In search of meaningful events: curatorial algorithms and malleable aesthetics

Tratto da EduEDA
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Autore: Deck Andy C.

Tratto da: http://www.archimuse.com/mw99/papers/deck/deck.html

Titolo Originale: In Search of Meaningful Events: Curatorial Algorithms and Malleable Aesthetics

Traduzione di: Erica Maggi

Anno: 1999


Alla ricerca di eventi significativi: algoritmi curatoriali ed estetica malleabile


Alla ricerca di eventi significativi: algoritmi curatoriali ed estetica malleabile

Così molta dell’esperienza contemporanea legata al World Wide Web è la ricerca e la campionatura dei precursori insufficienti e incompleti di ciò che ci si può aspettare domani.
Nel clima che fa tendenza, molti sono occupati a guardare, cercare e aspettare piuttosto che interessarsi al dialogo,alla sintesi, alla derivazione e ad una produzione vivace.
Questa tendenza è di fatto incoraggiata: più scorriamo con lo sguardo le pagine dei risultati di ricerca su Internet, più pubblicità vediamo.
Il significato della selezione e degli algoritmi editoriali che danno forma al panorama risultante da Internet va oltre la sfera dell’estetica.
Eppure la concentrazione di autorità intorno al mercato dei portali di massa comporta delle formazioni discorsive che sono emerse negli ultimi anni riguardo all’arte, alla sfera pubblica, alla critica delle istituzioni e la libertà di espressione.

Gli artisti si stanno ponendo delle domande riguardo ai limiti e alla funzione delle arti nel campo dei Internet.
Nella misura in cui le istituzioni pubbliche trattano i loro siti web come mezzi per la pubblicità, livelli glorificati, ci si deve rivolgere ai margini della produzione creativa per trovare le tracce di una creatività latente.
Fortunatamente, i margini e il centro di Internet continuano a mescolarsi, specialmente in senso tecnico.
Così ci possiamo ancora porre domande marginalmente importanti: Se una forma d’arte rivoluziona il paradigma del trasmissione, permettendo un’interazione reciproca tra colui che trasmette e colui che riceve, in cosa consiste la tutela dell’arte?
Il curatore (di un museo) è anche un presentatore?
Un artista?
Un programmatore?
L’estetica malleabile suscita tali domande.

I sistemi cibernetici che ho in mente possono risultare incompatibili con le attività normative dei musei, con la custodia degli oggetti e con la documentazione artistica a prescindere dalla sua ricezione.
La malleabilità che intendo trasforma gli ipertesti e gli ipermedia: la sua essenza sta nella profonda riconfigurabilità rispetto alla reciproca azione tra osservatore/partecipanti.
Mentre la bellezza degli ipertesi e ipermedia artistici esistenti è ritenuta risiedere nel potente/grandioso scambio tra futuri/eventuali componimenti collegati dall’autore, l’attrazione dell’estetica malleabile sta nella digressione potenziale e nello sviluppo verso ogni direzione.
Incompatibilmente con la chiusura forzata, le forme più pure di questa categoria di produzione sono distribuite per assicurare che il codice di programmazione rimanga del dominio pubblico.

Alcuni dei più intriganti microcosmi dell’estetica malleabile del passato sono stati i sistemi interattivi testuali che privilegiavano il significato familiare del linguaggio naturale come la scrittura.
Il richiamo e la risposta del dialogo testuale, sia nella forma della conversazione o in un lento e graduale accumularsi di idee connesse (“bacheca‿) offre un modello suggestivo per l’articolazione del significato on line.
Ci sono dozzine di varietà di sistemi dialogici testuali che rappresentano approcci diversi al controllo degli eventi e delle interfacce.
Una forma blanda, la chiacchierata (chat), impone una potenziale anonimità, e a volte si oppone all’uso del linguaggio preferito e favorisce chi sa scrivere al computer.
Solitamente c’è poca o addirittura nessuna censura.
Mentre questo tipo di comunicazione può dar forma a sottili eventi e idee condivise, solitamente non c’è nessun documento duraturo, se non nei ricordi di scrive o legge.

Microsoft's Comic Chat with drawings by Jim Woodring
Variazioni dell’interfaccia di chat comprendono la categorizzazione degli argomenti discussi e l’abilità di allettare (o escludere) alcuni lettori.
Forse a causa della natura temporanea di questo tipo di discorso, la “libertà di dialogo‿ rimane controversa tra gli ospiti più dominanti.
Microsoft e Aol usano la popolarità delle chat per fare leva sul loro potere come sede di mercato.
Nonostante le differenze nei loro modelli, entrambi stanno sviluppando una fascia di utenti per colonie di consumatori on line.
Il fatto che questi utenti non abbiano un profondo controllo programmatico del software soggiacente, limita grandemente il potenziale malleabile di tali sistemi.
La risposta del pubblico usata a questa maniera si riduce a un sottoprodotto senza valore nella ricerca di una porzione di mercato.
Risulta abbastanza chiaro che gli sviluppi che non risultino utili a questa ricerca non fioriranno negli spazi regolati dal software commerciale dove la risposta si riduce a ciò che, Hans Magnus Enzensberger ha denominato “il più basso livello compatibile con il sistema‿.

Ci sono troppi pochi motivi per credere che le norme conservate dal mondo del broadcast siano applicabili anche a Internet.
Persino la nozione di reciprocità comunicativa sembra essere un pochino datata, poiché sembra aver più a che fare con la radio amatoriale piuttosto che con la rigida mediazione dei software.
Sarebbe inoltre un errore credere che l’apparenza della persistenza, nella forma dei database, sia una panacea per il lascito passivo del broadcast.
Comunque queste forme di persistenza che contribuiscono alla diffusione del controllo sui sistemi interattivi pubblici, portano nella direzione dell’estetica malleabile.
Quando il feedback può influenzare le qualità intenzionali di un sistema, la politica entra nel sistema.
‿Nel momento in cui qualcosa sta x diventare permanente, tutti se ne interessano‿ (Antin) e così funziona persino negli angoli più remoti del cyberspazio.
Quelle interfacce che danno alle persone la possibilità di contribuire in modo cumulativo sono solitamente assenti dai citi web fortificati delle corporation dei media ( e dei musei).
Includere veramente l’ignoto/lo sconosciuto apre al pubblico un vaso di Pandora di libertà espressive.
La maggior parte delle istituzioni sono riluttanti ad intraprendere attività rischiose che non assicurino un minimo grado di decoro.
Temendo ciò che potrebbe accadere, appoggiano siti web che fanno pubblicità gratuita alle loro cose. Facendo così, contribuiscono alla trasformazione di Internet in un elaborato catalogo da pagine gialle.
Le pubbliche istituzioni seguono la tendenza del settore pubblicitario, invece di schierarsi con gli artisti e con gli intellettuali che vorrebbero promuovere una cultura diversa dal falso autoritarismo della televisione commerciale.

Chiaramente questo non significa chiedere l’appoggio delle istituzioni per usi infantili dei nuovi media.
La crescita sorprendente del web è una prova della volontà delle persone di lasciare un segno estetico, retorico ed è tenendo questo a mente che ci si deve chiedere se i musei e le altre istituzioni pubbliche vorranno appoggiare o rifiutare tale volontà.
Perciò, poiché i musei sul web diventeranno più di un deposito di materiali legati ad una collezione permanente, esso deve prendere in considerazione il problema delle risposte.
Lo si vuole?
Con quali limiti?
Come potrebbe essere usato?

Situando il museo ed il curatore nella rete della collaborazione pubblica, si potrebbe dire che il controllo o la moderazione dell’input può assumere la forma della programmazione e del design preventivo di un’interfaccia, censura e pubblicazione.
La moderazione simultanea è il risultato inaccettabile della trasmissione e della produzione.
Allo stesso modo, che ci sia una soluzione tecnica capace di risolvere le difficoltà politiche di una vera partecipazione pubblica, è un mito.
Se un’interfaccia ferma la cacofonia del chattare, e la banalità della “My first home page‿ può anche impedire un contributo ideale , qualunque esso sia.
I software non dovrebbero essere usati come una burocrazia kafchiana per nascondere la catena di responsabilità e repressione.
Invece di opporsi all’apporto del pubblico, invece di scusare la mediocrità dei software ed invece di attribuire in modo astratto le responsabilità alla tecnologia, le istituzioni dovrebbero diventare più responsabili.
A causa delle implicazioni politiche del Interactive sistem design, esso dovrebbe essere rivisto e discusso.
Nell’allontanarsi dagli ottusi siti web che sono saltati fuori da tutte le parti, è evidente il bisogno di politiche di controllo più trasparenti.

Questa apertura è ben rappresentata da progetti “MOO‿ multi-user che hanno avuto origine dai giochi di ruolo Muds (multi – user – dungeons). I partecipanti con accesso ad internet si connettono ad un computer che ospita il software ed il database del server MOO.
Solitamente le persone che usano più frequentemente i MOO diventano architetti tattici e principali providers di contenuti.
Non è insolito per un consiglio guida essere composto da un gruppo geograficamente disperso di utenti interessati.
Come nel caso della chat, la temporaneità dell’espressione tende a rendere la censura molto rara, ma in quelle situazioni in cui il comportamento di qualcuno ha delle conseguenze dirompenti o disgreganti, viene presa una decisione collettiva per far fronte nel modo migliore alla situazione.
Questo processo, che in pratica varia da tendenze democratiche ad oligarchiche, richiede un protocollo consensuale da parte del governo per armonizzare il discorso ondine.
Questo tipo di governo ha predominato nei sistemi MOO nell’ultimo decennio, ed in pratica consente un grande margine di espressione.
Senza considerare il fatto che i partecipanti MOO si ritengano degli artisti, i conflitti con l’autorità che sorgono dalla regolamentazione di progetti artistici pubblici e fondati sulla collaborazione possano essere arbitrati in questo modo.
Piuttosto che un comportamento preventivo e soffocante, si deve incoraggiare i partecipanti a far fronte alle loro diversità, come succede al di fuori dei canali digitali.
Sebbene non sia ideale, questo modello può anche fornire un meccanismo flessibile per le istituzioni allo scopo di risarcire le controversie sui contenuti on line: la responsabilità per appianare le controversie viene delegata.
Il MOO differisce in modo significativo dalla chat per diversi motivi.
Per prima cosa, i caratteri o gli ambienti permanenti danno continuità alle visite ripetute. Sebbene l’anonimato sia un’opzione, lo spazio metaforico del MOO diventa familiare, così come le varie personalità.
I visitatori regolari possono contribuire con molti tipi di “Objects‿ nel database – descritti – programmatici, automatici, sensibili.
Gli utenti si confrontano l’un l’altro, al confine del linguaggio e della programmazione al naturale, ma sia i novizi che i maghi si possono incontrare e conversare in questa zona di confine.
Persone con un’abilità di programmazione modesta, aggiungono dei numeri al MOO(scripting rooms) per fare cambiamenti.
La sinergia che risulta, per cui lo spazio viene gradualmente reinventato, si apre su sentieri non possibili da anticipare.

Il termine “estetica malleabile‿, come la intendo io, si riferisce a questa abilità di accumulare non solo affermazioni o dati, ma anche cambiamenti strutturali portati dagli utenti del sistema.
Sono apparse delle interfacce ibride che cercano di dare una forma più visiva ai luoghi e ai personaggi del MOO.
Ciò è stato tentato in modi diversi senza grande successo.
Sebbene costruzioni sul Network, dirette agli utenti siano possibili con i multimedia (testimone ne è il World Wide Web stesso), creare immagini e grafica avatara per il visuale MOO richiede alcune abilità non comuni, con cui il pubblico di solito non ha familiarità, linguaggi di programmazione e strumenti d’autore.

I giochi d’azione sul network come “Quake‿, in un certo modo, graficamente rispondente impongono una tematizzazione cruda.
Mentre le tematiche MOO spaziano dai giochi di ricerca fino alla cultura post moderna, gli ibridi grafici rimangono impantanati negli strati delle complessità procedurali e preconcezione grafica.
Anche se, attraverso la simulazione, si riesce ad attraversare un gioco “world‿, questa rimane una navigazione labirintica e preconcepita di un hypermedia non malleabile.
Nell’arena della macchina della realtà l’estensione dei fondatori dei confini incerti nell’interfaccia contro – intuitiva, portata dal mouse, di pubblicazioni di livello, di processione di immagine, di modellazione di solidi e di controllo del movimento.
Come risultato, espedienti che offrono un’abbondanza di scelte superficiali.
Ma qualsiasi sfondo si possa selezionare, un gioco “ammazzali tutti‿ è sempre un gioco “ammazzali tutti‿.
La sfida latente in tutti i sistemi ibridi multi utilizzati è il recupero delle tematiche narrative e visive da parte di ingegneri, programmatori e le richieste competitive di commodificazione nel mercato del software e dei servizi.

Probabilmente non passerà molto tempo prima che videocamere e microfoni e videocamere digitali superino il dominio del mouse, come attrezzo per contribuire agli avvenimenti spontanei audiovisivi del network. Si può pensare ad un budget basso sulla relazione della scena perché prodotta da documentaristi indipendenti, equipaggiati con appena il microfono, la videocamera, il pc e la connessione internet.
Qualche indicazione di questo sistema è già evidente nella diffusione globale delle discussioni alla radio e della musica indipendente attraverso un audio digitale.
Tali tecnologie promettono di portare una certa intuitività nell’uso creativo del computer che renderanno il confine tra esecutore/consumatore – produttore/artista più permeabile.
Ma ad un portale collegato e dentro intranet, un’evoluzione coincidente minaccia questa promessa con un software “cookie-cutter‿ che riduce la creatività ad una delle diverse opzioni e paragona l’espressione con la consunzione.
Tuttavia, date le attrezzature ampiamente disponibili non è affatto saldo.

Mentre i “firewalls‿, la filtrazione, l’asimmetria della trasmissione e i meccanismi di sicurezza si incrociano insidiosamente con la fattibilità tecnica di nuove forme di comunicazione, non di meno la sperimentazione continua.
Il linguaggio java, concepito originariamente come una lingua di controllo per la televisione interattiva, è diventato un mezzo popolare per orchestrare le cosiddette comunicazioni del “client – server‿.
Usando ciò per implementare un sistema di disegno collaborativi, ho scoperto che malgrado le limitazioni del mouse, il linguaggio programmatico e il contesto del browser, sono rimasto coinvolto nella relazione con l’immaginazione pubblica che mi interessa più della mia stessa.
Le cose che sono state fatte, le cose che sono successe in questo insolito spazio, mi mantengono concentrato nel superare un senso incombente di adeguatezza.
Molte volte ho avuto corrispondenza con persone attraverso dialoghi non verbali, simili a sogni.
Mentre sono lontano dal posto, alcuni dei miei collaboratori lasciano le loro animazioni sperimentali, mentre altri si impegnano su una singola immagine.
Dato che disegni salvati possono essere rivisti nella stessa sequenza di colpi e segni usati dall’artista, i prodotti di questo programma rassomigliano agli studi sullo scorrere del tempo.
Inoltre, mi piacerebbe fornire alle persone attrezzature compositive per scrivere meta – narrativa, usando il materiale che è già stato preparato.
Mi chiedo se sarebbe bene permettere alle persone di cancellare i dati sul database.
Ciò sovvertirebbe il mio desiderio di accumulare una visione retrospettiva senza cuciture.
Forse la soluzione è di procedere in entrambe le direzioni, sebbene io ne possa controllare solo una.

Questo, nel campo dello sviluppo del libero software, è chiamato “forking‿.
La fonte aperta, GNU “General Public Licensing‿ permette a chiunque, se lo desidera, di produrre derivazioni del mio software.
Avendo messo così tanta fatica nel mio progetto, non è facile permettere tutto ciò, ma questa è l’unica alternativa in un mondo in cui la ruota del software viene reinventata ancora ed ancora.
Con il software la derivazione è più produttiva dell’invenzione.
Draw.jpg
Nel costruire il programma sono stato colpito dai molti modi in cui la censura si intreccia col disegno.
Ogni configurazione può scoraggiare qualcuno e attrarre qualcun altro.
Le interfacce interpellano i soggetti.
È a questo punto del riferimento che il termine “curatorial algorithm" acquista per me un significato.
I programmi e le decisioni sul disegno che ho fatto determinano, in modo più ampio, ciò che le persone sono probabilmente capaci di produrre con il software del disegno.
In pratica, raramente cancello e censuro ciò che le persone hanno aggiunto al database.
Certamente ci sono elementi di graffiti, “shout out‿ e tentativi di autopromozione.
Ma non sono disponibile a dire alle persone come usare il software o cosa scrivere, perciò evito il ruolo convenzionale del curatore.
Non di meno è chiaro che il rendere l’interfaccia (meno o più) semplicistica, dissuade alcune persone dal disegnare.
I disegni che quindi possono derivare dal programmare logistica o deviazioni varie, possono sommarsi in una forma di selezione di risposta.
Le persone che vengono estromesse dal disegno non saranno, in ultimo, rappresentate nell’arte collettiva che viene prodotta.

Pensando a ciò, ho cercato di produrre un’interfaccia che a prima vista sembra semplice, ma che mantiene una certa profondità funzionale, una capacità di sottilizzare.
Concepisco questo software come una sorta di ponte tra il divertimento e il processo creativo.
Secondo la mia esperienza le persone imparano facendo un’osservazione comune che viene espressa più eloquentemente da Andreas Huyssen che scrive nei "learning plays" del Heiner Müller.
Non impari da loro (lezione oggettiva, teatro come prodotto finito, accettazione non critica della tesi), ma riproducendo tutte queste attivamente, imparando attraverso di esse (lezione d’esempio, ri-produzione di un processo, Bei-Spiell, estrapolazione critica del contemporaneo).
(Huyssen, 1976).

Il software ha il potenziale per rappresentare i processi contraddittori delle presentazioni drammatiche e di permettere alle persone di imparare rappresentando le situazioni.
Ma anche il potenziale di procedere tali investimenti immaginativi, conducendo gli utenti attraverso una processione di anelli gerarchici preselezionati.
Come individui, piccoli gruppi o musei con fondi modesti con la velocità della produzione del contenuto predisposta da una pubblicità sponsorizzata e profusione di capitali con fine speculativo, i siti web appaiono non affidabili.
E probabilmente la velocità non è in alcun modo una virtù.
Invece di emulare ciò si possono implementare i sistemi che incoraggiano la partecipazione creativa dei visitatori.
Tali siti possono essere popolari e al tempo stesso contribuire alla sperimentazione critica del comportamento.
In questo senso è possibile competere con l’industria emergente sul web; e oltre a ciò questa competizione ha bisogno di non seguire i generi e i valori dell’industria Gee Whiz.
Piuttosto esiste l’opportunità di chiudere la frattura tra i passatempi passivi e l’impegno intellettuale con sfumature artistiche.


Bibliografia

Antin, David. (1992) Fine Furs. In Mitchell, W.J.T. (Ed.) Art and the Public Sphere. University of Chicago Press, 1992. pp. 249-262.

Enzensberger, Hans M. (197?) Constituents of a Theory of the Media. In Critical Essays. Continuum, 1982. pp. 46-76.

Huyssen, Andreas. (1976) After the Great Divide. Indiana University Press, 1986. p. 83.