Senza chiedere permesso

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Titolo

Senza chiedere permesso. Come rivoluzionare l'informazione

Anno

1973

Luogo

Italia

Autore

Faenza Roberto

Descrizione

Il testo curato da Roberto Faenza è fondamentale, soprattutto dal punto di vista teorico, per capire il fermento e le aspettative, che il video generò al suo arrivo in Italia. Il messaggio centrale del lavoro è un appello ad impadronirsi dei mezzi di comunicazione, in particolare il videotape, e ad utilizzarli come strumenti di “controinformazione”. A tal riguardo risulta rilevante l’intervento a chiusura del testo di Pio Baldelli e Goffredo Fofi, che osservano come in realtà gli autori non parlino di controinformazione, ma piuttosto di comunicazione, e anzi di “comunicazione orizzontale” . Il compito da assolvere è concisamente descritto dal curatore nell’introduzione: Senza chiedere permesso è innanzitutto un manuale per l’azione, che non va letto e contemplato, ma messo in saccoccia e usato; ed è proprio in questo invito repentino all’azione che si concretizza un nuovo approccio, non più solo passivo, ai mezzi di comunicazione.

Ancora Pio Baldelli e Goffredo Fofi rilevano come “il grosso limite dei critici e degli studiosi dei mezzi di comunicazione di massa è la posizione di rinuncia: non affrontare il che fare, quello che possiamo fare noi, ma riflettere sul che fanno gli altri, quelli che sono al potere” . Per gli autori del libro il tempo delle pure disquisizioni teoriche è finito: è giunto il momento di reagire e creare alternative concrete, anche se parziali, superando il confine tra ‘osservare’e ‘osservare e fare’. Senza chiedere permesso costituì un lavoro teorico pionieristico, poiché l’interesse per la nuova tecnologia in Italia era appena agli inizi, e in particolare fu rilevante perché elesse il videotape a strumento attraverso cui attuare il cambiamento. Questo testo pose concretamente le basi in Italia di quel fenomeno che oggi definiamo videoattivismo: dalla contestazione dell’uso massificante dei mezzi d’informazione, fino alla promozione di una comunicazione collettiva attraverso l’uso del videotape, sollevò riflessioni innanzitutto sulle problematiche relative alla comunicazione nelle varie realtà sociali. Sebbene il termine videoattivista non fosse ancora comparso, in queste pagine sono tuttavia presenti molte delle caratteristiche che tale figura avrebbe assunto nei decenni successivi, e anche se Faenza poco si riconosce nel termine videoattivista, legando piuttosto il suo lavoro all’ambito teorico e dimostrativo, è pur vero che pochi anni dopo, precisamente nel 1978, sarà definito “un guerrigliero delle telecamere portatili” . Il termine fu volutamente usato dal giornalista Giovanni Gozzer in modo sarcastico, ma identificò suo malgrado un soggetto nuovo, e soprattutto scomodo. Entrando nello specifico del testo, annotiamo il carattere collettivo del lavoro, sottolineato dall’espressione ““noi” soggetto del libro” , sin dall’introduzione: il “noi” per Faenza non è riferito solo a coloro che hanno contribuito materialmente alla realizzazione del libro, ma anche, e soprattutto, a chi quotidianamente cerca nuove vie comunicative. Senza chiedere permesso nasce dalla massa e alla massa si rivolge: è un contenitore, un punto di partenza per sviluppare un dibattito; al suo interno trovano spazio esperienze ed idee diverse; si propone il fenomeno sotto molteplici punti di vista, anche perché la diffusione dello strumento tecnico in Italia era agli inizi e la bibliografia di riferimento praticamente inesistente. Il testo risulta suddiviso idealmente in più sezioni e propone un percorso che parte dalla presa di coscienza delle anomalie dell’informazione di quegli anni, passa attraverso la proposta delle alternative possibili e arriva ad identificare il videotape come lo strumento ideale per attuare il cambiamento. La prima parte si concentra nel chiarire la fondamentale differenza tra informazione e comunicazione; tale dicotomia non è legata semplicemente ad una definizione letterale, ma identifica nel senso più ampio due diverse concezioni della società: una, autoritaria, verticale, dove la massa, passiva, può solo ricevere i messaggi che le arrivano dall’alto; l’altra, democratica orizzontale, in cui la massa ha la possibilità di rispondere e comunicare a sua volta le proprie esigenze e bisogni. Da queste considerazioni si passa a tracciare a grandi linee la situazione monopolistica italiana, rilevando come essa sia una società di tipo verticale, che presenta tuttavia dei margini di azione in cui la collettività possa inserirsi e conquistare un proprio spazio comunicativo. Una grande fiducia è riposta nelle capacità comunicative e creative della massa: si passa da un’idea di massa anonima, che deve essere aiutata ad esprimere i suoi bisogni, ad un’idea di massa intesa come entità in grado di organizzarsi autonomamente e comunicare. Nel libro questo è un passaggio fondamentale anche perché si conclude con un’esortazione alle masse ad impossessarsi dei mezzi di comunicazione e ad usarli; il punto di arrivo è la tesi fondante del testo: il videotape assurge a strumento primario per concretizzare la comunicazione orizzontale. Gli interventi relativi al videotape confermano la novità del lavoro: nell’individuazione di alcune caratteristiche peculiari del video, lo si emancipa di fatto da una visione che lo relegava solo a strumento di riproduzione dell’arte e del cinema. Alla differenza abissale tra cinema e video, infatti,viene dedicato un intero capitolo; la caratteristica che distingue e rende preferibile il video per gli autori è l’immediatezza. La possibilità di riprodurre immediatamente il girato interviene appieno nel processo della comunicazione: col videotape si può riprendere un evento (una manifestazione, un dibattito, etc.) e mostrarlo subito, senza dover aspettare i tempi tecnici di sviluppo, montaggio e stampa del film, favorendo la diffusione e la conseguente discussione della tematica connessa. In questa nuova tecnica permette di verificare istantaneamente il girato e di riprendere nuovamente in caso di errori. Un altro carattere fondamentale del videotape è l’accessibilità: non solo dal punto di vista economico -il costo del nastro magnetico, infatti, era decisamente inferiore a quello della pellicola-, ma anche da quello pratico, poiché per il suo uso non erano richieste competenze tecnico-professionali specifiche e tutti potevano utilizzarlo. Col videotape, non solo si opera collettivamente, ma si sposta l’attenzione dal prodotto (il video) al processo che lo genera, cioè al momento in cui si concretizzano la comunicazione orizzontale, il dialogo e la partecipazione attiva della massa. Alla sezione più specificamente teorica di Senza chiedere permesso, seguono rispettivamente altre due parti più documentali, in cui sono illustrate le alternative possibili del nuovo modo di comunicare: una, dedicata all’effervescente e variegata realtà Nord-Americana, e una, sulla comunicazione nel terzo Mondo, in particolare nell’America Latina. Dell’esperienza Nord-Americana e canadese è sottolineata in particolare la corsa alla comunicazione: il videotape è lo strumento ideale per far sentire la propria voce e veicolarla attraverso i molteplici spazi della televisione via cavo. Sulla comunicazione nel Terzo Mondo Faenza propone un saggio del libro peruviano di Frank Gerace ed Hernando Lazaro, Comunicazione orizzontale: cambio di struttura e mobilitazione sociale, e riporta un estratto contenente una forte critica alle teorie nordamericane, che pur essendo le più diffuse nel campo della comunicazione di massa, risultano imperniate su una visione meccanicista, in cui, come sostiene Paulo Freire, ci “si riferisce alle persone umane come ricettori” . Contemporaneamente, secondo i due autori, in una società nella quale i messaggi che arrivano trasmettono esclusivamente valori borghesi, tendenti ad opprimere le masse, urgono soluzioni alternative affinché “l’oppresso possa pronunciare la propria parola” ; per il raggiungimento di tale scopo si propone, quindi, una sorta di “guerriglia della comunicazione” , in cui il videotape risulta il mezzo più adatto, proprio per la sua facile accessibilità. Una volta assodato che il videotape è lo strumento ideale per rivoluzionare il modo di comunicare, Faenza ne affronta le problematiche più prettamente tecniche, presentando valutazioni molto dettagliate sui videoregistratori in commercio e sulle varie strumentazioni (videocamere, videonastri, monitor, microfoni, etc.), con una particolare attenzione al fattore compatibilità fra i modelli. Faenza fornisce una sorta di alfabetizzazione sul mezzo, offrendo anche soluzioni di problemi pratici come l’amplificazione dell’audio, la trasmissione ad un intero caseggiato, la conversione di un televisore in un monitor-televisore e giunge addirittura a suggerire come portare a spalla un videoregistratore (a cui è dedicato un intero paragrafo con relativa illustrazione). La profonda attenzione alle questioni tecniche, è sintomatica di come il portapack fosse decisamente uno sconosciuto: fornire informazioni utili, che permettessero di capire la nuova tecnologia senza subirla, diventava un’ancora di salvezza nella confusione e nell’insufficiente preparazione che spesso regnavano nel settore stesso della rivendita delle attrezzature e dell’assistenza tecnica. Un limite del libro potrebbe rivelarsi il mancato interesse ad un possibile linguaggio del video: l’urgenza di comunicare, percepita quasi come un valore assoluto, sposta l’attenzione dalla qualità al processo e relega la creatività ad un uso funzionale, considerandola semplicemente come mezzo per rendere più attraenti le informazioni; nella medesima ottica, il montaggio è definito esclusivamente in modo tecnico come “l’operazione che serve per cucire insieme le scene in un ordine diverso da quello con cui sono state registrate” , senza nessun accenno a cinquant’anni di teorie cinematografiche. Questo approccio, che potrebbe manifestare una carenza di natura linguistica, trova, forse, la sua giustificazione nell’esigenza programmatica di comunicare con ‘immediatezza’: il curatore ha privilegiato, quindi, le modalità di utilizzo del mezzo per sottolineare l’importanza d’impossessarsi del videotape ed agire con esso. Un’altra ipotesi potrebbe altresì riferirsi alla decisa differenziazione fatta da Faenza tra video e cinema, quasi un tentativo di emancipazione del video da strutture linguistiche già esistenti, ma non specificamente proprie, poiché lo strumento nuovo del videotape aveva un linguaggio ancora tutto da inventare.