Towards an aesthetics of heterogenesis: differenze tra le versioni

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Dal 1992 [[Wodiczko Krzysztof|
  
 
Ciò può provocare conversazioni che daranno pubblico spazio alla comunicazione, inconsapevole, sul contesto e sull’origine culturale della vita dei migranti.  
 
Ciò può provocare conversazioni che daranno pubblico spazio alla comunicazione, inconsapevole, sul contesto e sull’origine culturale della vita dei migranti.  
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I media tattici, cui ci si riferiva prima, mostrano che  la dimensione della forza può essere capita  in senso produttivo e, piuttosto che definirli strutture omogeneizzanti e molarizzanti, possono essere impiegati dove una pratica critica artistica tratti delle forze inerenti alla tecnologia.
 
I media tattici, cui ci si riferiva prima, mostrano che  la dimensione della forza può essere capita  in senso produttivo e, piuttosto che definirli strutture omogeneizzanti e molarizzanti, possono essere impiegati dove una pratica critica artistica tratti delle forze inerenti alla tecnologia.
?, un’iniziativa dell’artista di formazione berlinese Erik Hobijn aveva pensato molto sulla mancanza di attenzione e la precaria invisibilità di molti degli aspetti tecnici del nostro ambiente quotidiano.  
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[[Parassitismo|Techno-?, un’iniziativa dell’artista di formazione berlinese [[Hobijn Erik|Erik Hobijn]] aveva pensato molto sulla mancanza di attenzione e la precaria invisibilità di molti degli aspetti tecnici del nostro ambiente quotidiano.  
 
Esempi classici di questo sono il sistema di illuminazione pubblica o della rete elettrica – chi si preoccuperebbe di una presa di una parete o di una lampada come invece facciamo, per esempio, per i modem dei computer?
 
Esempi classici di questo sono il sistema di illuminazione pubblica o della rete elettrica – chi si preoccuperebbe di una presa di una parete o di una lampada come invece facciamo, per esempio, per i modem dei computer?
 
L’ovvietà dei primi non è solo  dovuta al fatto che essi ci stanno attorno da più tempo, ma anche perché questi lavorano molto meglio e in modo più sicuro. I Techno Pparassite attaccano precisamente nel punto  in cui c’è una mancanza di vigilanza e diventano parassiti in questi apparati che sono diventati invisibili e che i Techno Parssite usano, scompigliano, e infine distruggono al fine di procreare e di rendersi più grandi, più forti e perfino più belli.
 
L’ovvietà dei primi non è solo  dovuta al fatto che essi ci stanno attorno da più tempo, ma anche perché questi lavorano molto meglio e in modo più sicuro. I Techno Pparassite attaccano precisamente nel punto  in cui c’è una mancanza di vigilanza e diventano parassiti in questi apparati che sono diventati invisibili e che i Techno Parssite usano, scompigliano, e infine distruggono al fine di procreare e di rendersi più grandi, più forti e perfino più belli.
 
Questo tipo di pratica artistica non si lascerà  paralizzare o intrappolare in correttezze formali, ma cerca di convogliare la forza dei dispositivi tecnologici verso se stessa. L’apparente ambivalenza etica diventa una necessità dove non può essere identificato una centro di potere, un sistema nemico, o una pratica politica corretta.  
 
Questo tipo di pratica artistica non si lascerà  paralizzare o intrappolare in correttezze formali, ma cerca di convogliare la forza dei dispositivi tecnologici verso se stessa. L’apparente ambivalenza etica diventa una necessità dove non può essere identificato una centro di potere, un sistema nemico, o una pratica politica corretta.  
 
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In riferimento all’analisi di MDA del filo [[Machinic Thomas Brandstetter]]
 
Nelle pratiche artistiche questo deve implicare, non adattarsi alle condizioni tecniche e stilistiche della tecnologia, ma leggere coscientemente le loro aggregazioni di potere e impiegare la loro forza contro la loro volontà.
 
Nelle pratiche artistiche questo deve implicare, non adattarsi alle condizioni tecniche e stilistiche della tecnologia, ma leggere coscientemente le loro aggregazioni di potere e impiegare la loro forza contro la loro volontà.
  
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Il loro lavoro mira a collegare in modo soft attori reali e virtuali. Invece di queste interfacce intuitive noi dovremmo lavorare verso lo sviluppo di interfacce controintuitive, interfacce che rendano visibili le differenze tra i sistemi contrastanti e le aprano all’esperienza umana.
 
Il loro lavoro mira a collegare in modo soft attori reali e virtuali. Invece di queste interfacce intuitive noi dovremmo lavorare verso lo sviluppo di interfacce controintuitive, interfacce che rendano visibili le differenze tra i sistemi contrastanti e le aprano all’esperienza umana.
  
 
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Il compito della pratica artistica non dovrebbe addolcire le rotture, ma evidenziare le fratture  e le rotture che tiene il considerazione il dispiegarsi  illimitato delle molteplicità, una pratica che tende verso ciò che [[Guattari Félix|Félix Guattari]]
 
Gli individui devono diventare nello stesso tempo più solidali e sempre più diversi. – Le pratiche multiple non dovrebbero solo essere omogeneizzate e interconnesse attraverso una qualche modalità di protezione trascendentale, ma esse dovrebbero essere sensibilmente condotte in un processo di generazione di dissimilarità.
 
Gli individui devono diventare nello stesso tempo più solidali e sempre più diversi. – Le pratiche multiple non dovrebbero solo essere omogeneizzate e interconnesse attraverso una qualche modalità di protezione trascendentale, ma esse dovrebbero essere sensibilmente condotte in un processo di generazione di dissimilarità.
 
I punti strategicamente importanti di intervento su questo si trovano nel concreto, nel corporeo, nel locale, mentre i buchi neri delle eterotopie,  il virtuale e transterritoriale contengono i punti di effettiva ed intensa soggettivazione.
 
I punti strategicamente importanti di intervento su questo si trovano nel concreto, nel corporeo, nel locale, mentre i buchi neri delle eterotopie,  il virtuale e transterritoriale contengono i punti di effettiva ed intensa soggettivazione.
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[[Jahrmann Margarete|Margarete Jahrmann]] usa questo concetto quando parla di una molteplicità di server su piccola scala che, data loro flessibilità e il potenziale generativo può portare a processi sinergici molto interessanti. Nel loro ultimo progetto, che si chiama Anonimous Muttering (1996), la KR analizza più direttamente gli effetti della granulazione.
 
Il materiale sonoro proveniente da diversi eventi DJ viene inserito in tempo reale in un circuito operativo dove questo materiale è granulato digitalmente.
 
Il materiale sonoro proveniente da diversi eventi DJ viene inserito in tempo reale in un circuito operativo dove questo materiale è granulato digitalmente.
 
Gli utenti singoli in speciali zone locali di spazi urbani pubblici, gli utenti in internet e le imprese di computer in rete, possono, con le loro rispettive interfacce (una membrana pieghevole al silicone; un’interfaccia shockwave sul WWW; algoritmi aleatori/casuali)  manipolare e trasformare l’output del materiale granulato. Il risultato può essere esperito in stazioni di suoni e luci nello spazio urbano come pure via internet (RealAudio), mentre diventa impossibile distinguere gli interventi di nessuno degli operativi. La granulazione qui significa non solo la  separazione digitale del materiale sonoro al fine di attivare i suoi potenziali di trasformazione acustica e visuale, ma anche la dissoluzione di atti individuali in un processo metaindividuale di azione.  Questo genere di lavoro collettivo che non distingue tra interventi ad opera di azioni umane o di apparati si dirige verso un’estetica machinic, che  non è principalmente interessata a lasciarsi dietro tracce di proprie dell’autore, ma che cerca di esplorare i principi machinic della produzione estetica.
 
Gli utenti singoli in speciali zone locali di spazi urbani pubblici, gli utenti in internet e le imprese di computer in rete, possono, con le loro rispettive interfacce (una membrana pieghevole al silicone; un’interfaccia shockwave sul WWW; algoritmi aleatori/casuali)  manipolare e trasformare l’output del materiale granulato. Il risultato può essere esperito in stazioni di suoni e luci nello spazio urbano come pure via internet (RealAudio), mentre diventa impossibile distinguere gli interventi di nessuno degli operativi. La granulazione qui significa non solo la  separazione digitale del materiale sonoro al fine di attivare i suoi potenziali di trasformazione acustica e visuale, ma anche la dissoluzione di atti individuali in un processo metaindividuale di azione.  Questo genere di lavoro collettivo che non distingue tra interventi ad opera di azioni umane o di apparati si dirige verso un’estetica machinic, che  non è principalmente interessata a lasciarsi dietro tracce di proprie dell’autore, ma che cerca di esplorare i principi machinic della produzione estetica.
  
 
'''Estetica delle Macchine – estetica del machinic'''
 
'''Estetica delle Macchine – estetica del machinic'''
Il fascino del machinic e la sua elaborazione artistica del tardo XX secolo può essere facilmente fatta risalire, come Mark Dery ha recentemente ancora un volta evidenziato, ai predecessori storici sin dal  XVII – XXVIII secolo. Anche allora la potenziale autonomia del machinic era stata creata dagli ingegneri umani, che fecero la più forte, se non sublime impressione sui contemporanei. La tecnologia informatica moderna spinge questo fenomeno un po’ più in là eseguendo processi che sono virtualmente incomprensibili sia per la loro velocità che per la loro complessità.
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Il fascino del machinic e la sua elaborazione artistica del tardo XX secolo può essere facilmente fatta risalire, come [[Dery Mark|Mark Dery]] ha recentemente ancora un volta evidenziato, ai predecessori storici sin dal  XVII – XXVIII secolo. Anche allora la potenziale autonomia del machinic era stata creata dagli ingegneri umani, che fecero la più forte, se non sublime impressione sui contemporanei. La tecnologia informatica moderna spinge questo fenomeno un po’ più in là eseguendo processi che sono virtualmente incomprensibili sia per la loro velocità che per la loro complessità.
L’irritazione è anche causata dal fatto che, come Friedrich Kittler ha rimarcato, la rete non consiste effettivamente di umani che comunicano via computer, ma essa è costituita da computer che comunicano con computer, macchine che sono permanentemente on line e che si inviano pacchetti di programmi, processi di ottimizzazione sia che gli umani ne siano coinvolti o no.  
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L’irritazione è anche causata dal fatto che, come [[Kittler Friedrich|Friedrich Kittler]] ha rimarcato, la rete non consiste effettivamente di umani che comunicano via computer, ma essa è costituita da computer che comunicano con computer, macchine che sono permanentemente on line e che si inviano pacchetti di programmi, processi di ottimizzazione sia che gli umani ne siano coinvolti o no.  
  
 
L’estetica del machinic che sta attualmente prendendo forma è, comunque, non solo basata sulle qualità estetiche dell’azione più o meno indipendente delle macchine, intese come hardware.
 
L’estetica del machinic che sta attualmente prendendo forma è, comunque, non solo basata sulle qualità estetiche dell’azione più o meno indipendente delle macchine, intese come hardware.
 
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Le macchine possono essere intese in un altro senso più concettuale, come apparati che aggregano e trasformano forze. Guattari e [[Deleuze Gilles|Deleuze]]
  
  
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Questa interpretazione non significa un abbraccio privo di critica del machinic come principio estetico. Invece trattare il machinic in questo modo mette a confronto la sua ambivalenza e porta a rendere visibile i suoi ordini territoriali spargendoli e trasformandoli.
 
Questa interpretazione non significa un abbraccio privo di critica del machinic come principio estetico. Invece trattare il machinic in questo modo mette a confronto la sua ambivalenza e porta a rendere visibile i suoi ordini territoriali spargendoli e trasformandoli.
  
Potrebbe infatti essere possibile che la questione del potere possa realmente solo essere posta produttivamente in relazione a queste formazioni del machinic. Foucault fece, con successo, il tentativo di descrivere il potere come una forza produttiva e dimostrare che la soggettivizzazione non è l’opposto, ma un prodotto di dispositivi di potere. Noi probabilmente abbiamo bisogno di elaborare ulteriormente questo pensiero al fine di diventare capaci di sviluppare un’analisi del funzionamento del potere in ambienti non lineari. Che cosa significherebbe imparare a descrivere il potere come una linea di forza nel filo machinico, come una linea multipla di forza che passa attraverso un aggregato socio-tecnologico? E che come apparirebbe una critica di aggregati specifici che non si focalizza su particolari temi, fatti o prodotti sensibili, ma su queste linee di forza machinica? Se questo è un modello utile per pensare al potere mediale, potrebbe anche  rendere possibile sviluppare da ciò un’analisi dell’impiego tattico di knowbots e di altri agenti machinici.
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Potrebbe infatti essere possibile che la questione del potere possa realmente solo essere posta produttivamente in relazione a queste formazioni del machinic. [[Foucault Michel|Foucault]] fece, con successo, il tentativo di descrivere il potere come una forza produttiva e dimostrare che la soggettivizzazione non è l’opposto, ma un prodotto di dispositivi di potere. Noi probabilmente abbiamo bisogno di elaborare ulteriormente questo pensiero al fine di diventare capaci di sviluppare un’analisi del funzionamento del potere in ambienti non lineari. Che cosa significherebbe imparare a descrivere il potere come una linea di forza nel filo machinico, come una linea multipla di forza che passa attraverso un aggregato socio-tecnologico? E che come apparirebbe una critica di aggregati specifici che non si focalizza su particolari temi, fatti o prodotti sensibili, ma su queste linee di forza machinica? Se questo è un modello utile per pensare al potere mediale, potrebbe anche  rendere possibile sviluppare da ciò un’analisi dell’impiego tattico di knowbots e di altri agenti machinici.
  
  

Revisione 22:16, 9 Feb 2006

Autore: Broeckmann Andreas

Tratto da: http://www.v2.nl/~andreas/texts/1996/aestheticsofheterogenesis.html

Titolo Originale: Towards an Aesthetics of Heterogenesis

Traduzione di:

Anno: 1996

Verso una Estetica dell’Eterogenesi

L’espressione “Media art

La media art deve considerare il tempo come un elemento costituente cruciale, necessariamente orientato al processo e mirato a scatenare eventi singolari e irreversibili. La potenziale flessibilità del lavoro con i materiali digitali offre inoltre la possibilità di interattività e il dissolvimento del confine tra artista e pubblico tra produttore e utilizzatore. Molto spesso attualmente gli artisti sono i (primi) utenti e gli utenti sono i veri produttori Ovviamente il temine media art non descrive una singola pratica, e non è neppure fondamentalmente separata dalle altre forme di arte. Eppure, simile all’architettura del XV e XVI secolo, all’arte grafica del XVII e XVIII secolo, o ai film e alla fotografia del XIX e XX secolo, la media art pone un certo numero di domande. Il che significa che potrebbe non essere necessaria la formulazione di una specifica estetica, ma che ci sono particolari condizioni di lavoro che hanno particolari effetti estetici. Il presente saggio riprende un argomento cominciato nel “Tactical Media/Media Ecology

Dal 1992 Krzysztof Wodiczko

Ciò può provocare conversazioni che daranno pubblico spazio alla comunicazione, inconsapevole, sul contesto e sull’origine culturale della vita dei migranti. Mediafilter, un sito Web messo on line per la prima volta dall’artista mediatico e politico Garrin Paul nell’inverno del 1994-95, combina una varietà di iniziative politiche e artistiche messe insieme in un ambiente condiviso. Un’enfasi viene posta su progetti che si occupano delle passate zone di guerra della ex-Jugoslavia, come lo Zamir-network che ancora fornisce una canale vitale di comunicazione con e tra gruppi per la pace e gruppi di opposizione nelle diverse repubbliche, o l’indipendente settimanale di Zagabria, arkzin, una delle poche voci critiche rimanenti nella regione i cui articoli sono stati resi disponibili in inglese su mediafilter. Paul Garrin è particolarmente interessato a tenere Internet aperta agli utenti indipendenti per consentire la massima libertà nella scelta dei protocolli e degli strumenti di crittatura


Il lavoro del gruppo situato a Colonia Knowbotic Research + cF spesso conducono alle complesse installazioni spaziali che funziona come interfacce tra il mondo del computer costituito da dati e il mondo dell’esperienza umana. Il progetto Dialogue With The Knowbotic South utilizza e trasforma dati sull’Antartide, uno spazio naturale del quale le persone hanno quasi esclusivamente esperienze mediate basate su dati astratti decodificati e ricodificati. Per merito di questa installazione, knowbots Un progetto più recente di KR+cF chiamato Anonymous Muttering sul quale tornerò più avanti, enfatizza l’aspetto della manipolabilità e dell’unione degli agenti umani e meccanici. Media tattici, come Shotgun TV, un gruppo austriaco Contained's mobile video weapon, come Mediafilter o l’Alien Staff, non operano ad un livello ampio o strategico, ma mirano a provocare eventi singolari, e creano turbolenze limitate in spazi pubblici e solo ad un livello secondario si collegano a strategie politiche più ampie. Come altro esempio possiamo guardare al lavoro dei net-workers della Viennese Silverserver dove gruppi come Mamax (Margarete Jahrmann and Max Moswitzer), Etoy e altri sviluppano un ambiente di rete pieno di attriti che si accordano con la dimensione tecnica e politica di Internet. La riduzione degli strumenti di controllo sulla rete e di sorveglianza digitale, il dirottamento dei dati di altre persone e la rilevazione di relazioni economiche non sono presentate tanto come una critica autoriflessiva, ma come un cordiale tipo di attivismo nella tradizione del Situazionismo.

Media/ Arte/ Pratica

La maggior parte di queste pratiche si basano su una tendenza quasi naturale del lavoro collettivo. Artisti nel senso più stretto del termine lavorano insieme ai programmatori, ai tecnici, ai disk-jockeys e amministratori, formando nuove collaborazioni che oltretutto favoriscono intenzionalmente un ampliamento delle reti di produttori. Per questi lavoratori dei media, diffusione e trasversalità sono categorie chiave operative, e la paternità non è una condizione necessaria del loro lavoro, anche se è ancora usata per ragioni pratiche, economiche o sistemiche. Non dobbiamo sottostimare il grado con cui invidia, fama, sesso, danaro e potere ancora giocano il loro ruolo, ma nell’area descritta della media art pratica, la paternità non è una condizione necessaria, ma un metodo, più o meni consciamente, scelto o rigettato.

Nello stesso tempo i discorsi sulle forme di reti emergenti sono meno orientate verso continui scambi come li si conosce dai periodici accademici, piuttosto assomigliano a veloci impegnate conversazioni in bar o locali.

In questo ambiente discorsivo è divenuto virtualmente impossibile rivendicare un diritto sulla proprietà delle idee, una questione tutt’altro che priva di problemi per gli intellettuali e per le categorie editoriali. I luoghi sociali della pratica della media art situati da qualche parte nella penombra tra gallerie, rete, strade, case private, e luoghi in cui si svolgono festival, rimangono precari e spesso contraddittori, forse perché, più che le forme d’arte moderna, l’attuale media art si lega alle contraddizioni non solo della sua stessa pratica, ma anche alle contraddizioni del suo ambiente sociale. In questo contesto è interessante notare i collegamenti diretti e indiretti che sono stati fatti con i precedenti storici, che sono, da una parte la posizione anti-artistica del Dadaismo e del Situazionismo, e dall’altra, le strategie ibride del Futurismo e del Costruttivismo che principalmente cercavano di minare la posizione di autonomia dell’arte.


Aggregazioni di potere

La critica a cui KR allude qui è basata su una questione fondamentale di tutta l’arte che usa mezzi ad alta tecnologia. Suppone che questa pratica utilizza un dispositivo industriale e tecnologico che può solo essere avvicinato criticamente dall’esterno. Una esteticizzazione della funzionalità tecnologica e il suo impiego in contesti artistici è considerata sia eticamente che politicamente inaccettabile. Questo tipo di criticismo è stato rigettato largamente come insufficiente e improduttivo. È indubbiamente importante per la questione della pratica media artistica come possa accordarsi con il potere politico e sociale che è aggregato negli apparati utilizzati.

Comunque, rifiutare qualsiasi bio- o altro esperimento tecnologico in modo sbrigativo ed insistere che si può solo trattare questi fenomeni contemporanei in un atteggiamento negativo, sembra essere una indiretta accettazione della sconfitta.


I media tattici, cui ci si riferiva prima, mostrano che la dimensione della forza può essere capita in senso produttivo e, piuttosto che definirli strutture omogeneizzanti e molarizzanti, possono essere impiegati dove una pratica critica artistica tratti delle forze inerenti alla tecnologia. Techno-parassitesErik Hobijn aveva pensato molto sulla mancanza di attenzione e la precaria invisibilità di molti degli aspetti tecnici del nostro ambiente quotidiano. Esempi classici di questo sono il sistema di illuminazione pubblica o della rete elettrica – chi si preoccuperebbe di una presa di una parete o di una lampada come invece facciamo, per esempio, per i modem dei computer? L’ovvietà dei primi non è solo dovuta al fatto che essi ci stanno attorno da più tempo, ma anche perché questi lavorano molto meglio e in modo più sicuro. I Techno Pparassite attaccano precisamente nel punto in cui c’è una mancanza di vigilanza e diventano parassiti in questi apparati che sono diventati invisibili e che i Techno Parssite usano, scompigliano, e infine distruggono al fine di procreare e di rendersi più grandi, più forti e perfino più belli. Questo tipo di pratica artistica non si lascerà paralizzare o intrappolare in correttezze formali, ma cerca di convogliare la forza dei dispositivi tecnologici verso se stessa. L’apparente ambivalenza etica diventa una necessità dove non può essere identificato una centro di potere, un sistema nemico, o una pratica politica corretta. In riferimento all’analisi di MDA del filo Machinic Thomas Brandstetter Nelle pratiche artistiche questo deve implicare, non adattarsi alle condizioni tecniche e stilistiche della tecnologia, ma leggere coscientemente le loro aggregazioni di potere e impiegare la loro forza contro la loro volontà.

La ricerca commerciale e semi-commerciale e gli istituti di sviluppo amano parlare della necessità dello sviluppo di interfacce intuitive tra l’uomo e la macchina, tra la realtà fisica e virtuale. Il loro lavoro mira a collegare in modo soft attori reali e virtuali. Invece di queste interfacce intuitive noi dovremmo lavorare verso lo sviluppo di interfacce controintuitive, interfacce che rendano visibili le differenze tra i sistemi contrastanti e le aprano all’esperienza umana.

Il compito della pratica artistica non dovrebbe addolcire le rotture, ma evidenziare le fratture e le rotture che tiene il considerazione il dispiegarsi illimitato delle molteplicità, una pratica che tende verso ciò che Félix Guattari Gli individui devono diventare nello stesso tempo più solidali e sempre più diversi. – Le pratiche multiple non dovrebbero solo essere omogeneizzate e interconnesse attraverso una qualche modalità di protezione trascendentale, ma esse dovrebbero essere sensibilmente condotte in un processo di generazione di dissimilarità. I punti strategicamente importanti di intervento su questo si trovano nel concreto, nel corporeo, nel locale, mentre i buchi neri delle eterotopie, il virtuale e transterritoriale contengono i punti di effettiva ed intensa soggettivazione. La virtualizzazione radicale priva l’arte di effetti, mentre la tensione creata dalla contemporaneità di topos/heterotopos, identità/non identità, virtualità/concretezza, ri-/de-/territorializzazione spingono i flussi in nuove turbolenze.


Margarete Jahrmann usa questo concetto quando parla di una molteplicità di server su piccola scala che, data loro flessibilità e il potenziale generativo può portare a processi sinergici molto interessanti. Nel loro ultimo progetto, che si chiama Anonimous Muttering (1996), la KR analizza più direttamente gli effetti della granulazione. Il materiale sonoro proveniente da diversi eventi DJ viene inserito in tempo reale in un circuito operativo dove questo materiale è granulato digitalmente. Gli utenti singoli in speciali zone locali di spazi urbani pubblici, gli utenti in internet e le imprese di computer in rete, possono, con le loro rispettive interfacce (una membrana pieghevole al silicone; un’interfaccia shockwave sul WWW; algoritmi aleatori/casuali) manipolare e trasformare l’output del materiale granulato. Il risultato può essere esperito in stazioni di suoni e luci nello spazio urbano come pure via internet (RealAudio), mentre diventa impossibile distinguere gli interventi di nessuno degli operativi. La granulazione qui significa non solo la separazione digitale del materiale sonoro al fine di attivare i suoi potenziali di trasformazione acustica e visuale, ma anche la dissoluzione di atti individuali in un processo metaindividuale di azione. Questo genere di lavoro collettivo che non distingue tra interventi ad opera di azioni umane o di apparati si dirige verso un’estetica machinic, che non è principalmente interessata a lasciarsi dietro tracce di proprie dell’autore, ma che cerca di esplorare i principi machinic della produzione estetica.

Estetica delle Macchine – estetica del machinic Il fascino del machinic e la sua elaborazione artistica del tardo XX secolo può essere facilmente fatta risalire, come Mark Dery ha recentemente ancora un volta evidenziato, ai predecessori storici sin dal XVII – XXVIII secolo. Anche allora la potenziale autonomia del machinic era stata creata dagli ingegneri umani, che fecero la più forte, se non sublime impressione sui contemporanei. La tecnologia informatica moderna spinge questo fenomeno un po’ più in là eseguendo processi che sono virtualmente incomprensibili sia per la loro velocità che per la loro complessità. L’irritazione è anche causata dal fatto che, come Friedrich Kittler ha rimarcato, la rete non consiste effettivamente di umani che comunicano via computer, ma essa è costituita da computer che comunicano con computer, macchine che sono permanentemente on line e che si inviano pacchetti di programmi, processi di ottimizzazione sia che gli umani ne siano coinvolti o no.

L’estetica del machinic che sta attualmente prendendo forma è, comunque, non solo basata sulle qualità estetiche dell’azione più o meno indipendente delle macchine, intese come hardware. Le macchine possono essere intese in un altro senso più concettuale, come apparati che aggregano e trasformano forze. Guattari e Deleuze

“Una macchina organizza la topologia dei differenti flussi e traccia i meandri dei commutatori rizomatici. È un genere di attrazione che piega il mondo su se stesso [

Queste macchine realizzano e trasformano potenzialità e così circoscrivono i punti con i quali i vettori della eterogeneizzazione possono moltiplicarsi – o essere riterritorializzate, in formazioni solide molari. Le macchine non sono oggetti morti, ma hanno sempre uno strato, proto-soggettivo ed una tendenza verso la teleologia e quindi verso la riflessività, che le lega immediatamente ai processi di soggettivizzazione. (cf Guattari 1995, Lévy 1995, and Sengers 1996) Guattari 1995, Lévy 1995, and Sengers 1996)

Trattare l’estetica del machinic significa passare dal livello di fascino per l’hardware a livello dei movimenti, dei processi, delle dinamiche del cambiamento. Il potere e la bellezza dei Knowbots, come sono mostrati KR+cF non sono più giudicati per la loro funzione di portatori di una cultura di tecnologica specifica, ma aspetti del loro comportamento e della loro abilità di intervenire nei processi di trasformazione. Questa interpretazione non significa un abbraccio privo di critica del machinic come principio estetico. Invece trattare il machinic in questo modo mette a confronto la sua ambivalenza e porta a rendere visibile i suoi ordini territoriali spargendoli e trasformandoli.

Potrebbe infatti essere possibile che la questione del potere possa realmente solo essere posta produttivamente in relazione a queste formazioni del machinic. Foucault fece, con successo, il tentativo di descrivere il potere come una forza produttiva e dimostrare che la soggettivizzazione non è l’opposto, ma un prodotto di dispositivi di potere. Noi probabilmente abbiamo bisogno di elaborare ulteriormente questo pensiero al fine di diventare capaci di sviluppare un’analisi del funzionamento del potere in ambienti non lineari. Che cosa significherebbe imparare a descrivere il potere come una linea di forza nel filo machinico, come una linea multipla di forza che passa attraverso un aggregato socio-tecnologico? E che come apparirebbe una critica di aggregati specifici che non si focalizza su particolari temi, fatti o prodotti sensibili, ma su queste linee di forza machinica? Se questo è un modello utile per pensare al potere mediale, potrebbe anche rendere possibile sviluppare da ciò un’analisi dell’impiego tattico di knowbots e di altri agenti machinici.


Una macchina da guerra che ci interessa….


[


Macchine interfaccia e parassiti vengono per occuparsi dei vuoti e degli abissi o delle profonde pieghe che separano i mondi della soggettività, della loro temporalità, dei loro spazi e de loro segni.


Queste pieghe possono essere produttive ovunque esse implichino un momento di trasgressione e dove la sinergia (o la separazione) dell’umano e della macchina , o dove l’identità o non identità della cognizione del calcolo non è affermata, bensì trattata come un confine instabile, come una piega che si può sempre far scivolar fuori e che non conosce alcun territorio interno sicuro.


Bibliografia e collegamenti ipertestuali

Thomas Brandstetter: [the power structure itself may be rhizomatic]. Rhizome Digest, 30. Juli 1996 Gilles Deleuze: "A Philosophical Concept." In: J.L. Nancy (ed): Who Comes after the Subject? New York, London: Routledge, 1991 Gilles Deleuze, Félix Guattari: Tausend Plateaus. (1980) Berlin: Merve, 1992 Mark Dery: Escape Velocity. Cyberculture at the End of the Century. New York: Groove Press, 1996 Brigitte Felderer (ed): Wunschmaschine Welterfahrung. Eine Geschichte der Technikvisionen seit dem 18. Jahrhundert. Wien, New York: Springer, 1996 Félix Guattari: Die drei Ökologien. (1989) Wien: Passagen Verlag, 1994 Knowbotic Research: "Developer Kit." In: Medien.Kunst.Passagen, 3/94: Nonlocated Online, (also available on the www at: http://www.t0.or.at/~krcf/nlonline/ Knowbotic Research: Anonymous Muttering (1996)

Manuel de Landa: War in the Age of Intelligent Machines. New York: Zone Books/Swerve Editions, 1991 Lévy, Pierre: "Fraktale Faltung ...". In: Schmidgen 1995, p. 95-114 Mediafilter Next 5 Minutes H. Schmidgen (ed): Ästhetik und Maschinismus. Texte zu und von Félix Guattari. Berlin: Merve, 1995 Phoebe Sengers: "Fabricated Subjects: Reification, Schizophrenia, Artificial Intelligence" (ZKP2, 1996) Silverserver Siegfried Zielinski (1995) [für Paris Revue Virtuelle],

Rotterdam/Berlin 1996