Interaction, Participation, Networking. Art and telecommunication: differenze tra le versioni

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Infine tutti i processi che avvengono nel mondo elettronico sono basati su informazioni immateriali.
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Revisione 16:18, 6 Feb 2006

Autore: Inke Arns

Tratto da: Da partecipazione ricettiva a partecipazione attiva

Titolo Originale: Reception, participation, interaction–from receptive to active participation

Traduzione di:Emanuela Ester Zedda

Anno: L'anno del brano tradotto

Interazione, Partecipazione, Arte di rete e telecomunicazione


L'idea che la ricezione di un'opera d'arte richieda la partecipazione dell’osservatore, non è esclusiva del ventesimo secolo, ma è stata anticipata verso la fine del diciannovesimo secolo dal concetto del Mallarmé di arte come processo che comprende elementi mutevoli e aleatori, che, col nome di "opera aperta",divenne programmatico per il movimento d’avanguardia circa cinquant’anni più tardi. Seguendo linee simili, nel 1957 Marcel Duchamp ha asserito che ogni esperienza estetica assegna un ruolo essenziale allo spettatore, che nel corso dell'osservazione "aggiunge il suo contributo all'atto creativo". In un'altra occasione, Duchamp ha persino sostenuto che "un lavoro è fatto interamente da coloro che lo guardano o lo leggono, che lo fanno sopravvivere con il loro consenso e persino con la loro censura".

Le nozioni ed i concetti di interazione, di partecipazione e di comunicazione sono elementi focali nell'arte del ventesimo secolo e interessano in egual misura l’opera, il destinatario e l’artista. Parlando in generale, questi termini indicano un passaggio dall'opera d'arte chiusa

dalla fruizione contemplativa alla partecipazione attiva. Si tratta di un cambiamento lontano dal concetto di "autore" e che porta, oltre all’idea di "autore come produttore" e a quella di “morte dell'autore", verso l’idea di paternità distribuita o collettiva dell’opera. Con l’approssimarsi del ventunesimo secolo, l’artista-genio del diciannovesimo secolo si era evoluto in un iniziatore di processi di scambio comunicativi, e spesso anche sociali e politici. In tutti questi "movimenti di apertura" il concetto di interazione svolge un ruolo importante. Tuttavia, il significato del termine "interazione" ha subito una trasformazione continua durante gli anni tra l’avvenimento partecipativo e le azioni di Fluxus degli anni 50 e dell'inizio degli anni 60, e l'arte interattiva dei media degli anni 80 e degli anni 90. Il mutamento di significato è dovuto probabilmente all’ampio spettro di interpretazione a cui il termine si presta: Interazione indica infatti sia l’azione sociale correlata, sia la categoria di comunicazione, sia la fondamentale categoria di comunicazione uomo-macchina

anni 60 agli anni 90 la nozione sociale di interazione è stata rimpiazzata dalla definizione di interattività (interazione uomo-macchina) con maggiore impronta tecnologica e mediali. Dieter Daniels spiega questo spostamento di paradigma con la seguente teoria: mentre negli anni 60 i media erano ancora visti come uno dei mezzi utilizzabili per raggiungere l’utopia socio-culturale di una società , una svolta a riguardo si ebbe negli anni 90, un periodo in cui la tecnologia dei media

tutte le trasformazioni sociali, culturali ed economiche". Dopo che nei primi anni 90 la nozione di interazione sociale fu sostituita da quella di un'interattività soprattutto tecnologica, dalla metà di quello stesso decenniolo sviluppo di Internet stava restituendo importanza sociale ai concetti associati di interazione/interattività, che in maniera sempre maggiore rappresentano lo scambio umano assistito dal media e quindi collegato agli ideali dell'arte intermediale degli anni 60 così come ai primi esperimenti di telecomunicazioni degli anni 70 e degli anni 80.

La seguente descrizione si concilia meno con la concezione più tecnica di interattività e col suo orientamento mediale rispetto a quanto non faccia con quei progetti condotti dagli anni 60 in poi, che svilupparono l'idea di interazione come sociale e gregaria. Dopo una breve analisi dei vari modelli dell'interattività nell'arte dei media, quindi, il mio saggio si focalizzerà sui progetti e sui processi di comunicazione nel corso dei quali si sono sviluppate particolari forme di interazione e concetti di interattività. Tutti i progetti si occupano di interazione uomo-uomo attraverso i media o il computer, mirante all’interconnessione e alla cooperazione di partecipanti separati da grandi distanze fisiche. Oggi, le forme di arte ed interazione presentate, che vanno dal lavoro a circuito chiuso alle installazioni interattive di arte mediale, esistono come possibilità parallele.


Dal "lavoro aperto" di Happening e di Fluxus (anni 60) allo spettatore condizionato (anni 70)

I primi passi verso partecipazione ed interazione attive sono stati fatti da John Cage, Allan Kaprow, George Brecht ed altri appartenenti ai movimenti di Fluxus e di Happening negli anni 50 e negli anni 60. Le famose composizioni di John Cage 4' 33 (1952) o immaginary Landscape n°4 (1951) possono essere citate come esemplificazione di "lavoro aperto". Il pezzo "4’ 33" consiste di quattro minuti e trentatre secondi di silenzio, il cui protagonista dipende naturalmente dalle condizioni della sua performance pubblica (rumore fatto dal pubblico e dall'esecutore, rumore di sottofondo, e così via). "nel paesaggio immaginario n°4" come strumenti musicali sono impiegate dodici radio, da notare che ogni prestazione è unica e irripetibile per il fatto che la scelta delle frequenze varia secondo la data e la località dell'esecuzione. Con i suoi requisiti minimi, Cage intende iniziare un processo creativo individuale e sociale che successivamente si stacca dalle intenzioni del relativo autore." Mentre il silenzio 4'33 intensifica la creatività potenziale della ricezione del pubblico (ma non fa ancora partecipare attivamente gli ascoltatori al processo artistico)," il paesaggio immaginario No.4 "dà risalto al ruolo non-definito degli esecutori (che, tuttavia, rimangono esecutori). Dai tardi anni 50 in poi, la forma d’ arte di Happening stabilita da Allan Kaprow fece qualche passo ulteriore rendendo gli spettatori stessi partecipanti, esecutori e interpreti del processo artistico ( si veda " 18 happenings in 6 parti ," 1959). Negli anni 60, questa interazione fra il pubblico, l’opera e l'artista divenne l'elemento principale di un’estetica situata al di fuori dai generi, dalle categorie e dalle istituzioni, generalmente definita col termine "intermedia."

Con il festival " Esposizione di Music-Electronic Television “ organizzato nella città tedesca di Wuppertal nel 1963, Nam June Paik realizzò un primo modello per l’interazione dello spettatore con l'immagine elettronica della televisione. Utilizzando dispositivi come un microfono o un magnete, le diverse versioni di " Partecipation TV " (1963-¬1966), che fu il primo ad essere presentato al festival, e il successivo “ Magnet TV " (1965) consentivano allo spettatore di produrre dei modelli oscillanti su uno schermo TV elettronicamente modificato. Tipica di questa prima fase "la riutilizzazione interattiva," la deviazione, dei mezzi di radiodiffusione come la TV e radio. La richiesta implicita di un cambiamento nelle strutture unidirezionali dei mass-media si sommava a una massiccia critica alla passività di fruizione degli stessi indotta negli spettatori. Negli anni 70 altri concetti di interattività vennero introdotti in coincidenza col passaggio dall’happening alla performance. Artisti come Dan Graham, Peter CampusBruce Nauman gli spettatori si trovano ad essere radicalmente condizionati. Queste installazioni interattive furono le prime ad incontrare il successo nel mondo dell’arte e furono i prodotti di una fondamentale diffidenza verso gli ideali di apertura e partecipazione a cui si anelava negli anni 60: " Io non credo nella partecipazione del pubblico" è una dichiarazione documentata di Nauman. Le installazioni a circuito chiuso prodotte nel decennio successivo non rappresentarono tanto progetti partecipativi, quanto situazioni che riflettono sul rapporto fra lo spettatore ed il mezzo." Il celebre “Tap and Touch Cinema“ (1968) di Valie Export, che rese l'interattività afferrabile come un'esperienza sensoriale e tattile diretta, si pose in netto contrasto con questa auto-riflessione media-estetica. Per la sua azione di strada, la Export si legò al petto una scatola aperta nella parte anteriore ed in quella posteriore, così da consentire ai passanti di far passare le mani sul davanti attraverso una tenda e di toccarle i seni. Questa "installazione mobile" condizionò lo spettatore più drasticamente di quanto non fece il corridoio del Nauman ", ed allo stesso tempo mise profondamente in discussione il confine fra pubblico e privato.

Negli anni 70, un artista come Douglas Davis rappresentò l'opposto dell’esplicito rifiuto di Nauman per la partecipazione del pubblico. I progetti d’arte di Davis miravano a creare delle situazioni di comunicazione esplicitamente dialogiche attraverso i nuovi mezzi di telecomunicazione (si veda la sezione sui "progetti satellite", sotto). Tuttavia i progetti di Davis, con i loro risultati di vasta partecipazione di pubblico, rappresentarono un’eccezione alla regola: i principali progetti di telecomunicazione degli anni 70 e degli anni 80 prevedevano la partecipazione degli artisti che li avevano realizzati, ma non di un vasto pubblico. La situazione cominciò a cambiare soltanto negli anni 90, quando molte più persone ottennero l’accesso ad Internet.


MediaArt interattiva negli anni 80 e 90

Sebbene la tecnologia computerizzata, digitale e multimediale sviluppata e vastamente usata dagli anni 80 in poi contemplasse l’interazione dell’utente col dispositivo, questa interazione era prettamente orientata verso il mezzo e di portata tecnica. E’ quindi possibile ravvisare nella visione di Dieter Daniel, una variazione dei paradigmi ideologici che si allontanano dalle idee socio-estetiche senza frontiere degli anni 60 verso il concetto di interattività tecnologica degli anni 90.

Lynn HershmanPeter WeibelChrista Sommerei e Laurent MignonneauUlrike GabrielPaul SermonAgnes Hegedüs.

L’ascesa di Internet negli anni 90, fece tornare alla ribalta il concetto di interattività caratteristico dell’arte intermediale degli anni 60.


Telematica e Telepresenza


Fino a un certo periodo questo concetto, e ancor prima quello di agire o influenzare a distanza è anche riflesso nell’arte mediale interattiva. Kit Galloway e Sherrie Rabinowitz, che dal 1977 hanno lavorato col nome di Mobile Image, sono indubbiamente pioniere in questo campo. Il loro progetto pionieristico “Hole in Space


Le sculture telematiche di Richard Kriesche sono un ottimo esempio di progetto telematico. Dopo aver esaminato l’importanza del rumore di sottofondo nelle comunicazioni tecniche o via satellite in diverse rappresentazioni come “Radio TimeArtsatTelesculpture III Il contenuto delle informazioni ed il numero delle chiamate determinava lo spostamento o meno del binario contro la parete e l’urto del monitor attaccato alla sua estremità alla fine del processo. Le telefonate determinavano dunque un movimento diretto verso un altro mezzo. Questo collegamento con la rete telefonica dava luogo a una complessa interazione. Come prima rete di comunicazioni e informazioni del mondo, la linea telefonica internazionale ha fornito a “Telesculpture III

Nel Padiglione Austriaco, alla Biennale di Venezia del 1995, Kriesche estese il suo concetto per creare “Telematic Sculpture IV

Dal lato opposto si trovano i lavori di Paul Sermon che mirano chiaramente a una comunicazione interpersonale spesso quasi intima, collegati concettualmente al progetto di Galloway e Rabinowitz. Il primo progetto di Sermon, in una serie di installazioni telematiche che collegavano in videoconferenza due postazioni remote attraverso tecnologia blue-box e ISDN, fu “Telematic Dreaming L’utilizzo di videoconferenze blue-box e ISDN facevano sembrare che gli occupanti, lontani tra loro, giacessero insieme in un unico letto matrimoniale virtuale. La metafora del letto fa dell’installazione di Sermon il più intimo dei lavori telematici.

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Roy Ascott

Joseph Beuys, alla natura del non-oggetto dell’arte concettuale, alla centralità dell’evento, tipica dell’arte della performance, o alla nozione politica di Situazionista. Verso le telecomunicazioni, si proietta, dai tardi anni 70 in avanti, Robert Adrian X con particolare attenzione agli E.A.T. (Esperimenti in Arte e Tecnologia) e alla mail-art:

Immaterialità, processo e partecipazione furono forse le tre idee fondamentali e più strettamente collegate nel contesto di arte elettronica. Robert Adrian X, riferendosi al suo progetto di telecomunicazione “The world in 24 hours



Infine tutti i processi che avvengono nel mondo elettronico sono basati su informazioni immateriali.


Progetti con il satellite






Rete sociale, la partecipazione

Sebbene le telecomunicazioni e i progetti satellitari degli anni 70 fossero improntati verso l’apertura e la partecipazione, la partecipazione attiva si limitò a un piccolo gruppo di artisti. Kit Galloway e Sherrie Rabinowitz mancarono della presenza di un elemento sociale ed emancipatore, che offrisse una potenziale alternativa all’utilizzo mass-mediale dei mezzi di comunicazione.

A oltre vent’anni di distanza, questa affermazione non ha perso attualità. Al contrario: più la gente sposta le sue attività nel mondo dei dati (per esempio su Internet) più diventa importante la presa di coscienza degli attributi, che agevolano, o eventualmente ostacolano questo processo, del codice su cui questi mondi virtuali sono basati .


In funzione per alcune settimane, il loro cafè era un computer multimediale e una rete video che metteva in comunicazione, in tempo reale, cinque diversi distretti di Los Angeles popolati da diversi gruppi etnici.



Sistemi basati sul contesto, piattaforme di comunicazione e città digitali


Il successivo progetto concettualmente orientato verso l’arte che apparve nel nuovo spazio di comunicazione, distribuzione e produzione, offerto dai data-network, fu The Thing.

Avviato dall’artista Tedesco-Americano Wolfgang Staehle, The Thing fu lanciato come sistema di caselle di posta accessibili tramite la rete telefonica di New York nel 1991. Un secondo nodo, The Thing Colonia, fu aggiunto nel 1992, seguito da The Thing Vienna nel novembre dello stesso anno. Seguirono presto nuovi nodi a Berlino e in molti altri luoghi. L’area più (inter)attiva e anche la più importante di The Thing consisteva in diverse bacheche, che offrivano luoghi di incontro per discutere di teorie sull’arte, notizie e chiacchiere, dibattiti in corso e consentivano l’accesso a una grande quantità di informazioni e la consultazione alcune versioni di riviste d’arte on-line. Accanto ai forum di discussione, The Thing offriva, sotto forma di grafici scaricabili dal computer di casa, opere d’arte , per esempio quelle di Peter Halley.

Da allora sul World Wide Web, con una nuova interfaccia per l’utente dal 1995, The Thing ha continuato a funzionare come piattaforma per l’arte e per discorsi ad essa correlati.

Nel 1994 e 1995, numerose comunità virtuali, simili a città spuntarono come funghi sul giovane World Wide Web (WWW). Dati gli elevati costi di utilizzo di Internet e delle sue risorse nella prima metà degli anni 90, tutti questi progetti si unirono nella richiesta comune di prezzi d’accesso ragionevoli che consentissero l’accesso a tutti.

Alla fine del 1994 la International City Federation (ICF) fu fondata a Berlino sul modello di DDS. Probabilmente il più grande progetto di rete in Germania nel periodo 1995-1996, il suo scopo, in qualità di internet-provider indipendente, era quello di facilitare la presenza su Internet ai progetti culturali.



Creazione collettiva e collaborativa nei progetti di telecomunicazione

Gli artisti stavano sperimentando la creazione collaborativa con complicate strutture di comunicazione e di rete e con processi su sistemi basati sul testo, ben prima del boom di Internet degli anni 90.


Artisti che si trovavano fuori degli Stati Uniti furono collegati alla conferenza tramite satellite e tramite un sistema di computer creato da I.P. Sharp (IPSN). L’organizzatore, Bill Bartlett, fu raggiunto da ospiti come Gene Youngblood, Hank Bull (Vancouver), Douglas Davis and Willoughby Sharp (new York), Norman White (Toronto) e Robert Adrian X (Vienna). La serie risultante di progetti di creazione collaborativa fu condotta nei primi anni successivi, sulla rete di time-sharing della I.P. Sharp Associates.





Gli articoli di Roy Ascott, Robert Adrian X e Carl Loeffler ricadevano nella seconda categoria.


Nel 1992 la Van Gogh TV dette luogo con uno sforzo straordinario a una trasmissione aperta, sforzo che ancora era richiesto per un’impresa che presto sarebbe stata fortemente agevolata da Internet e dalle nuove tecnologie digitali. L’apertura di Internet nella metà degli anni 90 significò che potenzialmente ogni utente, anche quando si trovava in viaggio, poteva diventare un trasmettitore senza necessitare di particolari equipaggiamenti tecnologici (senza tuttavia ottenere pubblico vasto come quello della televisione.).



Sorgente aperta, testo aperto, teoria aperta: progetti di coo-scrittura aperta e partecipativa sul WWW





Partecipazione ed Interazione in una cultura telematica



Mentre gli architetti contemporanei si cimentano anche a sperimentare facciate-mediali (si veda ad esempio l’edificio della VEAG a Berlino o l’edificio di Renzo Piano realizzato per la Compagnia Olandese di Telecomunicazioni a Rotterdam), Blinkenlights non si preoccupa dell’aspetto dell’architettura dinamica, ma pone in massima evidenza lo slancio partecipativo nello spazio urbano. In altre parole si interessa all’idea enfatica di ciò che il pubblico rappresenta.