The art of high technology: a conversation with the curators of three exhibitions that explore art and technology: differenze tra le versioni

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San Francisco Art Institute
 
San Francisco Art Institute
  
Gallery Exhibition: February 7 ‚ April 1, 2001
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Gallery Exhibition: February 7‚ April 1, 2001
  
 
Online Exhibition: http://www.telematic.walkerart.org
 
Online Exhibition: http://www.telematic.walkerart.org

Revisione 15:35, 2 Gen 2006

Autore: Dietz Steve

Tratto da: SFAI

Titolo Originale: The Art of High Technlogy

Traduzione di: Alice Tambellini

Anno: 2001


L’Arte dell’Alta Tecnologia: una conversazione con i curatori di tre esibizioni che esplorano arte e tecnologia.

Non occorre andare tanto indietro nel nuovo millennio prima che il mondo dell’arte prenda maggiormente in considerazione l’alta tecnologia. A Febbraio e Marzo di quest’anno, tre importanti esibizioni dedicate all’implicazione della tecnologia digitale potrebbero rompere pregiudizi paradigmatici contro forme e soggetti plugged-in. Le esibizioni, Telematic Connections: The Virtual Embrace, che ha debuttato al San Francisco Art Institute per poi spostarsi, Art in Technological Times al San Francisco Museum of Modern Art's 010101 e BitStreams al Whitney Museum of American Art, impiegano ciascuna un punto di vista molto diverso dei propri soggetti ma, il fatto che appaiano simultaneamente, suggerisce una comune base culturale. Quella che segue è una conversazione online con i curatori coinvolti con queste tre esibizioni concomitanti. [ed., SFAI, Feb. 2001]


Steve Dietz è direttore del New Media Initiatives al Walker Art Center di Minneapolis e curatore di Telematic Connections, Lawrence Rinder è il curatore di arte contemporanea di Whitney's Anne & Joel Ehrenkranz e uno dei curatori di BitStreams, e Benjamin Weil, curatore di arti mediali dello SFMOMA, è uno dei sei interdisciplinari curatori di 010101. La conversazione è tenuta dallo scrittore della Bay Area Glen Helfand. (Per le date delle esibizioni e gli URL vedere la fine del documento http://telematic.walkerart.org/overview/overview_conversation.html.)


Glen Helfand: Sembra che sia un momento cruciale, adesso che le maggiori istituzioni stanno dando il loro timbro di approvazione all’arte legata al digitale e a varie forme di alta tecnologia, accogliendole nelle principali gallerie anziché relegarle negli angoli riservati ai nuovi media. Anche la Sua esibizione dimostra la realizzazione del mondo dell’arte che, lavori legati alla tecnologia, non esistono solamente sullo schermo del computer ma possono funzionare anche nello spazio reale. Quali sono stati gli sviluppi e i progetti che hanno costituito il lavoro di fondo per quest’idea? Come posizionerebbe la Sua esibizione storicamente?



Una di queste intersezioni per Telematic Connections è precisamente un’installazione fisica per la quale la rete di comunicazioni globali è una componente cruciale. Una delle cose che ho scoperto nella ricerca di Telematics Timeline, che è intesa come un contesto open-source per le opere dell’esibizione -chiunque può aggiungere il proprio esempio- è che c’è un’articolata, se non ben nota storia di opere ed eventi simili.




Benjamin Weil: Riguardo la storia, tendo a pensare che ci siano due direzioni che hanno deciso il processo formativo di 010101. Quello che dico -non posso parlare per i miei colleghi- riflette solo quella che è la mia posizione. C’è un consenso che abbiamo ottenuto con questa esibizione che, sono contento di dirlo, è il risultato di interessi condivisi. Direi che c’è stato un approccio formalista e uno più concettuale. Fino a un certo punto, quello che mi interessava dell’approccio formale, era come le nozioni di pittura, o scultura, potevano essere applicate non solo con materiali tradizionali (ad esempio olio o acrilico, o altro) su una superficie piatta che possiamo chiamare tela, ma anche nel regno digitale. E’ abbastanza interessante che qualcuno abbia comparato Fee di Mark Napier a un generatore di dipinti astratti espressionisti! Questo denota il nostro interesse a legare con il passato, anche se al tempo stesso, questo può apparire come una comparazione forzata. In realtà, il lavoro di Mark Napier è più legato all’arte concettuale che non a idee o approcci formalisti all’arte! Comunque, penso che quest’idea di legare con le prime forme d’arte sia importante, perchè 010101 non è uno spettacolo tecnologico (non credo che nessuna delle tre esibizioni a cui ci stiamo riferendo lo sia, o almeno, lo spero). Perciò è essenziale giustapporre il lavoro di artisti realizzato con mezzi analogici e quello fatto con strumenti digitali, siano questi pennelli o scalpelli digitali o cose più basate sul software, più concettuali. Perché i limiti non sono facili da stabilire, c’è la fotografia, che sta in una via di mezzo, nel caso di qualcuno come Andreas Gursky [fotografo], che usa i computer per finire il suo lavoro. Il lavoro di Char Davies deve essere immersivo, è sulla superficie ma anche sulla voluttuosità, e trovo tutte queste caratteristiche molto pittoriche.


Penso che quello che è importante con 010101 sia che è un’esibizione che riconosce e raccoglie le formidabili sfide che le disseminate istituzioni culturali dovranno fronteggiare. I musei, per come li conosciamo, sono monumenti alla cultura, così come monumenti PER la cultura.Tuttavia l’attuale stato della cultura non è interessato ai monumenti. Era interessante vedere improvvisamente il dolcetto di Felix Gonzalez-Torres al MOMA in un esibizione con altri lavori d’arte prodotti in tempi diversi dall’era moderna. Il dolcetto in qualche modo riusciva ad evitare la consacrazione, facendolo risultare uno spazio di condivisione. Non so come esprimerlo meglio, ma ero veramente divertito per come questo ancora funzionasse, dieci anni dopo senza la sensazione di un membro. E’ diventato un lavoro pubblico e ancora oggi riesce a mantenere la sua qualità straordinaria. Quello che sto cercando di dire, è che c’è un tipo di arte che richiede un altro tipo di pratiche del museo, più presentazioni umili che in compenso rendano l’idea dell’arte più accessibile. Nel caso di 010101 (e credo anche delle altre due), stiamo cercando di capire cosa significhi per l’arte essere dissociata dalle qualità della sua materia. Questo è principalmente portato dal fatto che le attuali forme di arte non hanno un’esistenza formalmente definita. Con i media digitali, l’immediatezza dell’obsolescenza formale è messa ancora più crudamente in mostra. E può essere che sia importante guardare dentro l’aspetto delle cose, quando si inizia a capire cosa significa essere un museo, e cosa significa essere un curatore oggi.

Quello che è inoltre importante qui, è come prendere atto che ciò che importa è l’arte: non com’è fatta, o di cosa è fatta. Potremmo essere finalmente giunti al termine con il fatto che l’arte non deve essere necessariamente giustificata dalla bellezza del lavoro dell’uomo. Concetti avvincenti e idee ben espresse potrebbero essere un giusto livello di accettabilità per proposte artistiche! La tecnologia potrebbe aver constatato che sarà liberata dal dominio dell’arte istituzionale, come gli artisti stanno bramando fin da Duchamp -se non prima!



GH: Come è stato sviluppare e focalizzare la sua esibizione (e la sua rottura in sezioni tematiche) in un clima ampiamente inondato da discussioni iperboliche sulla tecnologia digitale e sul suo impatto economico e sociale? Quanto di questo fenomeno culturale è indirizzato all’interno della sua esibizione?


LR: Ho sviluppato BitStreams prima osservando quante più opere fatte con media digitali ho potuto.Sono subito divenuto consapevole che i media digitali sono diventati virtualmente onnipresenti nel campo dell’arte contemporanea. Quasi tutte le gallerie in cui sono stato hanno almeno uno, se non più, artisti che utilizzano media digitali in un certo grado nelle loro opere. Non solo giovani artisti che sono cresciuti nell’età digitale e per chi sembra essere di natura secondaria, ma anche artisti più anziani, affermati, che si sono dedicati a queste tecnologie per vari intenti. Allo scopo di chiarire il progetto, ho deciso che avrebbero dovuto esserci un duplice criterio per l’esibizione: a.) Le opere fatte utilizzando tecnologia digitale e b.) opere che tematicamente riflettessero sugli effetti del digitale o sull’esperienza della vita nell’era digitale. Non credo sarà vantaggioso categorizzare ulteriormente le opere incluse nell’esibizione; a quel punto potrebbero limitare artificialmente la lettura delle persone di quello che sono fenomenali lavori multi-dimensionali. Comunque, ho tentato di installare l’esibizione in modo tale che il rapporto tra i gruppi di opere possa diventare più evidente.






GH: Curiosamente, non c’è molto scambio tra gli artisti dell’esibizione, e c’è un numero di nomi giovani o meno conosciuti inclusi nelle liste. Chiaramente è un’arena molto attiva e vitale. Considerando le opere, che tipo di tendenze tematiche ed estetiche ha notato? Ha incontrato generi di opere che la hanno sorpreso?



Attraversiamo percorsi. E’ eccitante, significa che abbiamo un certo consenso; una serie comune di opinioni e interessi. Potremmo essere nel corso dell’articolazione di una trattazione critica più adeguata alle nuove forme d’arte… D’altra parte, dobbiamo avere approcci differenti. Credo, per quello che so, che le tre esibizioni di cui stiamo parlando sono ispirate da tre diverse interpretazioni, o meglio, da interessi complementari. Penso anche che sia importante ripetere che 010101, contrariamente alle altre due mostre, è curato da più di una persona, cinque curatori di vari dipartimenti che spaziano da pittura e scultura alle arti mediali, e da design e architettura all’educazione. Il nostro campo di interessi di conseguenza è molto ampio, e porta a nuove questioni, come il modo in cui definire l’arte come un’area specifica della ricerca culturale. Ho parlato di R&D [Ricerca & Sviluppo], che sembra irritare un po’ di persone.





Questo gruppo di artisti trae vantaggio specialmente dalle capacità uniche di Internet di trasportare flussi di dati da ogni angolo del mondo. Molti artisti utilizzano i media digitali come tappa intermedia nella creazione di opere finali che sono spesso fabbricate a mano usando metodi tradizionali del fare arte. Carl Fudge, ad esempio, sviluppa digitalmente la composizione delle proprie serie di stampe, Rhapsody Spray, ma realizza il pezzo finale con uno scrupoloso processo serigrafico. In modo simile, Robert Lazzarini, utilizza programmi di progettazione tridimensionale per creare la distorsione nei suoi teschi, ma le sculture sono meticolosamente modellate in solido osso. Mentre opere come queste ci ricordano come la nostra percezione di forma, colore, spazio e tempo sia stata trasformata dalla tecnologia digitale, un certo numero di artisti commenta l’esperienza della vita nell’era digitale.L’animazione in cinque canali di Jeremy Blake's, i LED eterei di Jim Campbell e il cimitero dei Mac antiquati sollevano tutti inquietanti emozioni legate alla nostra corsa verso un futuro cibernetico.


GH: Può indicarci qualche pezzo specifico che in maniera più succinta segua i temi nella Sua esibizione?


SD: No. Voglio augurarmi che ogni opera riesca a complicare e a sottrarsi alle dimensioni del mio punto avvantaggiato di curatore. Re: mote_corp@REALities di Tina LaPorta, forse, perchè è editato come un video lineare, è molto mirato sulle tematiche di distanza e (dis)connessione. Ma è importante provare la virtualità viscerale di questi progetti. Le piace?



Per tornare indietro alla questione della tendenza. Credo che questo ripeta la prima domanda che mi ha posto, Glen. La pittura, per esempio, non è più limitata alla tela. Per esemio, l’opera di un artista come Paul Pfeiffer,è ‚ a mio parere, molto più ispirata dalla pittura.

Quello che è più interessante nel caso di 010101 è come certe tendenze che non erano state evidenti anticipatamente emergano nella lista di controllo final. Prendiamo, per esempio, il caso delle immersioni, o esperienze immersive. Char Davies pone il suo lavoro in questo modo. In ogni caso, credo completamente che il lavoro di Miyajima ricada in questa categoria, e così quello di e di Brian Eno ... e altrettanto il lavoro di Decosterd & Rahm; nemmeno a menzionarla, l’opera di Jeremy Blake. Allora cos’è immersivo? Come un’opera cattura la nostra intelligenza, la nostra sensibilità? Come coinvolge il nostro corpo nell’esperienza di essa?


GH: Organizzando il progetto, ha considerato la necessità di sedurre o convincere gli spettatori più legati ai media convenzionali che l’opera è valida e/o bella? Crede che il pubblico sia abbastanza esperto -grazie all’uso quotidiano del computer per lavoro- per dare la giusta interpretazione alla battuta? Per certe opere dove la tecnologia è una questione integrale, quanto crede possa essere esplicitata nelle etichette sulle pareti?



E sono anche completamente fiducioso che molti, molti visitatori proveranno attivamente il coinvolgimento delle opere interattive, anche se, come ogni opera d’arte stimolante, richiederà un po’ di impegno per raggiungere la propria armonia con l’opera, così per dire.



LR: Non credo ci fosse bisogno di altro per rendere l’esibizione più seducente. Siccome lo è, le opere di BitStreams sono estremamente sensuali e anche un po’ fisiche. Penso che, le forme relativamente familiari di molte delle opere possano mettere il pubblico a suo agio e permettergli di apprezzare alcune delle più sottili trasformazioni che stanno prendendo campo delle opere prodotte digitalmente. Inoltre, siccome il ruolo della tecnologia digitale può non essere immediatamente evidente in alcuni pezzi, abbiamo deciso di produrre cartellini didattici per ogni artista, spiegando in termini semplici com’è stato fatto il suo lavoro.


GH: Da un punto di vista visivo, la Sua esibizione sarà una sfida all’esposizione tradizionale dei musei? Espande la nozione dell’esperienza artistica con un numero crescente di ambienti immersivi e progetti sonori? Che tipo di questioni solleva riguardo alle installazioni?


BW: Intrinsecamente, deve farlo. Ci sono molte questioni che sfidano fortemente il modo i cui le installazioni di un’esibizione prendono posto. Vengono sollevate questioni di accesso, etichettatura, presentazione, l’emissione del suono, il flusso di traffico, ecc. Chiedono un nuovo modo di pensare il nostro lavoro, e il modo in cui creiamo una percezione del museo è diventato uno spazio di sperimentazione. Di nuovo, non è per competere con tipi di attività più orientate alla comodità. Piuttosto, è possibilmente per riflettere su come poter incorporare la cultura vivente senza trasformarla immediatamente in qualcosa di inerte! Penso che i testi di pensiero siano una prova interessante, come lo sarà l’esperimento all’esibizione di design, portato avanti sia on-line che off-line, da una squadra di architetti che hanno fatto dichiarazioni molto ardite. Potrebbe essere percepito come il più ardito spostamento o potrebbe essere un fallimento totale. Ma il fatto è che abbiamo bisogno di provare a vedere come possiamo evolvere l’antisettico modello del cubo bianco, che è una costrittivo quanto lo furono le pareti di velluto e le esposizioni in vetrina del diciannovesimo secolo!


LR: Probabilmente la componente meno familiare di BitStreams, per un visitatore visitatore medio, sarà la presenza vasta e centrale dell’arte sonora. In questi ultimi anni, l’arte sonora è diventata un elemento chiave nella scena dell’arte contemporanea, sebbene generalmente non sia stata riconosciuta da musei e istituzioni. Gli artisti sonori, in particolare, sono stati tremendamente colpiti dalla tecnologia digitale. Così, la metà degli artisti in BitStreams lavora esclusivamente con il suono. I loro lavori sono selezionati dalla co-curatrice dell’esibizione Debra Singer e installati in spazi di ascolto appositamente progettati dalla grande solidità architettonica di New York, LOT/EK.


SD: Il primo museo ad utilizzare computer in un’esibizione è stato il Jewish Museum per il Software di Jack Burnham Software nel 1970. Una squadra di ingegneri DEC fu ingaggiata per installare un PDP -un computer di condivisione in tempo reale- per far girare alcuni lavori, come il Profilo del Visitatore di Hans Haacke e il Catalogo Interattivo di Ted Nelson. Non funzionava all’inaugurazione e apparentemente era spesso spento durante l’esibizione. In un certo senso, la presentazione di computer-art ha quasi sempre dovuto tentare di risolvere questi problemi. Dato che Telematic Connections si sposterà in altri luoghi, Independent Curators International (ICI -l’organizzatore dell’esibizione- ha impiegato molte energie nel creare un’infrastruttura che sia al tempo stesso robusta e portatile. Ma ha coinvolto intere nuove categorie di personale inadatte alle funzioni convenzionali dell’esibizione, come la segreteria o la preparazione.



GH: Ciascuna delle Sue esibizioni ha un relativo sito web e/o una sezione web del progetto. Come ha sviluppato quest’area? Come si differenzia dalle altre gallerie? L’opportunità di presentare una grande somma di informazioni contestuali -tentativi, progetti connessi, biografie, ecc.- non ha nessun impatto sul processo dei curatori? Crede le permetta di impegnarsi con un’idea più complessa di quella di una tradizionale esibizione in galleria?



LR: Il sito web di BitStreams è stato sviluppato da Nettmedia, una firma di web design nota per il lavoro con David Bowie e il Lilith Fair. Lo abbiamo visto come catalogo on-line che ci avrebbe permesso di presentare un tipo di informazioni a cui il nostro pubblico non avrebbe potuto accedere in una pubblicazione stampata. Abbiamo previsto di includere, per esempio, numerosi suoni e video clip, interviste con gli artisti, e link a siti collegati. Non volevamo riempire le gallerie con congegni educativi high-tech, così il sito web era un veicolo perfetto per questo tipo di materiali.


BW: Nell’ultimo paio di anni, il web è diventato parte integrante del nostro ambiente culturale, nel bene e nel male. Ha permeato una vasta parte della nostra vita quotidiana, e ha profondamente modificato il nostro rapporto con il tempo, i servizi, e ovviamente con il controllo e l’accesso alle informazioni. Suona come una cosa molto ovvia, giusto? In ogni caso, se riflettiamo sul modo in cui il mondo è cambiato nell’ultimo paio di anni, è innegabile che il contributo del web (e in generale il regno on-line) sia fenomenale.


Nella seconda parte ci sono i diversi livelli di informazione che possono essere applicati all’esperienza artistica.Credo sia importante chiarire che la premessa qui è al tempo stesso una proposta e un esperimento. Non possiamo trovare una soluzione. Piuttosto, indaghiamo in tempo reale. NON sulle affermazioni. Potrebbe essere legato a quello che era l’intento originale del museo di arte moderna. Entrando nel ventunesimo secolo, siamo di fronte a tutte queste questioni. Cos’è un museo di arte moderna? Come riflettiamo sull’evoluzione culturale? Come ci adattiamo al costante mutamento della natura della pratica dell’arte contemporanea? Ancora, credo che la volontà di fornire strumenti per l’interpretazione senza imporre un unico modo di vedere i lavori su display sia un aspetto molto importante e cosciente della strategia dei curatori di 010101. Sarà, speriamo, capita come tale. Una mappa, un’offerta di diverse traiettorie, una serie di informazioni e di livelli di interpretazione è quello che la nuova tecnologia ha favorito. Riuscirà anche, spero, a coinvolgere il pubblico in un nuovo gusto estetico.


010101: Art in Technological Times

San Francisco Museum of Modern Art

Online Exhibition: January 1, 2001

Gallery Exhibition: March 3 ‚ July 8, 2001

Catalog available

http://www.sfmoma.org/


BitStreams

Whitney Museum of American Art

Exhibition: March 22-June 10, 2001

http://www.whitney.org/


Telematic Connections: The Virtual Embrace

San Francisco Art Institute

Gallery Exhibition: February 7‚ April 1, 2001

Online Exhibition: http://www.telematic.walkerart.org

Catalog available

For information on tour dates for Telematic Connection: http://www.ici-exhibitions.org/