MEART: differenze tra le versioni

Tratto da EduEDA
Jump to: navigation, search
 
Riga 1: Riga 1:
 
Il MEART (Multi Electrode Array Art) è stato presentato all'esposizione “ArtBots 2003“ che si è tenuta all'Eyebeam Gallery di New York; può essere definito come un Moist Media telematico, una nuova di creatura “ bio-cybernetica e semi-vivente”.  L’idea è nata dall’incontro fra l’artista Guy Ben-Ary del SymbioticA Research Group dell'università dell'Australia Occidentale e il neurobiologo americano Steve Potter, del Wallace H. Coulter Department of Biomedical Engineering del Georgia Tech and Emory Lab presso l'Università di Atlanta, Georgia, USA. L'opera si costituiva intorno a un braccio robotico in grado di disegnare situato a Perth in Australia, connesso tramite Internet ad un chip misto silicio-neuroni di topo situato a Atlanta in Georgia, Usa. Durante l’esposizione i visitatori sono stati invitati a posare per MEART: un’immagine digitale veniva confrontata con gli scarabocchi del braccio meccanico. Le differenze fra le immagini furono convertite in una griglia con 64 pixel, ogni secondo questi pixel furono convertiti in segnali elettrici e inviati ai neuroni del laboratorio; dopo una pausa ciascun elettrodo misurava i segnali generati dalle cellule di Atlanta in risposta alla stimolazione, e restituiva l'informazione al braccio robotico di Perth. La rete delle cellule del cervello, situata nel laboratorio del professor Steve Potter negli USA ed il braccio meccanico, situato nel laboratorio di Ben-Ary all'università de Australia, interagivano in tempo reale attraverso un sistema di scambio di dati via Internet. Seppur il fine ultimo dei ricercatori è quello di studiare come i neuroni apprendono e comunicano, l'ipotesi del team sincretico che l'ha costruito e degli artisti e filosofi che hanno sostenuto il progetto è che quest’artista semi-vivente permetterà di esplorare la neurologia della creatività, infatti questa invenzione potrebbe essere capace di auto-adattarsi e di realizzare creazioni spontanee. http://www.fishandchips.uwa.edu.au/ (Francesco Monico, Quaderno di Comunicazione, Le Variazioni Grandi, Meltemi, gennaio 2008)
 
Il MEART (Multi Electrode Array Art) è stato presentato all'esposizione “ArtBots 2003“ che si è tenuta all'Eyebeam Gallery di New York; può essere definito come un Moist Media telematico, una nuova di creatura “ bio-cybernetica e semi-vivente”.  L’idea è nata dall’incontro fra l’artista Guy Ben-Ary del SymbioticA Research Group dell'università dell'Australia Occidentale e il neurobiologo americano Steve Potter, del Wallace H. Coulter Department of Biomedical Engineering del Georgia Tech and Emory Lab presso l'Università di Atlanta, Georgia, USA. L'opera si costituiva intorno a un braccio robotico in grado di disegnare situato a Perth in Australia, connesso tramite Internet ad un chip misto silicio-neuroni di topo situato a Atlanta in Georgia, Usa. Durante l’esposizione i visitatori sono stati invitati a posare per MEART: un’immagine digitale veniva confrontata con gli scarabocchi del braccio meccanico. Le differenze fra le immagini furono convertite in una griglia con 64 pixel, ogni secondo questi pixel furono convertiti in segnali elettrici e inviati ai neuroni del laboratorio; dopo una pausa ciascun elettrodo misurava i segnali generati dalle cellule di Atlanta in risposta alla stimolazione, e restituiva l'informazione al braccio robotico di Perth. La rete delle cellule del cervello, situata nel laboratorio del professor Steve Potter negli USA ed il braccio meccanico, situato nel laboratorio di Ben-Ary all'università de Australia, interagivano in tempo reale attraverso un sistema di scambio di dati via Internet. Seppur il fine ultimo dei ricercatori è quello di studiare come i neuroni apprendono e comunicano, l'ipotesi del team sincretico che l'ha costruito e degli artisti e filosofi che hanno sostenuto il progetto è che quest’artista semi-vivente permetterà di esplorare la neurologia della creatività, infatti questa invenzione potrebbe essere capace di auto-adattarsi e di realizzare creazioni spontanee. http://www.fishandchips.uwa.edu.au/ (Francesco Monico, Quaderno di Comunicazione, Le Variazioni Grandi, Meltemi, gennaio 2008)
 +
 +
[[categoria:Opera]]
 +
[[categoria:Arte e scienza]]
 +
[[categoria:Arte robotica]]
 +
[[categoria:New York]]
 +
[[categoria:Usa]]
 +
[[categoria:2003 d.C.]]

Revisione 11:27, 6 Ago 2009

Il MEART (Multi Electrode Array Art) è stato presentato all'esposizione “ArtBots 2003“ che si è tenuta all'Eyebeam Gallery di New York; può essere definito come un Moist Media telematico, una nuova di creatura “ bio-cybernetica e semi-vivente”. L’idea è nata dall’incontro fra l’artista Guy Ben-Ary del SymbioticA Research Group dell'università dell'Australia Occidentale e il neurobiologo americano Steve Potter, del Wallace H. Coulter Department of Biomedical Engineering del Georgia Tech and Emory Lab presso l'Università di Atlanta, Georgia, USA. L'opera si costituiva intorno a un braccio robotico in grado di disegnare situato a Perth in Australia, connesso tramite Internet ad un chip misto silicio-neuroni di topo situato a Atlanta in Georgia, Usa. Durante l’esposizione i visitatori sono stati invitati a posare per MEART: un’immagine digitale veniva confrontata con gli scarabocchi del braccio meccanico. Le differenze fra le immagini furono convertite in una griglia con 64 pixel, ogni secondo questi pixel furono convertiti in segnali elettrici e inviati ai neuroni del laboratorio; dopo una pausa ciascun elettrodo misurava i segnali generati dalle cellule di Atlanta in risposta alla stimolazione, e restituiva l'informazione al braccio robotico di Perth. La rete delle cellule del cervello, situata nel laboratorio del professor Steve Potter negli USA ed il braccio meccanico, situato nel laboratorio di Ben-Ary all'università de Australia, interagivano in tempo reale attraverso un sistema di scambio di dati via Internet. Seppur il fine ultimo dei ricercatori è quello di studiare come i neuroni apprendono e comunicano, l'ipotesi del team sincretico che l'ha costruito e degli artisti e filosofi che hanno sostenuto il progetto è che quest’artista semi-vivente permetterà di esplorare la neurologia della creatività, infatti questa invenzione potrebbe essere capace di auto-adattarsi e di realizzare creazioni spontanee. http://www.fishandchips.uwa.edu.au/ (Francesco Monico, Quaderno di Comunicazione, Le Variazioni Grandi, Meltemi, gennaio 2008)