Javacheff Christo: differenze tra le versioni

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Christo, il principale artista e designer del duo progetti, è nato 13 giugno 1935 a Gabrovo, città industriale nel nord della Bulgaria.  Suo padre, Vladimir Javacheff, era proprietario di un’industria chimica che lui stesso aveva fondato a Gabrovo, e sua madre, Tsveta Dimitrova, fu segretaria presso l'Accademia delle Belle Arti di Sofia. Lo stesso anno e lo stesso giorno, incredibile da dirsi, venne alla luce Jeanne-Claude, a Casablanca, da una famiglia francese di tradizione militare.  La famiglia di Christo, che comprendeva un fratello maggiore Anani e un fratello minore Stefan, visse, durante la seconda guerra mondiale, in una casa di campagna relativamente sicura, che divenne rifugio di artisti e amici in fuga dalle città sotto i bombardamenti alleati.
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Christo, il principale artista e designer del duo progetti, è nato 13 giugno 1935 a Gabrovo, città industriale nel nord della Bulgaria.  Suo padre, Vladimir Javacheff, era proprietario di un’industria chimica che lui stesso aveva fondato a Gabrovo, e sua madre, Tsveta Dimitrova, fu segretaria presso l'Accademia delle Belle Arti di Sofia. Lo stesso anno e lo stesso giorno, incredibile da dirsi, venne alla luce Jeanne-Claude, a Casablanca, da una famiglia francese di tradizione militare.<br> La famiglia di Christo, che comprendeva un fratello maggiore Anani e un fratello minore Stefan, visse, durante la seconda guerra mondiale, in una casa di campagna relativamente sicura, che divenne rifugio di artisti e amici in fuga dalle città sotto i bombardamenti alleati.<br>
 
Il padre di Christo, scienziato formatosi in Occidente, venne perseguitato e incarcerato dal nuovo regime comunista. La fabbrica di prodotti chimici venne nazionalizzata e Christo, adolescente, andava in prigione a trovare il padre, allora bollato come “sabotatore”.
 
Il padre di Christo, scienziato formatosi in Occidente, venne perseguitato e incarcerato dal nuovo regime comunista. La fabbrica di prodotti chimici venne nazionalizzata e Christo, adolescente, andava in prigione a trovare il padre, allora bollato come “sabotatore”.
A dieci anni Christo aveva già sentito vagamente parlare del Reichstag, simbolo chiave nella mitologia del comunismo bulgaro.  Christo era un adolescente tranquillo e delicato, timido con le ragazze.  Era il preferito della mamma, gli stava sempre accanto.  Lei soffrì molto per la fuga di Christo prima a Praga e poi Vienna.  Lo stesso Christo ricorda con affetto la bella casa di Gabrovo e il villaggio dove la famiglia trascorreva l’estate.
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A dieci anni Christo aveva già sentito vagamente parlare del Reichstag, simbolo chiave nella mitologia del comunismo bulgaro.<br> Christo era un adolescente tranquillo e delicato, timido con le ragazze.  Era il preferito della mamma, gli stava sempre accanto.  Lei soffrì molto per la fuga di Christo prima a Praga e poi Vienna.  Lo stesso Christo ricorda con affetto la bella casa di Gabrovo e il villaggio dove la famiglia trascorreva l’estate.
 
Le prime esperienze artistiche di Christo risalgono proprio a quel periodo, in quel villaggio.  A sei anni fece il suo primo ritratto.
 
Le prime esperienze artistiche di Christo risalgono proprio a quel periodo, in quel villaggio.  A sei anni fece il suo primo ritratto.
Christo aveva anche interesse per il teatro e le rappresentazioni di Shakespeare.  Nel 1953, ebbe inizio la sua formazione ufficiale alla Accademia delle Belle Arti di Sofia, dove studiò pittura, scultura, architettura e grafica fino al 1956.  Il realismo socialista era all’ordine del giorno e l’approccio agitprop prevalente in tutto il blocco comunista dettava una trattazione del soggetto a dello stile nell’arte di stampo propagandista e marxista-leninista.
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Christo aveva anche interesse per il teatro e le rappresentazioni di Shakespeare.  Nel 1953, ebbe inizio la sua formazione ufficiale alla Accademia delle Belle Arti di Sofia, dove studiò pittura, scultura, architettura e grafica fino al 1956.<br> Il realismo socialista era all’ordine del giorno e l’approccio agitprop prevalente in tutto il blocco comunista dettava una trattazione del soggetto a dello stile nell’arte di stampo propagandista e marxista-leninista.
I grotteschi ostacoli di ogni sorta che la generazione di Christo ha dovuto affrontare sono stati spesso descritti.  Il tragitto dell’ Orient Express, ad esempio, attraversava la Bulgaria e gli studenti venivano appositamente mandati nelle cooperative agricole per istruire i contadini che vivevano lungo il percorso su come sfoggiare al meglio trattori e covoni di fieno, per impressionare i viaggiatori capitalisti.  L’opera di propaganda era obbligatoria per ottenere la promozione. Eppure, questi singolari esercizi potrebbero aver lasciato qualcosa di prezioso nella vita di Christo: la sua comunicatività e il suo senso della dimensione fisica dell’arte nel paesaggio, in parte, potrebbero derivare proprio da quell’ esperienza.
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I grotteschi ostacoli di ogni sorta che la generazione di Christo ha dovuto affrontare sono stati spesso descritti.  Il tragitto dell’ Orient Express, ad esempio, attraversava la Bulgaria e gli studenti venivano appositamente mandati nelle cooperative agricole per istruire i contadini che vivevano lungo il percorso su come sfoggiare al meglio trattori e covoni di fieno, per impressionare i viaggiatori capitalisti.  L’opera di propaganda era obbligatoria per ottenere la promozione.<br> Eppure, questi singolari esercizi potrebbero aver lasciato qualcosa di prezioso nella vita di Christo: la sua comunicatività e il suo senso della dimensione fisica dell’arte nel paesaggio, in parte, potrebbero derivare proprio da quell’ esperienza.<br>
Christo sapeva che se voleva vedere le opere di Matisse o Picasso, di Kandinsky o Klee, doveva recarsi in Occidente.  Il suo sogno era Parigi, ma la sua prima tappa fu Praga, Cecoslovacchia (ora Repubblica Ceca) fino al 1957.  Dove, per la prima volta, vide i dipinti originali di grandi autori moderni. In seguito, il 10 gennaio 1956, insieme ad altre diciotto persone, Christo corruppe una guardia di frontiera sul confine ceco e si assicurò un viaggio in treno fino a Vienna.  Senza soldi né alcuna conoscenza della lingua, Christo prese un taxi per raggiungere l’unico indirizzo che conosceva in tutta Vienna, quello di un amico del padre.  L’indirizzo risaliva a trentacinque anni prima, ma l’amico abitava ancora li e lo accolse.
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Christo sapeva che se voleva vedere le opere di Matisse o Picasso, di Kandinsky o Klee, doveva recarsi in Occidente.  Il suo sogno era Parigi, ma la sua prima tappa fu Praga, Cecoslovacchia (ora Repubblica Ceca) fino al 1957.  Dove, per la prima volta, vide i dipinti originali di grandi autori moderni. In seguito, il 10 gennaio 1956, insieme ad altre diciotto persone, Christo corruppe una guardia di frontiera sul confine ceco e si assicurò un viaggio in treno fino a Vienna.  Senza soldi né alcuna conoscenza della lingua, Christo prese un taxi per raggiungere l’unico indirizzo che conosceva in tutta Vienna, quello di un amico del padre.  L’indirizzo risaliva a trentacinque anni prima, ma l’amico abitava ancora li e lo accolse.<br>
Il giorno dopo il giovane bulgaro si iscrisse presso l’ Accademia delle Belle Arti di Vienna.  L’ immatricolazione come studente abolì la necessità di registrarsi come rifugiato.  Dopo un solo semestre, egli si trasferì a Ginevra (dove per vivere realizzava ritratti di signore e bambini dell’alta società) e subito dopo si trasferì a Parigi.  La sua vita a Parigi, è stata caratterizzata da difficoltà finanziarie e di isolamento sociale, che fu peggiorata dalla sua difficoltà di apprendimento della lingua francese.  Guadagnava soldi con la pittura, facendo ritratti, che paragonò alla prostituzione.  Nei suoi viaggi, visitò gallerie e musei, è fu ispirato dal lavoro di Joan Miro, Nicholas di Stael, Jackson Pollock, Jean Tinguely, e più in particolare Jean Dubuffet.  
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Il giorno dopo il giovane bulgaro si iscrisse presso l’ Accademia delle Belle Arti di Vienna.  L’ immatricolazione come studente abolì la necessità di registrarsi come rifugiato.  Dopo un solo semestre, egli si trasferì a Ginevra (dove per vivere realizzava ritratti di signore e bambini dell’alta società) e subito dopo si trasferì a Parigi.  La sua vita a Parigi, è stata caratterizzata da difficoltà finanziarie e di isolamento sociale, che fu peggiorata dalla sua difficoltà di apprendimento della lingua francese.  Guadagnava soldi con la pittura, facendo ritratti, che paragonò alla prostituzione.  Nei suoi viaggi, visitò gallerie e musei, è fu ispirato dal lavoro di Joan Miro, Nicholas di Stael, Jackson Pollock, Jean Tinguely, e più in particolare Jean Dubuffet.<br>
 
Nel gennaio del 1958, Christo fabbricò il suo primo pezzo impacchettato: Egli  avvolse una lattina di stagno, con una tela imbevuta d’acrilico , legata e colorata con la colla, sabbia, e vernice d’auto.  Anni più tardi, non capì il motivo della creazione di questo pezzo.  Un imprenditore tedesco di nome Dieter Rosenkranz acquistò più di un’opera di Christo, involucri di piccole dimensioni, e attraverso Rosenkranz, Christo incontrò l’artista Yves Klein e lo storico dell'arte Pierre Restany.
 
Nel gennaio del 1958, Christo fabbricò il suo primo pezzo impacchettato: Egli  avvolse una lattina di stagno, con una tela imbevuta d’acrilico , legata e colorata con la colla, sabbia, e vernice d’auto.  Anni più tardi, non capì il motivo della creazione di questo pezzo.  Un imprenditore tedesco di nome Dieter Rosenkranz acquistò più di un’opera di Christo, involucri di piccole dimensioni, e attraverso Rosenkranz, Christo incontrò l’artista Yves Klein e lo storico dell'arte Pierre Restany.
  

Revisione 21:48, 16 Giu 2009

Personaggio o Gruppo:

Javacheff Christo


Biografia:

Christo e Jeanne-Claude

Christo, il principale artista e designer del duo progetti, è nato 13 giugno 1935 a Gabrovo, città industriale nel nord della Bulgaria. Suo padre, Vladimir Javacheff, era proprietario di un’industria chimica che lui stesso aveva fondato a Gabrovo, e sua madre, Tsveta Dimitrova, fu segretaria presso l'Accademia delle Belle Arti di Sofia. Lo stesso anno e lo stesso giorno, incredibile da dirsi, venne alla luce Jeanne-Claude, a Casablanca, da una famiglia francese di tradizione militare.
La famiglia di Christo, che comprendeva un fratello maggiore Anani e un fratello minore Stefan, visse, durante la seconda guerra mondiale, in una casa di campagna relativamente sicura, che divenne rifugio di artisti e amici in fuga dalle città sotto i bombardamenti alleati.
Il padre di Christo, scienziato formatosi in Occidente, venne perseguitato e incarcerato dal nuovo regime comunista. La fabbrica di prodotti chimici venne nazionalizzata e Christo, adolescente, andava in prigione a trovare il padre, allora bollato come “sabotatore”. A dieci anni Christo aveva già sentito vagamente parlare del Reichstag, simbolo chiave nella mitologia del comunismo bulgaro.
Christo era un adolescente tranquillo e delicato, timido con le ragazze. Era il preferito della mamma, gli stava sempre accanto. Lei soffrì molto per la fuga di Christo prima a Praga e poi Vienna. Lo stesso Christo ricorda con affetto la bella casa di Gabrovo e il villaggio dove la famiglia trascorreva l’estate. Le prime esperienze artistiche di Christo risalgono proprio a quel periodo, in quel villaggio. A sei anni fece il suo primo ritratto. Christo aveva anche interesse per il teatro e le rappresentazioni di Shakespeare. Nel 1953, ebbe inizio la sua formazione ufficiale alla Accademia delle Belle Arti di Sofia, dove studiò pittura, scultura, architettura e grafica fino al 1956.
Il realismo socialista era all’ordine del giorno e l’approccio agitprop prevalente in tutto il blocco comunista dettava una trattazione del soggetto a dello stile nell’arte di stampo propagandista e marxista-leninista. I grotteschi ostacoli di ogni sorta che la generazione di Christo ha dovuto affrontare sono stati spesso descritti. Il tragitto dell’ Orient Express, ad esempio, attraversava la Bulgaria e gli studenti venivano appositamente mandati nelle cooperative agricole per istruire i contadini che vivevano lungo il percorso su come sfoggiare al meglio trattori e covoni di fieno, per impressionare i viaggiatori capitalisti. L’opera di propaganda era obbligatoria per ottenere la promozione.
Eppure, questi singolari esercizi potrebbero aver lasciato qualcosa di prezioso nella vita di Christo: la sua comunicatività e il suo senso della dimensione fisica dell’arte nel paesaggio, in parte, potrebbero derivare proprio da quell’ esperienza.
Christo sapeva che se voleva vedere le opere di Matisse o Picasso, di Kandinsky o Klee, doveva recarsi in Occidente. Il suo sogno era Parigi, ma la sua prima tappa fu Praga, Cecoslovacchia (ora Repubblica Ceca) fino al 1957. Dove, per la prima volta, vide i dipinti originali di grandi autori moderni. In seguito, il 10 gennaio 1956, insieme ad altre diciotto persone, Christo corruppe una guardia di frontiera sul confine ceco e si assicurò un viaggio in treno fino a Vienna. Senza soldi né alcuna conoscenza della lingua, Christo prese un taxi per raggiungere l’unico indirizzo che conosceva in tutta Vienna, quello di un amico del padre. L’indirizzo risaliva a trentacinque anni prima, ma l’amico abitava ancora li e lo accolse.
Il giorno dopo il giovane bulgaro si iscrisse presso l’ Accademia delle Belle Arti di Vienna. L’ immatricolazione come studente abolì la necessità di registrarsi come rifugiato. Dopo un solo semestre, egli si trasferì a Ginevra (dove per vivere realizzava ritratti di signore e bambini dell’alta società) e subito dopo si trasferì a Parigi. La sua vita a Parigi, è stata caratterizzata da difficoltà finanziarie e di isolamento sociale, che fu peggiorata dalla sua difficoltà di apprendimento della lingua francese. Guadagnava soldi con la pittura, facendo ritratti, che paragonò alla prostituzione. Nei suoi viaggi, visitò gallerie e musei, è fu ispirato dal lavoro di Joan Miro, Nicholas di Stael, Jackson Pollock, Jean Tinguely, e più in particolare Jean Dubuffet.
Nel gennaio del 1958, Christo fabbricò il suo primo pezzo impacchettato: Egli avvolse una lattina di stagno, con una tela imbevuta d’acrilico , legata e colorata con la colla, sabbia, e vernice d’auto. Anni più tardi, non capì il motivo della creazione di questo pezzo. Un imprenditore tedesco di nome Dieter Rosenkranz acquistò più di un’opera di Christo, involucri di piccole dimensioni, e attraverso Rosenkranz, Christo incontrò l’artista Yves Klein e lo storico dell'arte Pierre Restany.


Jeanne-Claude

Jeanne-Claude è nata esattamente lo stesso giorno di Christo, (13 giugno 1935) a Casablanca, Marocco francese (ora Marocco). Sua madre Précilda aveva 17 anni quando sposò il padre di Jeanne-Claude, il maggiore Léon Denat. Précilda e Léon Denaturaz divorziarono poco dopo la nascita di Jeanne-Claude, e Précilda si risposò altre tre volte. Durante la seconda guerra mondiale, Jeanne-Claude visse con la famiglia di suo padre, mentre la madre combattè nella Resistenza francese. Tornando dopo la guerra, che si concluse nel 1945, Précilda trovò Jeanne-Claude emotivamente disturbata e malnutrita. Nel 1946, Précilda sposò il generale Jacques di Guillebon. La famiglia visse a Parigi dal 1945 al 1952, si trasferì in Tunisia nel 1952 e ritornò a Parigi nel 1957.

Parigi

Christo e Jeanne-Claude si conobbero nel mese di ottobre 1958, quando gli fu commissionato di dipingere un ritratto della madre, Précilda di Guillebon. Inizialmente, Christo fu attratto dalla sorellastra di Jeanne-Claude, Joyce. Jeanne-Claude era impegnato con Philippe Planchon. Poco prima del suo matrimonio, Jeanne-Claude rimase incinta di Christo. Si sposò comunque con Planchon, ma si separarono quasi subito, dopo la loro luna di miele. Il figlio di Christo e Jeanne-Claude, Cirillo, nacque l’ 11 maggio 1960. La coppia si sposò, il 28 novembre 1962. Il trasferimento in Occidente rappresentò un grande sconvolgimento nella vita di Christo. Non gli mancò il coraggio di scegliere quella libertà di cui ogni artista ha bisogno; ma la cosa più importante di tutte era capire cosa sentiva di dover fare e individuare la sua vera inclinazione il suo io. Fu a Parigi che compì due passi in più che cambiarono la sua carriera artistica. Il primo fu semplice: si liberò del cognome slavo, Javacheff, e cominciò a usare solo il nome di battesimo, Christo, il nome con cui oggi è noto in tutto il mondo. Il secondo cambiamento, che risale quasi all’ inizio del periodo parigino, fu l’uso del tessuto. Lo cominciò a usare ovunque. Christo impacchettò lattine, bottiglie, sedie, un’auto – qualunque cosa trovasse, oggetti di uso quotidiano. Avvolgeva nella tela gli oggetti prescelti, legandoli saldamente con stringhe, corde e spaghi. Ne dipinse anche qualcuno. Per qualche anno continuò a impacchettare una varietà stupefacente di oggetti: barili di petrolio sedie, una motocicletta, una carriola, donne nude e una Volkswagen. A volte giustapponeva diversi articoli: bottiglie e lattine impacchettate insieme ad altre, piene di colore, e altre non impacchettate. Impacchettare oggetti di piccole dimensioni, che potevano trasformarsi in edizioni limitate per il mercato dei collezionisti, doveva rivelarsi di notevole importanza nella futura carriera di Christo; divenne infatti una fondamentale fonte di reddito, per i progetti che diventavano sempre più grandi e costosi. Così negli anni “60 impacchettò riviste, fiori, dipinti, stampe di alberi impacchettati e così via. Occasionalmente questi piccoli oggetti sono stati regalati per mantenere e interesse buone relazioni, giocando un ruolo, seppure indiretto, nel rendere possibili i progetti più grandi di Christo. Il principio dell’impacchettare, ricoprire e camuffare permetteva una sorprendente versatilità. Gli oggetti potevano essere mascherati solo in parte, o, naturalmente avvolti del tutto, in modo da non rendere il contenuto né visibile né riconoscibile; come nell’ opera Package – Pacco, 1961. Dagli umili inizi parigini hanno continuato, lungo una carriera di quarantatrè anni, a impacchettare di tutto – dalle lattine a un tratto di costa australiana – creando un corpo di opere che, come vedremo, è andato ben oltre questo principio, mantenendo come unico denominatore comune l’ uso del tessuto. La loro opera ha dato vita a “uno degli spettacoli visivi più magici del nostro tempo” ( Bourdon ), rendendo i Christo delle celebrità sulla scena internazionale. La scena artistica di quegli anni a Parigi era dominata dai Nouveaux Realistes, il gruppo fondato nel 1960 da Pierre Restany. L’ appartenenza di Christo al gruppo è stata più di una volta contestata, anche dall’ artista stesso. Pur senza un formale invito a farlo, nel 1963 Christo partecipò alla mostra dei Nuovi Realisti prima a Monaco e poi a Milano; cosa che, secondo Pierre Restany, può essere intesa come un segno di appartenenza al gruppo, ma mentre Christo smentisce, Bourbon afferma che “il coinvolgimento di Christo fu marginale e di breve durata”. In realtà egli partecipò alle esposizioni del gruppo anche più tardi, a Nizza e a Parigi, per questo, sebbene Christo abbia esposto anche insieme ad altri artisti, viene ormai ampiamente considerato come uno dei tredici membri dei Nouveaux Realistes. Nel 1961, Christo realizzò la sua prima personale a Colonia, dove espose le prime strutture di barili per esterni. Sempre in quell’anno avvenne la costruzione del muro da parte del regime comunista di Berlino Est. Privo di cittadinanza e di passaporto, Christo fu profondamente colpito e irritato dal gesto della Germania Orientale. Tornando a Parigi da Colonia, Christo iniziò a preparare la sua personale risposta alla costruzione del muro. Così la coppia affrontò il loro primo progetto monumentale, Wall of Oil Barrels - Iron Curtain (Muro di barili di petrolio - Cortina di ferro, 1961-1962). Senza preavviso o consenso delle autorità ,bloccarono con 240 barili di petrolio Rue Visconti, una piccola strada sulla Senna. Prepararono una minuziosa descrizione del progetto, con documenti scritti, accompagnati da collage fotografici e analisi logistiche. Col passare degli anni i progetti di Christo diventavano sempre più impegnativi, e lo scopo dei documenti rimaneva sempre lo stesso: persuadere le autorità competenti ad autorizzare un progetto. Nel caso di Wall of Oil Barrels - Iron Curtain, i documenti non raggiunsero lo scopo: il permesso non viene accordato. Nonostante ciò, i Christo portarono avanti il progetto senza autorizzazione. Per otto ore, il 27 giugno 1962, bloccarono Rue Visconti con 240 barili. Christo li caricò da solo uno per uno. La barricata, ostruì il traffico come previsto. I barili furono lasciati così com’erano, con i colori industriali, i vari marchi e la ruggine. I Christo furono inevitabilmente chiamati in questura per rispondere dello sbarramento, ma non ci fu alcuna denuncia. Che i passanti abbiano compreso il riferimento della barricata al muro di Berlino è discutibile; a quel tempo a Parigi c’erano molte dimostrazioni contro la guerra in Algeria e forse il progetto fu respinto perché le autorità lo interpretarono come una protesta correlata a quella questione. Ma, nonostante tutto, ci fu un passo importante nell’arte dei Christo, usarono la strada, barili di petrolio e perfino la presenza della gente – caratteristiche che prima di allora non furono ammesse nel campo dell’arte – per creare un’opera temporanea. Anche se contemporaneamente teneva la sua prima mostra in una galleria, è stato il progetto di Rue Visconti , che rese noto Christo a Parigi.

Wall of Barrels, Iron Curtain, Rue Visconti, Paris 1962

Sito web:

Poetica:

Christo e Jeanne-Claude non sono dunque così facilmente definibili come potrebbe apparire al primo sguardo. La coppia di artisti, che dal 1994 si presenta esclusivamente con il doppio nome, è un fenomeno che affascina, anche se difficilmente spiegabile con le tradizionali definizioni artistiche. Sono due artisti che non vogliono trasmettere messaggi, ma "solo" la sensazione della gioia e della bellezza e per questo prendono "decisioni estetiche", come ad esempio (come si è detto prima) la limitazione temporale delle loro opere. Questa scelta è "volta a conferire alle opere d'arte la sensazione di dover essere viste" spiegano i due artisti nel loro sito. Questi grandi progetti possono essere realizzati soltanto con un lavoro di squadra. Basti pensare che per montare e smontare le porte sono stati necessari 900 operai, ma della "famiglia di lavoro" vera e propria di Christo e Jeanne-Claude fanno parte soltanto la coppia di coniugi fotografi Wolfgang e Sylvia Volz, il curatore della mostra Josy Kraft e la coppia di coniugi responsabili del progetto Vince e Jonita Davenport. Anche se il loro lavoro è visivamente impressionante, e spesso dovuto a controversie, a causa delle sue dimensioni, gli artisti hanno ripetutamente affermato che i loro progetti contengono significati più profondi della loro estetica immediata. Lo scopo della loro arte, essi sostengono, è semplicemente quello di rendere il mondo "un luogo più bello" o di creare nuovi modi di vedere i paesaggi familiari. David Bourdon ha evidenziato come l’elemento che caratterizza l’opera dei due artisti sia la rivelazione attraverso il celare, ma a più livelli: dall’occultare la normale funzione o l’aspetto di un oggetto, catapultandolo in una dimensione “altra”, alla capacità (assai più interessante) di modificare l’equilibrio consolidato tra realtà e apparenza, offrendo le potenzialità di un nuovo approccio nei confronti del quotidiano. Questa è davvero la chiave. Christo e Jeanne – Claude infondono meraviglia nel mondo. La coppia mantiene una collaborazione con tutte le imprese e la loro arte è sempre considerata come il lavoro di Christo e Jeanne-Claude. Durante i loro lunghi giorni di lavoro, Christo fa i disegni preliminari dei progetti e prende le decisioni finali, mentre Jeanne-Claude è principalmente responsabile della gestione dei permessi, “agente di pubbliche relazioni”, per poter installare le loro opere in città oppure in altre zone, in armonia con il paesaggio. Attraverso la loro collaborazione in campo ambientale ed i progetti civici, gli artisti Christo e Jeanne-Claude sono diventati fra i più noti e importanti artisti contemporanei. Marito e moglie, sono nati nello stesso giorno, il 13 Giugno del 1935: Christo in Bulgaria, Jeanne-Claude in Marocco. Si sono conosciuti e sposati a Parigi nel 1958. Dal 1961, hanno progettato delle istallazioni in Europa, Asia, Australia e negli Stati Uniti. Christo e Jeanne-Claude si sono trasferiti a New York nel 1963, dove abitano tuttora. Come spiegato nel loro sito, il comune denominatore del loro lavoro è l’uso di tessuti e non solo l’avvolgimento. Cercano un’espressione di gioia e leggerezza. Innovativa come la loro arte, è la soluzione trovata per ottenere gli altissimi finanziamenti necessari alla realizzazione dei loro progetti: “in modo di mantenere la loro indipendenza”. Christo e Jeanne-Claude non hanno mai accettato contributi o sponsorizzazioni, le spese vengono sostenute con il ricavato dalle opere di Christo, specialmente con i suoi disegni preliminari.


Opere:

  • Air Package, dal titolo 5.600 Cubic Meter Package (Pacco di 5.600 metri cubi, 1967-1968)

i Christo erano impegnati nella realizzazione dei tre Air Packages (Pacchi aerei), uno dei quali era la più grande struttura gonfiabile mai creata senza una struttura di sostegno. Questo fu quello che attirò maggiormente l’attenzione della gente. Pesava 6.350 chilogrammi e consisteva in una busta di 2.000 metri quadrati di trevira legata con spago.

  • Wrapped Coast (Costa impacchettata, 1968-69)

Il ripido tratto costiero che fu impacchettato era lungo quasi 2,4 chilometri e largo circa 250 metri. Il progetto richiese 90.000 metri quadrati di tessuto sintetico, anti-erosione e 56 km di corda.

  • Valle Curtain (Tenda nella valle) a Rifle, in Colorado (1970-1972)
La tenda misurava 400 metri di larghezza e raggiungeva i 111 metri d’altezza, senza toccare i pendii e il terreno della valle. I cavi, che reggevano i 14.000 metri quadrati di tenda di nylon color arancio, pesavano 50 tonnellate ed erano ancorati a 800 tonnellate di fondamenta in cemento. La realizzazione del progetto fu complicata
Valley Curtain, Rifle, Colorado, 1970-72
  • Running Fence (Recinto continuo,1972-1976)

Forse il più affascinante e spettacolare fra tutti i progetti epici dei Christo. La recinzione fu alta 5,5 metri e lunga 40 chilometri, attraversava le proprietà di cinquantanove allevatori a nord di San Francisco, percorreva le colline ondulate e andava a tuffarsi nel Pacifico a Bodega Bay. Fu usato circa 200.000 mq di nylon bianco, 2.060 pali, e 145 km di cavo in acciaio e 14.000 picchetti.

  • Wrapped Walk Ways(Sentieri impacchettati, 1977-1978)

Christo e Jeanne-Claude impacchettarono 4,5 km di sentieri nel Loose Park, un parco a Kansas City, Missouri. Per preparare i 12.500 metri quadrati di tessuto di nylon colore giallo zafferano, fu assunto un esercito di cucitrici del posto e di una fabbrica, mentre per installare il materiale fu necessaria un’unità operativa di 84 persone. I pedoni godettero dell'opera per due settimane nel mese di ottobre.

  • Surrounded Islands (Isole circondate, 1980-1983) nella baia di Biscayne a Greater Miami, in Florida.

Nel progetto, stabilirono di impacchettare undici isole artificiali.

Furono circondate da 60 ettari di polipropilene rosa che ricoprivano la superficie dell’acqua, galleggiando e allargandosi nella baia di Biscayne per 60 metri intorno a ciascuna isola. Il tessuto era stato cucito in 79 sagome diverse per seguire i contorni delle isole. Il dispiegamento sull’acqua, che ebbe inizio il 4 maggio. Una volta completata l’opera, le Surrounded Islands furono sorvegliate giorno e notte da 120 monitor, collocati su canotti pneumatici.
Surrounded Islands a Greater Miami, in Florida, 1980-1983
  • Pont Neuf Wrapped (Pont Neuf impacchettato, 1975-1985)

Nessun altro ponte a Parigi è così emozionante, così carico di significato storico e culturale. Molti artisti in passato lo avevano ritratto e inoltre, dai tempi più antichi, la costruzione di un ponte è sempre stata circondata da un’aura di sacralità. L’impacchettamento avrebbe arrecato danni al ponte o a chi vi fosse passato sopra e sotto, o avrebbe defraudato la pietra del suo aspetto originario, o avrebbe dissacrato un simbolo culturale. Guadagnarsi l’approvazione, per i Christo, fu una dura battaglia durata dieci anni. Il permesso fu accordato. Impacchettare il Pont Neuf – che si rivelò un vero trionfo – fu un gesto, il pagamento simbolico di un debito che Christo sentiva di avere verso Parigi.

  • The Umbrellas, Japan – USA (Gli ombrelli, Giappone – USA,1984-1991)

Fu il progetto più ambizioso e costoso della loro carriera artistica. Questo veniva reso fruibile allo stesso tempo in due località, dando vita a un’unica opera d’arte. In Giappone c’erano 1.340 ombrelli blu; negli Stati Uniti 1.760 ombrelli gialli. Ogni ombrello, base inclusa, era alto 6 metri, aveva un diametro di 8,66 metri e pesava circa 200 chilogrammi.

  • Wrapped Reichstag, Berlin 1971-95

Manifestarono per la prima volta l’idea di impacchettare un parlamento. Più di 100.000 metri quadrati di polipropilene a maglia stretta rivestito da uno strato di alluminio, e 15 km di corda blu di polipropilene, furono necessari. Una squadra di 90 professionisti e 120 operai addetti all’installazione portarono a termine i 25 anni di battaglia dei Christo per il progetto. L’impacchettamento del Reichstag iniziò il 17 giugno 1995 e si concluse il 24 giugno. Le facciate, le torri e il tetto furono ricoperti da 70 pannelli di tessuto realizzati a mano, una quantità doppia rispetto alla superficie dell’edificio.

  • I Wrapped Trees (Alberi impacchettati, 1997-1998)

Nel 1997 ottennero il permesso per Wrapped Trees, Fondazione Beyeler e Browner Park, Riehen, Svizzera, 1997-1998. Il 13 novembre 1998 l’ambizioso progetto venne realizzato. Per avvolgere gli alberi, la coppia utilizzò 55.000 metri quadrati di poliestere di colore grigio argento e 23 km di corda. Il tessuto lasciava intravedere i rami degli alberi che premevano verso l’esterno, come se madre natura si stesse sensualmente mostrando agli spettatori. L’ altezza degli alberi variava da 25 a 2 metri, mentre il diametro andava da 15 a 1 metro. Wrapped Trees rimase in vita per 3 settimane, sotto il tempo variabile dell’autunno: alla luce del sole e al tramonto, con il gelo, la neve e la pioggia.

  • The Wall, 13.000 Oil Barrels, Oberhausen, 1999 (Il Muro, 13.000 Barili di Petrolio)

Era un’installazione e non un progetto. Questo lavoro, è situato all'interno di un Gasometro a Oberhausen, Germania. La struttura, costruita nel 1928 per immagazzinare il gas che si formava come sottoprodotto nelle lavorazioni industriali dei minerali d’acciaio, è alta 110 metri con 68 metri di diametro, è considerato uno dei più grandi serbatoi di gas del mondo. Il Muro di barili era alto 26 metri, profondo 7 metri, e lungo 68 metri, il Muro era un’opera d’arte a più strati formata da 13.000 barili di petrolio, accatastati e dipinti con colori brillanti: giallo, arancione, blu, verde, grigio e bianco.

  • The Gates, Central Park, New York City, 1979-2005

Nel febbraio 2005 il Central Park di New York fu investito da una ventata di bellezza e allegria. Christo e Jeanne-Claude impreziosirono i viottoli del parco con 7.503 porte colorate. Fatte di metallo, alte 5 metri e lunghe 37 chilometri, furono distribuite a intervalli di circa tre metri l’una dall’altra. Sulla sommità di ogni struttura era fissato un pannello di tessuto sintetico color zafferano; con una brezza leggera, i pannelli si sollevavano, ondeggiando in direzione della porta successiva.

Bibliografia:

  • 1963 – 1987, Christo, "Prints and objects", Ed. Schellmann
  • 1964 – 1982, Christo Editions, Ed. Schellmann & Klùser
  • 1997, Renato Barilli, "L’arte contemporanea. Da Cézanne alle ultime tendenze", Milano, Feltrinelli
  • 1979 – 2005, Christo e Jeanne-Claude, "The Gates: Central Park", New York City
  • 2005, "Il Novecento, Arte Contemporanea", I Secoli dell’Arte
  • 2007, "Christo and Jeanne-Claude", Jacob Baal-Teshuva, Taschen
  • AAVV, "Al di là della pittura, ne L’arte moderna", Ed. Bompiani


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