo tipo è sempre una truffa. Se queste splendenti menti d'elite migrassero in un data-spazio potremmo essere sicuri che ad un certo punto essi dovrebbero riconoscere una co-dipendenza dal mondo materiale, un composto primario di minerali, forse sensazioni elettromagnetiche, e un nuovo tipo di fisicità emergerebbe - possibilmente qualcosa di affine a quel che immagina Ballard nella sua ripetuta metafora della SUPERCESSION della "civilizzazione" del cristallino. Dalla faccenda emerge sempre la mente. L'entropica, sporca, fastidiosa polpa che è trasmutata fuori da queste fantasie di essenzialismo fortemente mascolino è implicitamente intrecciata con le dinamiche della cognizione dell'auto-elaborazione, e l'intenzionallità che è relegata a una sostanza chiamata 'mente' - come fa notare Kevin Kelly in 'Out of Control': "Sappiamo che i nostri occhi sono più cervello che videocamera. Un globo oculare ha la potenza di elaborazione di un supercomputer. Gran parte della nostra percezione visiva avviene nella sottile retina dove la luce inizialmente ci colpisce, molto prima che il cervello centrale cominci a considerare la scena. Il nostro midollo spinale non è soltanto una linea tronca che trasmette telefonate dal cervello. Pensa, anche. Siamo molto vicini alla verità quando indichiamo il nostro cuore e non la nostra testa come centro del comportamento. Le nostre emozioni sguazzano in una zuppa di ormoni e peptidi che filtrano attraverso tutto il nostro corpo"(3). Allidea di Moravec del corpo come ripetizione di campioni fa eco piuttosto diversamente un altro cibernetico, Norbert Wiener, "Siamo mulinelli in un fiume d'acqua che non scorre. Non siamo cose che restano, ma modelli che si autoreplicano"(4). E fuori da questo fiume, perpetuamente infangato con peptidi, ormoni, sistemi di risposta immunitaria, virus, pesticidi, zuccheri e sostanze illecite, emerge il corpo cognitivo. Tuttavia, affinchè questo non si materializzi come un 'essenzialismo olistico' che scambia la disincarnazione carne-fobica per un terrore del corpo meccanico, dovremmo passare a riconoscere che l'homo sapiens si è evoluto come il risultato di una profonda, co-evolutiva intimità con l' 'inumano', con strumenti, con il meccanico. Al vero cuore del nostro sviluppo come specie c'è il graduale impoverimento del cervello, la supposta Slot In Memory Module, che in accordo con la teoria dell'evoluzione neo-darwiniana è essa stessa probabilmente il risultato di una spazio-possibilità che si apre attravero lo sviluppo del pollice opponibile(5). Una mutazione di una parte del corpo, con effetti collaterali di larga portata sulle altre,che apre ad una schiera di combinazioni esplosive di relazioni con altre forme di materia. Così, siamo già da sempre profondamente post-umani.

Quella tecnologia di elaborazione della comunicazione sollecitata come "il prossimo pollice opponibile", che ha generato le spazio-possiblità nelle quali attualmente viviamo, non ci conduce necessariamente in un ciclo automatico ad una scorporata gloriosa vita sulle estensioni esterne della sub-directory di qualche computer. Comunque, un quadro generale della maggior parte dei lavori multimediali contemporanei potrebbe convincerci del contrario. Dalle Macchine Parlanti Automatizzate, attrverso i cd gratuiti sulle copertine delle riviste di computer; materiale di presentazione corporativo e giochi "high end" quali Myst, il multimediale contemporaneo costituisce una preseza nelle relazioni da questo corpo post-umano come un processo di esclusione. Quello che vogliamo dire con questo non è che il tuo iperquotato amico del beigeware sia una specie di Area Schengen digitale che esclude crudelmente la tua carne disgregante, o che dobbiamo cominciare a picchettare gli uffici della Apple affinchè impianti mioelettrici siano impacchettati con ogni computer al posto di mouse, tastiera e monitor, ma che i modelli di presenza che vengono riuniti (ma efficacemente non visti) con la maggior parte dei correnti multimedia incorpori nozioni altamente stratificate e strettamente incanalate come questa relazione dovrebbe essere.

I computers sono cultura incarnata, epistemologia del metallo pesante, e nell'area su cui stiamo focalizzando due sequenze parallele stanno accadendo. Sono implicitamente collegate ma si attorcigliano dentro e fuori l'una dall'altra in modi differenti. La burocratizzazione del corpo in organi e il privilegiare l'occhio nella multimedialità è una. Il rinnovo dell'enciclopedismo è l'altra.

LA BUROCRATIZZAZIONE DEL CORPO IN ORGANI
Molto è stato fatto della nozione di occhio come organo primario (e primario anche in senso genitivo) attorno a cui i corpi (letteralmente) si organizzano. Dal metodo del missile cruise di Dziega Vertov a Berlino(6), fino all'orrore per la pornografia del femminismo anti-sesso, l'occhio è visto come un mezzo unificante e esplicativo proprio in sè stesso. Forse una certa apoteosi del privilegiare la vista si trova negli scritti di Guy Debord (7), dove lui assegna simultaneamente un immenso potere di espropriazione della vita a "L'ordine delle apparenze" e contemporaneamente posiziona un diverso tipo di immagine, la parola stampata, (dei suoi scritti, ovviamente) come il catalizzatore per la distruzione di questo mondo di relazioni mediate dalle immagini. La vista è il più teorizzato, il più contestato, eppure in qualche modo il meno contestato dei sensi burocratizzati.

Nella multimedialità, il desiderio di trasferire informazioni senza trasformare la loro integrità rimane fortemente, e i sensi sono stati prioritarizzati e valorizzati in modo che questo sistema possa lavorare efficentemente. Con l'occhio situato come luogo dell'autorità, la garanzia è passata agli altri sensi, che sono chiamati a confermare ulteriormente la prova presentata prima di loro. Seguendo il mantra delle vendite "immagine, testo, suono, video", le interfacce grafiche rinforzano questa rigorosa separazione dei sensi in una gerarchia dei dispositivi di feedback. In altre parole, come vedrete usando qualsiasi cosa dall' Enciclopedia Multimediale Grolier fino all' Anti ROM dell' Arts Council, l'interazione è alimentata prima di tutto e soprattutto attraverso il circuito della vista.

Nella macchina della vista della multimedialità contemporanea, poi, la mente deve essere ripensata o riprogrammata come un semplice processore di Information Graphics. Una volta riconosciuto e regolato, il senso può essere fatto e l'ordine può essere imposto alle informazioni; può essere soggetto a strutture di semplici strutturalismi dove il segno = significa "tutto va bene col mondo". Sotto il titolo viene il sottotitolo, sotto il quale viene il sotto-sottotitolo, finchè ogni complessità possa essere capita ad un primo sguardo da qualche luogo fuori dalla cabina della documentazione... Attraverso questo impilamento della rappresentazione, si spera venga realizzata una trasparenza mind-melding: interfacciando la mente disincarnata e le informazioni disinteressate. La mente è immersa nel data-spazio enciclopedico, come incantevolmente liberata da distrazioni viscerali come una bottiglietta di deodorante. Che l'occhio impantanato nella carne in cancrena in attesa di fondere la mente e le informazioni, un impulso elettronico con un altro, scelga di confermare il suo conferito status, non dovrebbe essere una sorpresa. L'occhio, liberato dalle costrizioni, con una propria mente, "può assumere ogni posizione desideri". Ciò che è notevole è che questa ricerca dell'occhio nomade si realizza nella maggior parte della multimedialità contemporanea come nient'altro che un sottoinsieme del comportamentismo: con utenti che abbaiano, guaiscono e criticano all'interminabile (per una volta nella vita) possibilità, per puntare e cliccare il loro percorso al paradiso del cibo per cani.

IL RINNOVO DELL'ENCICLOPEDISMO: IL MENU DI PAVLOV
Al centro giace il desiderio del rinforzo del significato. L'organizzazione enciclopedica dei dati mantiene un punto di privilegio dal quale l'occhio può incorniciare gli oggetti del suo desiderio. Non ci sono ostacoli in questo spazio, solo sentieri dritti puliti per aprire a viste sconfinate. In questo spazio, l'intenzione fa un passo verso l'utente, per essere compresa senza l'intralcio della ingombrante convenzione letteraria. Tutto può essere comunicato dall'interno del linguaggio iconico universale, una chiave visuale, prelinguistica, che porta chiaramente riferimenti al mondo cifrato. Questo spazio architettonico virtuale è stato costruito da un autore invisibile, la cui intenzione è di solito quella di imporre una chiusura ad una narrrativa, di fornire l' obiettivo raggiunto per mezzo di uno dei tanti metodi, il lettore/utente/concorrente/giocatore, (scegiete secondo la preferenze teorica) può allontanarsi, ma non deve vagare fuori dalla strada principale. Da ogni punto è possibile guardare indietro verso il vostro sentiero, tenendo il filo di Arianna, confortati dal fatto che tutto ciò che avete visto è stato registrato, segnato, referenziato ed è in definitiva rintracciabile. As an aside, l'accademia teoricamente critica si è entusiasmata troppo per la possibilità dell'ipertesto sotto la rubric del Rinnovo dell'Enciclopedismo. Tramite l'aspirante Nonnino degli Studi sull' Ipertesto, George Landow (8), stiamo già vedendo un percorso verso la standardizzazione dei protocolli di collegamento e i tipi di connessione che possono essere fatti da testo a testo, il centro sta già tentando di ossificare la produzione di significato in una pratica regolata e standardizzata.

Non preoccuparti, sii felice - tutto è sotto Controllo.

Piuttosto poi, più che un desiderio di multimedialità come un potenziale terreno per il rinnovo del pubblico, della rappresentazione e della simulazione, termini spesso presi a prestito strettamente dal cinema, e il potere di devoluzione all'occhio primitivo, o a ingaggiare nel percorso del Rinnovo dell' Enciclopedismo per una multimedialità suburbanizzata, noi siamo forse più interessati allo sviluppo di qualcosa che sia sintetico. Specificatamente: un processo di gioco con processo.

PROCESSO MATERIALE "Leroi Jones (aka Amiri Baraka) una volta commentò che ciò di cui aveva bisogno la gente nera era una macchina da scrivere che rispondesse non solo alla mano ma ai gesti. In quel modo, disse Jones, si sarebbe potuto mostrare il pieno coinvolgimento della gente di colore nel loro spazio vissuto e non la pallida, bianca versione che lui diede affermò di aver scritto da solo (9)". Vorremmo suggerire che questo commento ha una risonanza oltre l'importante e suggestivo punto che Baraka fa qui. Le configurazioni di carne che sono state disarticolate, che sono Le Inenarrabili, sono per noi particolarmente attraenti. Con I/O/D stiamo in parte tentando di articolare alcune di quelle articolazioni che sono state cancellate dal vocabolario della multimedialità. Comunque, con un cenno all' Anti-Edipo, e come una concessione a chi ha avuto la fottuta esperienza di usare I/O/D, dobbiamo dare una sterzata a quel po' di essenzialismo cui la dichiarazione di Baraka è avversa e notare che "Le macchine del desiderio funzionano solo quando si rompono" (10). Nello scompiglio di nozioni di una interfaccia "trasparente", e nell'investigare le possibilità della fisicità nella multimedialità, noi quindi non stiamo proponendo di formulare alcun nuovo paradigma sulla correttezza multimediale. Nè troviamo come con una quantità di "artisti" che meramente disperdono computer, videocamere, sensori di movimento e monitor in giro per una galleria in un vago gesto utopistico verso l'interattività meriti alcuna risposta tranne attrezzatura rubata. Non proponiamo nemmeno un nuovo regime disciplinare nè una "creatività" astratta vacante. Se la costruzione di significato prende posto sempre ai margini di un sistema - e il rinforzo del significato al centro - allora le reti di computer, dove il margine si stringe sul margine successivo, in un' economia del prolifico, finora escrementico scambio, sono attualmente utile luogo di scambio per trovarsi. In parte è con questo senso di incresparsi di margine in margine che I/O/D come un processo di zona di confine tenta di giocare.

Cosa è stato marginalizzato come accidentale nella multmedialità comportamentistica: lo svolazzare delle mani di un utente sulla tastiera, il tic del mouse, eventi ripetitivi o aritmici, rumore, confusione... concresce in una storia segreta di improvvisate, inimmaginate congiunzioni. Allora I/O/D è uno spazio intensamente aptico. Alla questione due, per esempio, il cursore a forma di freccia è largamente abbandonato e sostituito sia dalla posizione che indica il suono sia dallo scattare dentro la vita dello spiritello che è stato precedentemente necessario animare. Nei confini dettati dall'hardware di un mediocre computer Macintosh, noi stiamo persuadendo quel che è stato disarticolato: diversi tipi di movimento del mouse; abitudini esagerate al clic; le squarciate e brucianti norme di un sistema operativo macintosh; interfacce più grandi dello schermo; ripetitive ferite; directory trascurate; una fisicità della multimedialità che è correlata con quel che Ronald Sukenick ha definito "fertile nonsenso" (11); il ritorno di un'azione in un senso dentro un altro per produrre una sinestesia di impianti incrociati... ed è forse come sinestetici, il disordine neurologico del controllo dei gemelli intelligenti, che dentro la macchina astratta quello che noi abbiamo qui incattivito - testo e immagine "come verità", il rinnovo del pubblico e dell'enciclopedismo, il privilegiare l'occhio, - si perderà come il prime loci dell'autorità per essere soppiantata dalla ricerca di modelli e impegni di dinamica con processi materiali. Una dinamica che in una volta infesta i corpi e che attualmente si apre decisamente ad un impegno con una contaminazione corporale che è sempre stata operativa, ma che svaniva sullo sfondo.

I/O/D è scaricabile da internet all'indirizzo: http://www.backspace.org/iod Simon Pope e Matthew Fuller 1995

(1) Nicholas Negroponte, Being Digital, Hodder and Staughton, Londra, 1995

(2) Hans Moravec, Mind Children: the Future of Robot and Human Intelligence,(Cambridge, MA: Harvard University Press, 1988).

(3) Kevin Kelly, 'Out of Control', 4th Estate, Londra, 1994

(4) Norbert Wiener, 'The Human Use of Human Beings, cybernetics and society', Free Association Books, Londra, 1989

(5) The opposable thumb bootstrap is a transcendent myth of origination which has, as a close relative, the sequence of the ape picking up a thigh bone as the first weapon in the cosmology-rich film 2001 A Space Odyssey

(6) Dziega Vertov, Man With a Movie Camera (Film)

(7) Guy Debord, The Society of the Spectacle, Detroit, Black and Red, 1977

(8) George Landow, Relationally Encoded Links 333; Rhetoric of Hypermedia 83.

(9) Robert Cheatham, VIRTUAL ORPHICALITY:Telepathy, Virtuality and Encysted Sense Ratios, perforations, Public Domain, Atlanta

(10) Gilles Deleuze e Felix Guattari, Anti-Oedipus, Athlone, Londra, 1984

(11) In conversazione. Ma vedi Doggy Bag, Black Ice Books, Boulder, 1994