Sherman Cindy

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Cindy Sherman


Sherman Cindy è interprete, scenografa, regista e fotografa di ciascuno dei suoi lavori ed è simbolo di una generazione di "body artists" che dagli anni settanta in poi ha indagato sulla trasformazione del corpo che diventa soggetto di comunicazione e di espressione dei processi culturali e strumento di risposta ai mutamenti di identità in atto nella società americana, facendo risaltare certe tendenze al cattivo gusto e sfatando l’apparente moralismo. La fotografa americana intitola quasi tutte le sue opere “Untitled” e assegna a ciascuna di esse un numero progressivo, manifestando così la sua indole alla provocazione e respingendo la purezza di significato e le interpretazioni a senso unico. L’opera di Cindy Sherman può essere molto utile per chi volesse capire l’evoluzione nella storia del linguaggio fotografico dagli anni settanta ad oggi.


Biografia

Nasce nel 1954 a Glen Ridge nel New Jersey, ultima di cinque figli. Si trasferisce a Huntington Beach alla periferia di Long Island, New York, quando aveva tre anni. Per comprendere la vita e l’arte di Cindy Sherman è utile leggere la presentazione del libro “Cindy Sherman” di Francesco Stocchi Giugno 2007: “Il linguaggio della Sherman, come spesso capita per gli artisti, è il risultato di una esigenza personale. Cresce come ragazza di provincia, con la paura della grande metropoli dove vi immagina violenza e spersonalizzazione. Huntington Beach alla fine degli anni ’50 è un sobborgo metropolitano dove si sente il fiero dovere di realizzare il sogno americano: villette a schiera, diffusione di prodotti nazionali, scuole pubbliche e famiglie bianche. Ecco gli ingredienti dell’universo che circonda l’artista nel corso della sua adolescenza. Nessuno stimolo culturale, se non quelli della comunicazione di massa. Sherman si nutre sin da giovane di messaggi televisivi, di rotocalchi, di cinema e conosce il mondo attraverso essi. Sin da bambina sente il bisogno di travestirsi perché pensa che non ci sia posto per lei nel contesto sociale che la circonda. Realizza “A Cindy Book” fantasioso album fotografico, chiaro segnale del bisogno di rappresentazione di sé. La sua opera mostra un’ambiguità tra realtà e finzione che la porta alla creazione di un mondo immaginario nel quale lo spettatore può riconoscersi.”

Tra il 1972 e il 1976 studia pittura e fotografia presso lo State University College di Buffalo e dopo la laurea si trasferisce a New York. Come compagno di studi e amico trova Robert Longo, artista la cui produzione si mostrerà, in seguito, affine alla sua, per quanto riguarda l’interesse per la cultura popolare dei mass media. Insieme a Longo, a Charles Clough e altri artisti fonda la galleria di arte Hallwassl. Respinta all’esame preliminare di fotografia, per insufficienze tecniche nella gestione delle fasi di stampa, Sherman si dedica per un breve periodo alla pittura, dipingendo in maniera realistica copie di foto tratte da riviste ed autoritratti. Ben presto però trasformerà la fotografia, da pretesto per le proprie indagini sulla comunicazione di massa, in mezzo di auto-espressione. Questo passaggio avviene proprio nel momento in cui in America esplodeva la contestazione femminile. In questo periodo numerosi autori tentano di elaborare in senso artistico problematiche politico-sociali, prediligendo fra i parametri visivi la fotografia. Non è da sottovalutare la scelta della fotografia a scapito della pittura: nel comunicato femminista “Assenza della donna dai momenti celebrativi della manifestazione creativa maschile” del 1971, le artiste affermano la necessità di prendere le distanze da un’arte (la pittura) che nel corso dei secoli è stata appannaggio dell’uomo, e di trovare nuovi e diversi spazi d’azione per l’arte femminile. Si sviluppa un tipo di arte che deve parlare di storie, corpi e relazioni femminili. In questo clima Cindy Sherman si forma artisticamente.

L’originalità della Sherman è tangibile: non protesta contro lo stereotipo maschilista della donna sensuale, ma se ne appropria, lo interpreta in prima persona per utilizzarlo in chiave ironica, lo rende ridicolo al punto di provocare l’effetto opposto. Usa lo stereotipo per distruggere lo stereotipo. Per rispondere a chi la criticava per questa sua arte, in una intervista (con Carolyn Cristov- Bakargiev in “Flash Art”, Milano, Politi ed., Estate 1988, pp. 75-77) dichiara: “Certa gente pensa che la mia opera rinforzi gli stereotipi che uso, gettando la donna indietro di cinquanta anni. Ma le mie motivazioni in Film Stills erano invece femministe”. (Cecilia Canziani)

Nel 1983 si sposa con Michel Auder. Il matrimonio terminerà alla fine degli anni ’90 durando circa 18 anni. Michel Auder nel 1988 realizza un film della durata di 42 minuti dal titolo “Portrait of an artist at work: Cindy Sherman” - “Ritratto di un artista a lavoro: Cindy Sherman”. Il lavoro si struttura in diverse forme e generi, creando trame fittizie, collages ottenuti dall’appropriazione di altri media, documentari e video portraits. Questo film è un documento prezioso se si pensa che Cindy Sherman, al di fuori delle sue opere, non ama farsi riprendere.

La fotografa americana attualmente vive ed opera a New York.

Poetica

L’arte della Sherman presenta sorprendente umorismo e stravaganza. La fotografa Cindy Sherman è balzata all’attenzione della critica e del collezionismo fotografico da quando nel 1995 il Museum of modern Art di New York ha acquistato per più di un milione di dollari la sua serie di 69 fotografie “Untitled Film Stills”. Nel 1997 la mostra di queste fotografie al museo ha riscosso grande successo e da allora si sono succedute le esposizioni e le pubblicazione dell’artista americana. Oltre che al Museum of Modern Art in New York il suo lavoro è stato esposto in tutto il mondo in numerose mostre come la ”Los Angeles Museum of Contemporary Art” e il “Pompidou Center in Paris”. Tra le collezioni è utile ricordare quelle del “Metropolitan and Brooklyn Museums in New York” e “the Tate Gallery in London”.

Sebbene Cindy Sherman usi come strumento comunicativo la fotografia non si considera una fotografa. La fotografia è al servizio delle sue idee, non viceversa e la usa per raffigurare un mondo attraverso la propria rappresentazione. A proposito dell’arte, Cindy Sherman dichiara: “Quando andavo a scuola stavo cominciando ad essere disgustata dalla considerazione religiosa e sacrale dell’arte e volevo fare qualcosa che chiunque per strada potesse apprezzare. Ecco perché volevo imitare qualcosa di appartenente alla cultura, e nel contempo prendermi gioco di quella stessa cultura". In altre parole l’artista intende riprodurre artificialmente il reale per renderlo più vero e raggiungere così la massa, affinché essa si rispecchi in questo mondo di stereotipi e ne tragga il suo insegnamento.

La strategia di Cindy è nuova: nei suoi lavori il corpo viene vissuto come apparenza, artificio, innesto a cui partecipano estetica e tecnologia, ma anche come ricomposizione di un nuovo soggetto, di un nuovo “Io”. Non ha mai temuto di rappresentare la propria persona anche in contesti rivoltanti, ha continuato a giocare ruoli nuovi e ha così collocato la sua produzione artistica in una varietà di ambiti che spazia dal femminismo alla storia della cultura. Lei stessa dichiara: “Anche se non ho mai concepito la mia arte come una dichiarazione femminista e politica, certamente ogni cosa in essa scaturisce dalle mie osservazioni come donna e come parte di questo contesto culturale”. Ogni opera è accuratamente studiata e realizzata nel suo studio: crea l’ambiente, sceglie i costumi, l’acconciatura e il trucco, prova gli atteggiamenti e le posizioni del corpo prima di ogni scatto. Le prime opere ispirandosi ai film degli anni ’50-’60 evidenziano quanto siano forti certi stereotipi culturali e come possano avere condizionato le donne, costringendole a interpretare ruoli predefiniti e rigidi. Lo spettatore ha sempre l’impressione di avere già visto le immagini, da quanto sembrano familiare. In ogni sua rappresentazione Cindy Sherman si è scostata dal suo io per diventare uno specchio del mondo che la circonda, quello Occidentale, basato sul culto dell’immagine, del consumismo e delle differenziazioni. Ecco che il progetto “Untitled” diventa una serie infinita di autoritratti per rappresentare gli altri: “Quando preparo i personaggi devo considerare il fatto che la gente guarderà sotto il trucco e la parrucca in cerca del comune denominatore, del riconoscibile. Sto cercando di far riconoscere alle persone qualcosa di se stessi, non di me”. Questo nuovo linguaggio fotografico attirò subito la curiosità dei critici facendo diventare la sua opera un “classico” dell’arte contemporanea. Negli anni Ottanta, i lavori della Sherman passano da bianco e nero al technicolor, dal piccolo schermo per il grande schermo. Negli anni, anche se la tecnica è rimasta la stessa, la sua opera diventa più aggressiva facendo uso di oggetti, come bambole e protesi mediche, per amplificare il suo messaggio.

Un’altra particolarità del lavoro di Cindy Sherman è il formato. Nel 1977 inizia con la sua prima serie di fotografie, “Untitled film Stills”, che si presentano piuttosto piccole e dunque intenzionalmente non spettacolari. Negli anni seguenti la Sherman con un lavoro commissionato da ”Artoforum” (periodico di arte newyorkese) si dedica alla foto a colori, proponendo un formato estraneo alle fotografie tradizionali: le immagini a doppia pagina, un ampio formato panoramico che corrisponde a quello della rivista, mostrano spesso l’artista sdraiata con l’espressione fissa nel vuoto.

Opere

Seguiranno in ordine cronologico le principali opere di Cindy Sherman con una breve didascalia.


  • 1975-80 Untitled Film Stills. L’origine delle Stills è riconducibile a cinque autoritratti fotografici del 1975 denominati A-E che rappresentano il primo approccio sistematico a due costanti del lavoro della Sherman: il mezzo fotografico e il ritratto “in maschera”.

Sono 69 fotografie in bianco e nero tutte di piccolo formato che ritraggono l’artista nei panni di donne diverse, sullo sfondo di set artificiali, che evocano ambientazioni cinematografiche e televisive. Nelle Stills, tradotte letteralmente “pose”, il singolo scatto o fotogramma (generalmente utilizzato al cinema come immagine promozionale) non corrisponde a una sequenza girata. L’invenzione estetica dell’artista è quella di proporre una sola immagine con valenza esplicitamente stereotipata stimolando l’immaginazione dell’osservatore. Untitled 6

  • 1976/2000 “Bus Riders”. Le foto sono state scattate nel 1976, ma fino al 2000 non vengano stampate o esposte, sono tra i primi lavori dell'artista. In queste foto in bianco e nero Sherman rappresenta giovani ed anziani, maschi e femmine, personaggi di varie etnie immortalati durante il loro (ipotetico) viaggio. La serie Bus Rider e la serie The Murder Mystery ( 1975) saranno pubblicate nel volume “Early Work of Cindy Sherman”(2000).
  • 1980 “Real Screen Projection”. In questa serie viene introdotto per la prima volta l’uso del colore. Untitled 66(La seconda fotografia)
  • 1981 “Centerfolds/Horizontals”. E' la serie eseguita su commissione della rivista “Artforum”. E’ tra le serie più contestate, nella quale indaga i codici visivi della fotografia creata per le riviste pornosoft e dove l’immagine della donna risulta fragile e umiliata grazie ad inquadrature orizzontali e a riprese dall’alto. I centerford sono le pagine doppie delle riviste tipo Playboy. Sherman disattiene l’aspettativa di chi guarda perché non interpreta donne nude, ma mostra donne angosciate, sdraiate, in attesa, in situazione che rappresentano la noia, la perdita dell’autonomia, la dipendenza affettiva femminile. Untitled 92
  • 1982 “Pink Robes”. Proponendo lo stesso tema della opera precedente contrappone un diverso formato, verticale, con lo sguardo dei soggetti rappresentati diretto all’obiettivo. Untitled 98
  • 1982 “Untitled #102 - #116”. Sono immagini che rappresentano personaggi illuminati in modo teatrale, che la Sherman ha usato come test per l’utilizzo del colore.
  • 1983-1994 “Fashion”. In questa serie risponde a quattro committenti: una proprietaria di negozi per la rivista Interviuew (rivista di cultura popolare) nel 1983 ;la boutique Dorothée bis per Vogue nel 1984; harper’s Bazar nel 1993 e la casa di moda giapponese Comme des garçcos nel 1994.

In contrapposizione alla stampa specializzata di moda Cindy Sherman produce immagini disturbanti e talvolta morbose dove il simbolo dell’oggetto del desiderio (la modella) incarna la donna artificiale al massimo grado. Untitled 137 Untitled 123

  • 1985 "Fairy Tales" - “Favole”. In queste foto introduce l’uso di protesi che rimandano sia al mondo dei giocattoli sia a quello della medicina. Queste opere sono state richieste dalla rivista “Vanity fair” che chiese di creare un servizio sulle favole e sulle paure che queste ultime sono capaci di generare. Untitled 130Untitled 153


  • 1986-89 “Disasters” - “Disastri”.Immagini che introducono nell’opera della Sherman il repertorio del grottesco.
  • 1986 “ History Portraits” - “Ritratti storici. Questa serie corrisponde ad una evoluzione di un percorso sempre basato sull’imitazione di ogni possibile linguaggio visuale, avendo - agli occhi della Sherman - tutti pari valore comunicativo. La serie è composta da 35 immagini, di cui tre legate a dipinti specifici: il “bacchino malato” del Caravaggio; la “Vergine di Melum” di Jean Fouquet e la “Fornarina” di Raffaello.Untitled 224
  • 1991 “Civil War” - “Guerra Civile”. Fotografie ispirate dagli orrori della guerra di indipendenza americana, costruite con protesi, manichini, bambole e dove il corpo è ridotto a frammenti di cadaveri in decomposizione sparsi al suolo. Untitled 240
  • 1992 “Sex Pictures”. Trucchi e artifici sono ancora più evidenti che nelle serie precedenti, con l’uso di protesi anatomiche e bambole da sex-shop assemblate in maniera provocante e assurda. Qui l’artista disgrega la figura, la donna è un puzzle di varie protesi, spesso è ridotta ai soli organi genitali. Sono immagini che rilevano una sessualità morbosa e subita con paura e orrore. Come nel porno è l’immaginazione dell’osservatore a creare la pornografia, supplendo alla mancanza dell’immagine, ricostruendo una storia dai dettagli forniti.Untitled 261


  • 1994-1996 “Horror and Surrealist Pictures”. Utilizzano ancora protesi e maschere al posto dei visi, mentre l’artista non appare sempre nell’immagine. Il fantastico e il sesso qui perdono ogni fascino e l’evocazione del piacere si cancella di fronte a quella del disgusto.
  • 1994-1996 “Masks” - “Maschere”. In questa serie la protagonista è la maschera che si presenta mutilata e insanguinata.Untitled 323


Cover of Cindy Sherman's film: Office Killer


  • 1997 “Office Killer”. Il film è diretto dalla fotografa Cindy Shernan ed è una farsa horror. Interpretata da Carol Kane il personaggio principale, una correttrice di bozze introversa e dedita al suo lavoro, è la vittima degli abusi e dell’indifferenza dei suoi colleghi. Dopo aver involontariamente ucciso un odioso collega, la protagonista scopre il piacere di uccidere. Mentre miete nuove vittime, trova modi sempre più fantasiosi di disporre dei loro resti. Così la giornalista prima uccide i suoi colleghi e dopo, con i loro corpi, costruisce nel suo appartamento un quadro di cadaveri. Cindy Sherman dichiara: “Dato che avevo l'occasione incredibile non soltanto di dirigere un film, ma anche di inventarne l'intreccio, ciò significava che dovevo decidere sul "tipo" di trama horror che volevo. All'inizio l'impresa mi spaventava, non solo per l'enorme varietà che esiste all'interno di quel genere, ma anche per la mia resistenza nei confronti della narrativa classica. Alla fine, ho optato per un tipo di horror più introverso, non dissimile in questo dal personaggio principale, che ho considerato come una controfigura di me stessa... Ciò che volevo ottenere era mostrare il piacere macabro che si può provare nel vedere un personaggio che fa un uso giocoso di pezzi di cadavere sparsi in giro. Quello fu il mio punto di partenza. Molti altri elementi andarono poi a comporre il risultato finale. Come nel resto del mio lavoro, anche Office Killer è ambiguo e mira a turbare lo spettatore."


  • 1999 “Broken Dolls”. Anche in queste illustrazioni sparisce la presenza umana: sono rappresentate le bambole amputate e poste in pose oscene.Untitled 342
  • 2000-2002 “Hollywood/Hampton Types”. Dei soggetti di questa serie l’artista afferma: ”I personaggi avrebbero dovuto rappresentare attori mancati o dimenticati (segretarie, casalinghe o giardinieri nella vita reale) che posano per una foto che dovrebbe servire a rilanciare il loro lavoro”.



Cover of Cindy Sherman's "Clowns"
  • 2003-2004 “Clowns”. Sherman è affascinata dalla persona che interpreta il clown, dal triste pagliaccio dietro il volto felice. Nell’intervista di Arthur Danto - “Cindy Sherman’s Unfolding Vision” - la fotografa parla di questa serie: “l’idea mi è venuta dopo un periodo in cui pensavo di non riuscire a fare più niente di artistico, è stato esattamente dopo l’11 Settembre che, dimenticata l’ironia non riesco a fare niente. Tu sai che quando fai arte su piccoli aspetti della società questi sembrano triviali quando ci sono cose molto più importanti nel mondo. Quindi mi interrogavo sulla rilevanza di fare qualcosa. Alcuni miei amici dicevano che quello era proprio il momento migliore di fare arte, per dimenticare la tristezza, o perché il mondo ha bisogno di vedere cose belle e rassicuranti come sai fare tu. E allora ho pensato di fare qualcosa che desse lo spettro di quelle conflittuali emozioni che stavo sentendo e avevo voluto manifestare. Sentii che i Clowns avrebbero rappresentato questo vocabolario illimitato e anche una sfida per così tanti livelli di emozioni. Non solo l’ironia e lo humor ma la tragedia e la pregnanza.”(tratto da www.ipertesi.utl.it)


Cover of Cindy Sherman's "A Play of Selves"



  • 2007 A Play of Selves. E' un volume che presenta una selezione delle fotografie del primo periodo dell’artista (seconda metà degli anni 70). E’ un racconto visivo di una giovane donna travolta da vari alter ego che competono all’interno di lei. I 72 collage fotografici, ottenuti ritagliando le centinaia di foto in bianco e nero che la Sherman si era scattata durante i vari travestimenti, rappresentano 16 diversi caratteri. I collage sono presentati suddivisi in quattro parti, come parti di una commedia, accompagnate da testi scritti a mano. La prefazione del libro è della stessa Cindy Sherman.




Nel 1994 esce “Nobody’s Here But Me” un documentario su Cindy Sherman ( Produzione Art Council of England GB ’55). E’ un contributo singolare perché Cindy, pur preferendo lavorare da sola, per questo documentario ha collaborato con la troupe della produzione facendola accedere alla sua opera. In una lunga intervista Cindy parla della varie fasi del suo lavoro, illustrando i significati che ha inteso dare alle sue foto e le fonti di ispirazione che ha usato per crearle, spiegando la peculiarità dei suoi soggetti.

Cindy Sherman ha suscitato interesse di vari registi. Dopo il film del 1983“ Portrait of an artist at work: Cindy Sherman”, nel 1998 esce il film “Pecker” di John Water con Edward Furlong, Cristina Ricci e Cindy Sherman. Il film racconta di un ragazzo di periferia divenuto un famoso artista con le foto fatte alla famiglia. In questo film si ha la partecipazione straordinaria di Cindy Sherman nella parte di se stessa. Nel 2005 esce un nuovo film ispirato dalla fotografa americana intitolato “Cindy: the doll is mine” di Bertrand Bonello (giovane regista francese). Questo film è stato presentato fuori concorso al festival di Cannes ed ha come interprete principale Asia Argento voluta espressamente dal regista per il doppio ruolo della fotografa e della sua modella. (aspetto paradossale perché Sherman non ha mai ricorso ad alcuna modella). Il regista francese parte dalla serie Film Stills della Sherman per mettere in scena la propria riflessione sul confronto identitario tra fotografa e modella, regista e attrice.

Musei e collezioni pubbliche

Albright-Knox Art Gallery, Buffalo

Art Gallery of New South Wales, Sydney

Art Gallery of Ontario, Toronto

Art Institute of Chicago

Australian National Gallery, Canberra

Baltimore Museum of Art

Carnegie Museum of Art, Pittsburgh

Centre Georges Pompidou, Paris

Centro de Arte Reina Sofia, Madrid

Corcoran Gallery of Art, Washington D.C.

Dallas Museum of Fine Arts

Des Moines Art Center

Hamburger Bahnhof Museum fur Gegenwart, Berlin

Israeli Museum, Jerusalem

Kunsthaus, Zurich

Kunsthalle Hamburg, Germany

Kunstmuseum Wolfsburg, Germany

Los Angeles County Museum of Art

Louisiana Museum, Humlebaek, Denmark

Metropolitan Museum of Art, New York

Moderna Museet, Stockholm

Modern Art Museum of Fort Worth, Texas


Bibliografia

  • 2001 Fotografia del XX Secolo Museum Ludwig Colonia, Icons Taschen
  • 2002 Arte Ogg, Burkhard Riemshneider/Uta Grosenick; Icons Tashen
  • 2003 L’Arte del Secolo, Movimenti, teorie, scuole e tendenze 1900-2000, Loredana Parmesani; Skira Editore
  • 2007 Cindy Sherman, Francesco Stocchi; Electa Editori


Webliografia

La prima foto è tratta da: Sito www.zena.nu

http://www.cindysherman.com/

http://www.tate.org.uk/magazine/issue5/sherman.htm

http://www.scuolaholden.it/magazine/lezioni/contenuto.aspx?ID=4&ls=Lezioni&Return=http://www.scuolaholden.it/magazine/lezioni/Default.aspx?ls=Lezioni#1

http://www.informatissimafotografia.it/phgallery/gall115/gallery115003.htm

http://www.artnet.com/Artists/ArtistHomePage.aspx?artist_id=15454&page_tab=Artworks_for_sale

http://art-forum.org/z_Sherman/Frames.htm

http://it.youtube.com/watch?v=j_PSsJZK1wg

http://it.youtube.com/watch?v=71wlOMX35FY&feature=related

http://www.moma.org/exhibitions/1997/sherman/untitled06.html

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/arte/grubrica.asp?ID_blog=62&ID_articolo=244&ID_sezione=120&sezione=

http://www.cassero.it/show.php?345

http://www.luxflux.net/carla/sherm.htm

http://caramellafucsia.splinder.com

http://www.bta.it/txt/a0/01/bta00199.html

http://www.temple.edu/photo/photographers/cindy/sherman.htm

http://moma.org/exhibitions/1997/sherman/index.html

http://www.cultframe.com/default.asp?content=%2F26%2F29%2F2995%2Figmarte%2Easp%3F