Otto e mezzo

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OTTO E MEZZO

Anno

1963 d.C.

Luogo

Italia

Autore

Federico Fellini

Descrizione

Il regista Guido Anselmi trascorre un periodo di cura alle terme e intanto prepara un nuovo film, in una situazione di incontro con intellettuali, uomini di cinema e ricordi di infanzia, delle donne della sua vita, sogni di ingorghi ed harem. Non molto distinta da quella immaginaria c’è anche la vita reale in cui Guido si divide fra la moglie e l’amante. Nel finale tutti i personaggi, sia reali che immaginari, si ritrovano su una passerella da circo: Guido è con loro ed anche il personaggio di sé stesso. Si abbassano le luci e il film potrebbe finalmente iniziare, ma forse è già finito.

Dopo l’enorme successo derivato dal film La dolce vita, sembrava che per Fellini non ci fosse più niente da dire. E da questa situazione, accomunata all’incontro con lo psicoanalista Ernest Bernhard, e da un breve soggiorno alla terme di Cianciano, naque l’idea del nuovo film. Il titolo definitivo si riferisce al computo delle opere precedenti del regista (considerando anche i film a episodi che valgono come mezzo film). Fellini mantenne per questo film un alone di mistero fino alla fine della lavorazione del film, al punto che neanche il produttore aveva un’idea precisa di quello che stava facendo. Per la figura del protagonista, nonostante Fellini avesse pensato a Laurence Oliver e a Charlie Chaplin, si rese conto però che solo Marcello Mastroianni poteva incarnare il suo alter ego, essendo oramai anche nella vita una sorta di suo doppio: amico, confidente, compagno di avventura. Per il ruolo del padre abbiamo Annibale Ninchi, che fisicamente ricordava il padre di federico. In quanto alle donne della sua memoria indisse addirittura un concorso per trovare figure che dovevano ricondurre a quelle di Rubens e Tiziano e alla fine scelse quella che aveva già in mente, ovvero Sandra Milo. E a questi attori mischiò la gente più svariata. Insomma, alla fine non potè non ammettere che il vero protagonista era lui. E gli si perdona un certo stile autocompiacente dal momento che è un film davvero folgorante ed innovativo. Forse neppure il regista sapeva cosa ne sarebbe venuto fuori con esattezza, ma proprio in questa confusione ricca di stimoli e nella comunione sogno e realtà sta il senso del film, che entusiasmò fin da subito i critici di tutto il mondo e vinse l’Oscar come miglior film straniero a Hollywood e il primo premio al festival di Mosca. L’opera ci offre due letture: la prima riservata a chi conosceva di persona il regista e si poteva divertire a decifrare le chiavi del racconto: è la narrazione dei problemi de Federico ed è attendibile fino al punto in cui diventa completamente fantastico. La seconda lettura interessa invece lo spettatore: l’ambiente ha un importanza secondaria di fronte al cuore del problema, cioè la ragione della nostra presenza nel mondo. E il regista se lo risolve da sé, mettendo in piazza il suo universo. La serenità che si raggiunge alla fine non è, come nei film precedenti, soltanto provvisoria, per la prima volta un film di fellini non si chiude sull’angoscia o con un improvviso recupero di speranza, ma con una resa all’assalto del mondo ed il male non fa più paura.