Virus art

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Virus art

I virus informatici, o programmi autoriproducenti, si comportano con il medesimo meccanismo dei virus biologici: si attaccano a un "organismo", ossia un file, per rimanerci e installarvi il proprio habitat, talvolta, e in casi più rari, per distruggerlo. I virus, pertanto, si diffondono rispettando perfettamente le leggi della conservazione della specie e dell'istinto di sopravvivenza. È a partire da questa interferenza macchinica che vengono giocati degli scherzi che emulano il funzionamento del virus, pur rimanendo nella sfera del linguaggio naturale. Il collettivo milanese epidemiC, per esempio, ha concepito un programmino, chiamato Send Mail downJones, www.epidemic.ws/downjones, che insinua brevi frasi nel corpo di un’e-mail. Una volta che downJones viene installato su un server che supporta un web-mailer come Send Mail, è possibile che le persone cui spediamo un messaggio ne ricevano uno leggermente diverso. In altri termini: downJones inserisce nel corpo dell’e-mail delle frasi, pescate a caso da una lista di sentenze, che alterano o rovesciano il senso finale del messaggio. Quest’opera studia le relazioni che si creano tra mittente e ricevente quando le comunicazioni vengono mediate da un software.


Letto in maniera informatica si può vedere la partecipazione del programma a una festa. Abbiamo un join party, la creazione della lista degli ospiti della festa e la loro selezione. C’è poi una chiacchierata con gli ospiti selezionati, che porta alla scelta dell’ospite che ci interessa particolarmente,quello da contaminare.

Il codice sorgente del virus è stato reso pubblico e diffuso il giorno dell'apertura della Biennale al Padiglione della Repubblica di Slovenia. Le maggiori società anti-virus e software house erano state informate delle specifiche tecniche del virus così hanno potuto inserire le istruzioni per la disinstallazione.

"biennale.py" è il primo virus informatico scritto in python e decisamente il più lento della storia. Un virus vuole "esistere", istintivamente e senza mediazioni, ed è proprio questa la principale e unica funzione di "biennale.py": sopravvivere. All'interno del Padiglione era possibile leggere il codice sorgente di "biennale.py" e testarne il funzionamento su un computer infettato. Durante i giorni d'apertura della Biennale comparirono migliaia di t-shirt con stampato il codice sorgente del programma. Proprio come i virus biologici, "biennale.py" si è diffuso non soltanto attraverso le macchine, ma anche attraverso gli uomini. "biennale.py" è interpretabile non solo dalle macchine, ma anche dagli uomini: il suo codice sorgente, letto dal fondo, narra una storia d'amore, che conferma la possibilità di creare bellezza attraverso il codice sorgente.


Nel 1989 Tommaso Tozzi propone l'ipotesi di un virus "Rebel!" che non abbia scopi distruttivi, ma che faccia apparire sul monitor degli utenti la scritta subliminale "Ribellati!". Il codice del virus (pubblicato nell'antologia "Opposizioni '80", a cura di T. Tozzi, Amen Edizioni, 1991) viene realizzato da un suo amico, senza che venga mai diffuso in giro.

In un successivo numero della rivista Decoder ("Identita' e anonimazione - dagli scrittori di graffiti alle tag digitali") Tozzi propone invece l'ipotesi di un'editoria digitale che abbia una distribuzione tramite virus "benigni" (virus che prima di replicarsi sul computer dell'utente ne chiedano il permesso).


http://www.hackerart.org/han/han000.htm

http://0100101110101101.org/texts/espresso_bien2-

http://0100101110101101.org/texts/bien_claim_2-it.html



ALTRA SCHEDA

IL VIRUS E’ ANCHE ARTE

Storia del virus informatico.

Non appena i risultati di questi esperimenti furono resi pubblici, le case produttrici decisero che non ci sarebbero più stati ulteriori esperimenti sui loro computers. Non solo, dopo parecchi mesi di tentata negoziazione tra i laboratori di ricerca e le differenti amministrazioni della sicurezza che si susseguivano nel tempo, fu deciso che gli esperimenti non dovevano più aver vita. Il dirigente della sicurezza si oppose costantemente a questi esperimenti sulla sicurezza informatica, senza mai voler scendere a nessun tipo di compromesso. Ignoravano che dopo esser stato fatto il primo passo, i laboratori di ricerca non si fermarono affatto, anzi gli esperimenti dilagarono in tutto il mondo e nel corso degli anni ’80. Il risultato fu la diffusione incontrollata dei virus. I primi circolarono attraverso i floppy disk ma fu con l'avvento di Internet, qualche anno più tardi, che scoppiarono delle vere e proprie epidemie. A partire dagli anni ’90 ci si accorse della gravità del problema. Seguì ovviamente anche l'interesse commerciale, ed i più svariati prodotti antivirus fecero la loro entrata sulla scena informatica mondiale. Da quell'anno in poi la storia è nota. Esistono, tutt'oggi, circa 118 mila virus in circolazione.


Quando il virus è arte.

Nel tempo la ricerca informatica non si è limitata ad avere come fissa dimora il laboratorio, ma è sfociata in differenti ambiti, suscitando l’interesse di artisti e intellettuali. Pertanto si sono sviluppate esperienze artistiche, culturali ed intellettuali attraverso l’informatica e quel complesso spazio virtuale, che è la rete. La tecnologia digitale viene utilizzata come strumento creativo e gli artisti, che conoscono la tecnologia e le strategie di comunicazione, riformulano entrambe in modo provocatorio e creativo. Solitamente i net-artisti cercano di dimostrare come la tecnologia digitale può diventare un mezzo per agire in modo originale, influenzando il panorama mediatico, il quale è manipolato, distorto e totalmente filtrato dall’industria dell'intrattenimento globale. Dunque l’arte in rete assume tutte le caratteristiche per presentarsi come un’avanguardia (come fu il Dadaismo) assolutamente originale, rivoluzionaria e portatrice di innovazioni sia sul piano della creazione di nuovi modelli linguistici, psicologici, biologici e comunicazionali, che sul piano più strettamente estetico. Se la net-art utilizza il linguaggio informatico supportato dalla rete per farne arte, allora anche i virus informatici possono influenzare l’arte digitale, dimostrandosi come fonte d’ispirazione ed esso stesso oggetto d’arte digitale applicata, degni quindi di essere esposti all’interno di un museo.


Chi sono gli EpidemiC.



Questo virus è scritto in python, un linguaggio di programmazione molto usato in ambienti di ricerca scientifica. La sua elegante sintassi gli ha permesso di risolverlo in 37 righe. I virus informatici, o programmi autoriproducenti, si comportano con il medesimo modo di divulgazione dei virus biologici: si attaccano ad un "organismo", ossia un file, per rimanerci e installarvi il proprio habitat, talvolta, e in casi più rari, per distruggerlo. I virus, pertanto, si diffondono rispettando perfettamente le leggi della conservazione della specie e dell’istinto di sopravvivenza. Un virus è, anzi vuole "esistere", istintivamente e senza mediazioni, ed è proprio questa la principale e unica funzione di "biennale.py": sopravvivere. All’interno del Padiglione è stato possibile leggere il codice sorgente di "biennale.py" e testarne il funzionamento su un computer infettato. Durante i giorni d’apertura della Biennale sono comparse migliaia di t-shirt, cui è stato riportato sopra il codice sorgente del programma. Proprio come i virus biologici, "biennale.py" si è diffuso non soltanto attraverso le macchine, ma anche attraverso gli uomini. "biennale.py" è interpretabile non solo dalle macchine, ma anche dagli uomini: il suo codice sorgente, letto dal fondo, narra una storia d’amore; proprio per confermare la possibilità di creare bellezza attraverso il codice sorgente. Forse per questo copie del virus, entità per eccellenza immateriale e dannosa, sono state vendute a galleristi e collezionisti spregiudicati.