Intervista a Tommaso Trini

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Salvatore Scarpitta with art critic Tommaso Trini and gallerist Luciano Pistoi

Autore:

Trini Tommaso

Tratto da:

Bassi Bruno, Bassi Dora, Biagini Giselda, D'Antongiovanni Silvia, "Arte telematica negli anni Ottanta", video, Accademia di Belle Arti di Carrara, Corso di Teoria e Metodo dei Mass Media, prof. Tommaso Tozzi, Anno Accademico 2004-2005

Titolo Originale:

Intervista a Tommaso Trini

Intervista di:

Bassi Bruno, Bassi Dora, Biagini Giselda, D'Antongiovanni Silvia

Anno:

2005

Testo dell'articolo

Cosa s’intende per "Arte telematica"?

“Ancora oggi significa lavorare con Opere d’Arte in Rete, come si è visto nel 2000-2001 quando la “Moma‿ di San Francisco ha mandato in onda, il primo di gennaio, una serie d’opere d’Arte d’artisti che per un anno sono andati in giro, aveva un titolo molto complesso… Io non sono uno specialista di questo ramo dell’Arte Tecnologica, però so che esistono e seguo un artista italiano che vive a Napoli che lavora in rete. E poi naturalmente dopo l’esperienza della Biennale di Venezia del 1986, che fu un’esperienza d’inizio per me, feci un’esperienza artistica di questo genere attraverso l’intervento di T.Tozzi, prima alla Triennale, poi ricordo un intervento al museo di Rivoli, dove c’era una mostra su una sua istallazione, un’Opera in Rete, una comunicazione. Oggi si parla di Web art, immagino che sia la stessa cosa‿

Ci può parlare più precisamente dell’esperienza del Planetary Network alla Biennale di Venezia del 1986?

“Ci fu data la possibilità di accedere ad uno strumento, che allora pareva molto avanzato, era una sorta di telefax elettronico, il quale permetteva di comunicare in tempo reale con alcuni punti prestabiliti. Per utilizzare queste prime macchine, bisognava avere proprio delle connessioni, in pratica via telefono. Erano dei telefax, non c’erano i computer con un’interfaccia per internet come c’è oggi‿

Come erano vissute tali esperienze nel mondo dell’Arte o in generale?

“Erano estremamente elitarie, erano veramente in pochi ad occuparsene, dal punto di vista tecnico pochissimi. C’erano alcuni artisti che forse non erano ancora neppure degli artisti Web, come intendiamo oggi. Gli artisti telematici famosi, che dispongono di collezioni, di gallerie, collezionisti privati, che possono avere Opere d’Arte, sono stati dei pionieri. Più avanzata forse era la ricerca d’immagini sintetiche attraverso il computer‿

Erano conosciute da un grande numero di persone?

“Pochissime persone, e credo che la stessa sezione d’informazione e tecnologia informatica che noi facemmo nell’1986 alla Biennale di Venezia, sia stata proprio un’esperienza per pochi‿

Quali altre esperienze ha avuto nel campo, nel settore dei rapporti fra Arte e Reti Telematiche, comunque comunicazione a distanza?

“Quelle di un internettista, di uno che usa internet e la mail. Già una decina di anni fa ho incominciato a seguire i lavori attraverso una foundation di new York che dava mezzi a degli artisti, di mettere in rete i loro lavori e finanziarli, e ho iniziato così a vedere lavori che però erano e restavano pere me, un po’ degli enigmi.‿

Quale era il grado d’interattività in tali esperienze?

“Molto poco, un po’ forse perché io non avevo più l’età, non ero più così giovane da partecipare, in qualche modo appartengo alla generazione degli anni 60/70, che ha avuto il suo picco la sua giovinezza, le sue innovazioni in quegli anni. Dopo siamo stati un po’ il traino, e devo dire che non era facile interagire, perché non facevamo parte di gruppi e il mio stesso gruppo di giovani studenti, i fratelli Carraro per esempio, di cui c’è traccia nel catalogo della Biennale, che poi sono diventati degli operatori del settore dell’elettronica collegata all’arte e alla cultura, ebbene loro insieme al loro gruppo hanno lavorato in questo settore in maniera molto efficiente e attiva. L’altra connessione che ho è con Marcello Mazzella che dopo 10 anni di queste esperienze negli USA dove ha lavorato per molti anni, adesso è tornato a vivere a Napoli e fa dell’arte i rete‿.

In che modo hanno influito gli Happening nell’arte digitale?

“Io credo che la storia degli Happening o delle performance, chiamiamoli così, poiché gli Happening erano degli anni 60 e non c’era ancora nessuna nozione di questo tipo, elaborazione avanzata, ma le performance sono già verso la fine degli anni 60. Sono state l’ultimo tentativo dell’arte di restare legata alla materialità del corpo, quindi all’individuo, alla persona, alla presenza, e nello stesso tempo questa presenza era totalmente fluttuante. La Body art e le sue performance sono il primo inizio di materializzazione della presenza del corpo, dell’artista o del corpo pittura, le performance sono nate in qualche modo come attività di pittura. Pollok che si mette a di dipingere su una tela per terra e così altri hanno fatto… ecco, è un intrusione, una sorta di prospettiva immersiva del corpo, della corporalità dentro, il medium quale che esso sia, strutturale o pittorico, questo però inizia a smaterializzarsi e presuppone un lavoro a distanza, naturalmente sono 2 corpi totalmente separati, ma internet o comune l’Arte telematica, è sicuramente questo grande luogo immersivo, dove tutti siamo immersi, che si oppone alla prospettiva che è stata quella storica per 5 secoli dall’inizio del 400 a Firenze fino adesso ai cubisti dove invece eravamo tutti fuori dalla prospettiva, tutti posti in una posizione gerarchica verso la costruzione di tipo matematica scientifica che era esterna a noi‿.

Che mutazioni ha subito il panorama artistico confrontandosi con la rete ?

“Non credo che ci sia ancora un effetto vero, io direi che i media elettronici hanno aumentato moltissimo le possibilità di realtà virtuale. Se l’arte telematica, o l’arte in rete è una realtà virtuale, allora possiamo dire che l’arte in rete ha una dominante ma io terrei, se dovessi impostare una ricerca più tecnica, che l’arte in rete sia molto più materializzata e più deterministica della realtà virtuale. La realtà virtuale è qualche altra cosa di differente dall’arte in rete‿.

Quali mutamenti ha subito la figura dell’artista e del fruitore dell’opera d’arte ?

“L’impatto dell’arte in rete non è ancora dominante, sicuramente so che esistono già dei collezionisti, delle fondazioni, dei musei, che hanno delle sezioni dove danno la possibilità agli artisti di utilizzare e di vivere anche in qualche modo con le loro produzioni di Web art o arte in rete. L’arte in rete è un po’ la memoria del movimento per una grande danzatrice o un grande danzatore, c’è sempre quella figura, l’artista che lavora in rete comunque è sempre presente, politicamente, nei contatti, c’è bisogno di una figura … secondo me i meccanismi sociali out ship sono sempre gli stessi, anche negli artisti che lavorano nella pura materializzazione del cyberspazio, sono degli artisti che vivono le condizioni dei facitori di pittura e di scultura‿.

L’agire creativo attraverso le nuove tecnologie può portare delle reali trasformazioni sociali e culturali ?

“Sicuramente si, ci vuole molto tempo, trasformazioni le porte per il fatto che questi media sono pervasivi, vengono prima dell’impatto dell’opera del linguaggio. In fondo se noi pensiamo che l’arte è sempre stata considerata un emanazione linguistica dell’inconscio dell’individuo, di una comunità, di un'epoca, di un luogo storico. Se pensiamo questo oggi forse non è più tanto così, l’arte si manifesta come creazione di interfaccia e allora l’arte in rete è una delle possibili interfacce come quella di creare proiezioni a gravitazionali nello spazio o manda laser nel cosmo che sono altri tipi di arte. Quindi questa produzione di interfaccia è parallela, non è la comunicazione che conta nell’arte in rete, è proprio come si modella l’interfaccia e quindi l’interattività con gli altri. Certamente l’arte in rete è la più interattiva che esista ma non ha ancora avuto la possibilità di creare un'opera o manifestazione che coinvolgesse creativamente gli altri. Possono coinvolgere molte persone, ma sempre a livello di sperimentazione "d'astronauta‿, l’astronauta è l’artista, ma anche coloro che partecipano all’interattivita' con l’arte in rete sono degli apprendisti astronauti che si esercitano per lavorare nel cyberspazio‿.

Quali erano se esistevano i rapporti tra gli artisti come Adrian Robert, Ascott Roy e altri degli anni 80 con le realtà di movimento ? “Erano in sintonia ma già il fatto che loro fossero così presi dalla specializzazione, dalla possibilità, dalla necessità di accedere a questi strumenti, che erano in parte totalmente nuovi e in parte non erano ancora ben definiti, il fatto di doversi mantenere anche per vivere, a contatto con l’evoluzione lenta di questi mezzi, mentre alcuni diventano Microsoft, altri sono rimasti artisti che hanno prodotto delle idee e sono rimasti chiusi dentro il loro movimento. Quindi non hanno avuto un impatto politico e sociale come invece i situazionisti, che si riferivano alla vecchia pittura un po’ fatta con la minestra, con le mani come l’informale‿.