Wagner Richard

Tratto da EduEDA
Versione del 17 Set 2011 alle 11:29 di Cristina (Discussione | contributi)

(diff) ←Older revision | view current revision (diff) | Newer revision→ (diff)
Jump to: navigation, search

Wilhelm Richard Wagner (Lipsia, 22 maggio 1813 – Venezia, 13 febbraio 1883) è stato un compositore, librettista, direttore d'orchestra e saggista tedesco.

Biografia

Richard Wagner nacque a Lipsia nel 1813, figlio di Carl Friedrich Wagner e di Johanna Rosine Wagner. La donna, rimasta vedova pochi mesi dopo la nascita di Richard, si trasferì a Dresda nel 1814 sposando un attore, Ludwig Geyer, che ebbe un’influenza molto positiva su di lui avvicinandolo al mondo del teatro.

Nel 1828 il giovane Wagner tornò a Lipsia, dove concluse gli studi. Indeciso su quale strada intraprendere scelse infine di diventare musicista, profondamente suggestionato da una rappresentazione del Fidelio di Ludwig van Beethoven a cui assistette all’età di sedici anni.

Nel 1830 iniziò a prendere lezioni di composizione da Christian Theodor Weinlig e dall’anno successivo studiò musica all’università di Lipsia. Nel 1833 divenne direttore del coro del teatro di Würzburg, dove compose la sua prima opera Die Feen (Le fate), in cui forte è il debito nei confronti della tradizione tedesca.

Nel 1936 si sposò con la cantante Minna Planer e l’anno successivo fu nominato direttore musicale a Königsberg, l’attuale Kaliningrad. Quando, l’anno seguente, il teatro venne chiuso per indebitamento, anche Wagner ne fu travolto e quindi costretto a trasferirsi a Riga dove ottenne un posto da direttore. Lì cominciò a comporre Rienzi. Due anni dopo però perse il posto e per sfuggire ai suoi creditori intraprese una fuga rocambolesca che lo porterà fino a Londra. Questo viaggio gli dette l’ispirazione per Der Fliegende Holländer (L’Olandese volante), composto fra il 1840 e il 1841: il primo vero capolavoro wagneriano, da cui traspare la volontà di allontanarsi dai modelli vigenti in Italia e in Francia preannunciando un metodo compositivo destinato a svilupparsi attraverso l’uso dei leitmotiv.

Dal 1840 visse in condizioni di indigenza a Parigi, e concluse Rienzi, messo in scena nel 1842 a Dresda: il successo ricevuto gli fece ottenere, nel 1843, il ruolo di maestro di cappella di corte. Scrisse Tannhäuser e iniziò a comporre Lohengrin, ma la sua partecipazione ai moti del 1848 lo costrinse l’anno successivo a un esilio durato più di dieci anni: si rifugiò a Zurigo ospite di Otto Wesendonck e di sua moglie Mathilde. Lì scrisse i suoi più importanti scritti di poetica e dal 1852 iniziò a occuparsi del grandioso progetto intitolato Der Ring des Nibelungen (L’anello del Nibelungo): fra il 1851 e il 1854 scrisse Das Rheingold (L’oro del Reno) e Die Walküre (La Valchiria) in cui raggiungono piena maturità il concetto di “melodia infinita”, l’uso dei motivi conduttori e l’importanza attribuita all’orchestra. Intanto queste caratteristiche erano giunte all’attenzione del pubblico grazie all’amico Franz Liszt che nel 1850 aveva organizzato a Weimar la prima rappresentazione di Lohengrin, grande capolavoro in cui, anticipando le opere della Tetralogia, il flusso melodico si fa continuo.

Il coinvolgimento nei moti del 1848 e il conseguente esilio avevano intanto provocato la fine del matrimonio con Minna, e a Zurigo fu proprio la moglie di Otto, Mathilde, a conquistare il cuore di Wagner e a ispirargli la composizione di Tristan und Isolde (Tristano e Isotta), opera che anticipando troppo i tempi sconcertò il pubblico a causa di soluzioni decisamente audaci (tra cui il celebre “accordo del Tristano” con cui si dice che l’armonia classica cominciò inevitabilmente a sgretolarsi).

Nel 1861 la rappresentazione del Tannhäuser a Parigi si rivelò un fiasco ma al contempo gli procurò simpatie e apprezzamenti da vari intellettuali e artisti, fra i quali Charles Baudelaire. È grazie al pieno sostegno economico del re di Baviera Luigi II, suo grande ammiratore, che Wagner si salvò dal tracollo: poté così dedicarsi alla composizione di Die Meistersinger von Nürnberg (I maestri cantori di Norimberga), e al completamento dell’Anello del Nibelungo.

Nel 1870 sposò Cosima von Bulow, figlia di Franz Liszt, con cui aveva intrecciato da tempo una chiacchierata relazione: Cosima era infatti sposata col direttore d’orchestra Hans von Bulow. Dalla loro unione nacquero tre figli: Isolde, Eva e Siegfrid.

Dal 1972 al 1976 seguì la realizzazione di un monumentale teatro a Bayreuth, destinato a ospitare ogni anno un festival dedicato esclusivamente alla rappresentazione delle sue opere. All’inaugurazione fu messo in scena per la prima volta il ciclo dell’Anello del Nibelungo. Ormai famoso, Wagner si dedicò alla composizione del Parsifal che concluse e rappresentò nel 1882 a Bayreuth: fu a proposito di questa opera che Friedrich Nietzsche lo accusò di essersi miseramente “accasciato ai piedi della croce”.

Quello stesso anno si trasferì a Venezia con la famiglia, dove morì l’anno successivo per un attacco cardiaco. Venne sepolto a Bayreuth nel giardino della sua villa, Haus Wahnfried.

Sito web

Bayreuther Festspiele

Poetica

L’impatto che le idee e le opere di Wagner ebbero sulla cultura del tempo e sui posteri può essere definito senza alcuna esitazione rivoluzionario ed epocale. Sebbene già da anni fossero in atto i segni di un’irrequietezza nei confronti del sistema tonale (racchiuso e rappresentato dalla scala musicale), fu proprio con Wagner che questo sistema secolare venne irrimediabilmente messo in discussione. Wagner è stato il vero, autentico riformatore del melodramma tedesco, in un momento storico in cui la creatività dei musicisti era messa a dura prova: era un’eredità “scomoda” quella lasciata dai due grandi maestri del classicismo, Franz Joseph Haydn e Wolfgang Amadeus Mozart, e dall’impetuoso periodo romantico di cui due nomi fra tutti, Ludwig van Beethoven e Franz Schubert, bastano a evidenziarne la portata.

Il melodramma italiano, intanto, nato nel 1600 a Firenze grazie all’interesse della Camerata de’ Bardi per la tragedia greca e il “recitar cantando”, dopo compositori di grande spicco come Claudio Monteverdi, Giacomo Puccini e Gioacchino Rossini trovò il suo culmine glorioso in Giuseppe Verdi, coevo di Wagner. Molto è stato detto circa la “rivalità” fra Verdi e Wagner, come della crisi di Verdi dopo il grande successo ottenuto a Bologna dal Lohengrin nel 1871. Certo è che la concezione dell’opera di Wagner era molto diversa da quella di Verdi: rispetto alla tragedia greca in cui l’unità tra poesia, musica e scena era realmente indissolubile, per Wagner il melodramma italiano non era che un frivolo passatempo, svuotato della sua funzione catartica, in cui i tre elementi più che un tutt’uno risultavano mescolati in modo artificioso, schematico e contingente.

L’opera di Wagner si presenta invece come un Wort-Ton-Drama: un flusso sinfonico ininterrotto secondo un procedimento di variazione e di sviluppo (la cosiddetta melodia infinita) in cui la distinzione tra aria e recitativo viene a cadere e gli elementi del dramma anziché accostati risultano intimamente complementari. Viene abolita ogni forma chiusa e gli schemi rigidi del melodramma italiano sono sostituiti da articolazioni sceniche di ampio respiro in cui le partizioni, pur presenti, sono ben celate dal continuum sinfonico. In questa sintesi delle tre arti temporali (poesia, musica e danza intesa come movimento) la voce si fa strumento, e viceversa. Non è un caso infatti che a differenza della maggior parte degli altri compositori fosse lo stesso Wagner a scrivere libretto e sceneggiatura dei propri drammi.

Contestualmente l’aspetto spirituale si trovò collocato, come per i tragici greci, al centro dei suoi interessi: è un’esperienza intima e di raccoglimento quasi religioso quella che Wagner richiede allo spettatore, un coinvolgimento profondo, “totale” come nel termine che ne riassume il senso: Gesamtkunstwerk, in italiano “opera d’arte totale”. Anche la pittura e l’architettura furono chiamate a dare il loro contributo: se per i fondali Wagner pensò alla pittura contemporanea di paesaggio, il più straordinario simbolo della rivoluzione wagneriana fu la realizzazione del Festspielhaus di Bayreuth, inaugurato nel 1876. Un vero e proprio tempio necessario a contenere il numeroso organico di musicisti previsto dalle sue partiture, un luogo dedicato esclusivamente all’esecuzione delle sue opere il cui progetto fu curato dallo stesso Wagner: per garantire al pubblico il massimo coinvolgimento il “golfo mistico” (lo spazio riservato al direttore e all’orchestra) fu realizzato al di sotto del palcoscenico, al di fuori del campo visivo del pubblico. Allo stesso scopo all’inizio di ogni rappresentazione le luci venivano spente per la prima volta nella storia del melodramma.

Il concetto di “opera d’arte totale” si fonde in Wagner con quello di opera collettiva, più a un livello teorico che effettivo, ma proponendo comunque riflessioni e problematiche che conservano ancora oggi (e forse oggi più che mai) una grande attualità:

L’opera d’arte dell’avvenire è un’opera collettiva, e non può nascere che da un desiderio collettivo” (L’opera d’arte totale, 1849).

La vera sintesi delle arti può essere raggiunta solo grazie al contributo apportato dai diversi soggetti creativi alla realizzazione del progetto, ciascuno con il proprio bagaglio di competenze tenute insieme da una convergenza di intenti e motivazioni.

È da questo apparato teorico – capace di influenzare positivamente artisti come Charles Baudelaire e Wassily Kandinsky – che nascono la sua musica e la sua poesia. Da un punto di vista tecnico-stilistico, invece, lo strumento con cui Wagner fece vacillare le certezze che ancora venivano riposte nel sistema tonale fu il cosiddetto cromatismo: mentre la musica tonale stabilisce un rapporto di gerarchia tra la tonica e tutti gli altri suoni di una scala diatonica maggiore o minore, una scala cromatica è formata da tutti e dodici i semitoni del sistema temperato occidentale. In altri termini, dalla suddivisione fra toni e semitoni si passa a una scala composta solo da semitoni. Wagner nel Tristano e Isotta utilizzò dei semitoni estranei alla scala diatonica, introducendo così il germe della dissoluzione tonale. La sua eredità verrà raccolta, molti anni dopo, dal viennese Arnold Schönberg con cui si parlerà di sistema dodecafonico o atonale.

Wagner è celebre anche per il massiccio utilizzo della tecnica del leitmotiv (’’motivo conduttore’’): un tema musicale ricorrente che serve a identificare personaggi, momenti, sentimenti e aspetti dell’azione drammatica, integrandoli nel continuum sinfonico. Si tratta di brevi sequenze di note che ritornano più volte attraverso differenti combinazioni, ad esempio per accompagnare l’ingresso in scena di un personaggio.

L’interesse di Wagner nei confronti della tragedia greca, momento mitico della storia dell’uomo in cui l’arte non era né individualizzata né declinata al plurale (le arti venivano a formare un tutto), influenzò il filosofo Friedrich Nietzsche che nel celebre La nascita della tragedia (1872) affrontò lo stesso tema, interpretando quel prodotto artistico come il contenitore e il simbolo della massima fusione mai raggiunta dai due elementi, o impulsi, propri dello spirito greco: l’apollineo e il dionisiaco. Nietzsche e Wagner furono inizialmente legati da una grande amicizia e stima reciproca, destinate a entrare in crisi in seguito a divergenze ideologiche che porteranno Nietzsche a criticarne il pessimismo di stampo schopenhaueriano e il presunto – ma mai convalidato – antisemitismo, fino a definirlo, nella Volontà di potenza (1901), come “un grande punto interrogativo del nostro secolo”.

Oltre al mondo greco esiste anche un altro passato, epico e leggendario, che catalizzò l’interesse di Wagner: il mito dei Nibelunghi, che dal 1848 al 1874 lo tenne impegnato - in maniera discontinua - nella colossale creazione musicale e letteraria del ciclo Der Ring des Nibelungen (“L’anello del Nibelungo”). In un momento storico in cui i moti nazionalisti suggerivano la celebrazione e l’esaltazione del proprio paese, Wagner centrò l’obiettivo evitando la rischiosa rappresentazione di una contingenza da cui peraltro non si salvò Verdi, in quelli che lui stesso, successivamente, definì “anni di galera”. Wagner grazie ai miti tedeschi fornì grande slancio ai sentimenti patriottici, fino alla triste strumentalizzazione a opera di ideologie ed estremismi che certo non erano stati previsti nei suoi intenti iniziali.

Opere

La produzione di Wagner può essere suddivisa in tre macro-periodi:

  • il primo periodo racchiude le opere giovanili da Le fate sino a Rienzi compreso: qui l’influenza dei modelli tedeschi e italiani è ancora molto forte. Wagner riteneva che queste opere non dovessero essere rappresentate nel teatro di Bayreuth;
  • il secondo comprende L’olandese volante (anche detto Il vascello fantasma), primo vero capolavoro wagneriano, e Tannhäuser e Lohengrin, in cui le leggende epiche tedesche iniziano ad attirare la sua attenzione. È una fase di transizione e di graduale ma evidente presa di consapevolezza;
  • il terzo coincide con i capolavori della maturità: L’anello del Nibelungo (o Tetralogia che comprende L’oro del Reno, La Valchiria, Sigfrido e Il crepuscolo degli dei), Tristano e Isotta, I maestri cantori di Norimberga e Parsifal.


  • L’olandese volante (Der Fliegende Holländer – 1840-1841, Prima: 2 gennaio 1843, Dresda, successivamente rielaborato)
  • Tannhäuser (1842-1845, Prima: 19 ottobre 1845, Dresda, successivamente rielaborato)
  • Lohengrin (1845-1848, Prima: 28 agosto 1850, Weimar)

Bibliografia

Wagner fu uno scrittore prolifico e versatile, autore di saggi che spaziano dalla politica alla religione, dalla filosofia all’arte. Sono i moti nazionalistici del 1848 – che lo costrinsero a rifugiarsi a Zurigo – a dargli un nuovo impulso creativo che si concretizzerà in tre importanti volumi scritti dal 1849 al 1851. Con l’autobiografia “Mein Leben” invece Wagner ci lascia un importante contributo alla comprensione della sua vita e del suo pensiero.

  • 1849, L’arte e la rivoluzione (Die Kunst und die Revolution), Zurigo
  • 1849, L’opera d’arte dell’avvenire (Das Kunstwerk der Zukunft), Zurigo
  • 1851, Opera e dramma (Oper und Drama), Zurigo
  • 1865-1880, edizione pubblica 1911, La mia vita (Mein Leben)


Due saggisti d’eccezione, il poeta Charles Baudelaire e il francofortese Theodor Wiesengrund Adorno, si soffermano sulla complessa figura di Wagner: il primo ci lascia una preziosa testimonianza dell’impatto che la rivoluzione innescata da Wagner ebbe su Parigi e sulla cultura del tempo, suscitando una frattura radicale nell’opinione pubblica fra wagneriani e antiwagneriani; il secondo, che oltre a essere filosofo fu anche critico musicale e compositore, analizzando le caratteristiche della sua produzione giunge a conclusioni di tipo estetico-storico. Infine Friedrich Nietzsche, che si propose nei panni di un medico impegnato a curare il mondo da questa malattia chiamata Wagner, a suo avviso portatore e simbolo dei peggiori mali del tempo.

  • 1861, Baudelaire Charles, Richard Wagner, Parigi
  • 1952, Adorno Theodor W., Wagner, Francoforte
  • 1888, Nietzsche Friedrich, Il caso Wagner , Torino

Webliografia