Virus art

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Genere o movimento artistico:

Virus art

Personaggi o Gruppi:

EpidemiC Hacker art BBS Ricci Andrea Tozzi Tommaso Virtual Town TV

Luogo:

Storia:

1989

Nel 1987 Tommaso Tozzi realizza la prima di una serie di installazioni artistiche all’interno di gallerie d’arte in cui sotto una apparente pubblicità della manifestazione mostrata sul computer nasconde dei messaggi subliminali con scritte quali “Ribellati!? o altro. In quel periodo Tozzi teorizza quella che chiama in certi casi la “parola insonorizzata��? ed in altri l’?arte subliminale?. Nel 1989 Tommaso Tozzi propone l'ipotesi di un virus "Rebel!" che non abbia scopi distruttivi, ma che faccia apparire sul monitor degli utenti la scritta subliminale "Ribellati!". Il codice del virus (pubblicato nell'antologia "Opposizioni '80", a cura di T. Tozzi, Amen Edizioni, 1991) viene realizzato da un suo amico, senza che venga mai diffuso in giro. Oltre al “Rebel!?, un altro esempio di rilievo fu la realizzazione di un espositore della rivista Flash Art, d’accordo con l’editore G. Politi, esposto nello stand della rivista durante la Biennale di Venezia del 1990 e che conteneva la scritta “Ribellati!? nella parte bassa dell’espositore, mascherata in modo tale da renderla subliminale. In un successivo numero della rivista Decoder ("Identita' e anonimazione - dagli scrittori di graffiti alle tag digitali") Tozzi propone invece l'ipotesi di un'editoria digitale che abbia una distribuzione tramite virus "benigni" (virus che prima di replicarsi sul computer dell'utente ne chiedano il permesso).

Poetica:

Alla base dell’arte dei virus vi è la volontà di sottrarsi alle logiche di produzione artistica di tipo commerciale. Chi fa virus art decide di usare come spazio per le sue opere non i musei, ma gli spazi virtuali delle reti telematiche e dei codici informatici. Le sue cornici sono le interfacce digitali e i suoi interlocutori non solo gli addetti ai lavori del mondo dell’arte, ma il mondo intero. Chi fa virus art agisce per creare contaminazioni e attraverso di esse trasformazioni delle relazioni sociali. Nella virus art il virus, non è creato solo per distruggere o per alterare dei dati. Se guardiamo il testo con cui è scritto il codice del virus, ci si rende conto che ha una sua estetica ed una sua forma, come può averla qualsiasi linguaggio scritto e parlato. I virus sono dei programmi di creazione artistica e il loro codice è una forma di poesia, in grado di fare critica controculturale. Molti artisti/programmatori stanno dimostrando l’artisticità dei virus informatici, utilizzando l’estetica dei codici. Sin dalla metà degli anni Ottanta i virus informatici sono stati utilizzati per produrre messaggi sul computer di chi veniva contaminato. A differenza dell’uso criminoso delle tecniche informatiche, l’uso creativo dei virus in quel periodo faceva arrivare sullo schermo simpatici messaggi, piccole frasi e talvolta anche delle immagini in ascii art. Uno dei primi virus proposti come opera d’arte in una mostra è Rebel! ideato da Tommaso Tozzi e realizzato da Andrea Ricci nel 1989. L’effetto del virus era quello di produrre una scritta subliminale Ribellati! Sul monitor dell’utente. In Italia in seguito i lavori dei gruppi EpidemiC e 01.org si sono distinti nella direzione della virus art arrivando ad esporne uno alla Biennale di Venezia del 2001.

I virus informatici, o programmi autoriproducenti, si comportano con il medesimo meccanismo dei virus biologici: si attaccano a un "organismo", ossia un file, per rimanerci e installarvi il proprio habitat, talvolta, e in casi più rari, per distruggerlo. I virus, pertanto, si diffondono rispettando perfettamente le leggi della conservazione della specie e dell'istinto di sopravvivenza. È a partire da questa interferenza macchinica che vengono giocati degli scherzi che emulano il funzionamento del virus, pur rimanendo nella sfera del linguaggio naturale.

Il collettivo milanese EpidemiC, per esempio, ha concepito un programmino, chiamato Send Mail downJones, www.epidemic.ws/downjones, che insinua brevi frasi nel corpo di un’e-mail. Una volta che downJones viene installato su un server che supporta un web-mailer come Send Mail, è possibile che le persone cui spediamo un messaggio ne ricevano uno leggermente diverso. In altri termini: downJones inserisce nel corpo dell’e-mail delle frasi, pescate a caso da una lista di sentenze, che alterano o rovesciano il senso finale del messaggio. Quest’opera studia le relazioni che si creano tra mittente e ricevente quando le comunicazioni vengono mediate da un software. Quando i programmi riescono ad “aprire? e leggere correttamente i documenti di utilizzo quotidiano, pensiamo che i dati siano integri e interrogarsi sull’integrità del loro senso sembrerebbe una follia. Tendiamo a pensare che un file sia corrotto solo se è illeggibile. Non basta. downJones è un esperimento elementare sulla possibile corruzione del senso nei dati. È un esempio di virus del linguaggio e una forma di interferenza culturale.

È con questa finalità che nel 2001 EpidemiC ha presentato insieme a 0100101110101101.org, un virus alla 49° Biennale di Venezia. Stampato su un grande cartellone, magliette e cdrom esposti all’interno del padiglione sloveno, il listato del virus Biennale. py scritto in Phyton si presenta come un set di istruzioni in cui è possibile riconoscere elementi narrativi. Essendo il virus una macchina testuale che prima si legge da sola e poi si iscrive nel “corpo? di un ospite, i programmatori di EpidemiC hanno riprodotto questo meccanismo assegnando alle variabili di Biennale.py dei nomi (guest, mysoul, mybody, party) che diventano parte di una vera e propria storia: Letto in maniera informatica si può vedere la partecipazione del programma a una festa. Abbiamo un join party, la creazione della lista degli ospiti della festa e la loro selezione. C’è poi una chiacchierata con gli ospiti selezionati, che porta alla scelta dell’ospite che ci interessa particolarmente,quello da contaminare. Un altro lavoro che è allo stesso tempo un'opera d'arte e un virus informatico è Biennale.py, frutto della collaborazione tra due famose entità: 0100101110101101.org e EpidemiC per l'occasione dell'invito alla 49esima Biennale d'Arte di Venezia. Il codice sorgente del virus è stato reso pubblico e diffuso il giorno dell'apertura della Biennale al Padiglione della Repubblica di Slovenia. Le maggiori società anti-virus e software house erano state informate delle specifiche tecniche del virus così hanno potuto inserire le istruzioni per la disinstallazione.

"biennale.py" è il primo virus informatico scritto in python e decisamente il più lento della storia. Un virus vuole "esistere", istintivamente e senza mediazioni, ed è proprio questa la principale e unica funzione di "biennale.py": sopravvivere. All'interno del Padiglione era possibile leggere il codice sorgente di "biennale.py" e testarne il funzionamento su un computer infettato. Durante i giorni d'apertura della Biennale comparirono migliaia di t-shirt con stampato il codice sorgente del programma. Proprio come i virus biologici, "biennale.py" si è diffuso non soltanto attraverso le macchine, ma anche attraverso gli uomini. "biennale.py" è interpretabile non solo dalle macchine, ma anche dagli uomini: il suo codice sorgente, letto dal fondo, narra una storia d'amore, che conferma la possibilità di creare bellezza attraverso il codice sorgente.

IL VIRUS E’ ANCHE ARTE

Storia del virus informatico.

Il virus informatico è un software capace di entrare nel sistema di un qualsiasi computer “infettandolo��?; si auto- replica inserendo una propria copia esatta in un altro file. Un file infettato da un virus, è un file cui sono state aggiunte, in maniera automatica, le istruzioni del virus alle istruzioni originali; pertanto il funzionamento originale viene manomesso, danneggiato o addirittura distrutto. La paternità del virus informatico è riconducibile ad un nome: Fred Cohen. Era il 10 Novembre 1983 quando Cohen, ancora studente dell’ Università di Southern in California, presentò ad una conferenza sulla sicurezza informatica, il suo software sperimentale; un programma capace di mettere letteralmente sottosopra il computer. Questa prima infezione fu installata su un computer modello “VAX��?, propagato attraverso “VD��?, un programma che mostrava graficamente le strutture di file Unix. Non appena i risultati di questi esperimenti furono resi pubblici, le case produttrici decisero che non ci sarebbero più stati ulteriori esperimenti sui loro computers. Non solo, dopo parecchi mesi di tentata negoziazione tra i laboratori di ricerca e le differenti amministrazioni della sicurezza che si susseguivano nel tempo, fu deciso che gli esperimenti non dovevano più aver vita. Il dirigente della sicurezza si oppose costantemente a questi esperimenti sulla sicurezza informatica, senza mai voler scendere a nessun tipo di compromesso. Ignoravano che dopo esser stato fatto il primo passo, i laboratori di ricerca non si fermarono affatto, anzi gli esperimenti dilagarono in tutto il mondo e nel corso degli anni ’80. Il risultato fu la diffusione incontrollata dei virus. I primi circolarono attraverso i floppy disk ma fu con l'avvento di Internet, qualche anno più tardi, che scoppiarono delle vere e proprie epidemie. A partire dagli anni ’90 ci si accorse della gravità del problema. Seguì ovviamente anche l'interesse commerciale, ed i più svariati prodotti antivirus fecero la loro entrata sulla scena informatica mondiale. Da quell'anno in poi la storia è nota. Esistono, tutt'oggi, circa 118 mila virus in circolazione.


Quando il virus è arte.

Nel tempo la ricerca informatica non si è limitata ad avere come fissa dimora il laboratorio, ma è sfociata in differenti ambiti, suscitando l’interesse di artisti e intellettuali. Pertanto si sono sviluppate esperienze artistiche, culturali ed intellettuali attraverso l’informatica e quel complesso spazio virtuale, che è la rete. La tecnologia digitale viene utilizzata come strumento creativo e gli artisti, che conoscono la tecnologia e le strategie di comunicazione, riformulano entrambe in modo provocatorio e creativo. Solitamente i net-artisti cercano di dimostrare come la tecnologia digitale può diventare un mezzo per agire in modo originale, influenzando il panorama mediatico, il quale è manipolato, distorto e totalmente filtrato dall’industria dell'intrattenimento globale. Dunque l’arte in rete assume tutte le caratteristiche per presentarsi come un’avanguardia (come fu il Dadaismo) assolutamente originale, rivoluzionaria e portatrice di innovazioni sia sul piano della creazione di nuovi modelli linguistici, psicologici, biologici e comunicazionali, che sul piano più strettamente estetico. Se la net-art utilizza il linguaggio informatico supportato dalla rete per farne arte, allora anche i virus informatici possono influenzare l’arte digitale, dimostrandosi come fonte d’ispirazione ed esso stesso oggetto d’arte digitale applicata, degni quindi di essere esposti all’interno di un museo. Dunque il virus non appare solo come emissario del danno, ma il suo testo, o viruscode, ha la sua estetica con la sua forma, come può averla qualsiasi linguaggio scritto e parlato. I virus sono dei programmi di creazione artistica e il loro codice è una forma di poesia, rivolta contro chi vende la rete come un posto sicuro e borghese. Molti artisti/programmatori stanno dimostrando l’artisticità del virus, utilizzando l’estetica del viruscode; per esempio, nel 1989 Tommaso Tozzi ha programmato un virus (“Rebel.virus.asm��?), del quale ne è stato pubblicato il codice sorgente nel 1991 sul libro “Opposizioni ‘80��?. Un altro esempio da prendere in considerazione è il collettivo italiano EpidemiC, il quale lavora esplicitamente sul potenziale estetico del virus informatico. Nel codice, per gli EpidemiC, forma e funzione coincidono raggiungendo le altezze della poesia, con tutto il potenziale di un linguaggio che nasce per il net e si diffonde in esso.

Opere:

Correlazioni:

Bibliografia:

Webliografia:

http://www.hackerart.org/han/han000.htm

http://0100101110101101.org/texts/espresso_bien2-

http://0100101110101101.org/texts/bien_claim_2-it.html