Jorn Asger

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Asger Jorn

Personaggio o Gruppo:

Jorn Asger, pittore, scultore, etnoarcheologo, architetto selvaggio danese, vanta una produzione artistica varia e composita (ben oltre le 2500 opere) tra pittura, scrittura, collage, tappezzeria, scultura negli ultimi anni di vita, ceramica e per finire una produzione su carta che conta incisioni, litografie, illustrazioni d’opere, disegni. Attivo anche in Francia la sua personalità ed il suo lavoro hanno esercitato un' influenza decisiva sui suoi contemporanei, ed è riconosciuto come uno dei più importanti artisti scandinavi dai tempi di Edvard Munch.

Biografia:

Asger Jorn, pseudonimo di Asger Oluf Jørgensen, nasce a Vejrum, nello Jutland, Danimarca, il 3 marzo 1914.
Nell’autunno del 1936 visita Parigi, dove studia all’Académie Contemporaine di Fernand Léger fino al 1939, in seguito fa l’assistente di Le Corbusier nella decorazione del padiglione dei Tempi Nuovi all’Esposizione Universale.
A Copenhagen nel ’38 ha luogo la sua prima esposizione personale.
Durante la guerra vive in Danimarca, dipingendo tele che risentono dell’influenza di James Ensor, Vasily Kandinsky, Paul Klee e Joan Miró, e collaborando alla rivista “Helhesten”.
Nell’immediato dopoguerra, con il nome di Asger Jorn, partecipa a tutti i movimenti d’avanguardia. Raggiunge i surrealisti rivoluzionari nel ’45.
Nell’estate del 1946 compie un viaggio nella Lapponia svedese; nell’autunno dello stesso anno è a Parigi, dove conosce Constant e nel 1947-48 risiede per sei mesi a Djerba (Tunisia). Nel 1948 tiene la prima personale a Parigi alla Galerie Breteau. Nello stesso periodo, assieme a Appel Karel, Nieuwenhuys Anton Constant, Van Beverloo Guillaume Cornelis - Corneille, Dotremont Christian e Noiret Joseph fonda il gruppo Cobra (acronimo per Copenaghen, Bruxelles, Amsterdam) che rivendica completa libertà espressiva ed enfatizza l’importanza del colore e della pennellata. Prima di dissociarsi dal movimento, Jorn redige la pubblicazione delle monografie della Bibliothèque Cobra.
Nel 1951 ritorna in Danimarca, dove le precarie condizioni di salute lo costringono a trascorrere un lungo periodo nel sanatorio di Silkeborg. Nel 1953 è tra i fondatori del Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (MIBI), una continuazione del gruppo Cobra, e comincia a lavorare intensamente con la ceramica, stabilendosi l’anno seguente ad Albisola, in Italia, dove promuove gli incontri internazionali della ceramica. I lavori di Jorn comprendono quadri, collage, illustrazioni di libri, stampe, disegni, ceramiche, arazzi, nonché pitture murali eseguite su commissione e, negli ultimi anni, sculture.
Dal 1957 al 1961 partecipa al movimento Internazionale situazionista, del quale ne è membro fondatore, sempre verso la fine degli anni ’50 si mette a ridipingere dei quadri di artisti “pompier” trovati al Mercato delle Pulci di Parigi; queste saranno le serie “Modificazioni” e “Defigurazioni”. In seguito realizzerà un insieme di “dripping” e poi, a partire dal ’64 una serie di “Décollages” dove appaiono personaggi dalle forme semplificate, tra il 1961 e il 1965 lavora a uno studio sull’arte scandinava delle origini.
Dopo la metà degli anni ’50 risiede a Parigi e Albisola.
Nel 1962 tiene la prima personale a New York, alla Lefebre Gallery.
Nel 1964, si aggiudica il Guggenheim International Award con incluso un consistente premio in denaro, nei giorni seguenti egli invia questo telegramma al presidente del Guggenheim, Harry F. Guggenheim:

“GO TO HELL BASTARD--STOP--REFUSE PRIZE--STOP--NEVER ASKED FOR IT--STOP--AGAINST ALL DECENCY MIX ARTIST AGAINST HIS WILL IN YOUR PUBLICITY--STOP--I WANT PUBLIC CONFIRMATION NOT TO HAVE PARTICIPATED IN YOUR RIDICULOUS GAME.”

Dal 1966 si dedica soprattutto alla pittura a olio e viaggia molto, a Cuba, in Inghilterra e Scozia, negli Stati Uniti e in Oriente.
Jorn metterà la sua arte anche al servizio della sua ribellione contro il sacro. Nel ’68 pubblica “La lingua verde e quella cotta”, un pamphlet contro lo strutturalismo.
L’artista muore ad Aarhus, Danimarca, il primo maggio 1973.

Sito web:


Poetica:

ASGER JORN E L'ARTE COME INADATTAMENTO
di Francesco De Bartolomeis

Educazione estetica? Ma l'arte è antieducativa, mi rispondeva Jorn. La critica aiuta la comprensione? Ma la critica riduce l'arte a qualcosa che con l'arte non ha niente a che fare. Il valore sociale dell'arte? Ma l'arte è antisociale. Arte progressista, in appoggio ad una politica progressista? Ma l'arte ha nella politica, in ogni politica, la sua nemica peggiore. L'arte realizza un adattamento? Ma l'arte è in maniera radicale inadattamento.

Questo si delineò subito come uno dei punti saldi della polemica di Jorn. Proprio la cultura, anche quella con pretese progressiste, è una minaccia per l'arte. Sollecitata com'è da una problematica fittizia, ha perduto i suoi contatti con il reale e scambia per realtà la rete di ragionamenti o di dimostrazioni in cui è avvolta. Per Jorn l'arte (ma lo stesso si può dire della cultura di sposta ad uscire dal gioco intellettualistico) è inadattamento, è frattura, è un volgere il sì nel no, la verità convenzionale ed ufficiale in una falsità di protesta: è, insomma, un atto di provocazione. E' vitale se distrugge per costringere al PUNTO ZERO. L'arte, in un certo senso, distrugge l'arte. Non deve subito suggerire parentele, inquadramenti in scuole o movimenti.

Con questa convinzione non contrasta l'inestinguibile bisogno di Jorn di discutere, di farsi animatore di raggruppamenti (CoBrA, Bauhaus immaginista, situazionismo ecc.). Non si tratta di sodalizi per una collaborazione fraterna, per trovare e dare appoggi e consensi. Si tratta invece di formazioni instabili. E proprio nell'instabilità è il loro valore. A torto quindi qualche critico ha parlato della morte di CoBrA. Per non morire, cosa avrebbero dovuto fare gli artisti che vi aderirono? Forse creare una sorta di organizzazione industriale o, peggio, un'accademia?

Non è morte, ma evoluzione, necessità stessa dell'impostazione sperimentale, mantenimento da parte di ciascun artista del suo diritto alla creazione individuale. Questa mobilità impedisce la cristallizzazione in formule, un compiacimento, per così dire, in famiglia, secondato da particolari critici. Il rischio è da affrontare sempre daccapo, anche contro quelli con cui si è stati insieme, altrimenti viene a mancare la condizione di inadattamento da cui nasce l'arte e che l'arte non deve cancellare.

Di tanto in tanto nel discorso di Jorn fanno capolino Hegel e la dialettica. Ma non credo che tra il pensiero di Jorn e quello di Hegel ci siano rapporti decisivi. Il dramma dialettico hegeliano è abbastanza una finzione, qualcosa per cui alla fine "tutto va a posto", non è la filosofia del punto zero e dell'inadattamento conclusivo, se mi è lecito così definire la posizione del pittore danese.

Il termine che più frequentemente ricorre nei discorsi e negli scritti di Jorn è quello di "sperimentale". Esso implica molte cose, in primo luogo una netta opposizione all'idea secondo cui una sola novità possa bastare alla vita di un artista. Purtroppo l'arte contemporanea mostra molti approfonditi esempi di fedeltà a quest'idea : si vive d'eredità, si ripete un modulo, ci si presenta con una sigla inconfondibile (e perciò inutile nella sua ripetizione).

Una metodologia delle arti - scrive Jorn - deve essere concepita sotto forma di dialettica sperimentale. Questa sperimenta1ità riguarda anche la funzione e la destinazione dell'arte: pittura e scultura non da rinchiudere nei musei ma da far entrare nella vita quotidiana come sua dimensione necessaria. Occorre quindi vincere la mancanza d'interesse che architettura e urbanistica ostentano per queste arti, e inoltre superare una concezione ristretta di funzionalismo, incapace di vedere "il lato estetico come funzione autonoma dell'attività umana". Il funzionalismo mira all'utile, ma non è in grado di comprendere che esistono utilità che non si possono spiegare da un angusto punto di vista praticistico. Occorre essere integralmente funzionalisti ed accogliere anche il gratuito e l'irrazionale, poiché da essi emerge la necessità dell'arte. Sono concetti che si precisano nella critica della dottrina organicistica e delle sue pretese scientifiche.

L'architettura, scrive Jorn, "è nettamente antiscientifica nella sua ispirazione, nei suoi mezzi, nel suo fine. Ogni tecnica umana è ispirata dal bisogno e dal desiderio dell'uomo, è l'espressione immediata dell'interesse umano. Dunque il metodo obiettivo e disinteressato della scienza non può creare alcuna tecnica architettonica". E più oltre : "L'uomo è una specie della natura organica ma non si deve dimenticare che tutta la sua tecnica e la sua arte rappresentano un risultato anti-biologico costituito dalla sua immaginazione, intelligenza, potenza di creazione, nella corrente della natura".

Non per questo Jorn pensa ad un'assoluta estraneità dell'arte rispetto alla scienza, anzi dice esplicitamente : "Per rompere la sterilità che regna tanto nella scienza quanto nelle arti oggi più che mai è necessario prendere coscienza delle dipendenze ed influenze reciproche di tutte le attivi tà della nostra cultura, e, per pervenirvi, occorre trovare un metodo di investigazione sintetica, comune a tutte queste attività".

Promotore di raggruppamenti sperimentali, Jorn non poteva non prendere posizione contro la vecchia Bauhaus di Walter Gropius e, ancona più decisamente, contro la nuova di Max Bill.

Questa accentua i difetti di quella, è priva di ispirazione e di vitalità, non è un vero e proprio centro di sperimentazione. A questo proposito sono importanti le lettere che Jorn e Bill si scambiarono nel 1954. A Bill che afferma "Bauhaus non è il nome di un'ispirazione artistica, ma il significato di un movimento che rappresenta una dottrina ben definita" il pittore risponde secco: "Se Bauhaus non è il nome di un'ispirazione artistica, è il nome di una dottrina senza ispirazione, cioè morta".
Sembra un richiamo romantico questo accento sull'ispirazione e sull'immaginazione (di qui il Bauhaus immaginista), ma questi due termini assumono un nuovo significato proprio perché vengono collegati alla sperimentazione, alla necessità di penetrare l'attuale condizione umana, di dare all'arte una statura che le consenta. di competere con lo straordinario sviluppo della scienza e della tecnica. La forza dell'arte si rivela nella sua gratuità, mediante cui non riecheggia o riflette la realtà nè serve come esteriore motivo di ornamentazione di una civiltà positiva ma crea una presenza che mette in crisi la realtà e la civiltà medesime, incrementandole e approfondendole. Il compito della nuova scienza è di mettere in dubbio tutto quel che sappiamo; il compito dell'arte e della teoria delle tecniche moderne e di mettere in dubbio tutto ciò che facciamo. Il dubbio scientifico si esprime attraverso l'analisi, ma il dubbio artistico si esprime attraverso l'azione. Tocca a noi fare tutto ciò che non si può fare; di non fare tutto ciò che, per tradizione e dogmatismo, si è obbligati a fare; di smascherare le false inquietudini e le false sicurezze, il falso lusso e la falsa utilità; e di indirizzare a questo fine i risultati delle nostre esperienze.
Poiché la falsità si annida tanto nelle verità correnti e nelle normali relazioni sociali quanto nei grossi fatti di cultura, Jorn rinuncia ad appellarsi alla verità, capovolge i termini e definisce FALSO il lavoro di rottura dell'artista.
L'arte non è una forma di artigianato e perciò non può ignorare l'industria nè la scienza che per tanta parte caratterizzano la nostra civiltà. Ne consegue che la pittura (e la scultura) ha direttamente a che fare con l'architettura e l'urbanistica, in quanto deve attivamente intervenire a trasformare il nostro ambiente di vita. Il carattere sperimentale dell'arte fa tutt'uno con questa necessità. Ma l'arte sperimentale significa anche disponibilità di mezzi economici e pratici e inoltre legittimità dell'errore in quanto propriamente l'arte si delinea come ricerca artistica. La preoccupazione del risultato accettabile e commerciabile porta inevitabilmente al conformismo, all'escogitazione di formule e modelli tipici, alla simulazione della profondità e del dramma anche se l'arte assume forme esteriormente rivoluzionarie.
"Noi chiediamo gli stessi mezzi e le stesse possibilità economiche e pratiche che sono già al servizio delle ricerche scientifiche... La ricerca artistica è identica alla scienza umana, che per noi è scienza "interessata", non la scienza puramente storica. Questa ricerca deve essere con dotta dagli artisti con l'aiuto degli scienziati. Il primo Istituto costituito a questo fine nel mondo è il Laboratorio sperimentale per le ricerche artistiche libere, fondato ad Alba il 29 settembre 1955. Un tale laboratorio non è un istituto d'insegnamento; esso serve soltanto ad offrire all'artista nuove possibilità nel suo campo d'esperienza.... La nostra conclusione pratica è la seguente : noi abbandoniamo ogni tentativo di azione pedagogica per orientarci verso l'attività sperimentale".

E' chiaro perché Jorn dichiari insufficienti le iniziative di Gropius e di Bill : in fondo si tratta di scuole e come tali basate sull'insegnamento e non sulla ricerca sperimentale e confinate in un ambito sostanzialmente artigianale. Un fatto importante è che il Movimento internazionale per una Bauhaus immaginista - che culmina nella fondazione di un Laboratorio sperimentale ad Alba (1955)) e nel congresso sempre nella stessa cittadina piemontese, dell'anno seguente - si sente impegnato anche in tentativi di teorizzazione come interna necessità proprio per il carattere ipotetico della produzione artistica.
Accanto alla simulazione della teoria c'è da considerare la simulazione del dramma per cui le contraddizioni, le mostruosità, le deformazioni della situazione umana si solidificano, come abbiamo già notato, in un risultato ripetuto per mantenere la tipicità e la costanza del prodotto. Accade così che la scena dell'arte si popoli di tanti mostri domestici, dietro cui si vede l'accettazione della vita quotidiana, la fiacca retorica della ribellione. Il successo deve far paura : spesso significa ritorno all'ordine. Quella che sembrava rivoluzione è solo un po' d'agitazione desiderosa di rassicurarsi nel conformismo.
Certo la teoria, qualora perda il valore di ipotesi per una ricerca sperimentale e non sfidi gli stessi risultati di questa ricerca, si riduce ad una sovrastruttura volontaristica e intellettualistica, a una simulazione al di fuori di ogni fecondo paradosso, in quanto è sostanziale mancanza di idee per un'arte nuova. La radicalità della creazione artistica, il suo diritto all'errore, il suo lavorare sull'orlo dell'impossibile sembrano estraniare l'artista dal commercio con gli uomini, da interessi condivisi. E invece la preoccupazione etica (non pedagogica in senso scolastico) ha in Jorn un posto centrale : "L'umanità esiste grazie agli individui e l'interesse dell'individuo supera la sua stessa esistenza. Gli interessi comuni dell'umanità rappresentano una soggettività collettiva. Eccoci alla nuova concezione della soggettività di oggi. Essa rivoluziona l'intera base teorica ed ideologica dell'arte e della tecnica future ... Noi abbiamo creato una concezione dinamica dell'arte e della tecnica e il fine ultimo di tutte le arti e di tutte le tecniche è di produrre valori comuni, di servire interessi umani. Ogni intrapresa comincia come gioco inutile in una cerchia limitata d'interessi, anche come soddisfazione personale. Ma la soddisfazione personale e la sua espressione personale non sono affatto prive di interesse per gli altri individui, in quanto nuova possibilità od esperienza... Una self expression può essere assolutamente convenzionale ed insignificante se esprime un essere limitato; d'altra parte una cosa nuova e originale può esser priva d'interesse se non soddisfa alcun bisogno umano".

Ritorna qui la necessità dell'esperimento che toglie all'innovazione il carattere di cosa velleitaria o marginale, od anche inconsistente dal punto di vista teorico. "Qual è l'importanza dell'esperimento nell'arte? Essa è nello stesso tempo essenziale ed inafferrabile... E' come il lievito per il pane; lungi dall'aggiungere qualcosa all'opera, l'ispira e l'ingrandisce ad una scala drammatica. Noi abbiamo scoperto con la scienza moderna che l'evoluzione avviene non in base ad una sola dottrina ma a più dottrine in contraddizione, con un'azione complementare. L'attività del funzionalismo fra le due guerre è strettamente legata alle tendenze artistiche complementari della sua epoca (Dada, Espressionismo); noi non siamo nè dadaisti nè espressionisti. Il Surrealismo si è imposto nel frattempo e sarebbe stupido ignorano".
In un intervento alla X Triennale di Milano (1954) esprimendo il punto di vista dell'artista libero sull'evoluzione attuale dell'arte e della tecnica, Jorn. chiarisce che non lo ritiene l'unico accettabile e che ciò e nella natura stessa della verità: non una verità unica ma più verità irriducibili per cui la complementarità non risulta da un facile lavoro d'incastro e di armonizzazione, in quanto esse sono "legate in una sorta di paradossale complessità". Di qui "un. sistema complementare di verità reciprocamente contraddittorie".
Ci era subito sembrato, dopo le prime battute del colloquio, di poter definire la concezione di Jorn "filosofia del punto zero". E' significativo che nei suoi scritti questa espressione ricorra spesso. "L'artista libero è un. dilettante professionale. Lo spirito di dilettantismo è all'origine di ogni progresso. Lo spirito di dilettanti sino non implica assoluto auto-didattismo ma è la capacità di superare le proprie conoscenze e di arrivare ad una nuova innocenza, un nuovo punto zero o sentimento di non saper nulla". Ma se il punto zero caratterizza la posizione di Asger Jorn, esso non è nulla di negativo : è invece condizione e spinta di quella creazione personale in cui anche gli altri, se hanno occhi per l'essenziale, possono riconoscersi. Di qui l'urgenza morale che invano cercheremmo espressa in forme rassicuranti o di facile fruizione. Occorre il coraggio di soffrire la negazione e la distruzione, di tentare le cose impossibili e di non perdere mai il gusto di tutto questo.

Si tratta sempre di tornare al punto di partenza, perché è al punto di partenza che si crea. Ci sembra di aver capito che in Jorn c'è un'autentica tensione drammatica tra la rottura e l'inadattamento da una parte e la ricerca di una ricostruzione, anche socialmente consistente, dall'altra.

(Il testo riproduce la parte più direttamente concernente la figura di Jorn di un articolo comparso sulla "Rivista di Filosofia", 1962, n. 2. All'origine di questo scritto si pone un colloquio avvenuto nel 1961, ad Albisola, tra Jorn e l'autore, propiziato da Piero Simondo).

Opere:

pubblicazioni:

  • “Luck and Chance: Dagger and Guitar” (1952)

La prima edizione di Luck and Chance fu la prima pubblicazione di jorn, fu scritto al sanatorio di Silkeborg durante la sua convalescenza dopo un serio attacco di tubercolosi aggravato da malnutrizione.

Internationale Situationiste (1957-1961):

  • “Originality and Magnitude” (1960), articolo nell' Internationale Situationiste No. 4.
  • “Open Creation and its Enemies” (1960), articolo nell' Internationale Situationiste No. 5.

Value and Economy:

  • “Critique of Political Economy and the Exploitation of the Unique” (1961). Questo libro si divide in due parti. La prima parte è una critica coincisa sulle apparenti contraddizioni del Das Kapital di Marx, fu originariamente pubblicato in francese nel 1959 dall' Internazionale Situazionista, ed è il testo più semplice e meno discorsivo di tutti i suoi scritti, probabilmente perchè Guy Debord contribuì nella scrittura.
  • “The Natural Order” (1962), “If this is a critique of Neils Bohr's theory of complementarity, then it is also to just the same high degree a critique of that dialectical materialism, that I in my earliest youth took to my heart and perceived to be the only acceptable principle for thought.” (Asger Jorn)

Bibliografia:

  • Lippolis Mario , 2000, La comunità prodiga, editrice Zona, Rapallo.

Il volume contiene i seguenti scritti di Jorn: “Critica della politica economica” seguito da “La lotta finale”, “Critica europea dei Corpi Accademici” (scritto con Guy Debord), “Guy Debord e il problema del maledetto”, “Selvatichezza, barbarie e civiltà” (estratti) e, di Guy Debord, “Dieci anni d'arte sperimentale: Jorn e il suo ruolo nell'invenzione teorica e Sull'architettura selvaggia”

  • Jens Staubrand, 1995, Asger Jorn-aforismer, og andre korte tekststykker, Valby.
  • Jorn Asger, 1962, Asger Jorn: Naturens Orden, København.
  • Jorn Asger, 1962, Asger Jorn: Værdi og Økonomi, København.
  • Jorn Asger, 1963, Asger Jorn: Held og Hasard, København.
  • Jorn Asger, 1964, Asger Jorn: Ting og Polis, København.
  • Jorn Asger, 1963-64, Asger Jorn: Alfa og Omega, København.
  • Graham Birtwistle, 1986, Asger Jorn’s comprehensive theory of art between Helhesten and Cobra 1946-1949, Utrecht.
  • Andersen Troels, Rasmussen Brian and Pay Roald, 2005, Jorn in Havanna, Copenhagen.

Il libro è in inglese e danese

  • Shield Peter, 1998, Comparative Vandalism: Asger Jorn and the artistic attitude to life, Borgen/Ashgate.

Webliografia: