Monna Lisa Cyberpunk

Tratto da EduEDA
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(Mona Lisa Overdrive) 1988


Terzo romanzo della trilogia dello Sprawl con analogie sia per i personaggi principali sia per quelli secondari e analogie di dinamiche e di intenti con i precedenti Neuromante e Giù nel Ciberspazio.

Monna Lisa Cyberpunk

Qui la matrice giunge a prendere coscienza di sè, a divenire consapevole, ma una volta raggiunta questa consapevolezza, diviene pure cosciente dell'esistenza di un'altra matrice aliena:"...quando la matrice ha raggiunto la coscienza, si è resa conto che esisteva un'altra matrice, un'altra coscienza. la matrice si è divisa in tutti quegli spiriti e cazzate varie quando ha incontrato quell'altro."...Pensavano che la matrice fosse piena di demoni e altre cazzate." Vi è anche una vera e propria definizione di cyberspazio, finora lasciato vago e indefinito: "...il cyberspazio consiste nella somma totale dei dati del sistema umano...","...aveva sognato il cyberspazio, come se le linee fluorescenti della griglia della matrice la stessero aspettando dietro le palpebre...un vasto spazio informe, il vuoto irreale del cyberspazio... le linee luminose della griglia della matrice formavano come una gabbia infinita."


Recensioni

[Recensione pubblicata su Avvenimenti del 10 luglio 1996]


Spiace davvero dover parlar male di Monna Lisa Cyberpunk (traduzione anodina e ad effetto di Mona Lisa Overdrive). Questo perché ritengo il movimento molto interessante, e credo che la presenza di un caposcuola riconosciuto - e solo Gibson al momento ha abbastanza credito per potersi presentare sotto tale veste - sia utile alla diffusione presso il grande pubblico. Torniamo allo specifico del libro. Il romanzo si propone come capitolo conclusivo della saga dello "sprawl", e ricompaiono i personaggi visti nelle parti precedenti: "Questo romanzo rientra in quella che considero la mia trilogia degli inizi, cioè Neuromante, Giù nel Ciberspazio e Monna Lisa Cyberpunk. C'è una analogia sia per i personaggi principali sia per quelli secondarî in tutti e tre i romanzi ma, soprattutto, un'analogia di dinamiche e di intenti. Volevo che fosse chiara soprattutto una cosa, cioè che è necessario superare l'ormai datata divisione fra culture umanistiche e discipline scientifiche. Collocarsi tra la linea di divisione che esiste tra queste e farle comunicare: oggi ogni elemento è indispensabile per la comprensione di quello che sta succedendo, ma anche per viversi delle avventure immaginative". Con i precedenti romanzi, Monna Lisa condivide molto di più: la tecnica narrativa (ben 4 trame ad incastro stavolta, che si ricongiungono come al solito nei capitoli finali), lo stile, forse meno frettoloso ed affastellato, la tipizzazione dei personaggi (stavolta è Monna, come prima Case e Bobby, ad essere attirata suo malgrado nel meccanismo)... Tutto sa di già sentito ed orecchiato, ed è certo questa la pecca maggiore del libro. Se aggiungiamo una sceneggiatura davvero inconcludente, a cui mancano anche quelle metafore fulminanti (quali la figura di Virek di Giù nel Cyberspazio) che facevano baluginare un qualcosa in più nei romanzi precedenti, si capirà che da salvare rimane ben poco. E' lo stesso Gibson che si accorge forse della mancanza di spessore, e cerca d'inserire a viva forza pensieri che purtroppo rimangono spuri ("Ricordò che Porphyre una volta aveva sostenuto che le grandi corporazioni erano completamente indipendenti dagli esseri umani da cui erano composte. La cosa le era sembrata del tutto ovvia, ma Porphyre aveva insistito nel dire che lei non aveva afferrato la premessa fondamantale del discorso", p. 126). Ultimo punto dolente è l'"ignoranza" di cose scientifiche che l'autore mostra. Sono d'accordo con lui quando parla di superamento degli schematismi (e la sua scrittura, sospesa fra vecchio e nuovo, è certamente suggestiva), e perdoniamogli pure la completa insensatezza tecnica del suo cyberspazio, ma parlare del fatto che "Petal passava il tempo scrivendo parole una lettera alla volta, un rompicapo idiota pubblicato su un fax inglese, brontolando piano fra sé e sé" (p. 160. Sarà una leggerezza del traduttore, o la ricercatezza di una contrazione d'uso, ma secondo me si accoppia con l'ormai famoso "Avete un modem?" di Neuromante) e sparare sciocchezze a ripetizione sulle IA alla fine indispone. Se poi ci aggiungiamo le cavolate del traduttore che, pur evitando le nefandezze di Cossato e Sandrelli, ci regala chicche come GHIACCIO, traduzione letterale dell'acronimo ICE, la misura è veramente colma. Al fin della licenza, che possiamo dire? Certo, non è un romanzo indegno come Gli immortali di Anderson, recensito sempre qui su Algenib. Il paragone più calzante è, mutatis mutandis, con il ciclo del Nuovo Sole di Gene Wolfe: ad un primo libro ben scritto, con una sceneggiatura solida e piena di spunti, seguono opere che mostrano le difficoltà dell'autore a gestire vicende di più ampio respiro. La lettura è comunque consigliata: il veicolo non sarà dei migliori, ma è comunque ora che certe tematiche entrino anche nel nostro asfittico fandom.



[Due recensioni tratte dal sito di Metropolis Science Fiction Magazine]


Monna Lisa cyberpunk, pudica traduzione dell'originale Mona Lisa Overdrive (qualcosa come "Monna Lisa in orgasmo", decisamente troppo per la nostra penisola), è la terza parte della "trilogia" comprendente il mitico Neuromante (Neuromancer) e Giù nel Ciberspazio (Count Zero). Cosa dire di questa ultima (per noi) fatica del caposcuola dei cyberpunk, ormai prepotentemente esplosi ben oltre i confini del genere? Volendone parlare obiettivamente - cosa che non è facile per me, dato che amo svisceratamente il buon William - lo si può ritenere, come già il precedente Count Zero, un romanzo di buon livello ma che vive della luce riflessa da quello straordinario esempio di fantascienza anni Ottanta che è Neuromante. In altre parole: le novità tematiche ed espressive contenute in Neuromante (ma anche nei racconti dell'antologia La notte che bruciammo Chrome) vengono semplicemente riprese, non sviluppate nei due romanzi seguenti. Per contro c'è la netta e sgradevole impressione che Gibson scriva in quel modo non per ragioni creative autonome ma perché deve scrivere così. Ma naturalmente non esiste la ricetta per una grande letteratura, e il risultato non va al di là di una buona prova narrativa. Basta prendere l'inizio dei tre romanzi per accorgersi della differenza. Si passa dalla geniale metafora che apre Neuromante ("Il cielo sopra il porto aveva il colore di un televisore sintonizzato su un canale morto..."), alla frase di apertura di Monna Lisa, intrigante ma nulla di più. E si tratta soltanto di un esempio. Anche la trama si complica notevolmente rispetto alla già intricata vicenda del primo romanzo. Anche in Monna Lisa, come già per Count Zero, Gibson adotta la tecnica (ben nota ai lettori dei romanzi di P. K. Dick) delle storie parallele che si intrecciano durante tutto il romanzo per sovrapporsi parzialmente nello scioglimento finale. Per questa ragione non è agevole fornire un sunto dettagliato del soggetto del romanzo; l'ambiente del resto è quello già noto dei libri precedenti, e anche i personaggi sono in parte già conosciuti. In conclusione un consiglio al lettore: se vi piace Gibson e il cyberpunk in genere, leggete senz'altro Monna Lisa cyberpunk; se invece non conoscete ancora il nostro autore, correte a comprarvi Neuromante, vale molto di più!



[recensione pubblicata sul n. 3 di Recensioni e massacri, supplemento ad Algenib]


Da un certo punto di vista, questo è il romanzo più completo della produzione di Gibson, e non solo perché porta ad un grado maggiore di compiutezza alcune delle trovate narrative già presenti nei romanzi e in alcuni racconti precedenti. Qui tutto sembra più marcato, più esagerato. I personaggi, se prima potevano agevolmente spacciarsi per "semplici" ossessi, ora possono decisamente etichettarsi come folli. Ma è la società tutta che è saltata per aria. Non c'è praticamente più traccia di quella che oggi ancora consideriamo normalità, la massa umana dei consumatori è sparita, sostituita da una congerie di tribù dedite ciascuna a propri riti, usi e costumi. Nessuno ha più la percezione di un piano comune, di un comune obiettivo per l'intera razza umana. La vita frigge, la situazione è in evoluzione, perfino la matrice, la summa della cultura umana, dopo aver raggiunto la consapevolezza, impazzisce, cacciandosi in una complessa ricerca metafisica comprendente le divinità Voodoo e altre entità sparse qua e là nell'universo in apparenza senza una ragione precisa. E¹ una situazione allarmante ed eccitante: perché ci costringe a tenere tutti i nostri sensi ben desti (dato che potrebbe sortirne ogni specie di meraviglie), ma, soprattutto, perché si dispiega quasi esclusivamente nei territori virtuali della conoscenza, là dove approderà inevitabilmente l'umanità alla fine del processo tecnologico in atto, quando le nostre necessità materiali saranno solo un pallido ricordo.