Roberto Remi

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Roberto Remi. ALLELELELLA

Roberto Remi è artista e compositore contemporaneo italiano, sul luogo della Parola e della separazione estetica tra Pittura e Design.


Biografia Sintetica

Già dalla fine degli anni 1960 e per tutti i ‘70 Roberto Remi si confronta con le infinite possibilità dell’immagine, elaborando una personale poetica del segno, visibile nella trasformazione e nella manipolazione di diversi ‘media’ espressivi: dal foglio per architettura, alle tele, alle carte emulsionate, ‘luoghi’ ideali per la rappresentazione, del progetto, dell’intervento, del fare artistico. ‘Segno’ di una operatività concetttuale, ma soprattutto manuale, da parte dell’artista sono le Prime Pitture Bianche (1968), monocromi su carta o tela che rivelano, pur in assenza di immagine, l’intervento per la realizzazione del ‘quadro’, le Costruzioni Primarie (1974-’75) e le Germinazioni (1976), a proposito delle quali Remi dice che "le costruzioni geometriche in rilievo si propongono, in queste pitture su carta, solo come pretesto per un fatto plastico e come occasione diintervento sulla materia (in questo caso la carta e il cartone)” e chiarendo in che cosa consiste la sua pittura afferna che si tratta di un “lento procedere in un metodo di lavoro e di ricerca che altro non è che il nostro attaccamento alla vita e il nostro impegno per costruire qualcosa”. La pittura in questi primi anni ‘70 è dunque per Remi espressione di un rigoroso lavoro al quale l’artista si dedica con la consapevolezza di partecipare alla costruzione di qualcosa di ‘socialmente utile’: beninteso nelle opere di Remi non ci sono riferimenti diretti ad ordini-socio politici ma il suo impegno sociale si configura come partecipazione alla vita politica, ovverosia della polis, della comunità dei cittadini, oltre i conflitti di parte e le posizioni preconcette. Remi interviene sulle sue pitture, dicevamo, utilizzando diversi strumenti espressivi, dalle fitte ‘trame’ del tratteggio a Liquitex nero, alle cuciture eseguite a macchina, allo scopo di documentare il lavoro che trasforma la materia: nella lettera-documento del ‘77 così definisce il suo intervento sulla superficie-telaio: “estremità del telaio dove il pigmento è zero e la superficie continua con il prolungamento dei fili che fanno parte della superficie-pigmento. I fili hanno la proprietà di uscire dal telaio-supporto per dare continuità indefinita alla superficie-pigmento. Nella preparazione del lavoro, la scelta dei colori dei fili e il loro alternarsi è determinante per la scelta definitiva del tipo di pigmento (colore e diluizione) da usare sulla tela”. Fin da adesso, quindi, Remi introduce i concetti di spazio e di tempo che tanta importanza avranno nello sviluppo del suo lavoro futuro: nel ‘79 dirà che: “il tempo è una superficie” e che ”un attimo è una linea che viene e va all’infinito” e che tanti attimi sono “incolonnati orizzontalmente uno sopra l’altro e ci danno una superficie. Questa è la superficie del tempo. La superficie è il tempo. Attimo : tempo / tempo : spazio / spazio : superficie”. Ed è da questo complesso assunto in base al quale il segno (la pittura) è spazio e tempo insieme - quel tempo che l’artista impiega per compierlo - che nasce l’uso delle carte emulsionate: dall’urgenza di documentare l’esserci, la presenza che crea.  E’ emblematico, a tale proposito, Luogo del Tempo (1978), nel quale la pittura diventa - anzi è - propriamente la registrazione dell’intervento, del fare pittorico, in quanto vi è impressionata l’immagine dell’artista nell’atto della sua produzione: per meglio dire, la pittura registra l’atto creativo ma al tempo stesso è l’artista che la crea. Queste le parole con le quali Remi spiega l’uso della carta emulsionata: “Questo materiale carta, trattato industrialmente con bromuro di argento, è stato da me scelto come se si trattasse di un prodotto naturale. La carta, come la tela, perché questo mio intervento ben reagisce su questo materiale. In questo specifico caso il materiale carta reagisce secondo due ordini: accetta l’intevento e registra l’operazione che su di essa è stata compiuta. Cosa è avvenuto dunque; la luce naturale del giorno, nel momento stesso in cui si realizzava l’intervento, ha permesso al bromuro della carta di registrare tutto quanto succedeva alla superficie del foglio. Quindi il materiale di base (che per questo non è più solamente un materiale-supporto) non solo ha accettato l’intervento che ancora è visibile e palpabile su di esso, ma, ed ecco il fatto importante e nuovo per me, ha anche memorizzato tutta l’operazione per tutta la durata, così che è registrata sul materiale-base l’immagine dell’intervento e le mani che lo hanno realizzato (...)”. Dunque l’intervento, la registrazione (memoria), la durata (tempo) per cui l’immagine si impressiona sul ‘quadro’, il segno-immagine che si produce sulla superficie (spazio). Più tardi , tra il ‘78 e l’80, Remi applica i suoi esperimenti con la carta emulsionata a superfici modulari nelle quali la connessione è data da tasselli, diversamente impressionati dalla luce perché in luoghi diversi e quindi più chiari e più scuri, rettangolari (Carta Dei Cieli D’Europa, 1978-’80) e quadrati (European Wind / Plan 1 e 2, 1980). Sono, queste ultime, tavolette di legno quadrate (36 moduli di 20 cm. di lato per ogni opera) ‘incastrate’ a formare carte d’ Europa, tanto improbabili in quanto brani di atlanti stradali scelti casualmente ed assemblati a suggerire un luogo reale dello spazio. In maniera analoga ai ‘quadri emulsionati’, European Wind / Plan 1 e 2 rivelano la stessa urgenza di Remi di registrare simultaneamente (sul quadro) spazi e luoghi diversi, non soltanto del suo intervento artistico ma reali frammenti di mondo ‘fotografati’ e riprodotti sulla superficie bidimensionale. Ma già in European Wind Next, una della ultime opere della raccolta Prova d’Arte, la scansione modulare cede il passo all’uso di una superficie, non unita, ma cosparsa di brillantini misti all’acrilico e soltanto ai margini - vaghi riferimenti spaziali, frammenti di carte stradali d’ Europa e continenti alla deriva di un brillante deserto che irrompono dalla cornice, spezzandola - ci ricordano la serie precedente. Come a volersi congedare da una raccolta, diremmo omogenea perlomeno dal punto di vista concettuale, nella quale l’intervento pittorico si configura come fatica ed impegno e la produzione come volontà di registrare tale intervento nel suo divenire spazio-temporale, Remi introduce emblematicamente nel titolo delle ultime produzioni di Prova d’Arte il termine ‘next’ che significa letteralmente prossimo, futuro, seguente, alludendo alla chiusura di una fase e però, senza interruzione, all’apertura di una nuova, individuabile nella dichiarazione-progetto Pittura e Ambiente (1983) che dà avvio alla collezione Varietà del Viola e che annuncia una nuova poetica che potremmo definire della mediterraneità : “Liberatomi dalla condizione di sentirsi pittore, nel mio procedere è rimasta, dei miei dieci anni di pittura, solo l’immagine. Il mio fare si è liberato dalla forma della pittura; il luogo per il colore è già individuato nella parete, nel soffitto, è quell’angolo bianco dove le superfici, le pareti, si incontrano e proseguono aldilà del muro. In quel luogo il colore si condensa e fa giunzione, ed è muffa e marmellata, è una mistura dolce ed aspra. E’ un brandello di stoffa od isola lontana in una mescolanza di pigmenti così indefinita che appare familiare. Tasselli che ordinatamente fanno la cimasa delle pareti, stendendole ed allineandole di qua ed oltre i muri del percorso domestico. Grande Cimasa in Teatro ed Aula a decoro di un aperto cielo rosa e azzurro. Corona poetica, ghirlanda di stelle mediterranee e fiori, incastonata nell’angolo al di sopra della testa, sotto il soffitto, a vanto e gloria, come un sonetto”. Liberarsi dalla condizione di pittore significa rinunciare ad un fare arte configurato entro l’angusto ambito del quadro ma soprattutto entro schemi precostituiti e cristallizati; significa uscire allo scoperto, aprirsi al mondo, entrare nelle case, individuabili in quel chiaro riferimento alle pareti, al soffitto, in una parola agli ambienti domestici. L’immagine pittorica trova qui il suo luogo ideale di espressione, negli spazi più ampi degli interni, e degli esterni, quotidiani, ai quali sembrano alludere la marmellata, la muffa, i brandelli di stoffa. Lo spazio domestico è però presto superato nell’urgenza di andare oltre i suoi muri e di estendersi ai luoghi che da sempre costituiscono occasione di incontri collettivi. il teatro e l’aula, aperti su cieli rosa e azzurri. Così l’arte, superando i confini spazio-temporali, entra nel mondo e ne costituisce l’ornamento, il decoro, crea nuovi spazi in cui vivere, assumendone le caratteristiche di una finzione scenica, come avviene nel teatro che è il luogo per eccellenza della simulazione del reale e della rappresentazione dei più svariati accadimenti (e sentimenti) umani. Ma se mediterranea è la fonte da cui scaturisce la suggestione creativa - oggetti, profumi, colori, appartengono a luoghi e a spazi definibili e riconoscibili - all’atto della creazione queste stesse suggestioni, assumendo l’apparenza del sogno, del ricordo, dell’evocazione di spazi siderali, creano l’illusione dell’ubiquità e dell’eternità: diventano emblemi a-spaziali e a-temporali e, senza negare la propria origine, la propria provenienza, superano - azzerandoli - i confini dello spazio creato e l’appartenenza a luoghi specifici di uno spazio e di un tempo specifico. Sembra dire Remi che con la creazione artistica si ha il potere di superare la fisicità degli spazi e l’esistenza del tempo, così da annullare distanze e differenze. La mediterraneità si configura, quindi, come linguaggio espressivo duttile e multiforme, come ideale rappresentazione della varietà, oltreché dei ruoli rivestiti dall’artista, delle forme e dei modi dell’arte, in una sorta di delirio di onnipotenza (nel senso etimologico del termine di ‘tutto potere’) e di onnipresenza (= ubiquità). In una dichiarazione-progetto, Aiulé (1984), Remi conferma la sua volontà di superare i confini delle definizioni e la univoca finalità del fare arte: “(...) Aiulé (giorno e notte, domenica e lunedì) non per denaro, non per ambizione. Io non per amore (che spesso è rabbia), io non per vocazione (che rinnego la mia scelta). Io non voglio (essere pittore), io non voglio (essere scultore). io non voglio (essere poeta), io non voglio. Aiulé. Io ci sono se il palco è all’aerodromo e non si vola. Cento mila milioni (più in là).”. Parafrasando Montale (‘Non chiederci la parola’), di Remi si può dire ciò che non è, o meglio, ciò che non vuole essere: non pittore, non scultore, non poeta; ma - potremmo aggiungere - tutti e tre insieme, anche suo malgrado. L’immagine ed il procedimento, il fare artistico degli ‘oggetti’ di questi anni sono di un pittore e di uno scultore; i ’progetti’ come egli li definisce, le dichiarazioni e i testi-didascalie a corredo di molte opere sono ‘poesie’, poichè costruite con la finalità di comunicare verbalmente. Che poi i ‘progetti’ di Remi segnino importanti fasi della sua produzione, fungano da spartiacque tra un ‘periodo’ ed un altro, costituiscano dichiarazioni tese a voler rivelare, anche a se stesso, il suo modo di procedere ed il suo fare arte, ciò va da sè. Essi rappresentano indispensabili chiavi di lettura del suo lavoro e della sua fisionomia artistica anzi, sono una parte essenziale, sostanziale, della sua opera, se è vero che i suoi progetti si costruiscono “quotidianamente sopra il disegno della poesia”. E proprio riferendosi ad Aiulé, nella lettera che invia a Remi nel ‘87, l’architetto e designer Alessandro Mendini parla “(...) idee visive a due e a tre dimensioni” e di “(...) VERSI che sono il punto di partenza, il sintagma, il movente profondo, l’emozione istantanea, il referente, il momento d’amore, la tragedia (eccetera) del tuo immaginario visivo. La tua sensibilità progettuale si esprime tutta, ‘solo se’ passa anche attraverso le parole (...). Come si capisce, gli anni ‘80 sono per Remi anni di ricerca di nuove vie per l’arte. Di conseguenza la produzione del decennio - almeno dal ‘82 al ‘86- appare eterogenea ma non certamente a-logica. A ben vedere, infatti il filo della mediterraneità (dichiarata in Pittura e Ambiente e in Aiulé) lega un nutrito gruppo di opere realizzate in anni contigui e percorre trasversalmente i campi della pittura, della scultura, del design e della poesia: oltre alle opere per l’esposizione Mediterranea (1983), anche quelle per Titus / Ghirlanda Poetica, Grandi Braccia Azzurre Per Angelo Mediterraneo (1984), mostra allestita in Costa San Giorgio a Firenze presso lo Studio Alchimia - Memorie e Luoghi del XX° Secolo e quelle per Frammenti Banali (1985), tenutasi ad Arezzo nello Spazio Comunale delle Logge Vasariane dove Remi espone i propri lavori insieme alle opere scritte sulle pareti da Alessandro Mendini. Del resto non mancano a Remi le occasioni per intervenire sia a livello individuale che di gruppo ed in tutti quei campi che la sua sperimentazioe gli consente. Così realizza pitture ambientali, sculture ambientali, oggetti d’uso, interventi ‘urbanistici’. Le sue pitture si possono definire ambientali in quanto ‘creano’, con la loro presenza neutra, un ambiente: Remi le progetta, però, indipendentemente dall’ambiente che le dovrà ospitare. E’ la suggestione, la valenza, più che ornamentale fortemente evocativa, che fa delle pitture di Remi pitture ambientali da inserire in contesti ‘mediterranei’: così Alice (‘83 per Mediterranea) è un ‘luogo da dentro e da fuori’ ma anche l’ala di un angelo caduto sulla terra per vigilare sull’armonia degli ambienti domestici; Aureo Seme Di Luna (‘83 per Mediterranea) appare come un fiore/seme/frutto della nostra terra costituito da due parti distinte ed avvicinate a formare un mimetico involucro esterno (guscio?); le Corona D’Alloro (‘83 per Mediterranea) e le Ghirlanda Poetica (‘84 per Titus) che scendono dal soffitto o salgono dal pavimento oppure si ricompongono a formare un cerchio come in Vanto e Gloria (‘83 per Mediterranea), sono intrecci floreali o siderali. I pannelli di grandi dimensioni come Nuvole Azzurre e Fiamme D’Alloro (‘83, entrambe per Mediterranea) sostituiscono, divenendo esse stesse, le pareti domestiche e Kyrie Eleison (‘83 per Mediterranea), titolo altisonante che letteralmente significa “Cristo pietà”, sembra alludere ora ad un ambiente sacro, per analogia con la mensa di un altare con tovaglietta trinata, ora ad un arredo urbano (una finta aiuola) della città del futuro; simbolo cristologico è anche Grandi Braccia Azzurre Per Angelo Mediterraneo (‘84 per Titus), propriamente una croce latina ruotata di 90°. C’è poi Titus, struttura in legno dipinto sostenuta da un supporto metallco semicircolare - della quale Remi nel ’86 crea un’altra versione più decorata e leggiadra, Puritana - che si erge con la fiera statura di un umano, libero di muoversi nello spazio rotondo del suo sostegno. Anelli terminali della metamorfosi che da Alice passa per Titus sono le aerodinamiche pitture di Frammenti Banali, frastagliate ali d’angelo oppure pinne di non meglio identificati abitanti marini, dai titoli onomatopeici: Fr!Zz!Ss.Aah., simili a quelli delle Scultura Mediterranea in acciaio (1985): FRRXSSHAAZIZ. La spinta del vento su di esse, oppure il brivido di una risata che fa increspare la pelle? Temi (i Titus, le Puritana, le sculture che si piegano, si traforano, lievitano, nella loro leggerezza, anche grazie alla potenza trasfiguratrice dei loro titoli ‘sonori’) che Remi rivisiterà nella sua produzione futura, inaugurando altre ‘poetiche’. L’omogeneità concettuale, di progetto, dei lavori di questi anni è confermata dai motivi ornamentali, prettamente pittorici - come dire, di pelle, di epidermide colorata - ma anche scultorei: una cifra decorativa inconfondibile, ricorrente già da prima di Mediterranea nelle ultime produzioni di Prova d’Arte (cfr. MisturaNext, 1980), è data da un fitto reticolato di segni (linee) che presuppongono ‘durate’ differenti (non è dimenticata l’esperienza degli anni ‘70), ora più dense di materia, simili a pennellate, ora tocchi di colore, a suggerire un puntinismo postimpressionista e caratterizza anche i lavori di Titus e di Frammenti Banali nonch’é All’Aria, Chiara (1982), i successivi multipli (1985) e Persatanasso. Gli strappi, le sfrangiature, i profili irregolari di Alice, delle Corona Poetica, dei Multiplo, delle pitture di Frammenti Banali, delle Puritana, gli spigoli e le linee morbide (che alludono a foglie e petali di fiori) di Vanto e Gloria e di Kyrie Eleison, gli zig-zag, i denti di pettine delle Scultura Mediterranea oppure i profili regolari, andulati come trine, ricami, delle ante dei mobili (dal1986 al 1995), di Mediterranea, set di tovagliette di lino (1986), di Poeticante, scultura per la testa (1987), non sono soluzioni esclusivamente formali ma costituiscono l’intima essenza dei lavori, conferendo rilievo plastico anche alle superfici bidimensionali. Nel triennio ‘83-’85 Remi vive, quindi, una nuova pittura, una nuova scultura ed una nuova poesia. Nella dichiarazione Pittura e Progetto Esemplare (1988) Remi infatti afferma che: “(...) Per chi, come noi, aveva da lungo tempo abbandonato il chiuso del sistema dell’Arte per aprirsi, anche attraverso il Design, a nuove strade, dove le utopie e le forze in campo erano più fresche ed incontaminate, il Design pittorico era, oltre la mia pittura progettata, l’ulteriore conseguenza diretta devotamente vissuta. E’ in questi luoghi lasciati liberi (dalle convenzioni e dai suoi metodi) che io individuavo la mia possibilità per rivivere una Nuova pittura, una nuova Scultura, una Nuova Poesia. Mediterranea (...). Titus (...). Frammenti Banali (...)”. Ma potremmo agggiungere altri due luoghi significativi dove si palesa la ‘fede’ di Remi nel Design Pittorico: due interventi collettivi organizzati dal gruppo Alchimia - Memorie e Luoghi del XX° Secolo: Acciai di famiglia. L’industria decorata (1984); Il Castello della Sfinge, Mobili, oggetti, performance di Sphinx (1984). Su Acciai di famiglia Mendini interviene affidando a Remi il compito di ‘dipingere’ l’insalatiera Alessi già disegnata da Carlo Mazzeri così compiendo un’operazione di redesign: Remi, del resto, accetta con la consapevolezza di eseguire un ‘pezzo d’arte unico’ e non un oggetto seriale. Comunque sia, questo si può considerare l’unico intervento esclusivamente ‘decorativo’ di Remi. Nel Castello Ferrara di Policoro (Matera), rinominato per l’occasione della Sfinge a sintetizzarne il valore di mistero, Remi partecipa con Alice di Mediterranea, che occulta l’unica finestra dell’ambiente espositivo. Soltanto con la potenza evocatrice degli oggetti-arredi-quinte sceniche lo spazio si trasforma e diventa altro da sé. Dopo questi indubbiamente felici episodi di collaborazione con l’avanguardia del design, prima ancora di sancirlo in Pittura e Progetto Esemplare, Remi mostra disinteresse (disillusione?) per ciò che non sia progettualità ‘decontanimata’ da finalità consumistiche e per ciò che non sia autocommittenza. Il ritorno al progetto d’artista, esemplare in quanto “non da metodologia, (...) non come Prototipo” ma “(...) come creazione continua, (...) come processo intimo, (...) come indicazione aperta”, appare già a Remi l’unica soluzione per continuare a sentirsi artista. Risalgono all’87 due opere che si inseriscono in quel filone che potremmo definire del “Design disilluso” (Poeticante e Sensa Parole, ma, per analogia anche Poetical Sex, 1987), in quanto non espressione di un design “con ironia” o di un “design-gioco” piuttosto di un design che crea per una società senza più ‘speranze progettuali’ e senza curarsi del partner industria. In questo nuovo ambito l’artista Remi torna ad essere il committente, se non unico, privilegiato, della propria opera, producendo “con diretta e manuale partecipazione per la propria testa e per i suoi infiniti luoghi nel mondo” come afferma in Pittura e Progetto Esemplare. Non a caso la dichiarazione-progetto si chiude alludendo agli “infiniti luoghi nel mondo” dominati dalla legge della Gravità: “E se avviene che il Sole avvera il Tempo quando si apre la finestra. e se avviene che la Gravità attira la Terra al centro nella stanza. allora, Tutto avviene.”. Quest’ultima parte parte si può considerare le versione riveduta e corretta del progetto per Titus, scultura luminosa presentata alla Fiera internazionale di Bari del 1985 nell’ambito di Tic-Tac : orologi monumento nel design: “E se avviene che il Sole avvera il tempo quando apro la finestra. e se avviene che la Gravità attira la Terra al centro nella Stanza. e se avviene che che non me ne importa niente, allora, proprio non avviene”. Le due versioni messe a confronto consentono di fare alcune riflessioni: nella versione dell’86 Remi parte dal dato oggettivo, dall’esistenza di leggi fisiche, di un ordine cosmico che regola l’esistenza sopra le volontà individuali. Ma oltre queste stesse leggi la volontà si impone a scardinarle e renderle vane, prive di effetto: “e se avviene che non me ne importa niente, allora, proprio non avviene”: è la volonta che crea un nuovo ordine contro l’ordine già costituito. Per meglio dire, Remi parte dal dato di fatto che il Sole, e quindi il ciclo biologico della vita, regola e scandisce il passaggio del tempo, ne convalida la sua esistenza (del tempo!) come categoria assoluta: la ripetizione della frase “e se avviene che” ripetuta perentoriamente per tre volte - anche graficamente si trova in posizione enfatica, essendo un verso-strofa - sta a sottolineare l’incidenza del caso (ed il prevalere di esso) nell’accadimento degli eventi. Ma già nel secondo enunciato la visuale si restringe dall’infinitamente grande (terra) all’infinitamente piccolo (stanza) e nel terzo, quasi ad annullare i primi due, interviene l’uomo (in questo caso l’artista) che crea con la sua volontà: niente avviene se non c’è interesse, volontà creativa. Come a voler rendere omaggio all’uomo dell’Umanesimo, arbitro della propria sorte, Remi pone al centro della terra, pari alla forza di gravità, la volontà creatrice dell’artista. In maniera analoga Pittura e Progetto Esemplare si chiude con un omaggio alla volontà individuale: tutto avviene, se avviene che “La Gravità attira la Terra al centro nella stanza”. E questo avviene. Anche la volontà, cioè, entra nella circolarità, nell’assoluto del macrocosmo e partecipa del suo mistero, entrando negli infiniti luoghi del mondo, i soli luoghi di espressione del progetto esemplare. Per tutti gli anni ‘80 Remi va cercando un ambito espressivo che neghi ogni limite, ogni confine fisico: per uscire dal chiuso del sistema dell’arte abbandona il quadro e sperimenta la pittura ambientale ed il Design Pittorico ma i condizionamenti sono ancora tali che non si sente veramente artista. Così la sua arte si apre ulteriormente e astraendosi dal particolare entra nell’universale, seguendo il cerchio della gravità che tutto crea, niente distrugge e tutto trasforma. Così anche la produzione di Remi, nonostante che appaiano improvvisi i cambiamente e le svolte, rivela una evoluzione, interna alle proprie ‘poetiche’, fatta di anticipazioni o di riflessioni a posteriori del proprio pensiero. Pertanto nell’86, quando Remi realizza il progetto per Titus, è già in pieno sviluppo la poetica della gravità: crea un ‘orologio’ che scandisce il passaggio del tempo mediante la luce, un tempo che è condizione esclusivamente intima, soggettiva, mentale come suggerisce anche l’uso di un materiale lucido, freddo come l’acciaio. L’orologio di Remi, si diceva, è una scultura luminosa che discende dai ‘fusiformi’ progetti per Titus e Puritana - dove già il supporto semicircolare lascia presagire una circolarità in divenire - ma richiama alla mente piuttosto una lampada, a sua volta anticipando lo sviluppo di Ode (1990), in quanto dotato di stelo e cappuccio sagomato con illuminazione interna, più che sembrare un agile ed inseparabile oggetto da portare al polso e nel taschino del gilet. Dal dodecagonale apice in acciaio inox di Titus di Remi, deriva, inoltre il brillantino sfaccettato al centro del quadrante di Crystal Steel, di nuovo un orologio, pensato per Swatch nel 1993. Del resto semisferico è già il set Mediterranea, tovagliette all’americana in lino (‘86) e sfera con elemento fusiforme inserito al centro è Bandiera, nel disegno dell'85. Ancora altri interventi alludono al tema della gravità, dai progetti per le monumentali sculture nella piazza, per Scultura Fontana (1988) e per Scultura Luminosa (1989) fino ai più recenti Fontanella (1991), al manifesto di Gravitazione Aero Sonora Su Isole Mediterranee (1988) al video dal titolo omonimo (Gravità, 1989). E’ qui evidente un processo di semplificazione, di riduzione geometrica alla forma in assoluto perfetta, il cerchio, e a tutte le sue possibili trasformazioni: figure piane, in esso inscritte o da esso ricavate per successive intersezioni (triangoli, quadrati, rettangoli, trapezi, esagoni), figure solide (cilindri, coni o tronco di coni), figure spiraliformi. Dall’89, con la mostra Quorum l’opera di Remi ‘esplode’ in queste infinite varietà geometriche che non sono, però (e come sarebbe possibile) puro gioco e compiacimento estetico ma l’apparizione dello spirito creativo che lucidamente si svela. Da Quorum in poi si dischiude un mondo di apparenti contraddizioni, di opposti che si conciliano, di armonia nel disordine: un mondo che non ha inizio né fine e che per questo si esprime nel cerchio e nella sfera, nella spirale e nel labirinto. Un mondo senza (con) tempo che simultaneamente contiene l’uno e l’altro: è il caso di dire che con Quorum un cerchio si chiude, ogni contraddizione è superata anzi, l’armonia si crea proprio dall’accettazione di ogni contraddizione. In questo ambito concettuale la pittura non scaturisce dalla riproduzione del dato reale (di per se analitico e contraddittorio) ma restituisce il reale secondo una visione simultanea, globale, sintetica. Se il vero, il reale, è l’intero, la pittura deve restituire tale unità: allora l’artista si pone al centro dell’universo e con sguardo circolare afferra la varietà del molteplice sintetizzandone la visione che è continuità spaziale e temporale. Partendo da Frammenti Banali e passando per Puritana si giunge necessariamente a Quorum: come per una fatale attrazione al centro e per effetto della gravità i triangoli-multipli si combinano a costituire frastagliate girandole, disarticolate stelle. La schematicità tipologica, la serialità della forma è soltanto apparente: la supposta fissità è in realtà movimento perpetuo, fuga verso l’esterno ma ineluttabilmente calamitata al centro. Remi rivela l’incessante divenire del reale (quel continuum spazio-temporale di cui parla Renata Casarin) creando superfici sempre mobili, grazie all’illusione ottica provocata dalla convergenza al centro delle numerose spinte centripete (effetto girandola). Ma soprattutto tratta la superficie (sia questa carta, legno, alluminio) smaterializzandola, traforandola come un ricamo, piegandola, curvandola, rendendola duttile, malleabile, permeabile alla luce. Il ‘rivestimento’ pittorico rende lieve la figura, anche grazie alla dinamicità formicolante del pigmento che riveste, senza avvolgerla, la superficie: sia lecito ricordare che già nel ‘77 i bordi delle superfici-supporto non erano dipinte (“estremità del telaio dove il pigmento è zero e la superficie continua con il prolungamento dei fili che fanno parte della superficie-pigmento”). Così in FreezerCeleste, Sexy SexDama, alcuni dei curiosi titoli di Quorum. Sempre nel’89 e nel ‘90 Remi trasferisce il tema della gravità su un oggetto iconico dell’immaginario infantile realizzando Bambolina e sul formato rettangolare: il gioco dell’illusione ottica si fa più audace nelle tre versioni di Madonna (1990) dove i colori del piano-superficie, suddiviso in 6 triangoli, si alternano con quelli degli spicchi simmetricamente sagomati della girandola-stella. Il cammino razionale e coerente di Remi conduce per l’esperienza di Quorum e di NéNo (1989) a Vale (1990), in occasione della quale l’artista elabora letterariamente il principio del continuum spazio-temporale e della percezione (pertanto della restituzione!) simultanea del macrocosmo (universo) da parte dell'artista-ricercatore-sperimentatore-esploratore: “La Gravità attira la Terra al centro, Io di Tokio, io di La Paz sto in Terra Del Nord. Sto nel Ciad e in Kuwait io di Lima e di Damasco. Sto in Giamaica e nelle Hawaii io di Athene e di New York. (...) moi de Paris and from Camberra i’m in Bangladesh (...) i’m from Calcutta and from Bombay (...) and in Mississippi yo de Madrid et Casablanca i’m in Alaska y en Tierra del Fuego ich aus Berlin (...) i’m in England e in Italia io di Roma et carthaginiensis e ancora vale leggerissimo galleggiare. Vale, volare in un attimo, in Terra”. Citando Franco Bolelli, “Remi fa ogni cosa come se facesse un mondo”, a confermare che in questa fase della sua attività egli è giunto al superamento - e alla negazione - della restituzione analitica e parziale del reale a favore di una restituzione sintetica, totale. Impossibilitato ad essere uno Remi diventa tutti in uno ed impossibilitato a restituire qualcosa in maniera veritiera restituisce qualcosa che sia il risultato di una somma esponenziale, algebrica, segno dell’infinito. Ma più efficaci di qualunque altro commento sono al proposito le parole di Renata Casarin: ”Non c’è bisogno di abitare a New York, a Bombay, a Roma per partecipare della complessità dell’universo. Le anime creative non hanno dovuto spostarsi dal tavolo della loro stanza di lavoro per inscenare mediante la scrittura il teatro del mondo. E’ nel crogiuolo del loro studio e nella solitudine della loro mente che gli artisti hanno trovato il coraggio per dipingere quadri, per scolpire statue, perché quella solitudine era di fatto greve di tutti i pensieri e le idee che pensano il possibile, il reale (...). Il pensarsi viaggiatori del cielo e della terra, percorrendo strade inusitate ma fedeli al proprio destino interiore di ricercatori del possibile, conduce ad una vicinanza cosmica che accomuna tutti coloro che si sentono esploratori del mondo. L’uomo così recupera la propria totalità, recupera la sua condizione microcosmica di specchio dell’universo (...). E da Vale senza soluzione di continuità, seguendo uno sviluppo coerente, si passa alle collezioni di Volare (1992), Persona (1993) e Voce (1995): In Volare Remi perfeziona (nel senso etimologico del termine latino ‘perficere’ che significa eseguire, condurre a termine) la poetica della gravità “che attira la Terra al centro nella stanza”, con le sue pitture di carta circolari (60 cm. di diametro) variamente dipinte. ‘Le girandole’ composte da triangoli diversamente sagomati (semicircolari, polilobati come i petali di un fiore, ondulati come le onde del mare, a dente di pettine), hanno titoli - XHXEAOEIUHPLOIAOUEJKTSFR - che rimandano alle allusive sonorità delle sculture di Frammenti Banali e delle Scultura Mediterranea e che ne esaltano il senso del movimento dinamico: insomma, i nomi conferiscono agli oggetti un’unicità paragonabile a quella che il nome proprio conferisce ad una persona (non a caso Persona è il nome della collezione successiva che chiude a costituire una ‘trilogia’ della gravità - VolarePersonaVoce - il ciclo aperto da Vale). E le altre 36 pitture di Persona sono pura sonorità, pulviscolo di colore che emana, riflettendola, una luce propria data dal ‘brulichio’ psichedelico degli acrilici. Ormai liberati dal peso della gravità, le sagome pendono dalle pareti del Watertoren Chk di Vlissingen (NL) e le ‘stelle’ interagiscono con lo spazio circostante che le anima mediante la luce e l’aria. Del resto le altre 6 opere di Persona (sculture di ca. 210 cm di altezza e 23 cm di diametro), in acciaio dipinto e disposte in posizione circolare e nel loro perentorio essere conficcate a terra svettano verso l’alto, a ricercare una via di fuga, di ritorno a quell’infinito da dove provengono. E’ evidente anche la volontà di negare la necessità di un qualsiasi supporto, come già il disco di cemento armato con sostegno verticale, attorno al quale i ‘rampicanti’ di metallo della collezione Vale (sculture) si avvolgono, per affermare, invece, la levità, la mancanza di peso, la volontà di librarsi nell’aria. La smaterializzazione degli oggetti di Remi avviene completamente in Voce dove finalmente si concretizza un antico progetto dell’artista ma al contempo si apre una nuova poetica della musicalità. Sparsi nell’opera di Remi fin dai primi anni della sua produzione le allusioni alla sonorità: già nella raccolta Prova d’Arte (1980), Nautilus è un disco di vinile di 30 cm. di diametro inciso con una punta di metallo e che ‘suona’ facendo scorrere la puntina dello stereo sui suoi solchi. Il giradischi, al pari della conchiglia che contiene il nautilo (che è etichetta sul vinile), altro non fa che riprodurre il suono inciso sul disco, come appunto, la conchiglia riproduce la voce (il suono) del mare. Allora (nell’80) Remi esprimeva l’urgenza di registrare l’intervento dell’artista e l’opera d’arte si identificava, era l’intervento medesimo. Ma già allora la musica, opera ambientale per eccellenza anzi, il primo fatto ambientale, poiché è l’aria e quindi il suono che ha a che fare con la persona, come dice Remi, era parte integrante dell’arte. Anche in Pittura e Ambiente (1983) Remi parla di un piccolo suono a proposito di “Corona poetica, ghirlanda di stelle mediteranee e fiori,(...)(...) sotto il soffitto, a vanto e gloria, come un sonetto”: la musica ma non quella celebrativa, non quella trionfale bensì quella che scaturisce dalla “banalità” del quotidiano, avvolge l’esistenza (dell’arte). Due canzoni, Aiulébiribin e Canzone di Architettura Celeste , risalgono all’86, ossia ad un periodo significativo in cui Remi, elaborando la poetica della gravità, esprime l’esigenza di riprodurre nella sua globalità l’espressione artistica: Aiulé, già grido di liberazione nella dichiarazione-progetto dell’84, si fa ora canzone dell’artista che si avvia a percepire il macrocosmo attraverso il mistero della sua creazione. Ancor prima di Voce nel ‘92 Remi presenta se stesso nel carosello di Stendardo, quattro opere basate sull’interpretazione, anche sonora del proprio nome: apre il gioco l’opera con la seconda e la terza nota del pentagramma: ReMi. Segue la sua presenza nei caratteri ideogrammatici dell’alfabeto giapponese e ancora l’opera con il cognome scritto in corsivo, suddiviso in sillabe su due righe immaginarie. L’ultima opera di Stendardo è la "stella" - non una qualsiasi ma UEA, l’immagine simbolo della Galleria d’Arte Contemporanea di Arezzo. L’ultima ‘fatica musicale’ risale al ‘95 ed è Voce, che da il nome alla più recente collezione di Remi: si tratta di trenta fogli di compensato preparati a fondo bianco per la pittura (35x100 cm.) con una serie di scritture costituite da consonantiche: OUE, UEO, EAO, AOA, HPL, SPR, ZXZ, XHX, QTP, ZTZ. La continuità rispetto alle opere di Persona e alle meno recenti Scultura Mediterranea e per Frammenti Banali è evidente: con Voce Remi crea tuttavia una vera e propria architettura musicale costituita, appunto, dai suoni disarticolati. Non titoli bensì opere. Con l’esposizione Eccellenza Mrs Mediterranea (FRR, XSS, ZIZ, HAA / pitture e TRACKS / audio) fa spettacolo nel 1998 nell'Appartamento di Isabella d'Este / Palazzo Ducale di Mantova. EAOOUE, la sua opera totale di Voce (parola) ed Immagine (pittura) è (1360 x 730 cm.) dal 1999 il cielo del Teatro Comunale Pietro Aretino di Arezzo. Nel 2000 il Centro Nazionale Studi Leopardiani a Recanati, presenta la sua collezione di video Nuova (Persona Voce Scrittura). Questi stessi video attireranno l'attenzione di Yves Bonnefoy e stimoleranno la realizzazione del suo progetto ROBERTOREMI.IT.LIVE (2007) promosso su Second Life / Sistema Fondazione Toscana. Nel 2004 Fernanda Pivano inserisce nella Biblioteca Riccardo e Fernanda Pivano, (Fondazione Benetton - Studi Ricerche, Milano) le sue 9 Poesie Autografe e altre Produzioni Stampate. La Casa di Cultura Tedesca a Firenze mostra nel 2006 Un Li Um Le (quattro sculture del 1993) come expo-evento di commiato dalla 1ª trentennale direzione di Villa Romana Florenz. Nel 2007, invitando e proponendo ad Alessandro Mendini di lavorare sulle stesse tematiche e gli stessi suoi assunti, Roberto Remi presenta al Museo Civico di Arezzo il progetto LALLALLA e la sua nuova collezione di opere a due e tre dimensioni. Seguendo il filo di un balbettio, che è voce, Remi amplifica la visione della sua opera creando, con segni di scrittura ed un colore che ne espone l'emozione, opere individuali e nomi propri di possibili articolati balbettii, sinceri Lallalla. Il tema è quello del raccordo fra parola, colore, visione, alfabeto e ritmo, espressi delicatamente, quasi come sequenze di sospiri. Fonetica, immagine e colore si compongono in delicati sistemi visivi, dando luogo a filigrane, segni e decorazioni astratte ma emozionali ed evocative, di rara sensibilità poetica. E' presente alla IIIª Triennale Design Museum (Quali Cose Siamo / Milano 2010-11) con ALLELELELLA, la scultura sospesa multicolore del 2006 che rimanda al logo ed è il concetto dell'interpretazione di quella stessa Triennale.


 


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