Who Am We?: differenze tra le versioni
(Una versione intermedia di un altro utente non mostrate) | |||
Riga 4: | Riga 4: | ||
==Tratto da:== | ==Tratto da:== | ||
''Wired'' 4.01, January 1996.<br> | ''Wired'' 4.01, January 1996.<br> | ||
− | David Trend, ''Reading Digital Culture'',Blackwell Publishing, 2001, pp.236-250.<br> | + | David Trend, ''Reading Digital Culture'', Blackwell Publishing, 2001, pp.236-250.<br> |
'''Sherry Turkle è psicologa clinica e professoressa di Sociologia della scienza presso il Massachusetts Institute of Technology. Ha ampiamente scritto sulle implicazioni psicologiche e culturali della tecnologia dei computer. I suoi libri includono ''The Second Self: computers and the humn spirit'' (Simon & Schuster, 1984) (Il secondo io. Il computer e l'uomo, Milano Frassinelli, 1985) e ''Life on the screen: identity in the age of the internet'' (Simon & Schuster, 1995) (La vita sullo schermo. Nuove identità e relazioni sociali nell’epoca di Internet, Milano, Apogeo, 1997). Questa selezione, pubblicata per la prima volta sulla rivista ''Wired'', tratta dell’identità nelle chatroom e nei MUD, con aneddoti specifici sull’esperienza dei bambini, dei teen ager e degli adulti.''' | '''Sherry Turkle è psicologa clinica e professoressa di Sociologia della scienza presso il Massachusetts Institute of Technology. Ha ampiamente scritto sulle implicazioni psicologiche e culturali della tecnologia dei computer. I suoi libri includono ''The Second Self: computers and the humn spirit'' (Simon & Schuster, 1984) (Il secondo io. Il computer e l'uomo, Milano Frassinelli, 1985) e ''Life on the screen: identity in the age of the internet'' (Simon & Schuster, 1995) (La vita sullo schermo. Nuove identità e relazioni sociali nell’epoca di Internet, Milano, Apogeo, 1997). Questa selezione, pubblicata per la prima volta sulla rivista ''Wired'', tratta dell’identità nelle chatroom e nei MUD, con aneddoti specifici sull’esperienza dei bambini, dei teen ager e degli adulti.''' | ||
Riga 144: | Riga 144: | ||
[[categoria:Sociologia]] | [[categoria:Sociologia]] | ||
[[categoria:Psicologia]] | [[categoria:Psicologia]] | ||
− | [[categoria: | + | [[categoria:Postmodernismo]] |
Versione attuale delle 12:15, 10 Mag 2013
Autore:
Tratto da:
Wired 4.01, January 1996.
David Trend, Reading Digital Culture, Blackwell Publishing, 2001, pp.236-250.
Sherry Turkle è psicologa clinica e professoressa di Sociologia della scienza presso il Massachusetts Institute of Technology. Ha ampiamente scritto sulle implicazioni psicologiche e culturali della tecnologia dei computer. I suoi libri includono The Second Self: computers and the humn spirit (Simon & Schuster, 1984) (Il secondo io. Il computer e l'uomo, Milano Frassinelli, 1985) e Life on the screen: identity in the age of the internet (Simon & Schuster, 1995) (La vita sullo schermo. Nuove identità e relazioni sociali nell’epoca di Internet, Milano, Apogeo, 1997). Questa selezione, pubblicata per la prima volta sulla rivista Wired, tratta dell’identità nelle chatroom e nei MUD, con aneddoti specifici sull’esperienza dei bambini, dei teen ager e degli adulti.
Titolo Originale:
Who Am We?
Anno:
1996
Chi sono noi?
Ci stiamo spostando da un calcolo modernista verso una simulazione postmodernista, dove l’io è un sistema multiplo e distribuito.
Esistono molte Sherry Turkle. C’è la “French Sherry” che ha studiato il post – strutturalismo a Parigi negli anni ’60. C’è la Turkle scienziata sociale, con una formazione in antropologia, psicologia della personalità e sociologia. C’è la Dott.ssa Turkle, la psicologa clinica. C’è la Sherry Turkle che scrive libri – Psychoanalityc Politics (Basic Books, 1978) e The Second Self : Computers and Human Spirit (Simon & Schuster, 1984). C’è la Sherry professoressa, che ha fatto da mentore agli studenti del MIT per quasi vent’anni. E c’è l’esploratrice del cyberspace, la donna che può entrare in Rete come un uomo, o come un’altra donna, o, semplicemente, come ST.
Tutte queste Sherry Turkle sono autrici del nuovo libro, La vita sullo schermo. Nuove identità e relazioni sociali nell’epoca di Internet, pubblicato il 30 Novembre da Simon & Schuster. La vita sullo schermo racconta come il computer ha profondamente formato il nostro modo di pensare e sentire, come le idee portate dalla tecnologia sono rimodellate dagli individui per i propri scopi e come i computer non stanno solo cambiando le nostre vite ma noi stessi.
Questa storia è nata dalle esperienze di ricerca della Turkle dell’ultimo decennio. Durante una serie di “pizza party” per i MUDders nell’area di Boston, Sherry Turkle si accorse di come le conversazioni passavano rapidamente a trattare di personaggi multipli, flirt, racconti, e tutto ciò che può essere considerato come “reale” in uno spazio virtuale. Si rivolse, poi, al mondo dell’ Internet Relay Chat, newsgroup, forum, e servizi commerciali online. Esaminò inoltre la crescita di bambini e teenagers nel cyberspace.
E cosa trovò? Che Internet collega milioni di persone in nuovi spazi che stanno modificando il modo in cui pensiamo e il modo in cui creiamo le nostre comunità. Che ci stiamo spostando da “una cultura moderna del calcolo verso una cultura postmoderna della simulazione.” Questa vita sullo schermo ci permette di “progettare noi stessi nelle nostre storie, storie di cui siamo i produttori, i registi e le star…gli schermi del computer sono le nuove sedi per le nostre fantasie, sia erotiche che intellettuali. Stiamo sperimentando la vita sullo schermo del computer affinchè questo nuovo modo di pensare l’evoluzione, le relazioni, la sessualità, la politica e l’identità diventi familiare”.
La metafora delle finestre della Turkle serve ad introdurre i seguenti estratti dal suo nuovo libro. Quelle aree recintate sullo schermo, scrive la Turkle, ci permettono di navigare attraverso il cyberspace e la vita reale, ancora e ancora. Le finestre ci permettono di essere in diversi contesti nello stesso tempo – in un MUD, in un programma di elaborazione testi, in una chat room, nella posta elettronica.
“Le finestre sono diventate una metafora forte per riflettere sull’io come un sistema multiplo e integrato,” scrive la Turkle, “ l’io non sta più semplicemente interpretando differenti ruoli in ambientazioni differenti in tempi diversi. La vita pratica dello schermo è quello che esiste di un io decentrato in molti mondi, che interpreta molti ruoli nello stesso tempo.” Ora la vita reale stessa può essere, come uno degli intervistati della Turkle disse, soltanto una finestra in più”.
Circa 10 o 15 anni fa, era quasi impensabile parlare di coinvolgimento del computer con l’idea di significati variabili e di verità inconoscibili. Il computer aveva una chiara identità intellettuale in quanto macchina per il calcolo. In un corso di programmazione base all’università di Harvard nel 1978, un professore introdusse il computer alla classe chiamandolo enorme calcolatore. La programmazione, rassicurò gli studenti, è un’attività tecnica prestabilita le cui regole sono cristalline.
Così le rassicurazioni catturano l’essenza di quello che ho chiamato estetica modernista computazionale. È il computer in quanto calcolatore: non importa quanto complicato possa sembrare un computer, ciò che succede all’interno può essere meccanicamente disfatto.
La programmazione era un’abilità tecnica che poteva essere fatta o in modo corretto o in modo sbagliato.
Il modo corretto veniva dettato dall’essenza computazionale del computer. Il modo corretto era logico e lineare. Questo modello lineare, logico guidava il pensiero non solo riguardo la tecnologia e la programmazione, ma anche l’economia, la psicologia, e la vita sociale.
Il pensiero computazionale era una delle maggiori meta narrazioni moderne, storie di come il mondo lavorava per fornire immagini unitarie e per analizzare questioni complicate suddividendole in parti più semplici. I computer, si presumeva, sarebbero diventati più potenti, sia come strumenti sia come metafore, divenendo macchine di calcolo migliori e più veloci, migliori e più veloci macchine analitiche.
Dalla prospettiva odierna, le lezioni fondamentali di programmazione erano sbagliate.
La programmazione non è più prestabilita. Stai programmando quando personalizzi il tuo programma di elaborazione di testi? Stai programmando quando progetti “organismi” per popolare una realtà che simula l’evoluzione darwiniana nel gioco per pc Simlife? Oppure quando costruisci una stanza in un MUD in modo che aprendo una porta si festeggia un“Happy Un-birthday” ,che suona tutti i giorni dell’anno tranne uno?
Le lezioni di computer oggi non devono riguardare calcoli e regole, ma simulazioni, navigazione e interazione. La sola immagine del computer come un enorme calcolatore è diventata bizzarra e datata. Quindici anni fa, la maggior parte degli utenti si limitava a digitare comandi. Oggi usano prodotti realizzati in serie per manipolare computer simulati, disegnare con colori e pennelli simulati, e volare in finte cabine d’aereo.
Gli odierni modelli computazionali della mente spesso abbracciano un’estetica postmoderna complessa e decentrata. La corrente principale delle ricerche sui computer non aspirano più a programmare l’intelligenza nei computer ma si aspettano che l’intelligenza emerga dalle interazioni di piccoli sottoprogrammi.
Nella serie di giochi Sim (SimCity, SimLife, SimAnt, SimHealth), si prova a costruire una community, un ecosistema, o una politica pubblica.
L’obiettivo è creare un universo di successo dal parti complesse e correlate. Tim è un tredicenne, e tra i suoi amici, i giochi Sim sono argomento di lunghe conversazioni,anche su quelli che loro chiamano i segreti dei Sim. “ Ogni ragazzo sa” confida, ”che premendo Shift – F1 verranno accreditati un paio di migliaia di dollari a SimCity.”
Ma Tim sa che i segreti dei Sim hanno i loro limiti. Sono dei piccoli inganni, ma non sono l’essenza delgioco. Il gioco riguarda il fare scelte e ricevere feedback. Tim parla agevolmente di equilibrio in SimCity -tra limiti di aree e sviluppo economico, di controlli sull’inquinamento e della costruzione di alloggi.
SimLife è il gioco preferito di Tim, perché “anche se non è un videogioco, si può giocare come se lo fosse”. Quindi vuol dire che come in un videogioco, gli eventi nel mondo Sim si evolvono. (“I miei trilobiti si sono estinti. Devono aver esaurito le alghe. Non gliene ho date. Mi sono dimenticato. Credo che lo farò ora.”). Lui è in grado di agire secondo un vago senso intuitivo di quello che succederà, anche se non c’è un modello verificabile di regole alla base del comportamento del gioco. Quando ha popolato il suo universo in uno scenario da laboratorio biologico, Tim ha messo 50 esemplari di ciascuna delle sue creature preferite, come trilobiti e ricci di mare, ma ha messo soltanto 20 squali. (“ non ne voglio 50 di questi, non voglio rovinarlo”) Tim può continuare a giocare anche quando non ha idea di cosa guida gli eventi. Per esempio, quando i suoi ricci di mare si sono estinti, gli ho chiesto il perché.
TIM: Non lo so, sono cose che accadono. ST: sai come capire cosa è successo? TIM: No. ST: Ti dispiace che non sai dire il perché? TIM: No. Non lascio che le cose mi infastidiscano. Non è ciò che è importante.
“ Il tuo orgot è stato mangiato” ti dice il gioco. Chiedo a Tim, “ Cos’è un orgot?”. Lui non lo sa. “ Lo Ignoro” dice “ Non occorre sapere questo genere di cose per giocare”.
Sto chiaramente avendo difficoltà a nascondere la mia abitudine di ricercare le parole che non capisco, nonostante Tim cercava di tranquillizzarmi proponendomi una definizione plausibile di orgot. “Ignoro questa parola, ma credo che sia un tipo di organismo. Non l’ho mai letto, ma dal gioco, potrei dire che cos’è.”
La questione dell’orgot non finì: “ Il tuo fig orgot si è spostato verso altre specie,” il gioco ci informa. Questa volta non dico nulla, ma Tim legge nella mia mente: “non ti preoccupare se non capisci. Mi sono detto che probabilmente non sarò in grado di capire subito l’intero gioco in ogni sequenza. Quindi gioco soltanto.”
Ho iniziato a cercare su vari dizionari ma orgot non era presente, poi finalmente ho trovato un riferimento inserito nel gioco stesso, in un file chiamato READ ME. Nel file ci si scusava per il fatto che l’orgot aveva significati diversi e a volte contraddittori in questa versione di SimLife, ma uno tra questi è che (l’orgot) è simile ad un organismo.
Quindi Tim aveva ragione.
I ragazzi sono a proprio agio con l’idea che gli oggetti inanimati possono sia pensare che avere una personalità. Ma non si preoccupano più di tanto se la macchina è in vita. Sanno che non è così. La questione riguardante la vita delle macchine si è spostata in secondo piano, come se fosse archiviata. Ma la nozione di macchina si è estesa per includere il suo avere una psicologia. Parlando da un punto di vista psicologico, i ragazzi permettono ai computer di trattenere una traccia “animista” , un segno del passaggio attraverso una fase in cui il problema della “vita” dei computer era al centro di forti dibattiti.
I ragazzi inoltre assegnano nuove capacità e privilegi al mondo delle macchine sulla base che il suo essere animato non è la sua vita. Loro conferiscono agli oggetti artificiali proprietà, come l’avere intenzioni o idee, che erano in precedenza riservate agli esseri viventi.
Assegnare una valenza psicologica ai computer può significare che gli oggetti nella categoria “macchine”, come gli oggetti nella categoria “persone” e “animali”, sono partner adatti per il dialogo e le relazioni. Sebbene i ragazzi considerino sempre più i computer come mere macchine, sono sempre più attribuite loro delle qualità che minano la distinzione uomo/macchina.
I ragazzi sviluppano in parallelo due concetti e considerano quello che capiscono essere un’attività psicologica del computer (l’interattività così come il parlare, il cantare e fare esercizi di matematica) come un segnale di consapevolezza. Ma loro insistono che respirare, avere il sangue, essere nati, e, come ha detto uno di loro, “avere una pelle reale” sono veri segni dell’essere in vita. I ragazzi oggi prendono in considerazione l’idea che le macchine, che loro credono essere intelligenti e consapevoli, non sono ancora vive.
Questi ragazzi, che separano così facilmente consapevolezza e vita, sono precursori di un movimento culturale più ampio. Gli adulti, meno favorevoli dei ragazzi ad ammettere che i più avanzati programmi di oggi per computer sono molto vicini dall’essere consapevoli, si tirano indietro, non in misura minore, di fronte all’idea di una macchina consapevole di sé. Fino a un decennio fa, l’idea di macchine intelligenti provocava accesi dibattiti. Oggi, la controversia sui computer non ruota attorno alla loro capacità di essere intelligenti ma alla loro capacità di vita. Siamo disposti ad ammettere che le macchine hanno una “psicologia”, ma non che sono vive.
Le persone accettano l’idea che tali macchine hanno il diritto all’intelligenza e quindi ad un’attenzione rispettosa. Sono pronti ad avere a che fare con i computer in molti campi. Infatti quando le persone considerano che nessuna cosa potrebbe alla fine differenziare i computer dagli essere umani, non si soffermano, però, a lungo e con amore su questi aspetti delle persone che sono legati alla sensualità e al coinvolgimento fisico della vita.
È come se stessero cercando di sottolineare che sebbene le macchine odierne possono essere psicologiche in un senso cognitivo, non lo sono nel senso che comprendono le nostre relazioni con i nostri corpi e con le altre persone. Alcuni computer potrebbero essere considerati intelligenti e potrebbero ancora diventare consapevoli, ma non sono stati generati da madri, allevati in famiglie, non conoscono il dolore della perdita, o non vivono con la certezza che moriranno.
Il tredicenne Tim pensa che SimLife, rispetto alla programmazione di videogiochi e computer, sia utile. “Si possono mutare piante e animali in specie differenti. Equilibrare un ecosistema. Si è parti di qualcosa di importante.”
Tim pensa che “gli animali che crescono nei computer potrebbero essere vivi”, quindi aggiunge “ questo è qualcosa di soprannaturale”.
Robbie,che ha dieci anni e gli è stato regalato un modem per il suo compleanno, pone l’enfasi non sulla comunicazione ma sulla mobilità, valutando se le creature che ha sviluppato su Simlife siano vive.
“Penso che siano piccole vite nel gioco, ma si può chiudere il gioco senza salvare e quindi tutte le creature che ho elaborato spariscono. Ma se loro riuscissero a capire come liberarsi da questo aspetto del programma legato al salvataggio del gioco…se il modem è acceso, le creature potrebbero uscire dal computer e andare su America Online.”
Sean, 13, che non ha mai usato un modem, propone una variante dell’idea di Robbie riguardo al viaggio. “Le creature potrebbero essere più vive se riuscissero ad entrare in DOS. Se fossero in DOS infatti, potrebbero essere come dei virus del computer e passare su tutti i dischi, e se si prestano i propri dischi agli amici, sarebbe come se stessero viaggiando.”
Alla fine degli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80, mentre studiavo le idee dei ragazzi sulla vita, in rapporto agli oggetti immobili dei computer, il focus dei pensieri dei ragazzi si spostò sulle proprietà psicologiche degli oggetti. Oggi, nei commenti dei ragazzi sulle creature che esistono nei giochi di simulazione, parlando di viaggi attraverso dischi in circolazione o su modem, di virus e reti, il movimento riappare come un criterio per l’essere in vita. I ragazzi immaginano in larga misura che le creature dei giochi Sim hanno il desiderio di uscire dal sistema e dirigersi verso un mondo digitale più ampio.
Le creature nello spazio simulato mettono alla prova i ragazzi che tentano di trovare nuovi linguaggi per parlare di loro e della loro condizione, come fanno i robot autonomi che gironzolano, prendendo le “proprie decisioni” sulla direzione in cui andare. Quando Rodney Brooks, professore del MIT, chiese a sua figlia di dieci anni se i suoi mobots, robot mobili, fossero vivi, lei disse, “No, loro hanno soltanto il controllo.” Per questa bambina, nonostante il lavoro del padre, la vita è biologica. Si può essere consapevoli senza essere intenzionalmente vivi. Alla Conferenza sulla vita artificiale della fine del 1992, ero seduta accanto all’undicenne Holly a guardare un gruppo di robot chiaramente con differenti “personalità” che disputavano in una Olimpiade speciale. Le dissi che stavo studiando i robot e la vita, e Holly diventò pensierosa. Poi all’improvviso disse, “è come Pinocchio. Prima, Pinocchio era solo un burattino. Non era per niente vivo. Poi diventò un burattino animato. Poi diventò un ragazzo vivo. Un ragazzo reale. Ma lui era vivo anche prima di essere un bambino reale. Quindi credo che i robot siano anche così. Sono vivi come Pinocchio [il burattino], ma non come ragazzi reali”.
All’inizio degli anni ’70, Dungeons and Dragons, il gioco di ruolo faccia a faccia, si diffuse ampiamente nella cultura del gioco. Il termine “dungeon” rimane nella cultura high tech per connotare uno spazio virtuale. Quindi, quando furono creati gli spazi virtuali, in cui molti utenti di computer potevano condividere e collaborare, furono considerati Dungeon multiutente o MUD, ovvero un nuovo tipo di realtà virtuale e sociale. (Alcuni giochi utilizzano software che li rendono tecnicamente MUSH o MOO, ma il termine MUD è stato introdotto per riferirsi a tutti gli ambienti multi utente.)
I MUD sono un nuovo tipo di gioco da tavolo virtuale e una nuova forma di community. Inoltre, i MUD testuali sono una nuova forma di letteratura collettiva. I giocatori nei MUD sono anche autori, creatori così come utenti di contenuti mediali. Quindi, partecipare ad un MUD ha molto in comune con la scrittura di sceneggiature, di arte performativa, teatro di strada, teatro di improvvisazione, o anche commedia dell’arte. Ma sono anche qualcos’altro.
Quando i giocatori partecipano, diventano autori non soltanto di testi ma di loro stessi, e costruiscono nuovi sé con l’interazione sociale. I MUD stessi si costruiscono con l’interazione con la macchina, con partecipazione ai MUD , che avviene tramite l’invio di testo al computer che ospita il programma del MUD e il database.. Senza di questa i MUD cesserebbero di esistere: un giocatore dice, “Parte di me, una parte molto importante di me, esiste soltanto all’interno del PernMUD”. Molti giocatori scherzano sul fatto di essere come “gli elettrodi nel computer”, cercando di esprimere il livello di quanto si sentono parte di questo spazio.
Tutti i MUD sono organizzati attorno alla metafora di uno spazio fisico. Quando si entra per la prima volta in un MUD, ci si potrebbe trovare in una chiesa medievale dalla quale si può passare alla piazza della città, o in un guardaroba in una casa grande e disordinata. Per esempio, quando si fa il log in per la prima volta su LambdaMOO, uno dei più famosi MUD su internet, si vede la seguente descrizione:
Il guardaroba. Il ripostiglio è uno spazio buio e ristretto. Sembra essere molto affollato; ti imbatti in qualcosa che percepisci come cappotti, stivali e altre persone (che apparentemente dormono). Una delle cose che riesci a scoprire, goffamente, è un pomello della porta che sta all’altezza della vita su qualcosa che dovrebbe essere una porta. C’è una nuova edizione del giornale. Digita “news” per vederla.
Nei MUD, i personaggi virtuali conversano tra di loro, si scambiano gesti, esprimono emozioni, vincono e perdono soldi virtuali, aumentano e diminuiscono il proprio status sociale. Un personaggio virtuale può anche morire. Alcuni muoiono per cause “naturali” (un giocatore decide di smettere), o le loro vite virtuali possono venire spente. Tutto questo è possibile attraverso la scrittura, e in una cultura che era apparentemente addormentata nelle braccia audiovisive della tv. Tuttavia, questo tipo di scrittura è un ibrido: discorsi momentaneamente fissati in manufatti, ma sono curiosamente artefatti effimeri. In questa nuova scrittura, a meno che non sia stampata su carta, una schermata piena di tremolii sostituisce quella precedente.
L’anonimato nei MUD dà alla persone la possibilità di esprimere molti e spesso non esplorati aspetti dell’io, di giocare con la propria identità e di provarne di nuove.
I MUD rendono possibile la creazione di un’identità così fluida e molteplice che mette a dura prova i limiti della nozione stessa. L’identità, dopo tutto, si riferisce alla somiglianza tra due qualità, in questo caso tra una persona e il suo personaggio. Ma nei MUD, uno può essere molti personaggi.
Uno studente di 21 anni difende il suo personaggio violento come “qualcosa in me; ma in tutta sincerità io potrei violentare più facilmente nei MUD dove non viene fatto nessun danno.” Una ventiseienne che lavora in ufficio dice, “non sono una cosa, ne sono molte. Ogni parte è maggiormente espressa nei MUD rispetto al mondo reale. Quindi anche se gioco più di un me in un MUD, mi sento più “me stesso” mentre gioco.” Nella vita reale, questa donna vede il suo mondo troppo stretto per permetterle di manifestare gli aspetti sicuri della persona che si sente di essere. Creare un personaggio sullo schermo è in questo modo un’opportunità di espressione del Sé, un modo per guidare i propri sentimenti più vicino al proprio vero Sé abbellito con una gamma di maschere virtuali.
I MUD implicano differenza, molteplicità, eterogeneità e frammentazione. Tale esperienza di identità smentisce la radice della parola latina, idem, che significa “lo stesso”. Eppure questa contraddizione definisce in misura crescente la condizione delle nostre vite dietro il mondo virtuale. I MUD, quindi, diventano oggetti utili a rifletter sull’io postmoderno. Infatti, lo svolgimento di tutte le azioni nei MUD si attua in un contesto decisamente postmoderno. Ci sono narrazioni parallele in stanze differenti del MUD. Le culture di Tolkien, Gibson e Madonna coesistono e interagiscono. Da quando i giocatori sono autori dei MUD, migliaia di persone in tutto, spesso centinaia nello stesso momento, sono collegate da diversi posti; l’autore solitario è dislocato e distribuito. Le idee tradizionali sull’identità vengono collegate alla nozione di autenticità che le esperienze virtuali sovvertono attivamente. Quando ciascun giocatore può creare molti personaggio in molti giochi, l’io non è decentrato ma è moltiplicato senza limiti.
Come nuova esperienza sociale, i MUD pongono numerose questioni psicologiche: se un personaggio, in un gioco di ruolo, abbassa le difese ma il giocatore nella vita reale non è capace di smettere, che effetti ha? Cosa succede se un personaggio gode del successo in alcuni ambiti ( parole, flirt) che il giocatore non riesce a raggiungere? Si verificano delle discrepanze in un luogo in cui il personaggio e l’io si mescolano, in cui la persona multipla si unisce per comprender i pensieri individuali del suo Io autentico.
Doug è uno studente del college Midwestern. Gioca quattro personaggi in tre differenti MUD. Uno è una donna molto attraente. Uno è un macho, un tipo di cowboy la cui descrizione di sé insiste su fatto che è “un tipico ragazzo con il pacchetto di Malboro nella manica arrotolata della T-shirt”. Il terzo è un coniglio di un genere non specificato che girovaga nel suo MUD presentando le persone, un personaggio chiamato Carrot. Doug dice “Carrot è un tipo basso che le persone lasciano girare attorno mentre conversano privatamente. Quindi penso che Carrot sia un personaggio passivo e voyeuristico.” Il quarto personaggio di Doug è giocato in un MUD nel quale tutti i personaggi sono animali di peluche. “non parlo abbastanza di questo personaggio perché il mio anonimato lì è molto importante per me”, dice Doug. “dico soltanto che su FurryMUD mi sento come un turista sessuale.” Doug dice inoltre di giocare i suoi personaggi in finestre diverse e dice che utilizzare le finestre ha reso tutto ciò possibile per lui, poiché “ accende e spegne parti della mente”. “Ho diviso la mia mente…posso vedere me stesso essere due, tre o di più. Soltanto attivo una parte della mia mente e poi un ‘altra, quando mi sposto da una finestra ad un’altra. Magari sto avendo una discussione in una finestra e, mentre cerco di passare da una ragazza in un MUD ad un’altra nell’altro, un’altra finestra potrebbe aprirsi con il programma di foglio di calcolo, o altre cose tecniche per la scuola…quindi prendo un messaggio dalla vita reale che passa improvvisamente sullo schermo come se fosse mandato da un altro utente del sistema, e io suppongo sia RL . RL è soltanto una finestra in più, e non è di solito la mia preferita.”
Il gioco è sempre stato un aspetto importante del nostro sforzo di costruire un’identità. Il psicanalista Erik Erikson chiama il gioco “la situazione dei giocattoli” che ci permette di “rivelare e affidare” noi stessi “nella nostra irrealtà”. Sebbene i MUD non siano gli unici “luoghi” in internet nei quali giocare con l’identità, questi forniscono un’opportunità senza precedenti per questo gioco. In un MUD di fatto si costruisce un personaggio e un ambiente e poi si vive dentro questa situazione di gioco. Un MUD può diventare un contesto per scoprire chi si è e chi si desidera essere. In questo modo, i giochi sono laboratori di costruzione dell’identità.
Stewart, studente ventitreenne laureato in fisica, usa i MUD per avere esperienze che lui non può immaginare per sé in RL. La sua intensa partecipazione online risveglia questioni chiave nella sua vita ma alla fine non lo aiuta a trovare soluzioni soddisfacenti.
La vita reale di Stewart ruota intorno al lavoro di laboratorio e ai suoi progetti per un futuro nella scienza. Il suo unico amico è il suo compagno di stanza, un altro studente di fisica che descrive come una persona ancora più solitaria di lui. Per Stewart, questa vita studentesca circoscritta e quasi monastica non rappresenta un distacco radicale da ciò che era prima. Ha avuto problemi cardiaci sin dall’infanzia e una piccola ribellione, un giro sugli sci quando era matricola al college, lo costrinse all’ospedale per una settimana. Proprio per questo ha sempre vissuto la vita molto tranquilla.
Stewart sta connesso su un MUD o su un altro per al meno 40 ore settimanali. Sembra fuorviante chiamare gioco quello che fa. Trascorre il tempo a costruire una vita più movimentata di quella che lui vive nella realtà fisica. Stewart, che non ha viaggiato molto e non è mai stato in Europa, spiega con gioia che il suo MUD preferito, nonostante sia in lingua inglese, è collocato fisicamente su un computer in Germania e ha molti giocatori europei.
Nel MUD tedesco, Stewart dà forma ad un personaggio di nome Achilles, ma lui chiede agli amici del MUD di chiamarlo Stewart il più possibile. Lui vuole sentire che il suo Io reale esiste in qualche posto tra Stewart e Achilles. Vuole sentire che la sua vita su MUD è parte che della vita reale. Stewart insiste sul fatto che non fa un gioco di ruolo, ma che i MUD gli permettono semplicemente di essere una versione migliore di se stesso.
Sul MUD, Stewart crea un ambiente vivibile e adeguato per il suo Io ideale. Il suo dormitorio all’università è modesto, ma la stanza che ha costruito per Achille sul MUD è elegante e molto influenzata dalla pubblicità di Ralph Laureen. L’ha chiamata “la casa sotto la luna d’argento”. Ci sono libri, un fuoco crepitante, cognac, una ciminiera color ciliegia “con appese foto degli amici di Achille da tutte le parti del mondo”.
“Alzi lo sguardo… e attraverso l’immenso lucernario hai davanti a te una vista mozzafiato del cielo notturno. La luna è sempre piena sopra la casa di Achille, e la sua luce riempie la stanza con il suo bagliore caldo.
Al di là di aver ampliato il suo mondo sociale, i MUD hanno portato a Stewart l’unico flirt e l’intimità che abbia mai conosciuto. All’evento sociale in uno spazio virtuale, il “matrimonio” tra due giocatori regolari sul MUD tedesco che io chiamo Gargoyle, Achilles ha incontrato Winterlight, un personaggio giocato da una delle tre ragazze presenti su quel MUD. Stewart, che aveva avuto sempre scarsi risultati negli appuntamenti e nelle relazioni d’amore, fu abile ad affascinare questa giocatrice desiderata.
Durante il loro primo appuntamento virtuale, Achilles portò Winterlight in un ristorante italiano vicino al dormitorio di Stewart. Ha spesso fantasticato di essere lì con una donna. Stewart utilizzò una combinazione di comandi sul MUD per simulare una serata romantica – prendere Winterlight all’aeroporto con una limousine, portarla in una stanza d’albergo in modo che si potesse fare una doccia, e poi portarla al ristorante e ordinare carne di vitello per lei.
A questo appuntamento per cena ne seguirono altri in cui Achilles fu tenero e romantico, galante e poetico. L’intimità che Achilles sperimentò durante la sua corte a Winterlight era sconosciuta a Stewart in altri contesti. “lei è una vera e buona amica, ho scoperto molte cose, dalle cose fisiologiche al colore dello smalto che indossa.” Alla fine, Achilles chiese la mano di Winterlight. Quando lei accettò, organizzarono una cerimonia di fidanzamento formale sul MUD.
Alla cerimonia, Winterlight diede ad Achilles la rosa che indossava nei capelli e lui le diede mille stelle di carta.
Nonostante Stewart partecipò a questa cerimonia da solo nella sua stanza con il computer e il modem, un gruppo di giocatori europei andò in Germania, luogo del computer host di Gargoyle, per andare a mangiare insieme e a bere champagne. Molti tra i 25 invitati alla celebrazione tedesca portarono regali e indossarono abiti speciali per l’occasione. Stewart si sentiva come se avesse dato una festa. Questa fu la prima volta che aveva intrattenuto, e fu orgoglioso del suo successo. Nella vita reale, Stewart si sentiva impacciato per i suoi problemi di salute, per la timidezza e il suo isolamento sociale, e per le sue ristrettezze economiche. Nel MUD Gargoyle, oltrepassò questi ostacoli almeno temporaneamente.
Gli effetti psicologici della vita sullo schermo possono essere complicati: un luogo sicuro non è tutto ciò di cui si ha bisogno per un cambiamento personale. Stewart iniziò a giocare sui MUD con seri problemi, e per lui giocare ha un buon effetto sulla considerazione che ha di sé.
I MUD aiutarono Stewart a parlare dei suoi problemi mentre erano ancora emotivamente rilevanti; tuttavia, egli fu categorico sul fatto che giocare ai MUD, alla fine, lo ha fatto sentire peggio con se stesso. Il gioco MUD non ha alterato l’opinione che Stewart aveva di se stesso di un solitario,con poco appeal e pieno di difetti.
Mentre Stewart ha tentato fortemente di rendere il suo sé nel MUD, il “miglior” sé -Achilles, parte della sua vita reale, dice che sia fallita. Dice: “Non sono socievole. Non mi piacciono le feste. Non posso parlare alle persone dei miei problemi.” L’integrazione sociale di Achilles, che riusciva a parlare dei propri problemi, con l’asociale Stewart, che riusciva soltanto a evitare i pensare ai problemi, non è avvenuta. Dal punto di vista di Stewart, i MUD avevano rimosso alcune delle sue difese e non hanno dato nulla in cambio. Infatti, i MUD hanno reso Stewart vulnerabile in un modo nuovo. Nonostante sperasse che i MUD lo avrebbero curato, è proprio il MUD che ora lo rende triste. Si sente dipendente dai MUD: “senti che ti sei fossilizzato e senti che nulla va nella tua vita e sei intrappolato nella solita routine, è molto semplice essere lì per una grande quantità di tempo.”
Stewart non può apprendere dall’esperienza e dal successo sociale del suo personaggio Achilles perché sono troppo distanti dalle cose di cui egli si crede capace. Malgrado i suoi sforzi di trasformare Achilles in Stewart, Stwart ha esaurito le sue energie e li considera possibili soltanto per Achilles nel MUD. Soltanto Achilles può infatti creare la magia e conquistare la ragazza. Nel compiere questa suddivisione tra se stesso e il successo del suo personaggio sullo schermo, Stewart non ha dato a se stesso il merito per i passi positivi che ha fatto nella vita reale. Come una psicoterapia senza successo, giocare al MUD non ha aiutato Stewart a portare queste buone esperienze dentro di sé o a integrarle all’interno della sua immagine di sé.
Le relazioni durante l’adolescenza sono di solito legate da una reciproca comprensione ed implicano un impegno limitato. Lo spazio virtuale è molto adatto per queste relazioni; le loro limitazioni naturali mantengono le cose entro i confini. Come nel libro di Thomas Mann, La montagna incantata, ambientato nell’isolamento di una casa di cura, le relazioni diventano intense molto rapidamente perché i partecipanti si sentono isolati in un mondo remoto e poco familiare e con le proprie regole. I MUD, come altri luoghi elettronici di incontro, possono generare rapidamente una sorta di intimità. In una prima fase, i giocatori di MUD sentono l’eccitazione di relazioni che diventano rapidamente profonde e la sensazione che il tempo stesso sia accelerato. “Il MUD accelera le cose. Le accelera molto,” dice un giocatore. “Sai, non si può riflettere su qualcosa mentre lo si sta facendo, ma quando incontri qualcuno su un MUD, entro una settimana senti come se foste amici da sempre”.
In una seconda fase, i giocatori comunemente cercano di rendere reali le cose virtuali e di solito rimangono delusi.
Il cambio di genere sui MUD è solo una piccola parte dell’azione di gioco. Secondo alcune stime, Habitat, un MUD giapponese, ha 1,5 milioni di utenti. Habitat è un MUD che opera per profitto. Tra i membri registrati di Habitat, c’è un rapporto di quattro uomini della vita reale per ciascuna donna. Ma all’interno del MUD il rapporto è di solo 3 personaggi maschili e di uno femminile. In altre parole, un numero significativo di giocatori, molte decine di migliaia, sono virtualmente crossdressing.
Con cosa ha a che fare il cambio di genere? Molti tra coloro che lo praticano affermano che non sia particolarmente rilevante. “Quando gioco un personaggio donna non lo prendo davvero sul serio,” dice il ventenne Andrei. “lo faccio per migliorare il rapporto tra donne e uomini. È soltanto un gioco” Per alcuni aspetti, il cambio di genere virtuale è più semplice di quello nella vita. Per un uomo presentarsi come donna in una chat room, su un canale IRC, o su un MUD, richiede soltanto una descrizione.
Un uomo per interpretare una donna per le strade di una città americana, dovrebbe radersi varie parti del proprio corpo; truccarsi, indossare per esempio una parrucca, un vestito e tacchi alti; cambiare voce, modo di camminare e di muoversi. Dovrebbe avere qualche preoccupazione sull’essere anche sul non essere scambiato per una donna, che potrebbe rappresentare un rischio di violenza o di un possibile arresto. Quindi gli uomini sempre più sono disposti a dare una possibilità al cross-dressing virtuale. Ma una volta che sono online come donne, presto scoprono quanto sia difficile mantenere questa finzione. Agire come una donna per un certo periodo di tempo richiede la comprensione di come il genere usa il linguaggio, i modi di fare e l’interpretazione dell’esperienze.
Le donne che tentano di passare per uomini si trovano di fronte la medesima prova.
Il cross dressing virtuale non è così semplice come afferma Andrei. Non solo può essere una prova tecnica, ma può essere complicato da un punto di vista psicologico. Interpretare un ruolo virtuale può comportare relazioni in corso. Si possono scoprire cose su se stessi che non si erano mai sapute.
Case, un designer industriale di 34 anni, felicemente sposato con una collega, sta al momento giocando su un MUD con un personaggio femminile. In risposta alla mia domanda, “giocare ai MUD ti ha mai causato qualche sofferenza emotiva?” lui disse, “Si, ma anche il tipo di insegnamento che si ha da un periodo duro.”
“Sto soffrendo nel mio gioco attuale. Mairead, la donna che sto interpretando in MedievalMUSH, sta avendo una relazione interessante con un tizio. Mairead è un avvocato e i costi elevati della scuola di legge devono essere pagati da una corporazione o da una famiglia nobile. Si è innamorata di un nobiluomo che ha pagato per lei la scuola di legge. [Case va in confusione e si riferisce a Mairead in prima persona] Ora lui vuole sposarmi nonostante sia una cittadina comune ed io alla fine ho accettato. Ho provato a parlargli del fatto che io sono essenzialmente di sua proprietà, io sono una comune cittadina…sono cresciuta così, che è il mio modo di vivere. Lui nega l’evidenza. Dice “oh no no no…ti solleveremo, ti faremo andare con le tue gambe, l’intero mondo è aperto per te.” Ma ogni volta mi comporto come se diventerò una contessa un giorno…”Non mi è mai piaciuta questa tappezzeria”, e la tira giù. La relazione è un continuo tira e molla. è un incredibile danno psicologico da fare ad una persona. E tutto ciò che in realtà lui ama di lei: il suo essere indipendente, forte, il fatto che dice ciò che pensa, è tutto scivolato fuori da lei”.
Case mi guarda con un sorriso amaro e sospira, “ ecco la vita di una donna”, continua “la vedo [Mairead]affrontare uno dei suoi problemi psicologici maggiori. Quella che abbiamo è una relazione disfunzionale. Ma anche se è molto dolorosa e stressante, è molto interessante guardare me stesso affrontare questo problema. Come posso tirar fuori il mio personaggio da questa confusione? Perché non voglio andare avanti così. Voglio uscirne…Come puoi vedere, interpretare questa donna mi lascia vedere cosa ho nel mio repertorio psicologico, cosa è difficile e cosa è semplice per me. Inoltre posso vedere come alcune delle cose che funzionano quando sei uomo ti si ritorcono contro quando sei donna.”
Case, inoltre, illustra la complessità del cambio di genere come un veicolo per la riflessione su di sé. Case descrive la sua persona nella vita reale come un ragazzo carino, un “tipo alla Jimmy Stewart come mio padre.” Dice che in generale gli piace suo padre e se stesso, ma sente di star pagando il prezzo per un modo di fare un po’ sottotono. In particolare, sente di perdere nel confronto, sia nelle relazioni a casa che al lavoro. A Case piace giocare ai MUD come donna perché ciò gli rende più semplice essere aggressivo e provocatore.
Case gioca molte volte “tipi alla Katherine Hepburn” online, molto dinamici, una donna fuori dal comune che gli ricorda sua madre, “che dice esattamente cosa pensa ed è una persona che non fa concessioni”.
Per Case, se sei un uomo assertivo, sei indicato come “un bastardo”. Se sei una donna assertiva sei indicata come “moderna ed equilibrata”.
Alcune donne che giocano personaggi maschili desiderano invisibilità o il permesso di essere più esplicite o aggressive. “Sono nata nel Sud e pensavo che le ragazze non dovevano dissentire a voce alta con gli uomini,” dice Zoe, una donna di 34 anni che gioca personaggi maschili e femminili su 4 MUD.
“Ci sedevamo per cenare e mio padre parlava e mia madre doveva essere d’accordo. Pensavo che mio padre fosse un dio. Una o due volte ho dissentito con lui. Ricordo una volta in particolare quando avevo 10 anni, lui mi guardò e disse, “ Bene, bene, bene, se questo piccolo fiore cresce troppo spinoso, non prenderà nessun uomo”.
Zoe dà ai MUD il merito di averle permesso di giungere uno stato mentale che le permette di dissentire nel suo matrimonio, maggiormente per se stessa (“dire ciò che mi passa per la mente prima che le cose diventino fuori misura”) e di occuparsi del suo lavoro di responsabile finanziario in una piccola ditta di biotecnologie.
“Ho interpretato un uomo sul MUD per due anni. L’ho fatto, primo perché volevo sentirmi parte di un campo di gioco paritario in termini di autorità, e pensavo che il solo modo per farlo era giocare un personaggio maschile. Ma dopo un po’, sono stata assorbita dal gioco. Sono diventata un mago su un MUD carino e semplice. Mi chiamavo Ulysses, sono stata coinvolta dal sistema e mi sono resa conto che come maschio potevo essere risoluto e le persone avrebbero pensato che ero un grande mago. Come donna, porre dei limiti ed essere risoluto mi hanno sempre fatto sentire come una sgualdrina e, al momento, sento che queste persone mi vedono così, pure. Come uomo ero libera da tutto questo. Ho imparato molto dai miei errori. Ho fatto meglio ad essere risoluta e non rigida. Ho fatto pratica, indenne alle critiche.”
Le percezioni di Zoe sui suoi problemi di genere sono quasi opposte a quelle di Case. Mentre Case vede l’aggressività accettabile soltanto per le donne, Zoe la vede accettabile solo per gli uomini. Queste storie condividono la nozione che il cambio di genere virtuale dà alle persone una gamma emozionale più ampia rispetto al reale. Zoe dice: “ mi sento molto bene giocando un uomo, così bene che chiunque sia nel sistema mi accetterebbe come uomo e mi parlerebbe come un uomo. Quindi, gli altri ragazzi parlano con Ulysess da ragazzo a ragazzo. Ed è tutto confermato. In tutti questi anni ero paranoica su come gli uomini parlano delle donne. O pensavo di essere paranoica. Poi ho avuto un’opportunità di essere un ragazzo e ho visto che non ero paranoica per niente.”
Il sesso virtuale, sia nei MUD sia in stanze private su un servizio commerciale online, consiste in due o più giocatori che digitano descrizioni di azioni fisiche, affermazioni verbali, e reazioni emotive dei propri personaggi.
Sui MUD, alcune persone hanno rapporti sessuali con personaggi del loro stesso sesso. Altri con personaggi di genere diverso. Alcuni uomini giocano personaggi femminili per fare sesso in rete con uomini. E nella “sindrome delle false lesbiche”, uomini adottano personaggi femminili online per fare sesso con donne. Sebbene non sembri essere un comportamento molto diffuso, ho incontrato molte donne che dicono di presentarsi come un personaggio maschile per avere rapporti in rete con uomini. Altre persone fanno sesso con personaggi non umani, per esempio, come gli animali su FurryMUD. Alcuni apprezzano il sesso con un solo partner. Altri usano la realtà virtuale come un luogo per sperimentare situazioni di gruppo. Nella vita reale, tale comportamento (dove possibile) può creare enorme confusione pratica ed emotiva. Le avventure virtuali posso essere più semplici da intraprendere, ma posso anche avere come conseguenza complicazioni significative.
Martin e Beth, entrambi di 41 anni, sono stati sposati per 19 anni e hanno avuto 4 figli. All’inizio del loro matrimonio, Martin rimpianse il non aver avuto molto tempo per altre esperienze sessuali e ebbe una relazione extraconiugale. Questa relazione ferì profondamente Beth, e Martin decise di non volerlo fare più. Quando Martin scoprì i MUD ne fu entusiasta. “ Sono realmente monogamo. Non sono davvero interessato a qualcosa al di fuori del mio matrimonio. Ma essere in grado di avere, sai, una piccola avventura romantica è qualcosa di fantastico.” Martin decise di dire a Beth della sua vita sessuale su MUD e lei decise di dirgli che non le importava. Beth aveva preso la decisione consapevole di considerare le relazioni sessuali di Martin sui MUD come le sue letture di romanzi erotici piuttosto che come se avesse un rendezvous in una stanza d’albergo. Per Martin, le sue relazioni online erano un modo per riempire il vuoto della sua giovinezza, per ampliare la sua esperienza sessuale senza mettere in pericolo il suo matrimonio.
Gli altri partner degli adulteri virtuali, non condividono l’atteggiamento di approvazione di Beth, Janet, per esempio,che ha 24 anni ed è segretaria presso uno studio legale a NY, è molto turbata dalla vita sessuale nel cyberspace di suo marito Tim. Dopo la prima relazione online di Tim, lui confessò la sua infedeltà virtuale. Quando Janet si dimostrò contraria, Tim le disse che avrebbe smesso di “vedere” la sua amante online. Janet dice di non essere sicura che lui, al momento, abbia smesso. “ La cosa che mi infastidisce di più è che lui vuole farlo in primo luogo. In un certo senso, sarei stata più disposta alla comprensione se lui avesse avuto una relazione nella vita reale. Per lo meno, mi sarei detta, “è per qualcuna con un corpo migliore, o soltanto per la novità. È che il primo bacio che è sempre il migliore. Ma sui MUD lui dice che vuole quel sentimento di intimità con qualcun altro, la parte di un incontro con una donna he è del “solo parlare”, e invece vuole con me ciò che è più vicino alla parte più importante riguardo al sesso.”
All’inizio gli ho detto che non avrebbe dovuto rifarlo più. Poi nel panico mi sono immaginata che avrebbe potuto farlo in ogni caso perché, a differenza della vita reale, non l’avrei mai scoperto. Impossibile da trovare tra tutte quelle migliaia di persone da tutto il mondo con i loro stupidi nomi falsi. Quindi sono ritornata e ho detto che questa conversazione era severamente vietata. Ma ora non so se è stata la decisione corretta. Sono paranoica ogni volta che è al computer.”
Questa moglie angosciata lotta per decidere se suo marito è infedele quando il suo personaggio collabora alla scrittura in tempo reale di letteratura erotica con un altro personaggio nel cyberpsace.
E al di là di questo, farebbe differenza se all’insaputa del marito la sua amante del cyberspace si scoprisse essere un ragazzo di 19 anni, matricola in un college? E se “lei” fosse un anziano ottantenne infermo in una casa di riposo? E sempre più inquietante, se fosse una ragazza di 12 anni? O un ragazzo di 12 anni?
TinySex pone quale sia il nocciolo della questione riguardo al sesso e alla fedeltà. È l’atto fisico? è l’intimità emotiva con qualcun altro rispetto al partner? L’infedeltà è nella mente o nel corpo? Nel desiderio o nell’azione? Cosa costituisce la violazione della fedeltà?
E una volta che si prenderà sul serio la virtualità come un modo di vivere, avremo bisogno di un nuovo linguaggio per parlare delle cose più semplici.
Ciascun individuo dovrebbe chiedere: qual è la natura della mia relazione? Quali sono i miei limiti di responsabilità? E ancora più basilare:chi e cosa sono? Qual è la connessione tra il mio corpo fisico e il mio corpo virtuale? E inoltre è (il corpo) diverso in differenti cyberspace? Queste problematiche sono ugualmente centrali quando si riflette sulla community. Qual è la natura dei nostri legami sociali? Che tipo di responsabilità abbiamo per le nostri azioni nella vita reale e nel cyberspace? Che tipo di società o più società abbiamo creato? Entrambe su o fuori dallo schermo?
Quando le persone adottano un personaggio online attraversano un limite in un territorio molto teso. Alcuni sperimentano una sensazione di frammentazione poco confortante, altri provano sollievo.
Serena, una ragazza di 26 anni laureata in storia, dice, “quando mi collego su un nuovo MUD e creo un personaggio, so di aver iniziato a scrivere la mia descrizione, e provo sempre panico. Come se potessi scoprire qualcosa che non voglio sapere.” Artie, uno studente universitario di 20 anni, dice, “ io sono sempre consapevole di me stesso quando creo un nuovo personaggio. Di solito, finisco la creazione di qualcuno di cui i miei genitori non vorrebbero sapere nulla a riguardo…ma quel qualcuno è parte di me.”
L’ironia riguarda le contraddizioni che non si risolvono in insiemi più grandi…riguarda la tensione di tenere insieme cose incompatibili perché entrambe o tutte sono necessarie e vere – Donna Haraway
Quando stiamo al confine tra reale e virtuale, la nostra esperienza richiama quello che l’antropologo Victor Turner definisce fase liminale, una fase di passaggio in cui nuovi simboli e significati culturali possono emergere. Le fasi liminali sono momenti di tensione, reazioni estreme e grandi opportunità. Quando Turner parlò di liminalità, la intese come uno stato di transizione, che vivendolo come un flusso potrebbe non essere più temporaneo. La tecnologia sta riportando il postmodernismo alla realtà; la storia della tecnologia rifiuta le risoluzioni moderniste e richiede un’apertura verso punti di vista multipli.
Questi punti di vista multipli richiamano l’attenzione su un nuovo discorso morale. La cultura della simulazione ci può aiutare ad raggiungere la visione di un’ identità multipla e integrata la cui flessibilità, determinazione e capacità di gioire deriva dall’avere accesso ai nostri molteplici Sé. Ma se in questo processo abbiamo perso il contatto con la realtà, abbiamo concluso un pessimo affare.
Nel film di Wim Wenders Fino alla fine del mondo, uno scienziato sviluppa un dispositivo che traduce l’attività elettrochimica del cervello in immagini digitali. Dà questa tecnologia ai familiari e agli amici più vicini, che saranno in grado di tenere dei piccoli monitor a batterie per guardare i loro sogni. All’inizio, ne sono incantati. Vedono le loro preziose fantasie e i loro io segreti. Vedono immagini che altrimenti avrebbero dimenticato, le scene che avrebbero altrimenti rimosso. Allo stesso modo giocare in un MUD con un personaggio, guardare i sogni sullo schermo apre a nuovi aspetti del Sé.
Tuttavia, la storia si tinse presto di nero. Le immagini seducono. Loro sono (nelle immagini) più ricchi e più irresistibili che nella vita reale intorno a loro. I personaggi di Wenders si innamorano dei propri sogni, e ne diventano dipendenti. Le persone vanno in giro con le teste coperte per vedere meglio i monitor dai quali non possono accettare di essere separati. Sono imprigionati dagli schermi, imprigionati dall’accesso al loro passato che gli schermi sembrano avere.
Siamo troppo vulnerabili per usare gli schermi in questo modo. Le persone possono perdersi nel mondo virtuale. Alcuni sono tentati di pensare alla vita nel cyberspace come insignificante, come fuga o deviazione senza senso. Non lo è. La nostra esperienza mostra che ci sono giochi seri. Li sminuiamo a nostro rischio. Occorre comprender le dinamiche dell’esperienza virtuale sia per prevedere chi potrebbe essere in pericolo e sia per fare di queste esperienze l’uso migliore. Senza una comprensione profonda dei molti sé che esprimiamo nel virtuale, non possiamo utilizzare le nostre esperienze per arricchire la vita reale. Se si coltiva la propria consapevolezza di cosa sta dietro il nostro personaggio sullo schermo, riusciremmo più probabilmente ad utilizzare la realtà virtuale per trasformazioni personali.
L’imperativo della conoscenza di sé è sempre stato al centro dell’indagine filosofica. Nel XX secolo, ha trovato espressione nella cultura psicanalitica. Si dice che costituisca la parte etica della psicanalisi. Dalla prospettiva di questa etica, lavoriamo per conoscere noi stessi in modo da migliorare non soltanto le nostre vite, ma quelle delle nostre famiglie e della società. La psicanalisi è un discorso sopravvissuto. Nato da una visione del mondo modernista, si è evoluto in forme pertinenti all’epoca postmoderna. Con le radici meccaniche nella cultura del calcolo, le idee della psicanalisi diventano nuovamente rilevanti nella cultura della simulazione. Alcuni credono che siamo alla fine del secolo freudiano. Ma la realtà è più complessa. Il nostro bisogno di una filosofia pratica della conoscenza di sé non è mai stato più grande mentre lottiamo per dare un significato alle nostre vite sullo schermo.