Interview with Alex Galloway by Peter Schauer

Tratto da EduEDA
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Interview with Alex Galloway by Peter Schauer http://rhizome.org/thread.rhiz?thread=1732&text=2353#2353

Quella che segue è l’intervista condotta da Peter Schauer (2001) (p.schauer@theartnewspaper.com) di The Art Newspaper (http://www.theartnewspaper.com) Parole chiave: software, net.art, mostra, commercializzazione, accesso Peter Schauer: Perché Rhizome? Qual è l'agenda? Qual è l'obiettivo di Rhizome e che cosa fa di importante? Con quale volume di proposte avete attualmente a che fare?

Alex Galloway: Rhizome è uno spazio artistico do-it-yourself per artisti digitali e altre persone interessate ad usare Internet in nuove modalità creative. La nostra missione è presentare l'arte dei nuovi media al pubblico, favorire la comunicazione e il dialogo critico riguardo all'arte dei nuovi media, e conservare l'arte per il futuro. Il volume su Rhizome è abbastanza alto, dieci o venti e-mail al giorno sulla nostra lista, e diverse proposte artistiche al giorno per l'ArtBase di Rhizome, il nostro archivio on line di net art. Lo scorso dicembre abbiamo avuto più di quattro milioni di hit sul nostro sito. Siamo on line dal 1996 e abbiamo la più grande e antica raccolta di documenti e opere d'arte nel campo dell'arte dei nuovi media.

Peter Schauer: Quale pensa che siano le tendenze più importanti al momento nella net.art? Può darci qualche nome per illustrarlo? E in futuro, cosa ci sarà?

Alex Galloway: La tendenza più generale che vedo è verso il software. Adesso la posta in palio è più alta. Gli artisti sentono il bisogno di fare qualcosa di più sofisticato del semplice HTML. Quindi creano (o semplicemente usano) software più sofisticato nei loro lavori. Questa tendenza è cominciata con "Webstalker", che è un browser creato da un artista, ma è evidente anche in lavori più recenti come l'"Auto-Illustrator" di Ade Ward (http://www.auto-illustrator.com/), un'applicazione di software generativo basata sull'interfaccia di Photoshop, o il nuovo lavoro di Entropy8zuper, "Eden.Garden 1.0" (http://eden.garden1.0.projects.sfmoma.org/) che usa un motore 3D di realtà virtuale per sviluppare uno spazio immaginario pieno di piante, animali e altri oggetti.

Peter Schauer: Ma chi è che crea queste cose? Sono artisti provenienti da un background di arte tradizionale oppure sono designer o qualcosa a metà strada? Dove acquisiscono le loro competenze, che in molti casi sembrano abbastanza avanzate? Molte delle persone con cui ho parlato rifiutano l'etichetta di arte per loro ed il loro lavoro. Ma allora che cos'é? E perché lo stanno facendo?

Alex Galloway: La comunità dell'arte dei nuovi media è sempre stata scettica rispetto al mondo dell'arte tradizionale. Diversi artisti tradizionali sembrano non capire. Quando capiscono, allora succedono grandi cose, ma quando non ci arrivano allora è un disastro. Non è facile dire se qualche artista proviene da background più tradizionali - hanno comunque dovuto trasformarsi in programmatori, graphic designers, ecc. Gli artisti dei nuovi media sono molto più simili a produttori che all'artista inteso come genio, e questo mi piace.

Peter Schauer: Per andare oltre alla net.art in aree come la realtà virtuale, sarà richiesto l'accesso da parte di artisti in qualche tecnologia abbastanza avanzata (Heath Bunting di Irational.org pensa che la prossima cosa grossa sarà la bio-ingegneria). Come faranno gli artisti a mettere le mani su queste cose, e cosa potranno fare con queste senza le conoscenze specifiche, la preparazione e i soldi?

Alex Galoway: La tecnologia è diventata il nuovo campo di battaglia dell'arte. Artisti come Eduardo Kac o Natalie Jeremijenko stanno lavorando in questa direzione. Ma non credo che sarà mai altrettanto importante come le tecnologie informatiche, semplicemente per ragioni di accessibilità. Oggi, chiunque con un po' di cervello e qualche soldo è in grado di fare della web art interessante. Avere a disposizione un tessuto vivente per la bio-ingegneria è un'altra storia. Quindi, continuo a scommettere i miei soldi sulla rivoluzione dell'open source e di Linux perché è in grado di portare della tecnologia, che era un tempo inavvicinabile, nelle mani del pubblico.

Peter Schauer: Dal mio punto di vista Rhizome assomiglia a un collettore per facilitare la comunicazione fra artisti e pubblico - non era questo un tempo il ruolo sacro del museo? Che cosa dovrebbero fare i musei e il settore pubblico per coltivare e promuovere questa espressione? Chi è in prima linea in questo campo?

Alex Galloway: Rhizome è proprio una macchina di comunicazione, niente di più e niente di meno. Tradizionalmente i musei sono stati l'opposto di ciò. Hanno funzionato da macchine per l'eliminazione della comunicazione. Facilitano la voce del curatore e, certo, anche la cosiddetta voce dell'artista, e la voce monumentale che tutte le grandi istituzioni hanno. Ma non la voce della vera comunicazione interpersonale. La vera comunicazione è orizzontale, o tra pari. E' proprio il ruolo di Rhizome quello di aiutare in questo senso.

Peter Schauer: Comprare e vendere. Possono i lavori sui nuovi media, in particolare quelli basati sul Web, essere venduti? Sa di casi in cui questo è successo? Se sì, quanto sono stati pagati e che cosa ha ottenuto fisicamente in cambio il collezionista? Sono forse le commissioni o i premi (Ars Futura, etc.) la via migliore oppure questo nuovo lavoro può essere comprato e venduto come altre forme d'arte?

Alex Galloway: Tutto si può vendere. Questo è ovvio. Ci sono già molti esempi di arte dei nuovi media venduta e comprata. Per esempio, John Simon vende edizioni personalizzate dell’applet java "Every Icon." (vedi http://rhizome.org/object.rhiz?1722). Importanti musei come il San Francisco Museum of Modern Art hanno commissionato opere d'arte di rete. Credo che questa sia soprattutto una scelta personale che ogni artista compie. Il bello dei nuovi media è che i costi del produrre arte sono molto più bassi, al punto che sta diventando sempre più possibile per gli artisti evitare sempre il mondo commerciale (sempre che scelgano di farlo). Per esempio, Jodi.org, forse gli artisti di rete più conosciuti e rispettati nel mondo, sono violentemente anti commerciali. Non riesco a pensare a nessun altro medium artistico in cui possa accadere la stessa cosa.

Peter Schauer: Proseguendo su questo argomento, come crede che questi lavori debbano essere conservati e mantenuti? Jodi.org (per esempio) cambia in continuazione - chi conserva i cambiamenti? Crede che i cambiamenti debbano essere conservati? Possono i siti web (che vivono in un ambiente di rete) essere conservati scollegati dall'ambiente di rete? Se guardiamo alla net.art come performance (come suggerisce Peter Lunenfeld in Snap to Grid), può la performance essere ripetuta infinitamente? Aaron Betsky del SFMOMA è stato criticato per la sua tecnica di scaricare e copiare su CD i siti web d'arte, ma c'é forse un modo migliore?

Alex Galloway: Internet è molto simile alla vita stessa. L'arte è sempre stata qualcosa di simile ad un oggetto inanimato. Di qui il problema con l'arte di Internet. L'arte su Internet è incredibilmente dinamica. La domanda è "come dovremmo conservare la net.art per il futuro"? Credo che la risposta stia in quello che Jon Ippolito chiama "media variabili". Questa è una tecnica d'archiviazione che permette all'opera d'arte di essere tradotta in contesti futuri. L'intento dell'artista è catalogato in dettaglio cosicché le sue intenzioni rimangono note per i posteri. Quindi, i curatori o i collezionisti futuri sapranno come i lavori dovrebbero essere conservati. L'iniziativa "media variabili" è collocata nel Rhizome ArtBase (rhizome.org/artbase), il nostro archivio on line di Internet Art. Abbiamo un questionario dettagliato che ogni artista riempie, dichiarando se vuole che il suo lavoro sia mostrato su emulatori in futuro, o se ci dà il permesso di creare documentazione del suo lavoro, o di portare il suo lavoro al di fuori di formati obsoleti, e così via..

Peter Schauer: Come dovrebbe essere esibita la net art? C'é un posto per essa fisicamente all'interno di un museo? Il tipo di esibizione sul genere "Internet café", dove si ha una batteria di computer in una galleria è particolarmente insoddisfacente, ma non tutti i curatori possono permettersi degli schermi al plasma, c'é forse un modo migliore?

Alex Galloway: L'arte di rete dovrebbe essere vista sulla rete. E' semplice. Se i musei vogliono dare al pubblico accesso ai computer, dei divani e una connessione T1, benissimo (questo era il caso di quella che io considero un’eccellente mostra, "net_condition" allo ZKM in Germania). Ma alla fine l'arte di rete si basa sulla navigazione del web, in ufficio, a casa, in un cybercafè, dovunque. La ragione per cui le mostre dei musei sono insoddisfacenti ha a che fare con il fatto che la rete è concepita per esistere nello spazio privato, personale del computer. Non leggo le mie e-mail in un museo, non guardo un porno in un museo, preferirei non dover guardare la mia net art in un museo. D'altra parte, i musei possono essere dei luoghi perfetti per altri tipi di arte dei nuovi media. Per esempio, il lavoro di Char Davies con la realtà virtuale o le sculture e le installazioni di Nam Jun Paik's si inseriscono molto bene nel contesto del museo.

Peter Schauer: I giochi per computer sono così diversi adesso che possiamo scontrarci fra noi, e diventano ancor più coinvolgenti con l'aumento delle capacità del processore. Visivamente sono molto più belli di gran parte dell'arte dei nuovi media... sono forse i giochi una nuova arena per l'espressione e l'interazione culturale?

Alex Galloway: I giochi sono un formato eccitante per la creazione artistica. Diversi artisti hanno cominciato a lavorare in questo ambito. Jodi ha creato un gioco artistico chiamato "SOD" che usa il motore virtuale del gioco Castle Wolfenstein. Ma il mio preferito di tutti i tempi è il gioco di ruolo "Toywar" (http://www.toywar.com/), creato nell'inverno del 1999 dal famigerato gruppo di artisti pseudo-aziendali Etoy. Questo gioco permetteva a centinaia di giocatori da tutte le parti del mondo di interagire in uno spazio virtuale basato sul Web.