Nomadic Power and Cultural Resistance

Tratto da EduEDA
Jump to: navigation, search

Tratto da: The Eletronic Disturbance, 11-30. New York: Autonomedia, 1994

Nomadic Power and Cultural Resistance

Critical Art Ensamble

Anno: 1994

(dal libro Noah Wardrip-Fruin, Nick Montfort (a cura di), (2003), The New Media Reader, The MIT Press, Cambridge, Massachussets. Pag. 781-790)


La forza nomade e la resistenza culturale



Come i nuclei di informazione elettronica straripano di files di persone elettroniche (coloro trasformati in storie di credito, tipi di consumatori, modelli e tendenze, ecc…), di ricerca elettronica, di denaro elettronico, e di altre forme di potere informativo, il nomade è libero di navigare la rete elettronica, capace di incrociare confini nazionali con la minima resistenza da parte delle burocrazie nazionali. Il reame privilegiato dello spazio elettronico controlla le logistiche fisiche della manifattura, in quanto il rilascio di materiali grezzi e delle merci di manifattura richiede il consenso e la direzione elettronici. Tale potere deve essere ceduto al reame cyber, o l’efficienza (e quindi la profittabilità) della manifattura complessa, della distribuzione, e del consumo collasserebbe in uno squarcio comunicativo. La stessa cosa è vera per il militare: c’è il controllo della cyberelite delle ricerche e della diffusione delle informazioni. Senza comando e controllo, il militare diventa immobile, o al massimo limitato alla dispersione caotica nello spazio localizzato. In questo modo tutte le strutture sedentarie divengono serve dei nomadi.


Lo sviluppo di un assente e potenzialmente inattaccabile potere nomade, associato alla visione posteriore della rivoluzione in rovina, ha mutato di recente la voce di contestazione.


In aggiunta al riparismo esteticizzato, una varietà più sociologica si appella ai resistenti romantici – una versione primitiva della scomparsa nomade. Questo è il ritiro disilluso verso aree fissate che eludono la sorveglianza. Tipicamente, il ritiro è verso le aree rurali meno inclini alla cultura, o verso gli agglomerati urbani deterritorializzati. Il principio base è raggiungere l’autonomia nascondendosi dall’autorità sociale. Come nelle società di banda la cui cultura non può essere toccata perchè introvabile, la libertà è aumentata per coloro che partecipano al progetto. Comunque, a differenza delle società di banda, che emergevano all’interno del territorio dato, queste comunità trapiantate sono sempre suscettibili di infezioni da parte dello spettacolo, del linguaggio, e perfino della nostalgia per precedenti ambienti, rituali, e abitudini. Queste comunità sono inerentemente instabili (il che non è necessariamente negativo). Se queste comunità possano essere trasformate da fondamenta per il disilluso e lo sconfitto (come nei tardi anni ’60 e ’70 in America) a basi effettive di resistenza, rimane da vedersi. Bisogna comunque domandarsi se un’ effettiva base sedentaria di resistenza non sarà velocemente scoperta e minata, cosicchè non durerà abbastanza a lungo da produrre un effetto.



Nel periodo postmoderno del potere nomade, i movimenti di lavoro e occupazione non sono stati relegati ad ammasso di rottami storico, ma non hanno neanche continuato a esercitare la potenza di una volta. Il potere elitario, essendosi sbarazzato delle sue basi nazionali e urbane per vagare in assenza sui sentieri elettronici, non può essere a lungo interrotto da strategie predicate sulla contestazione delle forze sedentarie. I monumenti architettonici del potere sono vani e vuoti, e funzionano adesso soltanto come bunkers per i complici e coloro che acconsentono. Questi sono luoghi sicuri che rivelano pure tracce di potere. Come con tutta l’architettura monumentale, essi tacciono resistenza e risentimento dai segni di risoluzione, continuità, commodificazione e nostalgia. Questi luoghi possono essere occupati, ma per fare ciò non si interromperà il flusso nomade. Nella migliore delle ipotesi, una tale occupazione è un disordine che può essere reso invisibile attraverso la manipolazione dei media; un bunker particolarmente valutato (come una burocrazia) può essere facilmente rioccupato dalla macchina da guerra postmoderna. I valori elettronici dentro il bunker, di certo, non possono essere presi da misure fisiche.

L’avanguardia non si arrende mai , eppure le limitazioni dei modelli antiquati e dei siti di resistenza tendono a spingere la resistenza dentro al vuoto della disillusione. E’ importante mantenere i bunkers sotto assedio; tuttavia il vocabolario della resistenza deve essere ampliato per includere i mezzi del disordine elettronico. Proprio come l’autorità situata nella strada era una volta fronteggiata da dimostrazioni e barricate, l’autorità che si colloca nel campo elettronico deve essere affrontata con la resistenza elettronica. Le strategie spaziali non dovrebbero essere la chiave in questo tentativo, ma sono necessarie come supporto, almeno nel caso di un disordine a largo spettro. Queste strategie più vecchie dello scontro fisico sono anche meglio sviluppate, mentre le strategie elettroniche non lo sono. E’ tempo di rivolgere l’attenzione alla resistenza elettronica, sia in termini di bunker sia di argomento nomade. Il campo elettronico è un’area di cui se ne sa poco; in un tale gioco d’azzardo, uno dovrebbe essere pronto a fronteggiare gli ambigui e imprevedibili rischi di una resistenza non sperimentata. Ci si deve aspettare un’arma a doppio taglio. Il potere nomade dev’essere ristretto nel cyberspazio invece che nello spazio fisico. Il giocatore d’azzardo postmoderno è un giocatore elettronico. Un piccolo ma coordinato gruppo di hackers potrebbe introdurre virus, worms, bombe elettroniche dentro le banche dati, i programmi, e i networks dell’autorità, possibilmente portando la forza distruttrice dell’inerzia nel reame nomade. L’inerzia prolungata eguaglia il collasso dell’autorità nomade a livello globale. Una tale strategia non ha bisogno di un’azione di una classe unificata, e neanche di un’azione simultanea in numerose aree geografiche. Il meno nichilistico potrebbe resuscitare la strategia dell’occupazione tenendo dati come ostaggio invece della proprietà. Qualsiasi sia il mezzo che disturba l’autorità elettronica, la chiave è disturbare totalmente il comando e il controllo. Sotto tali condizioni, tutto il capitale morto nell’intreccio militare/corporativo diventa una perdita economica – materiale, equipaggiamento e potere del lavoro, tutti sarebbero lasciati senza mezzi di impiego. Il tardo capitale collasserebbe sotto il suo stesso peso eccessivo.

I bunkers sono già stati descritti come spazi pubblici privatizzati che servono a varie funzioni particolareggiate, come la continuità politica (uffici governativi o monumenti nazionali), o aree per la frenesia del consumo (centri commerciali). In linea con la tradizione feudale della mentalità della fortezza, il bunker garantisce sicurezza e familiarità in cambio della perdita della sovranità individuale. Esso può agire come un agente seducente che offre l’illusione credibile della scelta di consumo e la pace ideologica per i complici, oppure può agire come una forza aggressiva che chiede acquiescenza per il resistente. Il bunker porta quasi tutti nel suo interno con l’eccezione di coloro che sono stati lasciati a sorvegliare le strade. Dopo tutto, il potere nomade non offre la scelta di non lavorare o di non consumare. Il bunker è un tale caratteristica della vita quotidiana che abbraccia tutti che perfino il più resistente non può sempre accostarla criticamente. L’alienazione, in parte, discende da questa incontrollabile trappola nel bunker.

Come il bunker elettronico, il bunker architettonico è un altro luogo dove la velocità hyper e l’inerzia hyper si intrecciano. Tali bunkers non sono ristretti a confini nazionali; infatti, essi circondano il globo. Sebbene non possano attualmente muoversi attraverso lo spazio fisico, essi simulano l’apparenza di trovarsi ovunque al tempo stesso. L’architettura stessa dovrebbe variare considerevolmente, anche in termini di tipi particolari; tuttavia, il logo o il totem di un tipo particolare è universale, come lo sono le sue derrate alimentari. In senso generale, ciò è la sua ridondante partecipazione a queste caratteristiche che lo rendono così seducente. Questo tipo di bunker era tipico del primo tentativo del potere capitalistico di diventare nomade. Durante la controriforma, quando la Chiesa Cattolica capì durante il Concilio di Trento (1545-63) che la presenza universale era una chiave di potere nell’età della colonizzazione, questo tipo di bunker venne al mondo. (Esso prese il pieno sviluppo del sistema capitalistico per produrre la tecnologia necessaria a ritornare al potere attraverso l’assenza). L’apparenza della chiesa nelle aree di frontiera sia orientali che occidentali, l’universalizzazione del rituale, il mantenimento della relativa magnificenza nella sua architettura, ed il marcatore ideologico del crocifisso, tutto ciò cospirò a presentare uno spazio fidato di familiarità e sicurezza. Ovunque una persona si trovasse, la patria della chiesa stava aspettando. In tempi più contemporanei, gli archi gotici si sono trasformati in archi dorati. Quello di McDonald è globale. Ovunque venga aperta una frontiera economica, c’è un McDonald. Puoi viaggiare dove vuoi e gli stessi hamburger e coca cola ti aspettano. Come la piazza di Bernini a San Pietro, gli archi dorati giungono ad abbracciare i loro clienti – tanto li consumano quanto li abbandonano una volta finiti. Mentre nel bunker i confini nazionali sono una cosa del passato, infatti ti senti a casa. Perché viaggiare allora? Dopo tutto, ovunque tu vada, tu sei già là. Ci sono anche bunkers sedentari. Questo tipo è chiaramente nazionalizzato, e da qui il bunker di scelta per i governi. E’ il tipo più antico, apparendo all’alba della società complessa, e raggiungendo un picco nella società moderna con conglomerati di bunkers sorti da un capo all’altro dell’estendersi urbano. Questi bunkers sono in alcuni casi l’ultima traccia del potere nazionale centralizzato (la Casa Bianca), o in altri casi, essi sono luoghi per fabbricare un’elite culturale complice (l’università), o luoghi di continuità industriale (monumenti storici). Questi sono luoghi più vulnerabili al disordine elettronico, in quanto le loro immagini e mitologie sono le più semplici da appropriarsi. In qualsiasi bunker (insieme alla sua geografia, territorio ed ecologia assegnatigli) il produttore culturale resistente può ottenere meglio il disordine. C’è abbastanza tecnologia di consumo adatta a riscrivere almeno temporaneamente il bunker con immagine e linguaggio che rivelano il suo intento sacrificale, così come l’oscenità della sua estetica utilitaria borghese. Il potere nomade ha creato il panico nelle strade, con le sue mitologie di sovversione politica, di deterioramento economico e di infezione biologica, che a loro volta producono un’ideologia di fortezza, e da qui la richiesta di bunkers. E’ necessario a questo punto portare il panico nel bunker, interrompendo così l’illusione di sicurezza e lasciando nessun posto per nascondersi. L’incitamento al panico in tutti i luoghi è il gioco d’azzardo postmoderno.