The Chelsea Girls

Tratto da EduEDA
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Generi e Movimenti:

The Chelsea Girls

Poetica:

“Per tutta l’estate filmammo le brevi sequenze in interno che in seguito avrebbero fatto parte di Chelsea Girls, utilizzando tutta la gente che frequentavamo. Molti abitavano al Chelsea hotel, per cui ci trascorrevamo molto tempo lì. Mi venne l’idea di unificare vari frammenti delle vite di queste persone collegandoli come se vivessero in stanze diverse dello stesso hotel. Non girammo tutte le sequenze al Chelsea in realtà: alcune le girammo dove abitano i Velvet, altre negli appartamenti degli altri amici, e altre ancora alla Factory, l’idea però era quella che tutti i personaggi frequentavano lo stesso giro ed avrebbero potuto abitare nello stesso hotel. Tutti facevano quello che avevano sempre fatto, ne più ne meno, e continuavano a essere se stessi davanti alla machina da presa.


Visto lo scarso entusiasmo iniziale, i vari episodi furono filmati abbastanza rapidamente da Andy, che era noto per essere eufemisticamente poco loquace, e gli attori si ritrovarono praticamente senza direzione, copione e suggerimenti per cui più o meno inventarono ed improvvisarono cosa fare nella mezz’ora dedicata ad ogni singolo episodio. La prima del film fu al Regency di Broadway con la partecipazione di molta ed inusitata mondanità. Seguirono altre proiezioni ed il film fu anche invitato al Festival di Cannes nel 1966. Mekas ne fu soddisfattissimo e col trionfalismo di un Victor Hugo decretò che l’epico evento, nel complesso delle situazioni che vi si narravano, era paragonabile solo a Joyce. Il film è composto da dodici episodi, che potrebbero essere anche cento, essendo ognuno apparentemente privo di storia. La decisione di Warhol di proiettare il film su doppio schermo è già uno dei primi motivi che rendono comprensibile l’unicità di The Chelsea Girls. Warhol unisce e separa immagini di vita quotidiana, situazioni di sordido erotismo, di totale e masturbatorio autoerotismo e narcisismo, alterna il bianco e nero con sofisticati e psichedelici effetti di luce coloratissimi in un arcobaleno di geometrie allucinate. L’effetto è di un’immagine continuamente composta e scomposta. Il mormorio delle parole, a volte sommesse a volte urlate, si contrappone al sottile fascino del silenzio totale dello schermo muto. Il risultato è una lunga sinfonia di suoni ed immagini in cui si alternano le sensazioni, le emozioni o anche il disagio, la repulsione, la sgradevolezza, persino il rifiuto. Qualcuno sicuramente lo troverà anche piuttosto scioccante, esplosivo.

Ci sono indubbiamente molto erotismo ed autoerotismo, sadomasochismo ed omosessualità. Molte siringhe. Molta eroina ed anfetamine.


The Chelsea Girls impegna lo spettatore, lo impegna in uno strano modo, giocando quasi al limite della noia ma, allo stesso tempo, con una totale negazione della convenzionalità. Il risultato che ne deriva è una sorta di esercizio alla percezione, quasi un training autogeno, come si dice ora, e come consigliano le filosofie orientali. Uno dei punti di forza del film sta, a mio parere, proprio nella straordinaria personalità e magnetismo degli interpreti che, senza aiuto di sceneggiatura e in pratica senza direzione artistica, portano sullo schermo il coraggio e la disperazione della loro stessa vita. Uno degli attori della Factory, Taylor Mead, descrive con queste parole l’esperienza di recitare senza alcuna direzione: «Un mélange molto umano, improvvisato in maniera pazzescamente vera, superspontaneo. Warhol è così diffidente dietro la cinepresa e così furiosamente silenzioso che uno ci si tuffa come se ti stesse ad ascoltare uno psicanalista che stai strapagando». Tutti dimostrano una grande naturalezza nell’interminabile mezz’ora che devono riempire con la loro non-recitazione. Ma è Ondine a fare la parte del leone, con quel suo rude e tipico accento del Bronx, mentre teorizza improbabili argomentazioni sul Papa. Urla e si dispera riempiendosi di droga, disegna con questa performance un’immagine inquietante ed emblematica, forse la più significativa di un gruppo già sufficientemente disperato.


In Chelsea Girls c’è tutto l’universo di Warhol. I divi e le dive della Factory, i suoi amici di sempre, le icone che hanno reso il suo immaginario così vivido e continuano a farlo vivere ancora oggi che non esiste più. In Chelsea Girls è racchiuso tutto lo di Warhol, basato su due punti di forza: il piano-sequenza e la presenza di un corpo che si impone per il suo essere hic et nunc, per il suo riverberarsi oltre l’immagine che lo contiene e al di là di qualsiasi possibile forma o negazione di essa. Un altro elemento chiave del film è l’improvvisazione a partire da una minima traccia narrativa, che raggiunge in alcuni punti un grado di sublime drammaturgia.


Chelsea Girls è la massima esemplificazione del rapporto tra corpo e verbo, immagine e parola, gesto e rumore, così centrale per comprendere il mondo di Warhol.


Webliografia:

http://www.warhol.org/ http://www.rarovideo.com