Incontro di Software Art

Tratto da EduEDA
Jump to: navigation, search

==Autore:== Cramer florian

==Tratto da:== Incontro di Software Art – Media Arts Lab at Künstlerhaus Bethanien in collaborazione con transmediale.03

==Anno:== 2003 d.c.

==Traduzione di:== Inke Arns

==Descrizione:== l'arte del software - un romanzo curatoriale o una tendenza artistica

“Il titolo in qualche modo polemico del nostro incontro di oggi è "l'arte del software - un romanzo curatoriale o una tendenza artistica". Il 2003 contrassegna il terzo anniversario della premiazione del software alla transmediale, che dalla sua prima apparizione nel 2001 ha istigato un dibattito continuo circa l'arte del software e la sua legittimità. Da una parte si è diffusa ed estesa ad altri festival, mostre e progetti artistici l'idea che gli artisti non possono semplicemente essere utenti di software prefabbricati per produrre qualcos'altro ma che devono intendersi di software e codice in sé in senso inventivo e critico. D'altra parte non esiste ancora una precisa identità per gli artisti del software. Il lavoro della giuria per i concorsi di software art finisce spesso per essere difficile a causa di pochi e confusi imput di qualità e poiché molti se non la maggior parte dei software artisticamente interessanti - ad esempio i codici degli hacker, l’arte concettuale, la composizione musicale algoritmica – o si trovano al di fuori dell’ambito artistico o non sono riconosciuti come arte del software dai relativi creatori. Quest’incontro internazionale riunisce artisti e critici dalla Russia, gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna e la Germania: Olga Goriunova, Amy Alexander, Florian Cramer, Antoine Schmitt ed Alex McLean - la maggior parte dei quali ha avuto a che fare con il premio del software alla transmediale come vincitore o come membro della giuria. Forse qui dovrei accennare che nel programma era scritto che avrebbe partecipato Margarete Jahrmann, ma non è potuta venire, quindi dovremo fare a meno di lei. L'idea di quest’incontro è di discutere criticamente l'arte del software e la sua organizzazione durante i tre anni ultimi e disegnare una conclusione preliminare, se questa è possibile, della relativa attuabilità. Così prima di presentare i partecipanti, darò un breve profilo del soggetto della nostra discussione.

L'arte del software, che considererei come termine euristico, nella più vasta accezione descrive le attività che usano il software o il codice come materiale artistico. Non mi dilungherò sulla nozione di software art poiché sono sicuro che ciascuno di noi ha una sua prospettiva differente che sarà indirizzata durante la discussione. Piuttosto dirigerei la vostra attenzione sul perché il software o il codice sono considerabili assolutamente un materiale interessante per la produzione artistica.

Quindi perché il software? Il software è diventato ubiquo, il che significa che anche senza conoscerlo nessuno può più evitarlo più oggigiorno. Il software al giorno d'oggi può essere trovato non soltanto nei computer ma in quasi tutto, dai dispositivi di comunicazione, ai telefoni, a tutte le specie di macchinari di massa, persino nelle lavatrici e in altri dispositivi familiari. Ma l’ubiquità in questo caso significa non soltanto che il software è dappertutto, che domina tutto, ma significa anche che la maggior parte del tempo esso rimane invisibile. Questa invisibilità generale del software si applica a due livelli differenti. Il primo, nella maggior parte dei casi detto "software grezzo", in cui il codice è coperto da superfici lucide in cui non state maneggiando direttamente il codice ma in cui lavorate con un'interfaccia grafica. Il secondo livello di invisibilità del software si applica all'interfaccia in se. È ciò che gli informatici denominano "la trasparenza dell'interfaccia". Nel linguaggio di tutti i giorni significa normalmente la visibilità o la chiarezza, o la controllabilità con visibilità. La trasparenza nel caso dell'informatica piuttosto corrisponde alle informazioni che vengono nascoste, il che significa che l'utente non nota il lavoro di sfondo del software.

Anche se le informazioni che si nascondono nel disegno dell'interfaccia possono essere utili, può dirsi che allo stesso tempo ciò suggerisca all'utente o al visore una vista o un accesso diretti o persino naturali ai dati. Ciò non è naturalmente positivo, come nota Lev Manovich nel suo libro "la lingua dei Nuovi Media". Una corta citazione: "lontano da essere una finestra trasparente per i dati all'interno del computer l'interfaccia porta con sé forti messaggi." Oggi, in un periodo in cui il nostro ambiente è sempre più mediatizzato e digitalizzato e può dirsi essere basato sempre più sui software, diventa sempre più importante essere coscienti che il codice o il software interessano direttamente gli spazi virtuali e reali in cui ci muoviamo, comunichiamo e viviamo. Ha le possibilità direttamente per mobilitare o immobilizzare i suoi fruitori.

Ecco perché Lawrence Lessig nel suo libro "il Codice ed altre leggi di Cyberspace" sostiene che il codice di programma sempre più tende a diventare legge. Questo è il suo ormai quasi famoso motto: "Il Codice è legge." Oggi le funzioni di controllosi stanno costruendo nell’architettura propria, ad esempio, dellla rete, ilche significa nel suo codice. Prendendo come esempio il servizio in linea America Online (AOL) Lessig fa capire chiaramente come il codice direttamente permette o disabilita la libertà di movimento, di parola e di comportamento. Il codice - anche se rimane in gran parte invisibile - non dev’essere accettato come qualche cosa di naturale o come fatto divino. È piuttosto scritto dagli esseri umani e può quindi essere cambiato o concepito diversamente.

Il codice e l'arte del software si occupano di queste strutture del software e del codice e che generano le superfici visibili. La software art mette a fuoco la nostra attenzione su tutto il codice grezzo di programmazione dominante su cui sempre più è basato il nostro ambiente di lavoro e di vita ed usa questo codice o questo software come relativo materiale artistico.‿