Textz.com

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"textz.com" di Arns Inke Walser.php e Makewalser.php ad opera del Progetto Gnutenberg textz.com, è una forma di software letterario politico o, più specificatamente, di un software attivista contro i diritti d’autore, sviluppatosi come reazione a uno dei più grandi scandali della letteratura in Germania dal 1945. Il nome del file walser.php non è solo una referenza ironica a walser.pdf, una versione elettronica del discusso romanzo di Martin Walser trasmesso per posta elettronica dalla casa editrice Suhrkamp e ritirato in seguito. Si tratta di uno scritto di Perl che prende 10.000 righe del codice base e usa un interprete Perl per generare una versione di testo ACSII dell’opera di Martin Walser, Tod eines Kritikers (Morte di una Critica). Se da un lato il codice base php non contiene il romanzo in una forma visibile o leggibile e può quindi essere liberamente distribuito e modificato sotto la Licenza Pubblica Generale GNU, questo può essere però solo eseguito con un permesso scritto da parte della Suhrkamp. Mentre l’esperimento di Espenschied e Freude riguardo alla filtrazione e alla censura dei contenuti di Internet evidenzia il potenziale praticamente infinito del software di controllare (ed essere controllato), walser.php offre una soluzione pratica con cui affrontare le restrizioni commerciali, in particolare quelle che cercano di ostacolare la libertà di informazione attraverso i sistemi di gestione dei diritti digitali (DRM). Se da una parte insert_coin crea una rappresentazione utopica temporanea della realtà manipolando il software, textz.com sviluppa con walser.php delle vere contromisure nella forma del software di tipo utopistico. Questi progetti sono generativi nel vero e proprio senso della parola. Cionostante, né insert_coin, né walser.php si adattano perfettamente alle definizioni di generative art, in quanto vengono correntemente utilizzati nel campo del design. Philip Galanter è sicuramente tra gli artisti della generative art più prolifici in questo momento, definisce la generative art come un processo che contribuisce alla creazione di un’opera d’arte completa. Celestino Soddu, direttore del laboratorio di design generativo al Politecnico di Milano, l’Università tecnica di Milano e l’organizzatore delle conferenze internazionali della Generative Art, descrive anche la generative art come uno strumento che permette all’artista o al designer di sintetizzare «una serie di eventi in continuo cambiamento e imprevedibili: immagini, oggetti industriali, architetture, opere musicali, ambienti e comunicazioni». L’artista potrebbe quindi produrre modifiche inaspettate durante lo sviluppo di un progetto per gestire la complessità in aumento dell’oggetto contemporaneo, dello spazio e del messaggio. Infine, anche il sito web Codemuse, definisce la generative art come un processo con parametri che l’artista dovrebbe provare fino a quando i risultati finali siano esteticamente piacevoli e/o in qualche modo sorprendenti. La generative art, il generative design, come mostrano queste citazioni, guardano principalmente ai risultati prodotti dai processi generativi. Coinvolgono il software in qualità di strumento pragmatico e generativo o supporto con cui raggiungere un certo risultato (artistico) senza bisogno di richiederlo allo stesso software. I processi generativi controllati dal software sono usati principalmente per evitare ogni fatto intenzionale e produrre l’inaspettato, l’arbitrario e la diversità continua. Sia il n_Gen Design Machine, l’entrata di Move Design al Festival 2003 Read_Me di Helsinki e la net.art Generator di Cornelia Sollfrank, che ha rigenerato la net art in un attimo a partire dal 1999, sono dei commenti ironici su quello che viene spesso confuso con il generative design. Insert_coin e walser.php vanno oltre queste definizioni di generative art e generative design, per quanto, paragonate al generative design che è più orientato al risultato (e anche paragonato a molte installazioni interattive degli anni ’90 che riducevano il software a scatole nere), sono più interessate ai processi codificati che generano risultati particolari o interfacce. Il loro interesse non si focalizza sul design, ma sull’uso del software e del codice come cultura, e di come la cultura venga realizzata con il software. A questo scopo, sviluppano il software sperimentale, un’opera autonoma (o processo) che si occupa del significato tecnologico, culturale e sociale del software e non soltanto in virtù della sua capienza come strumento con cui si generano le interfacce arbitrarie. Inoltre, gli autori del software sperimentale si preoccupano piuttosto della soggettività artistica, come mostra il loro uso di diversi linguaggi riservati e meno di quella che mostra la creatività meccanica e i metodi impiegati per formarla. Il codice può essere segreto, poetico, oscuro, ironico o disgregativo, non più valido o impossibile, può simulare o mascherare, possiede retorica e stile, può tenere un certo comportamento, come si legge dalla definizione enfatica del Transmediale 2001 dei membri della giuria tra cui Florian Cramer.

tradotto da testo di Arns Inke