Interview with Steve Dietz: differenze tra le versioni

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Dietz Steve
 
 
 
 
Steve Dietz è Direttore delle Iniziative dei Nuovi Media al Walker Art Center di Minneapolis e curatore di Telematic Connections, Lawrence Rinder is the Whitney's Anne & Joel Ehrenkranz Curator of Contemporary Art e co-autore di BitStreams, and Benjamin Weil, SFMOMA's Curator of Media Arts, è uno dei sei curatori interdisciplinari di 010101. La conversazione è stata condotta dallo scrittore di Bay Area, Glen Helfand (Per le date dell’esibizione e gli indirizzi Internet, vedere alla fine del documento).
 
 
 
 
INTERVISTA CON STEVE DIETZ (di J, Bosma)
 
 
 
 
JB –Ti sei fin dall’inizio occupato di arte in rete? Se non è stato così, puoi dirmi quando e perché hai deciso di esplorare la net art?
 
 
 
 
JB – Mi diresti  se ti sei scontrato con specifiche difficoltà nel far accettare il tuo lavoro, poiché tu lavori negli Stati Uniti (paragonati ai curatori e critici di net art in Europa)?
 
 
SD – E’ stata una vera battaglia far accettare la net art sia come arena critica di attività museale che come risorsa d’informazione in rete o come attività orientata all’educazione. Gli esempi di programmi europei orientati agli artisti come le organizzazioni virtuali negli Stati Uniti e come i siti d’arte tipo The Thing e ada’web mi hanno ispirato e sono stati istruttivi. Sospetto, comunque che possiamo essere tutti competitivi a riguardo delle difficoltà che noi sentiamo se ci chiediamo da dove esse provengono.
 
 
Jb – Non ho alcuna voglia di iniziare uno scontro ora, chiedo semplicemente quali sono le differenze tra l’America e l’Europa riguardo alla ricezione e percezione della net art, poiché molte persone sostengono che ci sia differenza. Sono curioso di sapere cosa vogliono dire. Stai dicendo che ci sia poca differenza o che non ce ne sia affatto o che le differenze non siano importanti?
 
 
SD – Direi che in Europa ci sia un più attivo e stimolante interesse per la net art. Certamente molti artisti sentono sia un maggiore sostegno che un maggiore apprezzamento per quello che fanno in Europa – e forse in Australia. Se questa sia una tendenza di assestamento o strutturale non è ancora chiaro.
 
 
JB – Qual è il tuo tipo o stile di net art favorito? Come pensi che questo specifico stile di net art sia sostenuto nel modo migliore o come potrebbe essere esplorato di più e più profondamente?
 
 
 
 
JB – Dopo tre anni che sei impegnato nel creare un contesto per la net art, potresti dire qualcosa sull’aspetto del tempo nella ricezione della net art? Impegno non significa soltanto dedizione, ma anche investimento a lungo termine, vero?
 
 
SD – Un impegno profondo verso l’arte contemporanea è importante e può solo manifestarsi oltre il tempo. Guardando alla net art, tu hai ragione a metà; che cosa significa a lungo termine in un mondo che è a tempo reale? Penso che sia quasi più importante una rigorosa apertura e un sostegno alla sperimentazione, in opposizione al rigor mortis delle categorie estetiche.
 
 
 
 
 
 
 
 
SD – La velocità è una percezione popolare di vita contemporanea, e, come un colpevole primordiale, Internet ha rimpiazzato il fax, che aveva rimpiazzato il telefono, che aveva rimpiazzato il telegrafo, che … Ma che cosa significa che le nostre idee, la nostra arte, la nostra connessione sono più transitorie? Penso che sia stato Kittler, tra gli altri, che ha messo in evidenza che i media digitali sostituiscono la sequenza temporale degli eventi in una combinazione spaziale di cifre binarie 0 e 1 – che sono poi ritradotte su richiesta. In altre parole, direi che ciò che è più significativo o forse più fruttifero è la dialettica tra la trasmissione (velocità) e la memoria (immagazzinamento), non uno o l’altro. Tuttavia, il brivido della velocità ed il canto delle sirene di una Biblioteca universale di Babele sono difficili da ignorare.
 
 
JB – E’ vero, la velocità potrebbe non essere la parola adatta per l’esperienza di una relativamente inaspettata abbondanza di scelta, comunicazione e piattaforme. Forse l’esistenza di un tempo reale apparente o l’esistenza di queste cose dà proprio un’illusione di velocità. Tu non hai comunque attraversato l’aspetto dello spazio. Per me è un fattore importante questo semplicissimo fatto che uno non può vedere alcuna cosa della rete oltre le linee che segue mentre clicca.  Potrebbe diventare persino più importante quando certi siti commerciali blockbuster, per esempio, da grandi reti di media esistenti iniziano a dominare le vie di traffico. Ma sempre, dall’inizio questo aspetto di oscurità, di buio oltre il cammino dei link, ha creato una cultura on line frantumata, quando la si paragona a come si è sviluppata la cultura off line. Sono d’accordo che non concedo alla memoria, all’immagazzinamento, ai database, agli archivi l’attenzione di cui hanno bisogno, hai ragione a correggermi su questo fatto. Il movimento e la presenza del tempo reale è più attraente per me da esplorare, una cattiva abitudine. Che cosa vuoi dire con il termine canto delle sirene? L’attrazione o la morte della memoria?
 
 
 
 
 
JB – Sento che tu pensi e parli correntemente di archivio. Stai lavorando a un tuo archivio net art? Poi una domanda filosofica: quali pensi dovrebbero essere le ragioni per salvare certi lavori artistici in rete?
 
 
 
 
JB – Che cosa vuoi dire con la frase che Walker pensa collettivamente a qualcosa?
 
 
SD – Non penso che sia una questione specifica di Walker. Ciò che voglio dire è che gli individui animano un programma, ma che esporre quel programma alla discussione di molteplici punti di vista può sia  rinforzare il programma che, nelle situazioni migliori, cambiare ciò che è stata fino ad allora la norma consueta.
 
 
Ho detto, e lo sosterrei ancora, che per la società del non essere interessata all’attività culturale di preservazione  sia il significato che la net art sono analoghi a libri scottanti. Allo stesso tempo, molti artisti possono non volere che il loro lavoro sia archiviato e certamente non sosterrei di capire quale sia il miglior modo per continuare ora. Ma penso che sia importante pensare a queste cose, e uno dei modi migliori per pensare a qualcosa può essere sperimentarla.
 
 
Collezionare, naturalmente, è una faccenda completamente diversa dall’archiviare – sebbene ci siano interessanti anche se confusi parallelismi, poiché un archivio di materiale originale digitale può differire solo intenzionalmente da una collezione.
 
 
JB – Chiameresti ada’web una collezione o un archivio? Come funzione ada’web nel Walker Art Center?
 
 
SD – Bella domanda! Non solo è una collezione o un archivio, ma qual è la relazione delle parti al tutto? Per me, ada’web come totalità è un’opera d’arte anche se almeno ultimamente si potrebbe discutere quale sia la più interessante indicazione. Pertanto non considero ada’web stessa una collezione di progetti diversi, anche se si può certamente fare una distinzione tra Vivian Selbo's Vertical Blanking Interval e Group Z's I Confess. In questo senso, ada’web al Walker non è un archivio. Non è documentazione di qualcos’altro di originale. E’ un originale, un oggetto per usare la tradizionale terminologia museale, sebbene non sia completamente adatta. Allo stesso tempo, ada’web come un organismo vivo, in crescita ha fermato la sua crescita. Benjamin and co. non stanno curando né producendo più nuovi progetti doppi; non stiamo aggiungendo attivamente link a nuove parole, ecc. Ma non penso  però che sia morto. Esso è ancora in vita, sebbene ciò sia un testamento per com’è montato più di ogni altra cosa che abbiamo mai fatto, oltre il continuare a ospitarlo e il non bloccarlo.
 
L’ironia, almeno negli Stati Uniti, è che c’è una crescente discussione sulla rete come archivio o come collezione e sui media artistici o digitali, ma non è ancora un significativo sostegno per la sua creazione e produzione, cosicché penso sia naturale che gli artisti dovrebbero guardare a questi sforzi con un po’ di scetticismo se non di sfiducia.
 
Il mio interesse nell’archivio è certamente una questione di preservazione, ma è anche una questione di trasformazione, sia nei termini di trasformazione dell’archivio statico in una piattaforma attiva per il sostegno sia nella possibilità di allungare la nozione di museo stesso.
 
 
JB – In quale direzione?
 
 
SD – Sia verso la piattaforma-evento (velocità, trasmissione, produzione) sia verso un tipo di armadio delle curiosità (museo, archivio, biblioteca), dove diventano meno preminenti le distinzioni acculturate tra originale e semi-originale; tra oggetto unico e semi-oggetto copia; tra oggetto-evento delimitato e non delimitato semi-oggetto-evento; tra proprietà ed accessibilità.
 
 
JB – Nonostante tutto come potrebbe essere un museo?
 
 
SD. Già, non lo so. No. Perché no? Che cosa c’è in gioco?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SD – Il sostegno agli artisti è importante. Certamente se l’industria della cultura negli Stati Uniti ha sostenuto l’arte contemporanea in generale nel modo in cui sostiene ora la net art dovrebbe essere un evidente inganno. Ciò detto, molta dell’arte contemporanea, proprio per un momento, ha sollevato le questioni sui paradigmi principali sostegno-collezione e generalmente, anche se in modo imperfetto, le ha risolte. Così per me, l’istanza principale non è se è necessario creare l’equivalente in rete delle edizioni pay-per-view, ma se c’è un livello di impegno commisurato con il livello di attività. Ora non c’è.
 
Note:
 
(1) http://tec.uno.edu/george/thesis/news/virtualcommunity.html (2) http://www.c3.hu/collection/form/ (3) http://www.calarts.edu/~line/history.html (4) (http://www.c5corp.com/ (5) http://switch.sjsu.edu/ (6) http://www.museodemonterrey.org.mx/english/mediateca/tours/index2.html
 
 
 
 
 
  
  
 
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Revisione 20:46, 13 Mag 2005