Antologia Cyberpunk: differenze tra le versioni
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Revisione 11:36, 8 Giu 2017
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Contents
Titolo:
Cyberpunk
Autore:
Ralf Valvola,Decoder, Ermanno Guarnieri Guarneri Ermanno - Gomma , Scelsi Raffaele - Raf Valvola, Philopat Marco, Mezza Gianni - u.v.L.S.I.
Anno:
1990
Luogo:
Milano
Sito web:
Descrizione:
Questa antologia( cura di Raf Valvola, Shake Edizioni Underground, Milano uscito del luglio 1990) vuole penetrare nell’officina alchemica cyberpunk, per puntualizzare i multiformi aspetti e anche le sue origini politiche. Nel 2007 è stata riproposta per la stessa casa editrice, in versione tascabile.
In questo saggio si spiegano le ragioni che sottostanno alla scelta dei brani raccolti in questa antologia. In sintesi il cyberpunk viene letto sostanzialmente come fenomeno politico, come scrittura tecno-urbana, riflesso delle trasformazioni prodotte sui nuovi soggetti sociali dal moderno. A parure da ciò vengono delineate nei lineamenti fondamentali. Le esperienze di quei gruppi politici che più organicamente si sono avvicinati ai temi in questione. La tensione politica di questo scritto è orientata difatti verso la riappropriazione della comunicazione da parte dei movimenti sociali, tramite la formazione di reti informatiche alternative, che possa finalmente impattare lo strapotere delle multinazionali del settore.
Che cos'è il cyberpunk? È questa una domanda a cui è diffìcile dare una risposta univoca, giacché il termine oramai denota sia un aspetto letterario che un ambito più propriamente politico. All'inizio questa definizione è stata coniata per indicare un variegato movimento di fantascienza, essenzialmente ma non solo americano. Composto da persone per lo più giovani di età, la media di ognuno di essi è sui trentanni, esso ha attraversato in maniera partecipe gli anni Ottanta, vivendone completamente le intime contraddizioni. Sono scrittori quindi, come ci segnala Sterling nella sua prefazione a Mirroshades, che hanno vissuto, dentro e persino sotto la propria pelle, un rapporto intimo con la tecnologia, diversamente da quanto successe negli anni Sessanta, tutta lavatrici e lavastoviglie. I micidiali anni Ottanta fatti di walkman, stereo portatili, videoregistratori, batterie elettroniche, videocamere portatili, televisioni ad alta definizione, telex, fax, laser-disc, antenne paraboliche per captare i segnali dei satelliti, cavi a fibre ottiche, personal computers, chirurgia plastica, la rete semiotica onnicomprensiva, il tendenziale superamento del sistema-mondo in "un globale sistema nervoso che pensa per se stesso". Tutto l'infero sistema delle merci fonda in maniera sotterranea, ma decisiva, la costituzione di senso nella produzione letteraria del cyberpunk.
Per la prima volta nella storia della letteratura tale rapporto con la macchina non viene visto quasi fosse una dimensione negativa, ineluttabile, da scansare non appena possibile. Orwell è dietro l'angolo. Frankenstein un lontano ricordo dell'epoca del moderno. Il cyber presuppone un nuovo rapporto organico con la tecnologia. _Essa permette, difatti, l'estensione delle capacità dell'uomo e finalmente il superamento dei suoi limiti. Nessuna ferita altrimenti mortale spaventa più l'uomo del futuro prossimo, la neurochirurgia saprà implantare nuove membra artificiali in corpi, oggi, al più buoni per il solo cimitero del rottame. Viene risolto con un colpo di spugna il problema della morte, un tema questo che. per altra vìa, anche lo stesso Leary considera risolvibile tramite automanipolazioni psichiche del proprio DNA.
Si potrebbe suggerire a questo punto che nulla di nuovo in effetti è apparso sotto il sole. Il tema dell'immortalità è un sogno da sempre ricorrente nella letteratura, soprattutto in quella dove più forte è il tributo all'ispirazione religiosa. Allora in cosa consiste la novità?
Alla ricerca del cyberpunk Ancora una volta lo scritto, in precedenza citato, di Ster- ling può permetterci di intuire la strada più fertile per un approccio esaustivo al problema. Egli difatti richiama con dovizia di particolari il debito che tutti questi scrittori nutrono da una parte, come è logico che sia. verso it tradizionale filone della fantascienza, ma dall'altra anche verso tutti quei movimenti giovanili di resistenza che hanno contrassegnato la storia, dagli anni Sessanta in avanti. Movimenti questi che hanno sempre avuto un rapporto intenso con le tecnologie, con gli strumenti elettrici, con la produzione di musica e degli effetti speciali. Analogamente all'hard rock, ad esempio, lo stile letterario del cyberpunk vuole coscientemente essere un muro del suono, un tutto pieno, dettagliato, analitico, dove venga a mancare il tempo per tirare il fiato e quindi adagiarsi nella riflessione. Questo stile ha un che di assolutamente nervoso, alcune volte diffìcile da seguire nelle sue circonlocuzioni, spesse volte derivate dallo slang di strada. Esso difatti pone al centro delle proprie trame dei personaggi che sono completamente "altro" rispetto alla tradizione letteraria. Come ci segnala acutamente Saucin nel suo saggio, essi sono puttane, biscazzieri, punk, trafficanti, ladri, hackers, pirati informatici, balordi di strada, con poca o nessuna voglia di lavorare, immersi solamente in ciò che produce gioia. È un filone letterario che recupera organicamente alcune delle tensioni sociali esistenti. Giustamente Downham, postsituazionista londinese, ha definito il genere "una scrittura tecno-urbana, fantascienza sociale, postsituazionista, tecnosurrealista". Ma cyberpunk è anche "strategia operazionale di resistenza, estetica da dura garage-band, cultura pop(olare)". Quindi descrive un ambito sociale che sempre è stato tagliato fuori dalla scrittura ufficiale, ignorato, vilipeso o, molto peggio, dichiarato come assolutamente non esistente. Viene assunto il mondo dei reietti da Dio come protagonista ufficiale di uno scénario assolutamente nuovo, di una scrittura assolutamente nuova. Uno stile quindi superrealista. Viene quindi inventato un diverso immaginario sociale, che d'altronde sotterraneamente è già esistente da tempo, che unisce insieme fascinazioni tecno-pop e pratiche esistenziali di resistenza e sopravvivenza quotidiana. Per la prima volta dai tempi dell'esperienza hippie viene quindi forgiato un immaginario collettivo vincente, che sa collocare in maniera adeguata e accattivante alcune delle aspirazioni che percorrono i senza parola della società post-industriale. Vi è quindi da parte nostra un'adesione d'istinto a ciò che il cyberpunk finora, come scrittura e socialmente, è stato.
Il cyberpunk è un movimento di opposizione Ancora Sterling richiama il debito dovuto nei confronti dell'esperienza del punk, segnalando tre piani differenti della questione. In primo luogo un'istanza di depurazione del mainstream rispetto agli orpelli costruiti sopra. "Il cyberpunk è un liberare la fantascienza stessa dall'influenza principale, cosi come il punk svestì il rock and roll dalla sinfonica eleganza del progressive rock degli anni Settanta. Come la musica punk, il cyberpunk è in un certo senso un ritorno alle radici." Un secondo piano di analisi sul rapporto tra cyber e punk viene rintracciato nell'enucleazione della questione tra teoria e prassi: "Nella cultura pop per prima viene la pratica e la teoria ne segue zoppicando le tracce". Chiunque abbia frequentato la scena punk sa bene che una delle tensioni principali del movimento si condensò nel praticare e quindi nel teorizzare il diritto comunque a esprimersi suonando, indipendentemente dalle capacità teorico musicali possedute. Il caso dei Sex Pistols in questo senso è esemplare. Sono la pratica del vivere collettivo e dell'autogestire la propria vita e i luoghi di socializzazione a definire gli impegni esterni del movimento, non viceversa. D'altronde lo stesso Sterling si riferisce ancora a questo rapporto tra prassi e teoria, quando indica nella cultura di strada, e nella cultura hip-hop in particolare, il luogo di genesi dell'unione operativa tra tecnologia e pratiche controculturali di resistenza quotidiana. 11 terzo piano del debito cyberpunk nei confronti dell'ambito underground viene infine rintracciato proprio allorquando egli evidenzia che "il cyberpunk proviene da quel regno dove il pirata del computer e il rocker si sovrappongono". "Il cyberpunk ne è la letteraria incarnazione", difatti nel frattempo si è costituita "Una Non Santa Alleanza del mondo tecnologico e del mondo del dissenso organizzato".
I grandi vecchi L'ispirazione nei confronti del mondo underground non può però essere limitato a quanto sopra riferito . Tra gli stessi debiti fondamentali citati non a caso ritroviamo due grandi nomi, due grandi vecchi: William Burròugns e J.G.Ballaxd. Irr realtà Ballard non può essere visto come un frequentatore delle situazioni "contro". Bisogna comunque considerare che da sempre egli è stato adottato dal movimento antagonista e controculturale internazionale, a causa del suo stile assolutamente analitico, descrittivo, perturbante, quasi psicoscientifico, spregiudicato. La sua scrittura è un bisturi, si è detto in parecchie occasioni. Inoltre un'altra sua intuizione, conseguente del resto allo stile fenomenologico della sua scrittura clinica, ha fatto sì che egli diventasse un totem assoluto per il cyberpunk: lo spazio interno. Per spazio interno si intende coerentemente quell'Implosione psichica senza ritorno che i protagonisti dei suoi romanzi vivono, in concorrenza di avvenimenti esterni spaesanti. Come in Deserto d'acqua, uno dei suoi romanzi più forti ed evocativi, in cui Kerens "Ricordò le iguane strillanti sui gradini del museo. Proprio come la distinzione tra il significato latente e quello manifesto del sogno aveva perso ogni valore, così non aveva senso qualsiasi distinzione fra il reale e il super-reale nel mondo esterno. Fantasmi scivolavano impercettibilmente dall'incubo alla realtà e viceversa: il panorama terrestre e quello psichico erano ora indistinguibili, come lo erano stati a Hiroshima e ad Auschwitz, sul Golgota e a Gomorra". Cosi Bodkin gli rispose: "I residui del tuo controllo cosciente sono gli unici speroni che tengono in piedi la diga". "I meccanismi di liberazione innati, impressi nel tuo citoplasma milioni di anni fa, sono stati risvegliati, il sole in espansione e la temperatura in aumento ti stanno spingendo indietro, lungo i vari livelli spinali, nei mari sepolti, sommersi sotto gli strati infimi del tuo inconscio, nella zona interamente nuova della psiche neuronica. Si tratta di trasposizione lombare, di memoria biopsichica totale. Noi ricordiamo veramente queste paludi e queste lagune." Abbiamo riportato questa lunga citazione da Ballard proprio perché estremamente significativa rispetto al concetto in esame. Del resto non sono forse spazio/ tempo interni l'esagerato implodere del disagio psichico in angoscia o, per altri versi, il fare all'amore in maniera ubriacante? In realtà il concetto stesso si presta a numerose valutazioni e contaminazioni. Nel cyberpunk in particolare ciò ha attivato l'ispirazione per l'utilizzo del termine di spazio virtuale. In realtà il rapporto di filiazione tra i due termini è sufficientemente diretto, cosi come del resto non sono necessariamente contraddittori per certi versi quelli di spazio interno ed esterno. Alcuni hanno creduto difatti di poter distinguere due diversi centri di irradiazione culturale alla base della fantascienza più recente. Da una parte Ballard stesso col suo teorema letterario di spazio interno, da cui deriverebbe la tendenza Umanista. Dalla parte dello spazio estemo Dick e. per ragioni immaginativo-sociali. Biade Runner, da cui ne conseguirebbe in linea diretta la produzione più propriamente cyberpunk. In realtà in più occasioni sia Sterling che lo stesso Gibson sono intervenuti sulla questione, suggerendo che questa fosse tutta una storia inventata dai critici, visto che i due concetti di spazio interno /esterno debbono essere considerati sostanzialmente come non contraddittori tra loro.
Per ritornare ancora a Ballard, la stessa rivista americana Research, che in più occasioni ha tratteggiato quelli che sono i miti, le letture, i films più seguiti dalle nuove generazioni alternative, ha dedicato a questo grande scrittore addirittura un intero numero monografico. Stessa sorte peraltro è stata riservata, dal collettivo redazionale di Research, a Burroughs, il quale nonostante tutto è più intemo alla storia del movimento, giacché an- cor oggi vi partecipa occasionalmente, in quelle che considera le situazioni più stimolanti. Di Burroughs in particolare, Sterling richiama del resto i suoi esperimenti degli anni Sessanta sulla tecnica del cut-up. Questa pratica suggerisce che, tagliando e rimontando casualmente qualsiasi tipo di informazione, alla fine si otterrà di comprendere il vero senso del messaggio, indipendentemente dalle manipolazioni nel frattempo intervenute (cfr. La rivoluzione elettronica). Sia Ballard che Burroughs tendono a esprimere nella loro scrittura le contraddizioni che si danno nel reale, fino ad assumerle come indici generali intomo a cui far ruotare le dinamiche narrative. Come suggerisce Mei in La giungla del futuro lo stesso Ballard tende a rendere questa profonda dissociazione dell'esperienza contemporanea con bizzarri collages verbali, ripresi da riviste di moda e di armi, inserti tecnologici, avvisi pubblicitari, listini di borsa. Similitudini queste che richiamano la scrittura mediale del misterioso Thomas Pynchon, anche lui osannato da Sterling. Come riporta Riotta in un suo servizio, Pynchon nel suo ultimo libro, dopo diciassette anni di silenzio, unisce insieme argomenti apparentemente poco letterari quali il cioccolato solubile Nestlè, i sarti Clavin Klein, Cerniti, Azzedine Alaia, Yves St. Laurent, la grinta di Clint Eastwood. continui riferimenti a titoli di film, indicati persino con la data di produzione. Guerre Stellari HI, Jason il mostro di Venerdì 13, Titti e il Gatto Silvestro, Nixon, Reagan, i terroristi Mario Savio, il Capanna americano, la Diet Pepsi Cola, il dottor Spock di Star Trek, la birra messicana Dos Equis e il campionato di basket della NBA. Per certi versi un analogo percorso segue Burroughs. il quale parte dalla dissociazione psichedelica per presentare sotto forma di dissolvenze incongrue e casuali, esperienze al limite della disgregazione psichica e del delirio(Mei). È questo il caso difatti del Pa sto nudo e di Morbida macchina.
I due grandi vecchi coinvolti in una sporca storia di droga? Più in generale ci sembra di poter dire con certezza che per un verso o per l'altro, il tema della dissociazione psichica venga recuperato dal cyberpunk, ispirandosi a pie' mani ai due grandi vecchi. Il tema dello spazio intemo da Ballard. come visto, ma anche il tema del continuo uso delle droghe da Burroughs e Leary. Quest'ultime non sono però valorizzate quasi Fossero lo strumento per una realtà che si "presenta come un sovrapporsi e accavallarsi di voci e immagini". Divèrsamente esse sono gli insostituibili additivi per un uso più libero e spregiudicato dello strumento computer (come del resto suggerisce la stessa esperienza hacker) e/o condizione essenziale per vivere e per reggere i livelli di disgregazione sociale che la metropoli produce. Ecco la ragione del continuo apparire, negli scritti di Gibson, delle più varie anfetamine, dello speed. La lettura che viene data del fenomeno droga, in sintesi, è quella che tende a decifrarlo come definitivo prodotto tecnologico, una merce high tech, alla stessa stregua di ogni altra strumentazione elettronica prodotta negli ultimi anni, e come tale insostituibile elemento della vita urbana.
L'impressione che quindi viene tratta da una prima lettura della scrittura cyberpunk è quella di trovarsi di fronte a un movimento estremamente colto e soprattutto consapevole delle proprie origini e degli obiettivi a cui esso stesso tende. Una scrittura profondamente tecno-metropolitana, che sa dialetticamente interrogarsi sul problema della complessità e del nuovo soggetto sociale.
Diritti verso l'interzona L'attrazione viscerale da parte del cyberpunk nei confronti del problema delle interzone crediamo non suoni a questo punto in maniera strana. È certamente un'interzona ad esempio l'interfaccia cervello-computer. Per altro verso il già citato cut-up è un aspetto del medesimo problema. La concordanza colle dinamiche metropolitane emerge in maniera sorprendente. Non è forse la metropoli il luogo dove convivono, apparentemente senza conflitti, aspetti retro, luoghi ormai disabitati del moderno, come alcune grandi fabbriche del passato, assieme al nitore asettico dei luoghi del capitale finanziario e della produzione di merci immateriali? La città schizo-metropolitana non è forse il luogo della sovrapposizione senza miscelamento di culture e pratiche esistenziali afone tra loro? Quando però si determina la possibilità di convergenza di interessi differenziati, per ragioni storiche o casuali, spesso accade una sorta di cortocircuito nel controllo sociale, l'inversione del senso sociale, altre volte il black-out. È in una qualche interzona sociale del nostro pianeta che avviene la pratica dell'hip-hop. del rap e del graffitismo. fatta di accostamenti tratti dal funky, dal boogie woogie. dal be bop. dal dub. dal reggae, dal soul. E poi scratch, graffiti: riuso di tutte quelle scorie lasciate cadere dal grande capitale nel suo tragitto di modernizzazione iperveloce. La musica oggi si definisce sostanzialmente come un bricolage, ripetitiva alcune volte fino alla noia, quasi a riprodurre un secondo rumore di fondo della stessa metropoli (cfr. l'ambient-music). Ma più in generale ciò, rimanda alla stessa pratica del consumo di merci, e alla categoria estetica più in generale dominante dell'era del villaggio globale: il kitsch.
Kitsch e tecnofeticismo Al contrario di quanto suggeriscono le teorie liquidazioniste espresse dalla cultura del post-moderno, i tratti nuovi prodotti dalla modernizzazione selvaggia ricalcano orme già apparse all'origine dello sviluppo attuale del capitale. In questo senso è certamente da richiamare la produzione teorica di Walter Benjamin, e in particolare il suo misconosciuto collage di citazioni Parigi capitale del XIX secolo. Un'opera questa che non casualmente dedica alla categoria del kitsch una rilevanza tutta particolare. Egli si sofferma difatti sull'accurata descrizione delle modalità del sistema distributivo nella Francia del secondo Impero. L'epoca di Napoleone III, per intenderci, ma anche quella della decadenza dei Passages, e soprattutto dell'invenzione del grande magazzino e della vendita per corrispondenza. È in questo mutamento profondo del paesaggio urbano, che trova spazio per collocarsi il corrispondente soggetto sociale prodotto dalla trasformazione. È un soggetto sociale, questo, che ha tutti i tratti della cosiddetta modernità: è coerentemente un collezionista, un feticista, la sua è una vita fatta di percezioni immaginativo-sensoriali continuamente interrotte da chocs: la metropoli. La sua è l'esperienza di chi per primo deve vivere la definitiva separazione tra la propria abitazione e il luogo di lavoro. Un soggetto quindi che non può far altro per reagire che valorizzare esteticamente il proprio intemo borghese, riempiendolo maniacalmente di oggetti, sacralizzando il proprio abitare e trasformandolo in ritorno uterino all'infanzia. È il luogo dove viene compiuta la definitiva separazione tra valore d'uso e valore di scambio degli oggetti. Il valore d'uso viene definiti- vamente sacrificato. Assume valore la sola rete metonimica complessiva degli oggetti stessi, cioè a dire: è la rete sociale dei significati a determinare il senso e il valore di ognuno di essi, aprendo così in maniera irreversibile la strada alla collocazione simbolica e immaginativa delle merci nella società dello spettacolo. Ecco perché la categoria del kitsch è valida per definire il sistema della produzione di senso nella metropoli. Gli oggetti sono accostati tra loro casualmente, senza alcuna ragione logica. Quindi non può certamente sorprendere ritrovare questa categoria all'opera nella definizione di senso delle controculture giovanili, e perché no anche nel cyberpunk, anche inteso come movimento letterario.
Il cybersoggetto del futuro: lo spazio virtuale Immaginiamo due bambini. Uno a Roma, l'altro a Parigi. In un giorno non molto lontano potranno giocare insieme e costruire un castello di sabbia su una spiaggia di Rimini. Vedere, toccare, percepire e soprattutto agire a distanza è possibile grazie alla realtà virtuale. Gli ambienti virtuali, un altro modo di definire questa particolare realtà nascono dal matrimonio (tecnicamente ibridazione) tra un'immagine di sintesi tridimensionale e un corpo umano. Il primo componente dell'unione è un'immagine calcolata, creata da un computer, partendo da formule matematiche e particolari modelli logici. Ne possono esistere molti: dal modello della sala di un ristorante a quello della pista da ballo di una discoteca, alla rappresentazione della capsula interna di una navicella spaziale.
Così Silvia Pagani, in un articolo descrittivo apparso sul Corriere della Sera il 26 giugno 1990, riassume in termini divulgativi alcuni degli aspetti del fenomeno. In particolare, in tutti gli scritti scientifici divulgativi, vengono richiamate le ricerche cosiddette "ufficiali": quelle finanziate all'interno dei progetti della Nasa, o dell'Ina (Institute national de l'audiovisuel, francese) o del Politecnico di Milano, tralasciando di far menzione di quegli studi che hanno una diversa provenienza ideologica, come ad esempio quelli sostenuti daT.Leary. Al di là delle polemiche è certo che se lo spazio virtuale o cyberspace diventasse un campo di esperienze più praticabile di quanto oggi sia, molte cose rapidamente muterebbero. Non è casuale a nostro avviso difatti che le esperienze che vengono richiamate in ogni scritto di carattere "ufficiale" vertano semplicemente sulle possibilità dell'integrazione uomo-macchina. Questa è descritta nei termini "in cui è possibile far pervenire l'intelligenza e la percezione umana tutte le volte che un robot raggiunge i limiti della propria azione e si trova in una situazione di dubbio o di possibile errore". O diversamente semplicemente come ausilio e riadattamento della percezione umana, nel caso in cui questa si trovi a dover controllare troppe informazioni e per di più trasmesse a ritmi iperveloci (il caso dei piloti dei caccia). Si assiste in questi casi a un oblio comunicativo. Da questo tipo di descrizione difatti vengono fatte saltare come assolutamente non esistenti quelle potenzialità democratiche nella gestione dell'informazione, che pure sarebbero in nuce presenti nel progetto. In questo senso l'intervista curata da Sheff a Timothy Leary parla in maniera estremamente esplicita. Leary difatti si sofferma continuamente sull'enorme campo progettuale che la realtà virtuale aprirà. Ognuno, grazie alle strumentazioni cyber: data-giove, occhialoni, tuta cyber (in italiano esoscheletro) sarà collegato in tempo reale con tutte le banche dati del mondo. L'informazione non sarà più monopolio delle multinazionali del settore, le quali quindi dovranno ridefinire conseguentemente il proprio ruolo economico. Leary tratteggia difatti la possibilità che si schiuderà allorquando ognuno avrà la possibilità strumentale di manipolare tutto ciò che sarà presente nell'iconosfera. La sua ricerca attuale difatti è indirizzata in questo senso: produrre interazione, strumenti interfacciali che colleghino insieme tecnologie oggi non compatibili tra loro.
Questa tensione rivolta alla gestione democratica del dato, e quindi al ridimensionamento strategico del ruolo strategico delle multinazionali, è d'altronde sicuramente il filo rosso che pervade l'intera esperienza degli hackers europei e americani. Wau Holland. uno dei leader storici del gruppo amburghese del Chaos Computer Club, in un'intervista qui raccolta, non a caso suggerisce che il sabotaggio da loro fatto ai danni del BTX. la rete postale elettronica forgiata con l'aiuto dell'IBM da parte delle poste tedesche, debba essere letto proprio con questa chiave di lettura eversiva.
Lo spazio virtuale può in sintesi essere percepito non solo quindi come ricerca che ridefinisce, ricostruendola elettronicamente, la realtà percepita normalmente, ma più in generale come apertura di un nuovo spazio comunicativo, che solo lo strumento computer sembra essere in grado di poter garantire. Alla domanda cosa ne pensi del cyberpunk, Holland difatti risponde indicando che tutto quello che aveva letto in Neuromante non era tanto fantascienza, quanto realtà accelerata, realtà in atto. Gibson, come correttamente segnala Valmerz. è sensorialmente interno a questa visione del futuro prossimo: non l'anticipa, la descrive. Tutti i suoi racconti sono difatti costruiti intorno a questa intuizione. In Neuromante Case vive in prima persona con tutto il suo sistema nervoso quell'esperienza, seduto davanti al suo Sendai, al suo schermo di proiezione. Sente proprio quel dolore, e quel sollievo, ne è personalmente stremato. L'ipotesi di Gibson è quella della teletrasmissione di un influsso elettrochimico sul sistema nervoso capace di suscitare PSA (percezioni sensorie apparenti). Analogo scenario si ritrova in Frammenti di rosa in ologramma, dove il protagonista Parker è uno scenarista per delle emissioni di PSA. O meglio ancora nello stupendo Mercato d' interno.
Saucin giustamente segnala a questo proposito una mancanza nell'opera di Gibson. Nel sottolineare difatti la capacità narrativa dello scrittore di Vancouver, al contempo egli la ricollega a quella dell'altro grande anticipatore del XIX secolo: Jules Verne. Ma poi suggerisce che è da biasimare che non abbia molto il senso poetico del suo eminente collega francese e che non tracci, come quest'ultimo, l'impatto psicologico sottostante alle nuove tecnologie.
Bagatelle per un massacro Questa è un'osservazione fondamentale al lavoro gibsoniano. Egli difatti si limita ad annunciare la mutazione antropologica in atto, ad avvertire la presenza di un nuovo soggetto sociale, non ad analizzarlo.
Il problema però resta, visto che tutta l'analisi descrittiva fornita degli stessi esponenti del movimento, fa leva sull'esistenza ispirativa di soggetti sociali in carne e ossa. L'origine del cyberpunk è quindi profondamente ancorata all'ambito sociale e ne riflette conseguentemente, sublimandole ovviamente, alcune delle sue ispirazioni fondamentali. Alla luce di ciò suona particolarmente sfocato il successivo passo dell'analisi proposta da Valmerz. Egli in un suo saggio pubblicato di recente appare più preoccupato di uccidere di nuovo quel cane morto di Hegel, piuttosto che comprendere l'eversività del fenomeno in questione. Scolasticamente assillato dall'asserzione post-moderna della ormai avvenuta chiusura della storia, egli tende a leggere puramente in termini poetico- estetici il cyberpunk. Il mondo non è più processo del divenire storico, ma processo dell'interagire informatico: luogo di intersezione di innumerevoli proiezioni mentali, di innumerevoli visioni tecno-psicotropiche. "Il Cyberpunk costituisce forse la prima categoria poetico-estetica capace di superare compiutamente il Romanticismo". Una domanda sorge legittima a questo punto: questo interagire informatico non è forse esso stesso un prodotto storico. Non è forse espressione diretto del Capitale, che nel suo processo di modernizzazione sociale, "sussume" a sé le forze antagoniste che ne ostacolano il cammino? Il grande capitale italiano degli anni Ottanta, così vincente, agile, spregiudicato, "moderno", non è forse prodotto storico liofilizzato del grande scontro sociale degli anni Settanta?
Modello rlzomatico di comunicazione. Prospettiva per un superamento dell'individualismo Lo spazio virtuale rimanda inoltre a un'altra questione cruciale messa in evidenza nel corso di questi anni Ottanta: l'individualismo e l'impossibilità comunicativa che da esso deriva. Felseinstein, uno dei più impegnati programmatori americani, nelle dichiarazioni iniziali rilasciate in apertura del primo Congresso galattico degli hackers. constata la distruzione comunicativa interpersonale determinatasi con l'estendersi del villaggio globale. La direzione comunicativa dominante in questo villaggio, come è noto, è a senso unico, dall'alto al basso. Ciò ha determinato l'annichilimento dell'agora, della piazza come luogo di trasmissione di esperienze all'interno della comunità. È tempo, suggerisce Felseinstein, di progettare modelli comunicativi che si muovano in senso contrario a quanto l'impero delle multinazionali della comunicazione impone. E tempo di prospettare un modello sostanzialmente interattivo, che permetta la veicolazione e la socializzazione delle esperienze e dei saperi. La rete informatica sembra essere la risposta alla debolezza comunicativa che ogni comunità vive, nel restare isolata dalle altre. Ciò permetterebbe un continuo flusso di dati e di esperienze che non verrebbero mediate dalla cosciente distorsione operata dai detentori dei media ufficiali. L'unica prospettiva sembra quindi essere quella del modello rizomatico, che non ha un centro vitale, o nodo, a partire dal quale tutta l'attività della rete si dispiega. Tutti contano allo stesso modo, nessuno ha un predominio: ciò impedisce l'immediato intervento repressivo degli apparati dello stato, che si trovano impossibilitati, scoperto un nodo, risalire da questo a tutta l'estensione della rete antagonista stessa.
La comunicazione o perlomeno lo sperimentare modelli comunicativi "altri" è la tensione di fondo che anima tutte le aggregazioni comunitarie di questo decennio. È sicuramente un modello rizomatico quello che sta alla base della cultura hip-hop: la dichiarazione fatta da ogni gruppo rap di essere i "number one" dell'intera scena si stempera, difatti, di fronte alla constatazione che tutto ciò è evidentemente un gioco spontaneo di simulazione sociale. Il verosimile prende il definito vantaggio sulla categoria del vero. Certo restano le fondamentali osservazioni sulle leggi materiali che definiscono i soggetti nella loro concreta socialità, determinazioni queste che non possono essere trascurate.
Un'ulteriore osservazione, legata al discorso della rete comunicativa, la perno ancora sul concetto di comunità. Dal ghetto americano sembra dilatti emergere una forte istanza di rifiuto della categoria di nazionalità, visto che l'aggregarsi avviene su basi di contiguità ideologico-esistenziale (l'islamismo o le comuni radici africane rintracciabili nel rastaiàrianesimo). La nazione viene fatta giocare dal potere sempre più come guerra simulata, tramite lo sport e altri eventi mediatici di massa. Tutto ciò sembra quindi coincidere con l'intuizione propria della letteratura cyberpunk che non riconosce alle nazioni nessuna entità reale: esse sono solo delle macchie colorate sulla cartina geografica. Da qui l'interesse proprio del cyber verso quelle entità transnazionali, quali multinazionali, reti comunicative, zaibatsu, che hanno nei fatti già superato questo ordine di problemi.
Altre convergenze La ricerca sullo spazio virtuale condotta da Timothy Leary sembra peraltro vertere su un assunto abbastanza trascurato della teoria di McLuhan. Di questo autore difatti si ricorda sempre volentieri o la questione del villaggio globale o l'altra dei media caldi-freddi. Più stimolante sembra la conclusione tratta dall'autore canadese a partire dai due concetti sopra indicati. Egli difatti suggerisce che è in corso una sorta di mutazione antropologica, a partire dall'introduzione dei media freddi. Questi difatti debbono essere considerati alla stregua di attivatori di esperienze di tipo sinestetico, che permettono all'umanità di riappropriarsi di una modalità comunicativa, da tempo obliata: la modalità immagmativo-simbolica. Al contrario quindi del linguaggio referenziale diretto, che si esprime colla consequenzialità linguistica e logica, grazie alla sempre più vasta introduzione di massa di strumenti di televisione, l'umanità starebbe sempre più utilizzando modalità simboliche nella comunicazione interpersonale. Come suggerisce d'altro canto Benjamin, si è persa forse definitivamente la capacità del narrare, del fabulare, del raccontare storie, dello stare insieme tramite le parole. La comunicazione è oggi iconica, allusiva, analogica, in un certo senso addirittura mistica, proprio perché il misticismo si basa sulle medesime categorie immaginativo-simboliche nella comunicazione di esperienze (cfr. Alleau, Teorie sul simbolo). Questo tessuto di ipotesi viene recuperato a piene mani dallo stesso Leary, il quale sta coscientemente lavorando, nell'ambito degli studi sullo spazio virtuale, proprio sull'ipotesi della trasformabilità, tramite l'ausilio del computer, del linguaggio referenziale in linguaggio iconico.
I computerfreaks e la situazione americana Come emerso nei continui riferimenti citati nelle parti precedenti, si deduce l'esistenza di un vasto movimento antagonista che fa riferimento al cyberpunk letterario, che da questo trae alimento immaginativo, ma che al contempo ha ispirato con la propria pratica alcune delle sue intuizioni fondamentali. Il cyberpolitics è oggi sufficientemente frastagliato quanto a caratteristiche teoriche, nonostante una crescente unità d'intenti operativa si stia realizzando tra i diversi gruppi. Risulta perciò necessario soffermarsi un poco sulla storia di questi, in maniera tale da rendere più pungenti le conclusioni che successivamente verranno tratte.
Le figure fondamentali di partenza di questa storia sono due personaggi ormai mitici nell'ambiente: Captain Crunch e Richard Cheshire. Il periodo storico: gli anni Sessanta. Quando cioè Captain Crunch, marconista dell'esercito americano, casualmente, scopri una delle leggi fondamentali del phonephreaking, del pirataggio telefonico. Soffiando difatti in uno di quei fischietti di plastica, in omaggio nelle confezioni di cornflakes. Crunch scopri che le centraline telefoniche automatizzate decodificavano i segnali emessi dagli apparecchi telefonici, utilizzando una serie di frequenze sonore sufficientemente alte. Scoperta la frequenza giusta si aveva quindi la possibilità di telefonare gratuitamente in giro per il mondo. Immediatamente comunicata l'incredibile scoperta, attorno a Crunch in poco tempo si aggregò un discreto gruppo di pirati telefonici, che iniziarono sempre più a diffondere questo tipo di pratica. Richard Cheshire, uno del gruppo in questione, fondò, ispirandosi parzialmente per alcuni temi ad Abbie Hoffmann, un giornale. Esso aveva come proprio indirizzo programmatico quello di socializzare il più possibile questo ambito di conoscenze, e in particolare diffondere un uso alternativo della tecnologia. Non più quindi sapere esoterico, sapere tecnico rivolto a pochi specialisti, ma sapere pratico, con tanto di istruzioni dettagliate sul come fregare l'azienda del gas o autocostruirsi le magiche boxes per truffare la Bell Company. Dapprima Youth International Party Line, il gruppo all'inizio degli anni Settanta cambiò nome in T.A.P.. che alternativamente sta a significare sia Technological Assistance Program che Technological American Party. Inquisito per molto tempo dagli apparati di sicurezza americani, Cheshire riusci sempre a evitare guai grossi grazie al suo escamotage di dire che quello che veniva pubblicato, era editato coll'awertenza di non farlo. Ma le sue istruzioni erano talmente dettagliate, da far sorgere ben più di qualche vago sospetto. L'indubbio merito di questa operazione politica, peraltro legata organicamente alle dinamiche del Movimento americano, è stato di far crescere negli USA un approccio diverso rispetto al potere da sempre rappresentato dalla tecnologia. Un approccio non demonizzante, e il più possibile legato a esigenze sociali e collettive di utilizzo.
L'altra corrente che sta alla base del movimento americano è quella che oggi viene definita abitualmente come hackers. Le origini della pratica di pirataggio elettronico si fanno risalire addirittura agli anni Cinquanta, quando i calcolatori erano ancora a schede perforate. Alcuni studenti del MIT di Boston avevano difatti trovato il modo di entrare nel computer centrale della scuola, allora riservato ai soli professori universitari e collaboratori di pari livello. Soprattutto a partire dagli anni Settanta questa pratica cominciò a diffondersi estesamente, fino a intervenire in maniera decisiva nello stesso fenomeno Silicon Valley. Come è noto in questa regione si è concentrata in pochi anni tutta la produzione industriale americana legata alla componentistica e alla progettazione del fenomeno computer. Non tutti però sanno che ad esempio che la Apple, per intenderci la casa che ha sfornato il primo home computer, è stata fondata proprio da due hackers: Steve Jobs e Wozniak. Questo dato ci permette di capire del resto il duplice ruolo giocato da costoro nel processo di modernizzazione del capitale. Da una parte quindi sabotatori della privatizzazione dell'informazione, ma dall'altra fautori e innovatori nello sviluppo della merce immateriale, nuovo campo di dominio del capitale. Nel breve periodo successivo la pratica dell'hackeraggio viene quindi sopportata agevolmente dalle grandi multinazionali del settore, permettendo quindi un'ulteriore estensione del fenomeno. I migliori tra gli hackers vengono difatti a più riprese assunti dalle stesse case, per mettere a punto sempre più sofisticate barriere di ingresso alle banche dati. Sull hackeraggio viene quindi a determinarsi una sorta di mito, che tende a miscelare tra loro aspetti ideologici tipicamente americani. Da una parte una sorta di "gold rush" collettiva, dall'altra l'uomo che si fa da sé, che sfonda grazie alla propria genialità, in sintesi la conferma della bontà del sistema capitalistico. Non casualmente questo tipo di pratica elegge a propria bibbia lo slogan di Toffler Piccolo è bello, la sociologia dell'individualismo, del prosumere di tutto ciò che socialmente poi ne consegue.
Negli anni Ottanta il fenomeno in America, superata la prima fase di accumulazione originaria di "know how" tecnologico, ha subito un forte processo di polverizzazione. Difatti aumentano le dure condanne nei confronti di coloro che vengono individuati e addirittura si procede a regolamentare il settore con normative penali sempre più rigide. L'hackeraggio quindi oggi è sempre più praticato da ragazzini anche di dieci dodici anni, che non possono sicuramente avere una memoria politica del fenomeno o intenti di socializzazione del sapere stesso. Tutto morto quindi? Non esattamente, visto che tra gli hackers degli anni Sessanta -Settanta emerge sempre più la figura di Lee Felseinstein. Come citato poc'anzi. Felseinstein è uno dei più coscienti teorici della necessità di passare a una concezione positiva del computer. Egli in sostanza afferma che la pratica dell'hackeraggio ha valore oggi solo per dimostrare alle grandi multinazionali, che è impossibile per loro credere di poter monopolizzare e stockare tutte le informazioni. Lo strumento computer è uno strumento per definizione democratico, aperto all'utilizzo di tutti. Non deve esistere uno stato che possa accentrare a sé tutti i dati e tutte le informazioni che tramite le reti vengono scambiati. L'hackeraggio serve quindi a mostrare nei fatti questa impossibilità. La battaglia condotta dal capitale per il controllo segreto dell'informazione è quindi una battaglia arretrata, una lotta di retroguardia. Sull'altro versante, reagendo all'impoverimento comunicativo che l'era del villaggio globale sembra imporre. Felseinstein teorizza del resto la necessità di attivare sempre più reti comunicative. Reti queste che devono essere concepite, come visto, sul modello rizomatico. L'intento di Felseinstein è quindi mirato alla costruzione di un'etica specificatamente hacker, che guidi l'azione di ogni gruppo nella propria pratica. In questo senso si sta oggi impegnando, lavorando nell'organizzazione di convegni che tentino di focalizzare sempre più l'obiettivo di una società dove la macchina venga messa al servizio dell'uomo e della sua liberazione. Proprio su questa esigenza democratica e di liberazione si registra la convergenza con la riflessione più specificatamente europea.
La situazione europea: i tecnoanarchici Quando si parla di situazione europea si deve gioco forza riflettere innanzitutto su quella che riteniamo la realtà più importante: il Chaos Computer Club di Amburgo. Fondato nel 1984. questo gruppo ha mostrato fin dagli inizi una grande consapevolezza delle proprie origini culturali e politiche e degli scopi verso cui indirizzare i propri sforzi. Esso si è richiamato fin dall'inizio alla pratica del TAP di Richard Cheshire, mutuandone immediatamente la filosofìa di fondo sulla socializzazione del sapere tecnologico. Ciò non deve stupire più di tanto, se solo si considera che gli stessi membri del CCC hanno fatto parte, e in un certo senso vi militano tuttora, del movimento tedesco. Amburgo come è noto è sede di una delle occupazioni più simboliche dell'intera Europa. Hafenstrasse, e luogo di progettazione ad altissimo livello, fin dai primi anni Ottanta, anche di sapere alternativo high-tech. Klaus Maeck. ad esempio, regista e sceneggiatore dell'ormai mitico film Decoder, un film nel quale viene descritta su vari piani la possibilità di un utilizzo tecnologico e ribelle della pratica del cut-up di burroughsiana memoria.
In una situazione già di per sé così stimolante, la riflessione del CCC non poteva che essere adeguata all'humus in cui essa muoveva i primi passi. Tra i primi obiettivi prefissati troviamo perciò: fondazione di banche-dati accessibili via telefono o sistemi aperti al pubblico e raccolta, immagazzinamento e distribuzione gratuita di parole chiave di ogni tipo.
Proprio nel 1984 il CCC trova il primo dragone contro cui combattere la propria battaglia di libertà: il BTX, il servizio di comunicazioni Telebox, elaborato dalle Poste tedesche in collaborazione con l'IBM. Tramite questo servizio computerizzato gli utenti registrati potevano ricevere comunicazioni personali o mandarle ad un altro abbonato o addirittura prenotare merci o servizi. Ciò risvegliò in molti ambiti del movimento, e non solo in questi, preoccupazioni molto fosche riguardanti le libertà future dei singoli cittadini. È da ricordare che quasi contemporaneamente il governo tedesco lanciò l'iniziativa, poi sostanzialmente fallita, del censimento informatizzato di tutti i tedeschi, da poi immettere nei computer centrali di Wiesbaden. Un futuro orwelUano sembrava schiacciare l'immaginario collettivo del felice popolo tedesco.
Per far fallire il progetto del BTX, il CCC inventò una beffa enorme ai danni di una Cassa di Risparmio di Amburgo, l'Haspa. che in un primo tempo versò loro 135.000 marchi. Il CCC difatti con un sotterfugio riuscì a conoscere la pass -word per entrare nel computer centrale dell' Haspa, e lasciargli quindi in memoria l'ordine di richiamare in maniera continua il servizio offerto nel BTX dal CCC. L'Haspa richiamò così 13.500 volte il servizio in questione in circa dodici ore. 1 135.000 marchi furono così calcolati e versati al Chaos Computer Club con la bolletta telefonica del novembre 84. La bolletta esiste veramente e cosi anche l'abbuono, ma immediatamente il CCC rese pubblica la vicenda, dichiarando che non voleva ritirare il danaro, visto che il fine dell'azione era solo di rendere note le gravi lacune presenti nel BTX. Il CCC per di più affermò di aver ricevuto la parola chiave della banca proprio attraverso un errore di sistema del BTX. Più precisamente tramite un'emissione incontrollata di pagine di decodificazione. Il caso suscitò un enorme clamore, come è giusto del resto che fosse, in tutta la Germania, facendo fallire in maniera definitiva il progetto BTX, visto che ne era stata dimostrata l'intima fragilità. Da allora tale sistema ha continuamente perso abbonati: alla fine del 1988 ne contava solo 20.000. a fronte del milione preventivato per la medesima data dal Presidente delle Poste. Sulla scorta del modello amburghese in breve tempo si costituirono gruppi con interessi simili: a Darmstadt, in Olanda (Hack Tic), a Monaco (Bayerische HackerPost), a Stuttgart. Quasi tutti mantennero come caratteristica basilare la visibilità, come del resto fece subito il CCC. aprendo una sua sede regolarmente registrata. Strumenti essenziali per questa contaminazióne in tutta l'area nordeuropea sono stati gli incontri annuali, svoltisi sempre tra Natale e Capodanno, in cui il movimento ha colto l'occasione per scambio di dati, discussioni, workshops. La crescita del movimento è stata indubitabilmente molto forte negli ultimi anni. Ragione prima di questo aumento è da ricercarsi nel diffondersi a macchia di leopardo del computer per ragioni di lavoro. Si calcolano in Germania alla fine del 1988 circa 100.000 modem tra i quali ben 30.000 non registrati alle poste. Non bisogna infine dimenticare l'esistenza di reti alternative o politicizzate oggi funzionanti, come quella che gravita intorno al gruppo Links di Monaco di Baviera. Non sono mancati problemi con la parte più ortodossa del movimento, la quale li ha accusati di tenere il piede in due staffe. Da una parte predoni dello spazio virtuale, scassinatori del computer, dall'altra "maiali da tartufo dell'industria elettronica ". In realtà la questione è molto più sfumata di quanto a prima vista non appaia. Bisogna essere attori, difatti, protagonisti del processo di modernizzazione e subirne quindi le contraddizioni, per poterne capire gli intimi nessi. La risposta del CCC a questo tipo di accuse non poteva altro che far leva sul "nuovo diritto umano di portare avanti uno scambio di informazioni non controllate, senza limiti e a livello mondiale". Alla società dello spettacolo e della deprivazione comunicativa correttamente il CCC risponde con l'individuazione del terreno di lotta sul diritto della comunicazione. L'informazione per essere concreta, reale, deve avere con sé anche un senso sociale. Esiste difatti " una grossa differenza qualitativa tra bit e significato, in quanto il bit è qualcosa di vuoto e che, appunto, non produce senso se non quando si arricchisce col significato, quindi solamente quando comunica". Informare significa difatti mettere in forma, dare una forma a un qualcosa che prima forme non ne aveva. Informazione così viene a coincidere con deformazione, col chaos, col Chaos Computer Club. Anche su questa base teorica è avvenuto l'incontro progettuale con la parte più politicizzata del movimento americano: esito felice è stata sicuramente l'organizzazione del festival ad Amsterdam, nell'agosto del 1989, in cui molte delle istanze prima riassunte sono state approvate dall'intero congresso. Peraltro un ulteriore aspetto dell'esperienza del CCC suscita molto interesse. Consiste nel loro cosciente auto- candidarsi a modello da imitare, a Bildungsroman generazionale. Essi non vogliono sentirsi ruolizzati difatti nella dimensione di una specie di Robin Hood dell'informazione, da rubare e dare al popolo. 11 loro intento, diversamente, è quello di socializzare gli strumenti e i saperi, per poter creare da sé l'informazione.
Il cyber psichedelico Con cyber psichedelico intendiamo un movimento politico-esistenziale, che ha numerose analogie sia col cyberpunk di tipo letterario (il concetto di spazio virtuale) sia con alcuni obiettivi propugnati dalla parte dura degli hackers: l'istanza di democratizzazione dei dati, delle informazioni. Esso ha il proprio principale centro di irradiazione nella California, e particolarmente negli ambienti che più attivamente hanno attraversato da protagonisti gli anni Sessanta. 11 nome di Timothy Leary è uno di questi. Inoltre ad esso si sono collegate altre situazioni, parzialmente disomogenee tra loro, che hanno avuto una certa importanza nel far esplodere a livello di massa fenomeni apparentemente modaioli. È il caso della tendenza musicale neopsichedelica esplosa in Inghilterra circa cinque anni fa, ad esempio, che ha avuto in particolare nello staff di Fraser Clarice uno dei principali ispiratori.
Enciclopedia Psichedelica Fraser Clarke è l'editore della rivista Enciclopaedia Psychedelica, edita a Londra, in circa 3.000 copie trimestrali. Rivista questa nata con l'obiettivo di tratteggiare tutto il sapere psichedelico conosciuto, in esattamente 100 numeri, da pubblicarsi tutti entro l'anno duemila: l'anno della nuova era! Il primo numero della sua rivista non a caso delinea un manifesto della nuova umanità. La stessa parola Umanità viene trasformata in WoMan, a sancire anche dal punto linguistico l'avvenuta parificazione dei due sessi. È un'umanità più consapevole, tollerante, in armonia col flusso del tutto, che evita attentamente di agire con violenza. Lo stesso Fraser Clarke non a caso è uno dei principali organizzatori del Convoy che. in occasione del solstizio d'estate, muove da Londra verso Stonehenge. Due anni fa sono però accaduti violenti scontri tra la polizia e i giovani zippies, freaks, punks e cyberpunks che erano accorsi all'appuntamento. 11 divieto del- la Thatcher di avvicinarsi al tempio, che quindi venne recintato, diede esca a una notte infuocata, dove numerosi "fratelli travellers" si sono distinti per la loro tenacia nel difendere il diritto a praticare il rito propiziatorio. Noi non sappiamo come siano andati in realtà i fatti, quale sia stato il motivo scatenante e quale il comportamento dei giovani freak-punk. fatto sta che nell'ottobre di quell'anno è girata per l'Europa una lettera di Fraser Clarke. in cui spingeva per raccogliere firme contrarie a qualsivoglia uso della violenza. Un approccio quindi politicamente molto simile all'atteggiamento di Leary intomo ai diritti civili. La rivista, del resto, più in generale è omologa alla produzione intellettuale di Leary. essendone del resto una parziale derivazione. 11 soggetto che spingerà verso la nuova umanità, e che parzialmente l'anticipa, è lo zippie: strano, ma non troppo, miscuglio di hippismo e tecnologia. La rivista per il resto si occupa pariteticamente di annunci sulla nuova epoca, consigli tecnici sul come industriarsi in casa l'Ecstasy, premonizioni astrologiche sul prossimo futuro e in particolare sulla positività a livello sociale del 1 994. ecc. Da rimarcare il quarto numero dedicato interamente all'origine dei festival e a Stonehenge. e l ottavo e nono volume interamente dedicati agli eroi psichedelici. Anche in questi due ultimi numeri si può notare il tributo verso Leary. in quanto edizione accresciuta degli editoriali biografici inclusi nel libro Flashbacks. sempre dello stesso Leary.
Il computer e il mito Elemento però coagulante l'intera produzione di Enciclopaedia Psichedelica è sempre il misticismo, che trae alimento da una parte, sicuramente, dall'esoterismo mistico e dalle potenzialità immaginative che il computer scatena e dall'altra dall'importante influenza fortemente neoplatonica che è sempre stata presente in questo tipo di controcultura.
Che il computer difatti induca a un approccio sostanzialmente mistico, lo si deduce del resto anche dalla numerosa bibliografìa presente sull'argomento. Valga per tutti ad esempio l'atteggiamento di Peter Glaser, nome d'arte Poetronic, uno scrittore programmatore di Amburgo legato alla scena ben più politicizzata degli hackers tedeschi, il quale in una lunga intervista riportata in Hacker JùrMoskau così si esprime: Quando io programmo spesso mi vedo seduto come una specie di mago Merlino con cappello a cono in testa, allora lo schermo si trasforma in una specie di sfera di cristallo, nella quale appaiono visioni che si possono capire, divinare attraverso formule magiche divinatorie incomprensibili. È veramente una specie di magia scrivere un programma lungo sei pagine, che quando si schiaccia un bottone sullo schermo sviluppa una sfera magica che getta un'ombra, un'ombra strana. (...) Un elemento tipico di questa lirica arcaica dei riti magici che si ritrova anche nel computer è proprio la ripetizione. (...) a volte posso sentire questo come una specie di tam-tam che ossessivamente ripete 01010101. Un atteggiamento quello di Glaser che non può essere definito come semplicemente episodico, ma molto più profondamente coerentemente mitico, sprofondato nelle radici del tempo. Io programmo per ore, per giorni e pernotti, e nel tempo di un fulmine attraverso i secoli e mi vedo, senza volerlo, portare avanti le opere degli antichi sacerdoti, dei signori del culto del fuoco, della divinità indiana, dei parsi persici che curavano il fuoco per Zarathustra e mi vedo come custode della luce eterna. Io so quale è la ricerca della perfezione: il programma senza errori e quello che io sacrifico è il tempo.
Il sincretismo neo-platonico di Timothy Leary Come si segnalava poc'anzi, questo atteggiamento di misticismo derivato dal mezzo computer si coniuga a una ben più vigorosa ispirazione teosofica, da sempre presente in questo tipo di movimento. In particolare Timothy Leary consciamente opera in questa direzione. Basti vedere ad esempio come parla della nuova scienza neurologica, scoperta fin a partire dai suoi esperimenti sugli psichedelici. La Neurologica si definisce propriamente come il "controllo del proprio sistema nervoso da parte di ognuno". Da esso ne emerge conseguentemente una nuova mitica concezione della natura umana, che consiste nel leggere il microcosmo nell'individuale e quindi scoprire la più completa visione dell'universo. Ed è proprio in questo momento della teoria che emergono i pensieri e le aspirazioni più profonde di Leary. Non a caso a questo punto comincia ad infervorarsi per una sorta di nuovo sincretismo religioso-filosofico che gli avvenimenti tenderebbero a determinare. Per sincretismo s'intende un'unione/miscelamento di differenziate visioni religiose, le quali peraltro hanno tra loro una comune aspirazione. Ecco quindi miscelate tra loro neognosticismo con ermetismo, neoplatonismo, alchimia, miti faustiano e jeffersoniano. Pensieri questi che solo parzialmente possono essere avvicinati tra loro. Alcuni di essi difatti sono proiettati, da un punto di vista di filosofia della storia, verso l'età aurea dell'infanzia dell'umanità (neoplatonismo, ermetismo, alcune correnti di neognosticismo), mentre altri sono più orientati verso la costruzione del futuro, dell'uomo nuovo (l'alchimia, Faust, Jefferson).
È questa una contraddizione immaginativa che mina al proprio intemo profondamente le aspirazioni di Leary. Da una parte infatti vi è una torsione verso il sacro, l'iconico, dall'altra una forte esaltazione dell'utensile, visto quasi fosse l'uomo in "fieri".
E il suo scientismo Nell'accentuarsi di quest'ultima prospettiva. Leary in realtà oscilla tra le due posizioni e non può fare altro che cadere In una piatta esaltazione del progresso scientifico, visto ormai acriticamente come scientismo. L'intera opera di Leary difatti fin a partire dai suoi primi scritti degli anni Cinquanta è completamente intrisa di filosofìa scientifica e di pragmatismo americani. Bisogna richiamare qui che già la sua tesi di dottorato era orientata a descrivere i comportamenti, nei termini il più possibile oggettivi. Gli stessi studi degli anni Sessanta sulla somministrazione e le reazione all'LSD. inizialmente rispondevano alla medesima ispirazione scientifica. Un rischio quindi da sempre agente non solo nella riflessione di Leary. ma più in generale nella controcultura americana (vedi L'esperienza di Hubbard). Questa ansia positivista trova un'ulteriore conferma nel suo porsi di fronte alla storia umana quasi fosse un processo evolutivo già predeterminato geneticamente in partenza, che a questo punto non deve far altro, finalmente, che compiersi. Si congiungono finalmente i due diversi corni dell'ispirazione di Leary: una sorta di misticismo positivista/neoplatonico. "Noi cercavamo operazionalmente di ridefinire gli antichi insegnamenti e di offrire un neoplatonismo di tipo sperimentale". È per questo che Leary si accorda acriticamente al mito, al sogno dell'individualismo americano: fatto di "Gold Rush", di anticomunismo, di calvinismo d'importazione, ma anche di forte autointrospezione.
La nuova filosofia, a cui da sempre (anni Sessanta) tende è quindi la risultante delle diverse ispirazioni prima descritte. Essa sarà quindi nell'essenza scientifica, ma fantascientifica nello stile. Ecco quindi spiegato da una parte il suo interesse per tutto il cyberpunk. Ma sarà basata sul concetto di espansione della coscienza, della comprensione e del controllo del sistema nervoso, temi questi derivatigli dalle esperienze psichedeliche, e poi ritrovati nel suo enfatico approccio mistico nei confronti del computer. Politicamente sarà un movimento individualista, ma al contempo insofferente dell'autorità centralizzata, miope com'è verso la differenza.
Una filosofia quindi profondamente radicalborghese, quanto a diritti civili ma saldamente a favore della proprietà: giacché, nella sua visione, l'arricchimento è sempre possibile in questo sistema. Il contatto con Gibson peraltro è dovuto ad altre due ragioni. Da una parte la medesima ispirazione immagi- nativa rispetto al possibile utilizzo del concetto di spazio virtuale, ma dall'altra una serie di affari economici che tra i due sono stati nel frattempo allacciati. Non esistono limiti rispetto all'utilizzo della spazio virtuale. Esso nella visione un po' profetica di Leary permetterà ad ognuno di spaziare all'interno dell'intero universo dei dati, senza limiti, né costrizioni, gratuitamente. L'eroe di Neuromancer. Case, sembra essere a questo punto il parto della fantasia di entrambi. Come si leggerà in maniera chiara negli scritti selezionati nell'antologia, Leary sta cercando anche di sfruttare economicamente l'intuizione filosofica dello spazio virtuale. Non a caso ha fondato la Futique alcuni anni orsono, una casa di produzione di software oggi impegnata anche nella commercializzazione di alcuni prodotti per la colonizzazione dello spazio virtuale. Ma impegnata anche nel tentativo di rendere interattivi i due strumenti più potenzialmente democratici degli anni Ottanta: il videoregistratore e il personal computer. L'intuizione che ispira Leary è che difatti ci si stia avviando verso una società iconica di tipo nuovo, nella quale finalmente verrà superata, seppure con artifici, la divisione babelica tra i diversi popoli. In Leary così come in Sterling, è infatti continuamente operante il lucido insegnamento di McLuhan. Una lettura quindi potenzialmente rivoluzionaria, ma che necessita del classico disvelamento per operare in maniera conclusiva.
Cogliere l'occasione! La difficoltà più grande che incontra oggi ogni ricercatore, che lavori sulle interzone prodotte dall'avanzare tritatutto del moderno, è quella di non poter esprimere sintesi. Questo non tanto per cautela o correttezza scientifica, quanto proprio per la frammentazione accelerata subita dal mondo negli ultimi quindici anni. La sintesi onnicomprensiva in effetti sembra essere completamente inattuale. Nonostante questa cautela metodologica di fondo, sembrano emergere alcuni elementi significativi, riguardanti la mutazione antropologica in atto e anche le dinamiche di resistenza controculturali. Il percorso precedente ci sembra possa dame atto. Vorremmo perciò qui insistere su un altro elemento, più propriamente politico. Essenziale, difatti, appare oggi il condurre una battaglia per il diritto all'informazione, tramite la costruzione di reti alternative sempre più ramificate. È questa una lotta chepuò essere vinta, tenuto conto che lo stesso capitale non può arrestare, per ragioni di opportunità politica, un movimento economico intrinseco al suo stesso progredire. Il computer è uno strumento potenzialmente, estremamente democratico, l' importante è acquisirne la consapevolezza a livello collettivo. Per di più la letteratura cyberpunk sembra essere un ottimo cavallo di Troia, buono per interessare quei settore attigui, oggi non ancora eoivolti. che gravitano nelle orbite più lontane dal movimento. Oggi tramite il cyberpunk si offre l'opportunità, a tutti gli operatori culturali e di movimento, di aprire un nuovo enorme campo di produzione di immaginario collettivo, capace di scardinare la tenace cappa immaginativa esistente, dalla quale da più tempo si è compressi. 1 temi ispiratori del cyberpunk, come si è dimostrato, appartengono per storia, evocazioni e fascinazioni future ai movimenti controculturali. Bisogna collettivamente riappropriarsene.
Potrebbe essere questa la risposta da offrire al paradosso comunicativo che caratterizza la fase attuale della società: un mondo che mai è stato così mediatico, ma anche mai così povero quanto a comunicazione reale.
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www.booksblog.it/post/1824/cyberpunk-lantologia-di-raf-valvola-e-ora-tascabile