Punk

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Genere o movimento artistico

Punk


Introduzione

Questo termine, privo di una ulteriore parola o di un numero che lo connoti maggiormente, racchiude in sé tutti gli aspetti di un movimento che è stato allo stesso tempo, una sottocultura rock, una via di ribellione antisistema ed un fenomeno sfruttato commercialmente, sia negli anni ’70 che in ogni ondata successiva.

Personaggi o Gruppi

I primi gruppi sono stati i Sex Pistols, i Clash, i Dammned, gli Stranglers, i Buzzcocks, e quando questi divennero delle pop stars nei clubs seguitavano a suonare band come gli Adverts, gli Sham 69 e i Members.Per quanto riguarda la musica e le bands, precise informazioni sulla sua genesi e le diversificazioni che ha assunto in paesi e anni diversi, con una particolare attenzione ai sottogeneri che del punk fanno parte, si possono trovare su Wikipedia, alla scheda Punk Rock http://it.wikipedia.org/wiki/Punk_rock


Luogo

Nasce in Inghilterra e negli Stati Uniti. Ad oggi il punk è un fenomeno rintracciabile in quasi tutto il mondo


Storia

Difficile determinare in maniera univoca la nascita di un movimento culturale e musicale così frammentato e complesso, anche se la storiografia ufficiale ora e i media allora, parlano di “punk” prevalentemente nel biennio ‘76/’77. Tuttavia nel dibattito sulla musica rock si inizia ad utilizzare il termine punk, già dal 1964 per definire alcuni artisti americani. Il background musicale dei ragazzi che iniziarono a suonare punk come i Ramones, che furono salutati dalle fanzine americane come l’incarnazione più pura dello spirito di quella musica, era forgiato su gruppi come New York Dolls, Stooges, Mc5, Alice Cooper, mentre per i Sex Pistols furono importanti gli irrequieti Small Faces e gli Who. Nel 1973 nasce a New York il CBGB (http://it.wikipedia.org/wiki/CBGB) che in seguito diverrà il principale luogo di riferimento del punk newyorkese. Ancor prima anche David Bowie aveva fatto da apripista a questo genere che ai giornali pareva così innovativo, ecco come lo descrivono nel 1972: << Un conscio tentativo di mettere insieme alcune delle componenti del pop-rock, connettendo un’aggressività, un’urgenza e una non-seriosità punk con una visione del mondo allo stesso tempo personale, apocalittica e radicale >>. Per questo è difficile parlare di “inventori del punk”, ma ha più senso parlare di “rappresentatività” di una band o di un gruppo di soggetti , di tale spirito che di definibile ha solo pochi aspetti. Uno sicuramente era quello legato alla musica, alla sua materiale esecuzione e alla sua distribuzione.

Poetica

C’era un forte rifiuto dei virtuosismi che avevano animato il rock-progressive degli anni ’70. I gruppi punks si esprimevano in maniera esaustiva con pochi accordi. << Ecco un accordo, adesso metti su un gruppo>>, così scriveva la prima storica punk-fanzine inglese “Sniffin’ Glue”, cogliendone in pieno la filosofia. Non era importante saper suonare, ma indispensabile essere sufficientemente incazzati mentre si malmenava uno strumento. Un rock grezzo, diretto, irriverente, che anche sul piano dell’interazione con pubblico era molto distante dal corteggiamento dello spettatore della pop music. Soprattutto alla fine degli anni ‘70 i gruppi punks come i Sex Pistols e i Damned, proponevano show in cui provocavano o insultavano il pubblico,un modo per svegliarlo e coinvolgerlo. Dalla rivista <<Melody Maker>> dell’8 dicembre del ’79 sui Damned: << Il tipo di discorso che Cornwell intavolava non è il discorso più consigliabile da fare davanti ad un pubblico di gallesi ubriachi.<<Perché state lì seduti come fantocci? Perché non scendete in pista?(indicando la piccola pista tra lui e i primi tavoli) Non avete le gambe? Immagino che abbiate tutti il passaporto per venire a lavorare in Inghilterra .>> Ad un concerto punk trenta anni fa, come oggi, era probabile che si pogasse e non si ballasse, e che il cantante del gruppo cantasse un pezzo insieme ad uno spettatore salito sul palco, piuttosto che si avvalesse di transenne per allontanare la gente. Questo perché il punk sovverte l’immagine della star del rock. Chiunque può suonare se servono solo un paio di accordi, quindi non c’è molta differenza tra chi sta sul palco e chi si agita sotto. C’era una riduzione della distanza tra spettatore e musicista spontanea proprio perché le band che suonavano punk volevano far passare in maniera diretta le loro esperienze, emozioni e pensieri quotidiani, con una semplicità ricercata anche nell’esecuzione tecnica. L’atteggiamento di protesta verso il sistema, il conformismo bigotto e le ingiustizie sociali, si traducevano in testi che potevano essere indirizzati a un “loro o un voi” generico e populista, ad un colletto bianco incontrato in strada o semplicemente in un utilizzo abbondante di espressioni irriverenti, folli e con riferimenti sessuali diretti e abbastanza violenti: Dead Boys <<Cagna, guardami ancora in quel modo/e ti darò un cartone in faccia>> o <<Ti scrivo sulla faccia col mio grazioso coltello>> Non mancavano testi non-sense o autocelebrativi, come Pogo Dancing dei Vibrators: Ehi, questa è la tua occasione, fai il pogo/ Così se i tuoi piedi non toccano terra, ti butterò giù/il pogo è la cosa più nuova che c’è in giro/Perché muoversi da una parte all’altra se puoi saltare su e giù? La piccola Suzie ci ha provato/ Ma è saltata così in alto/che è finita in cima alla collina/Ho sentito dire che è ancora lassù. I primi ad introdurre elementi di critica sociale e politica nei testi furono i Clash nel loro primo album omonimo. Contro il futuro incerto dato dalla disoccupazione, le majors, la polizia, la guerra, l’intorpidimento mentale delle masse operato dalla televisione e con il pezzo I’m so bored with USA, criticavano anche la colonizzazione culturale da parte Stati Uniti dell’Inghilterra. Infatti Joe Strummer, frontman dei Clash cantava con un ostentato accento britannico, che Bowie aveva già sperimentato, proprio per mantenere una percepibile distanza dai gruppi americani. Secondo Stewart Home autore del graffiante ”Marci, sporchi e imbecilli” questa opposizione da parte dei Clash << impedì ai gruppi americani di trovarsi sul filo di lama del punk in quel particolare periodo, con notevoli eccezioni come i Germs (nati a Los angeles nel '77) o i Dils>>. Quella dei Clash non era un’adesione ad una precisa ideologia di sinistra, quanto un sincero sentimento di protesta verso i problemi che i giovani bianchi proletari e piccolo borghesi si trovano ad affrontare quotidianamente.Emersero comunque nel tempo gruppi radicalmente a sinistra come i Crisis, i cui membri facevano parte di organizzazioni marxiste.I Crisis suonarono in festival di finanziamento come il Rock Against Racism. Nel '79 nasce l’etichetta indipendente americana Alternative Tentacles, fondata da Jello Biafra che produceva i dischi dei Dead Kennedys uno dei principali gruppi punk politicizzati in California. All'inizio degli anni Ottanta fanzines anarco-punk come Pigs for Slaughter e bands come gli Apostles definirono un modello di azione nei loro testi e comportamenti di tipo anarco-rivoluzionario con incitazione all'odio e alla violenza di classe. Inoltre già dagli esordi il punk aveva sperimentato vie alternative per far veicolare la propria musica, riproponendo per i vinili, la stessa metodologia delle fanzines di musica underground: il fai da te, concretizzato nel proliferare di etichette indipendenti. Alla fine degli anni ’60 grazie ai movimenti che facevano controcultura, agli hippies e al rock progressivo le prime etichette indipendenti si erano affacciate sul mercato accanto ai pesci grossi, facendo da modello alle etichette punk. Intorno al 1977/78 si potevano contare circa 50 fanzines in tutta la Gran Bretagna e almeno un centinaio di compagnie indipendenti.

Se i testi delle canzoni e l’atteggiamento sul palco erano provocatori e oltraggiosi anche l’estetica personale non poteva essere da meno. Ovviamente non c’è stato mai stata una vera e propria “divisa” del punk, infatti i gruppi musicali erano senza dubbio degli ispiratori, ma i punks seguivano, anche nel vestirsi, quello spirito fai-da-te, che pervade ogni aspetto di questo movimento, dando vita a nuovi elementi . Si partiva quindi da un semplice stile post-rocker, con t-shirt, jeans e giacca di pelle, alla Clash o alla Ramones, fino ad arrivare al look da Dracula dei Damned o al fetish introdotto da Malcom McLaren e Vivienne Westwood. Il primo fu manager dei Sex Pistols e si occupò personalmente di costruirne l’immagine. Insieme alla Westwood aprirono un negozio in King’s Road a Londra e con un ottimo senso del business parteciparono alla introduzione di nuovi elementi nell’abbigliamento mutuati dall’oggettistica sadomaso. <<Tra le innovazioni fondamentali vi furono: magliette strappate, pantaloni aderenti lucidi, pantaloni sadomaso, oltre ad una serie di accessori: braccialetti e cinghie decorati con borchie, catene, spille di sicurezza, crocefissi e collari da cani. L’insieme era coronato da capelli dritti caratteristici di Johnny Rotten,anche se l’uso di tingere i capelli a colori vistosi fu adottato in seguito dai fans. >>. C’era la volontà di attaccare certi tabù legati alla sfera sessuale e allo stesso tempo sconvolgere i canoni estetici dominanti. Contro ordine e cura, trascuratezza e capelli che sfidano la gravità. Negli anni e con differenziazioni musicali e politiche che il punk ha avuto, il look ha subito variazioni. La propensione che alcune bands avevano per gli abiti da lavoro è stata assunta come componente determinante per esempio dall’ Oi! e quindi dagli skinhead, basti pensare all’uso degli anfibi doc Martins all’epoca usate come scarpe antinfortunistiche. Dai primi anni ’80 in poi l’estetica punk divenne ancora più estrema, diminuisce la componente sadomaso, si estremizzano i tagli e aumenta il metallo: creste e punte alte multicolore, chiodi in pelle sempre più borchiati e pieni di toppe con slogan e nomi dei gruppi. Precursori della pratica del piercing per l’uso di spille da balia infilate nelle labbra o nelle guance, i punks dalla fine degli anni ’80 in poi sono stati anche i primi a usare e abusare dei piercings “ufficiali” come borchie per il corpo. L’Anarcopunk, sottogenere del punk ispirato alla produzione musicale di gruppi come Crass e Conflict, fortemente politicizzati, ha preferito uno stile più sobrio, utilizzando il nero come colore prevalente nell’abbigliamento e tagli meno vistosi e meno elaborati.

Correlazioni

<< Il punk è una stronzata. Il punk non è mai stato Arte. Il punk non è mai stato situazionista. Il punk non è roba da fighetti. La mercificazione della nostalgia ci propina un passato che non è mai esistito. L’agiografia ci descrive un sottobosco di perdenti, pezzenti e buzzurri, sporchi, marci e Imbecilli, come fosse una casa della cultura frequentata da artistucoli maledetti e semiologi in erba: le gesta di quelle band vengono sussunte nel mito di Malcolm McLaren e reinventate come momenti di illuminazione e grande spessore artistico. I critici, i sociologi e i culturologi versano ettolitri di inchiostro per rendere il punk accettabile agli occhi di pro-situs, radical-chic e giovani intellettualini. Non è dunque sorprendente che si venda un Revival Neo-Punk (Rancid, Offspring, Green Day…) con tanto di polemiche su chi è finto e chi è autentico… Soltanto un assalto armato all’Accademia potrà rimettere tutto in prospettiva.>> (Luther Blisset ).http://it.wikipedia.org/wiki/Luther_Blissett_(pseudonimo) Gli studiosi dei Cultural Studies, sociologi, artisti, che si sono interessati al punk e hanno tentato di sviscerarlo e analizzarlo, vi hanno visto un’influenza del situazionismo. Soprattutto nella proposta grafica delle copertine del primo disco dei Sex Pistols, fatta dall’imprenditore/innovatore McLaren, che aveva usato per comporre i titoli la tecnica della “lettera di riscatto”. In generale il collagè con immagini e scritte fu utilizzato molto per comporre volantini e copertine di fanzines e dischi. Anche in relazione alla dicotomia finto/autentico, falso problema da sempre presente nelle discussioni sul punk e tra i punk, Dave Laing è propenso a valutare positivamente l’autenticità che questo movimento ha mostrato e ad inserirlo, in senso ampio, nella corrente culturale realista: <<Nel discorso del punk la nozione di avanguardia potè coesistere con quella di realismo perché aveva in comune con questa l’elemento opposizionale: entrambe si ribellavano allo status quo culturale.>> Tuttavia questo non significa che ci fosse una consapevolezza da parte dei gruppi e degli aderenti al movimento della condivisione di certe tecniche grafiche con il situazionismo o che questi le considerassero arte, ne che si sentissero protagonisti di un romanzo di Verga. I punks, musicisti o no, erano giovani che non volevano proporre una scuola di pensiero, che non si consideravano opere d’arte viventi per come si agghindavano, che non dibattevano sulle loro produzioni musicali come critici, che non si preoccupavano di essere politicamente corretti. Molte canzoni erano sessiste, razziste e reazionarie, sempre in maniera provocatoria. Erano spesso adolescenti incazzati, scioccati dalle prospettive di un futuro grigio, che rigurgitano sarcasticamente il proprio disgusto, con l’obiettivo di crearne negli altri: nella famiglia, nel benpensante, nel capo a lavoro, nel politico. Per questo il punk non poteva non svilupparsi dopo i fermenti degli anni ’60, ma allo stesso tempo ne ha rifiutato molte caratteristiche. Nel ’78 i giornali inglesi gridavano che il punk era morto, forse vero per loro che speravano durasse di più come fenomeno mediatico con il quale riempire pagine, ma estremamente falso dal punto dei fatti. Il punk inizia proprio nei primi anni ’80 a diffondersi in Europa. Nel 1979 nacque il primo gruppo punk italiano, i Cheetah Chrome Motherfuckers. E' stato per tanti, giovani e meno giovani in questi trenta anni, non solo una moda vestiaria o musicale, ma uno stile di vita e un mezzo anche per abbracciare la lotta sociale. In Europa, furono molti i punk che finirono ad occupare case e centri sociali (non si può dimenticare l’esperienza del Virus di Milano), relazionandosi con i militanti “sopravvissuti” alla repressione giudiziaria e alla depressione del post ’77. Proprio nelle pratiche di autorganizzazione e autogestione il punk ha concretizzato e ad oggi ancora concretizza quello spirito fai da te che lo connota da sempre, determinandosi spesso come un soggetto politicizzato. Il punk non muore, è un’attitudine e anche se, se ne sente parlare di più quando i media mainstram vogliono rimetterlo in voga per sfruttarlo commercialmente, sia a livello musicale che estetico, il punk ha la forza di staccarsi dalla sua immagine e fare qualcosa che non avevano previsto.


Bibliografia

-Dave Laing, "Il punk, storia di un sottocultura rock", EDT, Torino, 1991.

-Stewart Home, “Marci, sporchi e imbecilli”, 1976-96: la rivolta punk non si è mai fermata, Castelvecchi, Roma, 1996.