Les Immateriaux: differenze tra le versioni

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Revisione 19:07, 8 Mar 2006

Autore: Jean–Francois Lyotard, Thierry Caput con testi di autori vari.


Titolo originale: Les Immateriaux

Tradotto da: Alessandro Pasquali

Anno: 1985




LA RAGIONE DELLE PROVE


Cosa abbiamo fatto? Ci eravamo detti non prefazioni, non articoli di professionisti del catalogo. Molto meglio: che l’oggetto da trattare, gli immateriali, sia introdotto con la riflessione, la scrittura. Dunque al posto di un testo fatto scrivere dall’artista noi abbiamo deciso di proporre a una trentina d’autori, di scrittori, di scienziati, di artisti, di filosofi e di linguisti un piccolo vocabolario degli immateriali, cinquanta parole, pregandoli di commentarle a modo loro, però con certi limiti quantitativi.

Si può vedere, il proposito non era di avere un dizionario, che all’inizio a un solo e stesso termine vengono date trenta definizioni differenti. Sono soprattutto queste differenze che ci interessano, la moltiplicazione dei campi semantici di una parola, l’evidenza della complessità dei significati, ciò che costituisce la rivincita della scrittura e del pensiero nella loro battaglia contro i significati stabiliti dalla lingua.

Noi vogliamo così creare uno studio di divergenze e non, come nel caso di un dizionario (o di un catalogo) un museo di consensi. Noi pensavamo di aggiungere all’inquietudine della scrittura in generale, la manifestazione della paura che s’impadronisce dello scrittore quando immerso nella folla dei suoi contemporanei, anche se fosse solo la piccola folla dei suoi colleghi, vede il suo pensiero esposto all’incomprensione, alla malevolenza, o semplicemente allo choc indifferente di incontri fortuiti.

Infatti, questo studio non simbolizza altro che la prova alla quale è sottoposta la scrittura nella società moderna, questa esperienza nella quale Walter Benjamin riunisce i temi sparsi nel pensiero Budeleriano sui temi della strada, della folla, dell’isolamento, della noia e della stupidità del passante.

Che cosa succederebbe, ci chiediamo se il pensiero e la scrittura si trovassero esposti al pericolo d’interferenze bizzarre, non solamente nel loro stato di opera compiuta ma mentre stanno per formarsi, per nascere?

E’ una proprietà temibile dell’elettronica e dell’informatica quella di far accedere da lontano alle intimità più vicine. I nostri ritiri sono affollati di messaggi. Nell’ andata e ritorno dei flussi d’informazione, i muri che ci proteggevano sono diventati le più povere delle interfacce. Il segreto della scrittura, il va e vieni del testo, mentre si sta costruendo, pre-testi, testi di sostegno, brutte copie, cancellature, scarti del pensiero davanti al ben-conosciuto, come anamnesi necessaria per dissipare possibili pregiudizi, - se anche questo fosse esposto a ciò che si chiama la comunicazione, ci siamo chiesti cosa succederebbe?

Potrebbe essere questa la prova che attende la scrittura nell’età postmoderna. Occorreva che lo studio delle divergenze diventasse un laboratorio dei diversi.



Posta in gioco Facendovi passare dalla scritta grafica all’affissione elettronica, sondare gli effetti delle nuove macchine sulla formazione del pensiero. 1 – Riceverete un elenco di cinquanta parole relative alla problematica della manifestazione Gli Immateriali; 2 – Date la vostra definizione, da 2 a 10 righe al massimo, sulla carta, di alcune di queste parole minimo da 15 a 20; 3 – Le vostre definizioni, così come quelle degli altri autori, saranno prese e memorizzate; 4 – Accederete a questa memoria tramite una macchina a trattamento di testo messa a vostra disposizione per tutta la durata dell’ esperimento; 5 – La vostra macchina è collegata in rete a quelle degli altri autori; 6 – A partire da questa situazione voi potrete: a) Connettervi per qualsiasi motivo, confutare,completare, modulare, ecc…, alle vostre prime definizioni, cf. n°2; b) Collegandovi con gli altri autori, intervenire da una parte sulle loro definizioni e dall’altra sulle loro connessioni, per qualsiasi motivo; 7 – Ci auguriamo, in particolare, che voi commentiate le modifiche che questa situazione porterà nel vostro esperimento di scrittura.

L’esperimento iniziò a Settembre 1984 e terminò a Dicembre. Ciò che voi state per leggere è il risultato grezzo, corretto solamente dei refusi e degli errori dovuti alla trasmissione. Il risultato, trascritto e videotestato su un centro server, può essere consultato al Centro Georges Pompidou e, dall’esterno, sui videotel della rete PTT, durante la durata dell’esposizione. Un post-scriptum alla fine di questo libro trae alcune conclusioni di queste prove subite dalla scrittura.


Jean- Francois Lyotard Thierry Chaput


POST - SCRIPTUM


Ora, ma c’è da dubitarne, si vedrà. Anche la suddivisione non è facile, negli effetti che proveremo ad enumerare, fra ciò che si può attribuire alla situazione creata dalla nostra esperienza e, forse, una condizione generale fatta oggi alla scrittura, o anche semplicemente la sua condizione. Questo sarebbe l’interesse maggiore delle prove, di procurare un ingrandimento con la lente elettronica ed informatica di un’ alterazione ambientale dell’ attività di scrivere, quasi impossibile da fissare e da svelare senza l’artificio della macchina e della regola del gioco.

Se è così, il presente Post-Scriptum non deve essere letto come un giudizio, né come un bilancio, occorre contarlo con il numero dei testi che lo precedono, collocato nel loro stesso modo, ma alla periferia della zona focale che hanno occupato sotto la lente della nostra macchinazione. Questa rivela un turbamento generale e profondo della scrittura. Proviamo a coglierne alcuni aspetti, senza pretendere di analizzarli.


Materia, materiale.





E’ inutile dirsi davanti alla macchina: avrei fatto meglio e più presto a scrivere a mano e a spedire per posta. A questo punto si sarebbe dovuto rinunciare alla scrittura stessa, più lenta e più incerta della parola. Non s’impone perché è comoda, ma complessa. Sta agli esseri umani di adattarsi.



In quest’ultimo caso, si tratterebbe di un ritardo del materiale sulla complessità tecnica richiesta dalla nostra regola del gioco. Si potrebbe allora considerare le prove come un prototipo sperimentale. Alla fine proveremo a dare la sua piena forza a quest’ipotesi.



Destinatario




Si rivolge verso i suoi partner, fa di alcuni di loro i suoi interlocutori.


Il rimedio più frequente all’ansia di sapere a chi dare ciò che si è scritto, sembrerebbe di fare se stesso destinatario, come in un diario. Il paradosso è che le pagine-schermo del preteso giornale devono, era la regola del gioco, essere inviate per sequestro alla memoria centrale, che è collettiva, senza che si sappia del resto chi le chiamerà nella rete. L’intimità è così destinata alla pubblicità e in modo aleatorio. Non può quindi che essere finta, deve rendersi interessante. Il pubblico entra nel privato, la singolarità del contenuto si dilegua sotto lo sguardo collettivo.E’ con l’ostentazione della sua forma, del suo tono, che la scrittura può manifestare un’intimità, mostrando che nasconde, senza dire cosa. Riassumendo, le Prove evidenziano un difetto di destinazione che crediamo di esempio. La modernità all’inizio ha tentato di non riconoscerlo perché credeva in uno spazio pubblico, in una comunità di gusto, d’interesse speculativo o cognitivo, di progetto pratico. Se l’esperienza ha rivelato qualche tratto comune, è una sensibilità a ciò che non è comune, alla singolarità, alla differenza. Connessi a una stessa rete, esposti su degli schermi simili, i testi si sforzano con la scrittura, nella rivalità, verso l’incommensurabile. Così forse siamo noi: insieme soli. Noi?


Autore

Se è vero che la provenienza e l’indirizzo dei messaggi tendono a ripiegarsi uno sull’altro, è arbitrario esaminare a parte la prova alla quale è stato sottoposto l’autore in quanto tale. E’ pertanto il proprio statuto, l’autorità, che è più visibilmente provato nelle Prove.

L’improprietà, l’appropriazione impossibile è irrimediabile. Con essa, un’angoscia per la responsabilità; più profonda ancora per la probità della scrittura.



Si ha la nostalgia di una scrittura,di un pensiero che avrebbe la sua ragione di esistere in una esigenza ontologica, ma questo desinserimento libera l’inventiva. Al nobile statuto di autore, alla sua autorità ed alla sua autorizzazione, si sostituiscono i modi familiari del contratto: la responsabilità del contratto è limitata, l’impegno è temporaneo, porta su un prodotto definito, dei ricorsi sono previsti in caso di rottura. Tutti i giochi sono sotto contratto, le nostre Prove, che sono anche sportive, danno un premio al buon giocatore; l’alea vi è inclusa come un rischio da correre.


La regola del gioco non è stata certamente assunta da tutti e sempre con questo spirito.


Per ritornare alla situazione contrattuale e alla serietà del gioco, ci sembra che a loro è dovuta la varietà notevole,nel modo o nel tono dei testi assemblati. Le nostre regole trattando solo la pragmatica della scrittura, la sintassi, il lessico,il genere degli scritti rimanevano libere. Ognuno ha seguito la sua strada. I professionisti della scrittura, letterati, filosofi, hanno preso spesso deliberatamente la posizione di scrivere in maniera forte (il conte, il distico, la sentenza, l’osservazione) e di rimanerci. Il procedimento permette di rifarsi un contegno; oppone la sua impassibilità di convenzione ai disordini della rete. L’autore ci si ritrova, firma così la sua opera e l’approva. Ma anche si isola, trascura i suoi destinatari attuali che sono i suoi partner, ha orecchie solo per la consonanza dei suoi testi elettronici con l’insieme dei suoi scritti stampati. Si può così tradire la regola del gioco rispettandola.

Diremo altrettanto, mutatis mutandis, della risoluzione presa da altri,di cultura piuttosto scientifica di attenersi al genere spiegativo. Sembra più modesta e più conforme alla regola del gioco, poiché la collega al senso delle parole proposte e si preoccupa di farsi sentire dall’eventuale destinatario.

Discerniamo pertanto un mezzo per l’autore in sconfitta di restaurare l’immagine di una padronanza almeno didattica. La questione posta dalle prove al destinatario dei testi è dunque stata quella della probità,che è doppia e contraddittoria. La probità nei confronti del contratto istituito dalla regola del gioco è incompatibile con l’approvazione del testo da parte dell’autore, che è anche un’approvazione dell’autore per il testo. Quando queste ultime sono richieste e confermate, è a discapito del contratto, disapprovandolo. Questa contraddizione fa sì che tutto il testo delle Prove è improbabile. Non si saprebbe dire chi ne è l’autore, fra quelli che singolarmente hanno firmato ogni frammento, o della regola di generazione e di diffusione alla quale, bene o male, hanno ubbidito firmandola. Forse è questa, dopo tutto, l’incertezza che pesa su ogni maternità, soprattutto in questi tempi in cui le scienze e le tecnologie obbligano a riscrivere il diritto di proprietà sui bambini e sulle opere.


Scrittura



Un’ultima parola sulla scrittura, che fa ritorno su ciò che avevamo suggerito a proposito del suo destinatario. Che la messa in comunicazione per mezzo della rete telematica genera o rivela una difficile separazione, che sia dovuta a dei cedimenti, circostanziali o no, delle tecniche, o alla crescente complessità delle condizioni di lavoro, o che al contrario, non fa che rivelare una solitudine e uno spossamento davanti alla scrittura così sentiti, ma anche così costanti di quelli che accompagnano l’attesa della morte, - non possiamo decidere noi.




Partendo da questa impressione, ci piacerebbe suggerire la seguente contraddizione: le tecnologie del linguaggio presuppongono che il linguaggio sia uno strumento di comunicazione tra utilizzatori.

La scrittura è quindi destinata alla trasparenza del messaggio, al trasporto dell’informazione senza perdite. Il valore del messaggio si misura dal suo tenore in informazione, e l’informazione è in proporzione inversa alla distribuzione più probabile. Tutto spinge così verso la semplificazione dei linguaggi, l’univocità dei messaggi, l’accessibilità dei codici, per una maggiore comodità degli utilizzatori.


La scrittura, se si vede come lavoro di complicare tutto forse non è dovuta agli umani, ma questi dovuti a questo compito. Questo sarebbe il vero motivo di queste Prove.


Elisabeth Gad, Jean-Francois Lyotard, Chantal Noel, Nicole Toutcheff, febbraio 1985.


FRAMMENTI

BORI. 049 (5 Ottobre)


(VEDERE RISPOSTE GUIL. 101, BALE. 050)


BUCI. 071 (8 Ottobre)

La materia non è più ciò che era ….. sotto l’effetto delle scienze e delle tecniche, essa ha perduto i suoi criteri classici di identificazione: materia solida, materialità dei componenti, spazio e tempo fissi, stabilità dei supporti, realtà in sé conoscibile.

L’uomo non è più qui il soggetto ma il beneficiario. (VEDERE RISPOSTA BALE. 050)


CASS. 043 (8 Ottobre)

Per la sola virtù dell’uso operativo dedottivo, la materia si smaterializza e la luce si sostantivizza. La teoria approda alle rive delle essenze: essenza invisibile della luce e mistero e di ciò che c’è di non sostanziale nell’oggetto. La notte, è il giorno visto da dietro.


LATO 101 (9 Ottobre)


(VEDERE RISPOSTE GUIL.101, BALE. 050)


PASS. 114 (9 Ottobre)

E’ sicuramente un modo enfatico quello di dire: non si è in un ciclotrone. L’esistenza e il senso non si sottraggono come questo alla materia, semplicemente facendone del materiale più piccolo, più fine, più soft, più post-industriale. Senza contare che, come nel cinema porno, si deve proprio perdere qualcosa rinunciando all’ hard. (VEDERE RISPOSTE GUIL. 101, BALE. 050, PASS. 131)

RECA. 134 (9 Ottobre)


(VEDERE RISPOSTE GUIL.101, BALE. 050)


SPER. 163 (10 Ottobre)

Letteralmente: annientamento. Figurativamente: rimpiazzo di un supporto materiale con un altro, generalmente meno solido o meno palpabile. (VEDERE RISPOSTE GUIL. 101, BALE. 080)


ROSE. 181 (25 Ottobre)

Il materiale impone ai nostri umori la sua debolezza, stanco di obbedire a così tante leggi fisiche. Ma presto noi saremo vendicati da un giustiziere immateriale: L’uccisore Logico. Il materiale è fabbricato in grappoli di esemplari identici. L’uccisore Logico lo ispeziona: lo paralizza, disconnette, imbriglia o sottilizza le copie deboli. Perdura una razza pura (…). (VEDERE RISPOSTA BALE. 050).


GUIL. 101 (16 Dicembrs)

Poca reazione su questa parola che, pertanto, riassume l’essenziale dell’esperienza alla quale siamo stati invitati. Non si potrebbe almeno pretendere che la dematerializzazione non esista? Anche il pensiero implica un supporto materiale, all’altezza della sua produzione: dei connettori elettrici; non è ciò che registrano gli elettro-encefalogrammi? Dematerializzare significherebbe solamente rimpicciolire infinitamente? Non ci sarebbe stata una differenza di grado tra hard-ware e soft-ware?



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