Net.art on nettime

Tratto da EduEDA
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Autore:

Adrian Robert

Tratto da:

Titolo Originale:

Net.art on nettime

Traduzione di:

Anno:

11 maggio 1997

Net.art su nettime

Tutti sembrano concordare nel fatto che c’ è qualcosa che sta accadendo nelle reti (net works) che è connesso in qualche modo con l’ arte del 20° secolo. Tutti sono d’ accordo che si tratti di qualcosa che, comunque lo si chiami, è abbastanza emozionante. Quasi tutti concordano che si tratta di una vera simulazione di cose fatte (al fine di apparire come) versioni virtuali di bianchi muri di museo.


Il disaccordo sembra iniziare intorno alla domanda se (ciò che accade) abbia un nome e se (eventualmente) dargli un nome avrebbe l’effetto di “fissarlo" , come una farfalla inchiodata ad una bacheca, come un altro “ismo" nel catalogo degli storici dell’ arte. La discussione di Net time ( net= rete time=tempo) sulla net art fu avviata dalla forte affermazione di Andrea Broeckmann sul futuro precario dell’ accesso ad internet che lui vede come il contesto “[…] nel quale un gruppo di artisti, quasi in movimento, sta realizzando al momento dei progetti sotto il nome di Net. Art. Essi vivono in vari paesi europei, si riuniscono in istituzioni reali e virtuali, lavorando a livello locale o trans-locale, talvolta da distanze remote, talvolta insieme su uno stesso progetto" (Net Art, Machines and Parasites, 8 marzo 97). Così come Broeckmann lo usa, il termine Net Art (o net art) si riferisce esclusivamente a progetti che hanno luogo sul www (la rete globale): “una caratteristica importante dei progetti realizzati sul www consiste nel fatto che essi possono essere constantemente aggiornati e cambiati, così che, in definitiva, non c’ è mai una creazione o un “lavoro‿ completo e “fissato" una volta per tutte. I lavori di Net art sono temporanei […] e instabili come le reti stesse [...] .


Lo strumento principale di Net art (della Net art) è l’ Iperlink attraverso il quale un documento www può essere collegato ad un altro indipendentemente da dove, su internet, quel secondo documento si trovi. Questo significa che milioni di documenti www sono potenzialmente collegabili […] sui quali artisti e designess possono disegnare (intervenire/modificare ecc.). Andrea Brockmann nel suo testo non fa mensione di Net Artisti né da prescrizioni formali (definizioni) per la Net art o (net art) e sebbene gli esempi che usa appartengono ad un particolare gruppo di artisti, lui chiarisce che: “al momento la Net art è certamente in uno stato transitorio, in un flusso permanente e andrà cambiando ed evolvendosi man mano che i suoi agenti (protagonisti) e il suo ambiente cambierà." Nonostante gli sforzi di Andrea (Broeckmann) per evitare di suggerire una formula riguardo alla Net art, la storia dell’ arte del 20° secolo è ,piena di casi di nuovi “media" e di nuove forme (artistiche) rinchiuse in un nome ( una definizione /una categoria) e smerciate come “movimenti" a “ismi".


Per esempio, David Garcia suggerisce che l’ identificazione di una specifica Net art (in contrapposizione ad una più generica “arte nella rete") potrebbe portare a lotte e dissidi interni sui “dogmi" (le regole, le definizioni) dall’ effetto distruttivo “a capriole (equilibrismi) teoretici e formalismi tedio-tecnologici (tediosi-noiosi) che hanno accompagnato il dibattito in ciò che potrebbe o non potrebbe essere “vera" “video-art" e che hanno contribuito al fallimento della “video-art". Quando David Garcia concluse la mia risposta con l’appello: “Il termine di net-art (in contrapposizione con l’arte che si trova ad apparire sulla rete) dovrebbe essere tranquillamente buttato nel secchio", la cornice (la struttura) della “querelle" Net-Art contro Arte-nella-rete era stata definita. Il problema dell’idea di arte che si trova ad apparire sulla rete sta nel fatto che essa implichi che le reti elettroniche sono semplicemente un altro luogo di ritrovo per la pratica dell’arte tradizionale e che le differenze sono più una questione di stile che di sostanza; ciò apre le porte al “rischio di ridurre l’idea della rete ad un semplice mezzo di distribuzione" (Benjamin Weil). Ma che la si chiami “Net-Art" o Arte-nella-rete la parola chiave è “Net" (Rete)-ossia: questa arte è parte della- e totalmente dipendente dalla- Rete e questo è ciò che la rende differente da qualsiasi altra arte in qualsiasi altro “medium". Secondo le parole di Joan Grandall: “La Net.Art è interessante in quanto fondata sul (networking) lovoro in rete, non necessariamente in Internet.[...] E’ importante guardare ad Internet come inserita in una rete (imbedded in a net).L’arte nei mezzi di comunicazione esiste solo quando essa è condivisa con qualcuno, quando si collega con qualcosa/qualcuno nella rete...Quale mezzo interconnessione in rete si usi non è il vero problema dal momento che ,almeno fin ad ora, si tratta della vecchia linea telefonica.. Cercando punti di riferimento per collocare in qualche modo la “Net-Art"(come fenomeni del WWW) all’interno della recente storia dell’arte, vari partecipanti alla discussione hanno proposto la gran parte dei movimenti e dei “media"del 20° secolo. David Garcia ha iniziato la lista con la video-art, mentre Crey Young ha riscontrato ‘forti legami’ con la scultura,l’arte telematica, la land art (arte con/sulla terra)e specialmente con l’ ‘installation’ (installazione).


John Hopkins menziona la mail-art, Walter van de Cruijsen aggiunge alla lista il film sperimentale,la performance l’arte concettuale, l’arte elettronica e la ‘media art’. Pauline Bosma suggerisce la radio e il “fluxus" (flusso) mentre il riferimento di Alexei Shulgiu e Rachel Baker alle “on-line ready mades" (cose già pronte, già fatte on-line) ed agli elementi trovati (found elements) punta ad una connessione con il DADA. Io posso aggiungere la minimal art, la computer graphic e la terigrafia senza esitazioni.


La cosa interessante riguardo questa lista è che, come forme d’arte separate e plausibili (percorribili-possibili), la gran parte di questi movimenti e/o media usa morti come la video-art ma le troviamo ancora vive nel modo in cui gli artisti le stanno recuperando e ricombinando come parte di una strategia di lavoro in rete (working in the network)- il che fa pensare:

1)che la loro separatezza (l’ismismo) sia stata una illusione storico/artistica

2) o che le nuove reti di lavoro (network) create dalla congiunzione di tecnologie della comunicazione e della registrazione (di dati) formino una sorta di tunnel attraverso il quale le forme più diverse dell’ industria culturale vengono spremute e mescolate fra loro. È una specie di collage, un volo di immagini e suoni ma di materiali culturali, di ricordi, di storie, di media.


Jeremy Welsh ha scritto: “il tipo di cose che vengono realizzate sulla rete (web) attraverso la ricampionatura/ricombinazione di dati sono solo una ulteriore estensione di un processo che comincia (provvisoriamente) con i cubisti e arriva ad essere l’estetica dominante come risultato di Scratch Video […] (scratch = graffiare) e della sua successiva incorporazione in MTV, nella pubblicità e nel cinema. Ora che tutto ciò che guardiamo è piu o meno un “collage" sarebbe ridicolo sostenere che il “collage" sia in se stesso o per se stesso una strategia radicale. È uno strumento che chiunque può usare precisamente questa sua ubiquità la rende praticabile ed interessante. O un gioco che chiunque può praticare – come afferma Alexei Shulgin in una intervista con Rachel Baker: “Internet in se stesso è un Hobby, un gioco, tutti possono “giocare" ad Internet. È come gli scacchi .[…] Il suo lato competitivo non è importante, ma la cosa stessa è, in se stessa, molto, molto strategica, ed è ciò che mi ha attratto verso Internet." Un altro aspetto interessante (e largamente trascurato) del fenomeno della Net.Art è quello dei grossi contributi teorici e pratici da parte dei paesi post-socialisti dell’ Europa centrale ed orientale. Per artisti le cui tradizioni hanno più a che fare con la comunicazione in un ambiente ostile a nuove forme che con la creazione e commercializzazione di prodotti culturali, l’adattamento al basso profilo di mercato dei networks (voti di lavoro) non è un grande problema. In effetti, l’assenza di una tradizione di mercato sembra essere un vantaggio all’ interno della “fift economy (economia del duo/del gestito) dei networks" (Pit Shultz). D’altro canto, vi sono contributi altrettanto importanti dalla Gran Bretagna post-Thatcher – il che lascia intendere che vi è molto di più da discutere sul canale (o sul versante) della “Net.Art". Io non ho davvero un opinione sul nome del gioco e in fin dei conti sono d’accordo con Josephin Bosma che ha scritto: “mi piace il termine net.art, specialmente per quel piccolo punto in esso contenuto".