Ada Web: differenze tra le versioni
Riga 42: | Riga 42: | ||
Assecondando la nozione di Duchamp secondo la quale l’arte ha una validità per il contesto storico nel quale fu creata, gli artisti dagli anni ’60 avevano spesso adottato un approccio al loro lavoro che raramente includeva preoccupazioni riguardanti la loro durata. Infatti, questo fenomeno iniziò anche prima, quando pittori come [[Pollock Jackson|Jackson Pollock]] o Mark Rothko includevano condimenti nella loro tavola dei colori, rendendo molto difficile per i conservatori restaurare i loro lavori oggi! | Assecondando la nozione di Duchamp secondo la quale l’arte ha una validità per il contesto storico nel quale fu creata, gli artisti dagli anni ’60 avevano spesso adottato un approccio al loro lavoro che raramente includeva preoccupazioni riguardanti la loro durata. Infatti, questo fenomeno iniziò anche prima, quando pittori come [[Pollock Jackson|Jackson Pollock]] o Mark Rothko includevano condimenti nella loro tavola dei colori, rendendo molto difficile per i conservatori restaurare i loro lavori oggi! | ||
− | Ephemera e altri progetti orientati alla rappresentazione richiesero un riposizionamento dell’intervento curatoriale. In quella luce, gli esempi di progetti storici di curatori come Harald Szeemann in Svizzera (When Attitudes Become Form,1968) o come Kynaston McShine a New York (Information, 1970),mostra come una nuova generazione di curatori si impegnava nel ripensare il loro lavoro come | + | Ephemera e altri progetti orientati alla rappresentazione richiesero un riposizionamento dell’intervento curatoriale. In quella luce, gli esempi di progetti storici di curatori come Harald Szeemann in Svizzera (When Attitudes Become Form,1968) o come Kynaston McShine a New York (Information, 1970),mostra come una nuova generazione di curatori si impegnava nel ripensare il loro lavoro come "facilitatore" e "dialogatore", un imitatore di alcuni altri generi . Per incoraggiare i cambiamenti tra loro e gli artisti, essi lavorarono insieme, le loro posizioni in qualche modo uscirono dall’ istituzione avvicinandosi all’arte e ai suoi creatori. Inoltre essi non avevano bisogno di essere affiliati ad una istituzione, e così divennero meno preoccupati dai problemi relativi alla specificità del ruolo dell’istituzione. In un certo senso, nonostante fosse un po’ problematico per quel periodo, il curatore adottò il punto di vista dell’artista e cercò di creare una interfaccia interpretativa per i lavori selezionati, creando un rapporto con l’arte che non è dissimile a quello che un conduttore mantiene con la classifica musicale. In questa chiave, l’ "Opera aperta" di Umberto Eco pubblicata alla fine del ’60 è un embrionale forma di scrittura. |
Il rapporto tra curatore e i lavori artistici effimeri creati pochi decenni fa richiede un ripensamento della nozione di esposizione e conservazione. In questo ambito, la recente pubblicazione del saggio di Ippolito, nel quale riferisce come variabile media , è esemplare : egli paragona l’opera d’arte ad una serie di istruzioni che possono essere interpretate e adattate in relazione a specifici problemi come l’evoluzione tecnica e altri elementi che tendono ad essere sensibili al trascorrere del tempo. Tuttavia, questo è solo l’inizio di una ricerca che ha bisogno di essere perfezionata prima che venga trovata la giusta soluzione, una che rispetti sia la qualità effimera del lavoro sia le intenzioni concettuali del suo creatore originale. | Il rapporto tra curatore e i lavori artistici effimeri creati pochi decenni fa richiede un ripensamento della nozione di esposizione e conservazione. In questo ambito, la recente pubblicazione del saggio di Ippolito, nel quale riferisce come variabile media , è esemplare : egli paragona l’opera d’arte ad una serie di istruzioni che possono essere interpretate e adattate in relazione a specifici problemi come l’evoluzione tecnica e altri elementi che tendono ad essere sensibili al trascorrere del tempo. Tuttavia, questo è solo l’inizio di una ricerca che ha bisogno di essere perfezionata prima che venga trovata la giusta soluzione, una che rispetti sia la qualità effimera del lavoro sia le intenzioni concettuali del suo creatore originale. |
Revisione 21:43, 24 Apr 2007
==Personaggio o Gruppo:== Benjamin Weil(co-fondatore) John Borthwick(
==Biografia:== Benjamin Weil è il direttore di New Media presso l’Istituto di Arte Contemporanea a Londra. Egli è il co-fondatore ed è stato curatore di Ada Web. Si è laureato presso il Whitnei Independent Study Program nel 1989. I suoi articoli sono stati pubblicati in molte pubblicazioni internazionali d’arte come "Flash Art International", "Frieze", "Art Monthly", e "Atlantica". Ha anche pubblicato testi in cataloghi di musei per l’Hara Museum di Tokyo; il Bonner Kunstverein di Bonn in Germania, e l’Hayard Gallery di Londra. Come curatore ha coordianto una parte di "Aperto’93" (45esima Biennale di Venezia, Italia, 1993). Altri progetti curatoriali includono "The desire of the Museum", "Whitney Museum", New York, 1989; "Itinerari", Castello di Rivara, Italia, 1991, e "Manifestor" una esposizione in strada di progetti di artisti su manifesti a Colonia, Monaco, Torino, Tokyo, Paris e Stoccolma dal 1992 al 1994. Lavora come responsabile del reparto Nuovi Media del Museo di Arte Moderna a San Francisco (MOMA, http://www.sfmoma.org.), a capo di un programma di esposizioni ed eventi di vario genere tra cui immagini, suoni, internet, proietta nella galleria virtuale del museo E. Espace. Amministratore di Eyebeam a New York (http://www.eyebeam.org), centro interdisciplinare per ricerca, addestramento, e la sperimentazione in nuovi media. Creatore di progetti pionieristici su internet , come Web Fonderia Digitale, Weil ha condotto anche vari studi su arte e la realtà virtuale.
==Sito web:== (http://www.adaweb.com)
==Poetica:== Il principio dominante fu di offrire on line una alternativa alle "gallerie on line" e altri "musei virtuali", dove uno avrebbe principalmente trovato sontuosi cataloghi e altre forme di "brochureware" in qualche modo presuntuosamente riferiti all’ "arte digitale". La produzione di lavori on line gradualmente divenne un metodo che il team di ada web intese sia come un dialogo in corso con gli artisti così come una specie di traduzione di concetti nell’ambito della rete.
==Opere:== Inserire la produzione delle opere, facendo riferimenti maggiori a quelle più significative
==Bibliografia:== Inserire la bibliografia essenziale del soggetto o Gruppo
==Webliografia:== (http://www.adaweb.com) (http://www.eyebeam.org) (http://www.sfmoma.org.)
All’inizio del 1990, furono sviluppate contemporaneamente tre iniziative che miravano sia a verificare le possibilità dell’allora nascente mondo on line per lo sviluppo di una discussione sull’arte, sia a ricercare delle nuove forme di fare arte. Echo, The Thing, e Artwire erano BBS che insieme cercavano di promuovere la costruzione di una forte community culturale. Mentre la portata di Echo fu probabilmente legata a The Well fondato a San Francisco, The Thing scelse di concentrarsi totalmente sulle arti, sviluppando rapidamente punti di accesso in Germania, dove il suo fondatore, Wolfgang Staehle, aveva forti legami. Come tecnologia sviluppata, The Thing era infatti il primo tentativo di creazione di una comunità internazionale on line. Questo avvenne prima che Internet e il Web diventassero accessibili al di fuori delle comunità scientifiche e militari.
Quando il primo navigatore multimediale fu inventato in Illinois nel lontano 1993, le possibilità divennero infinitamente più allettanti. Improvvisamente, non era più necessario collegarsi ad un server direttamente (che fu il motivo per cui nei primi anni 90 diminuì il potenziale degli accessi internazionali on line). Inoltre, il tipo di documenti divennero molto più versatili perché fu improvvisamente possibile inserire immagini, suoni, e testi, come files, che, prima di ciò, erano stati indipendenti e richiedevano molte applicazioni per poter essere visualizzati. Fatto più importante, i documenti html furono collegati ad altri con links che divennero la struttura per la creazione di lavori artistici così come di pagine commerciali. Già all’inizio del 1994, gli studenti d’arte e le università adottarono il Web, principalmente per promuovere le più tradizionali forme di arte, come la pittura e la scultura. Uno studente dell’ Ecole Politecnique francese sviluppò inoltre una delle prime versioni on line per il museo, Le Web Louvre. Questi pionieri furono presto sostenuti da molti sforzi istituzionali e da uno uno dei primi progetti artistici on line, prodotto dalla Randolph Street Gallery a Chicago. In verità, The fileroom:Archives of Chensorship di Muntadas fu realizzato on line alla fine del 1994, quando ada web era già stato creato. ada Web, successivamente, realizzò il suo primo progetto on line nel maggio 1995, sebbene fosse stato pubblicato qualche mese prima (febbraio dello stesso anno).
La fonderia digitale
Non diversamente da altri studi di stampa o fonderie, dove artisti confrontavano i loro progetti con le esperienze di un produttore o un gruppo di produttori, ada web fu scelta per offrire agli artisti la possibilità di partecipare al nuovo medium senza necessariamente avere nozioni di informatica. Più propriamente, gli input avvenivano a livello più concettuale, con una comprensione della rete che si ispirava alla pratica sviluppata con altri media. Gli artisti coinvolti erano gli unici che avevano un certo interesse verso uno spazio pubblico, una esperienza con vari media, e che specificatamente non contavano su nessuna forma di abilità per produrre i loro lavori. La maggior parte di essi aveva già collaborato con tecnici o ingegneri, e concepito i loro lavori come il risultato di un dialogo con i produttori di qualche genere.
Il principio dominante fu di offrire on line una alternativa alle "gallerie on line" e altri "musei virtuali", dove uno avrebbe principalmente trovato sontuosi cataloghi e altre forme di "brochureware" in qualche modo presuntuosamente riferiti all’arte digitale. La produzione di lavori on line gradualmente divenne un metodo che il team di ada web intese sia come un dialogo in corso con gli artisti così come una specie di traduzione di concetti nell’ambito della rete.
L’arte on line da allora si è evoluta abbastanza. Domini poco costosi ( i prezzi dei web hosting sono bassi, e continuano a essere sempre meno cari ) e la relativa facilità di programmazione delle pagine web ha permesso ad un numero di artisti di procedere e produrre i loro lavori, senza bisogno di mediazione o sostegni. Con il contributo di artisti come Jodi e altri nuovi adepti come Alexei Shulgin, questo tipo di produzione era diventata fondamentale allo sviluppo di una comunità che preferiva tenersi distante dai tradizionali circuiti artistici. Essi mantennero un approccio alla loro pratica (costruzione, esposizione, e distribuzione del loro lavoro) ispirato dal modo di pensare che aveva alimentato la scena artistica degli ultimi anni ’60 e ’70 quando gli artisti mettevano in discussione il sistema come ambiente commerciale e ambiguo. Nel contesto della rete, questo significa che l’arte partecipa attivamente allo sviluppo dei nuovi media e della cultura on line, riposizionando quindi questo tipo di riflessione in una più centrale posizione culturale.
Tuttavia, c’è in primo luogo un problema di contesto. Oggi, una pagina web isolata di un artista ha poca speranza di ricevere attenzione. La situazione era differente pochi anni fa quando ada web fu fondata e sviluppata, quando c’erano meno siti disponibili e il navigatore-tipo del web era più originale e probabilmente più erudito di quello di oggi. Problemi di conoscenza e gestione del sempre crescente numero e campo delle possibili destinazioni, hanno reso più difficile per il comune "navigatore" trovare dove andare. E’ diventato sempre più difficile tenersi al corrente dei nuovi progetti. E’ questo il momento in cui l’organizzazione e la nascita di cooperative sono interessanti esempi per contestualizzare il lavoro degli artisti. Un esempio che mi viene in mente è The Thing. Il fatto che Staelhe e il suo team offrano Web – hosting e eventuale assistenza tecnica ai loro utenti ha fatto di The Thing un sito di prima scelta per artisti al fine di ospitare le loro pagine. Questo significa che ognuno, accedendo al sito web, ha l’opportunità di esaminare in una volta sola un crescente numero di progetti degli artisti. Quindi, in quel tipo di sistema, gli artisti non devono nemmeno sapere come costruire le loro pagine da soli o pagare per il supporto tecnico. Inoltre, da quando il web è diventato sempre più organizzato con l’avvento dei "portali", è sempre più chiaro che il modello da seguire è quello dell’aggregazione e personalizzazione, con alcune guide tematiche. Un esempio che mi viene in mente è il CyberAtlas, prodotto dall’artista, scrittore e curatore Jon Ippolito e offerto dal Solomon R. Guggenheim Museum di New York.
Il modello di fonderia digitale offre sia l’ospitalità ai progetti in un contesto specifico sia la fornitura di reali supporti di produzione nel caso siano necessari. Nel caso di äda'web, la fonderia è anche un filtro, così come è disponibile una dimensione curatoriale per lo sviluppo di siti web. In realtà, gli artisti che hanno creato lavori per ada web, erano stati incaricati di farlo, quelli che naturalmente offrissero progetti di solida portata. In caso di progetti prodotti dagli stessi artisti, il processo di selezione è il risultato di un dialogo con gli artisti che siano interessati al contesto ma che sono in grado di produrre da soli i loro progetti.
Il curatore online Il lavoro curatoriale è necessariamente diventato una questione di adattamento alla natura della pratica dell’arte con la quale ha dovuto lavorare.
Quando la maggior parte di artisti che stavano producendo finivano e selezionavano i prodotti nel loro studio, la funzione del curatore era di coordinare la selezione e l’esposizione del lavoro di uno o più artisti, così come di rendere manifesto uno specifico punto di vista del lavoro. In questo senso, il modus operandi del curatore era più rigoroso di quello di un editore (direttore). In molti casi, il curatore lavorava all’interno della struttura istituzionale, e parte del lavoro al quale egli o ella doveva mirare era riferito a problemi di conservazione e collezione, anche quando le esposizioni includevano lavori contemporanei. Quando l’arte si è evoluta comprendendo una varietà di differenti approcci, materiali o tecniche, il ruolo del curatore dovette riflettere di conseguenza quei cambiamenti.
Assecondando la nozione di Duchamp secondo la quale l’arte ha una validità per il contesto storico nel quale fu creata, gli artisti dagli anni ’60 avevano spesso adottato un approccio al loro lavoro che raramente includeva preoccupazioni riguardanti la loro durata. Infatti, questo fenomeno iniziò anche prima, quando pittori come Jackson Pollock o Mark Rothko includevano condimenti nella loro tavola dei colori, rendendo molto difficile per i conservatori restaurare i loro lavori oggi!
Ephemera e altri progetti orientati alla rappresentazione richiesero un riposizionamento dell’intervento curatoriale. In quella luce, gli esempi di progetti storici di curatori come Harald Szeemann in Svizzera (When Attitudes Become Form,1968) o come Kynaston McShine a New York (Information, 1970),mostra come una nuova generazione di curatori si impegnava nel ripensare il loro lavoro come "facilitatore" e "dialogatore", un imitatore di alcuni altri generi . Per incoraggiare i cambiamenti tra loro e gli artisti, essi lavorarono insieme, le loro posizioni in qualche modo uscirono dall’ istituzione avvicinandosi all’arte e ai suoi creatori. Inoltre essi non avevano bisogno di essere affiliati ad una istituzione, e così divennero meno preoccupati dai problemi relativi alla specificità del ruolo dell’istituzione. In un certo senso, nonostante fosse un po’ problematico per quel periodo, il curatore adottò il punto di vista dell’artista e cercò di creare una interfaccia interpretativa per i lavori selezionati, creando un rapporto con l’arte che non è dissimile a quello che un conduttore mantiene con la classifica musicale. In questa chiave, l’ "Opera aperta" di Umberto Eco pubblicata alla fine del ’60 è un embrionale forma di scrittura.
Il rapporto tra curatore e i lavori artistici effimeri creati pochi decenni fa richiede un ripensamento della nozione di esposizione e conservazione. In questo ambito, la recente pubblicazione del saggio di Ippolito, nel quale riferisce come variabile media , è esemplare : egli paragona l’opera d’arte ad una serie di istruzioni che possono essere interpretate e adattate in relazione a specifici problemi come l’evoluzione tecnica e altri elementi che tendono ad essere sensibili al trascorrere del tempo. Tuttavia, questo è solo l’inizio di una ricerca che ha bisogno di essere perfezionata prima che venga trovata la giusta soluzione, una che rispetti sia la qualità effimera del lavoro sia le intenzioni concettuali del suo creatore originale.
Il web, in un certo modo, assume il suo ruolo a partire da una comprensione dell’arte che tende ad essere piuttosto aperta. I progetti fungono più come proposte, o come un mezzo per i visitatori di entrare in sintonia con un certo processo mentale con il quale essi “interagiranno‿ allo scopo di creare una specifica esperienza di visualizzazione. Così, piuttosto che presentare un’opera d’arte finita, molti artisti cercavano di avvalersi dei visitatori allo scopo di lasciarli partecipare all’esperienza e dargli un significato. In questo senso, ci sono elementi evocatori delle prime pratiche artistiche, come l’arte Concettuale o Fluxus. Inoltre, l’arte prodotta per l’ambiente e il contesto on line è generalmente un collage di vari elementi che in qualche modo prendono spunto dalla struttura del World Wide Web, cioè multimediali e interconnessi.
On line, la nozione di opera d’arte finita è messa in discussione in due modi: il primo, come spiegato prima, ha nella proposta la vera natura del progetto; il secondo ha a che fare con il medium stesso. Come un processo mentale in crescita, un artista può voler procedere con la sua opinione, aggiungendo oppure modificando gli elementi esistenti. In qualche modo la fluidità del medium richiama pensieri incompiuti e , conseguentemente, lavori incompiuti. Questo è probabilmente il motivo per cui un crescente numero di artisti lavorando on line tendono principalmente a concepire il corpo del loro lavoro come una investigazione multidimensionale di quegli elementi che sono collegati nello stesso url. Jodi (Joan H and Dirk Paemans) registrarono il nome del loro dominio molto presto. Ci sono, inoltre, molti altri esempi, come Easylife.org (Alexei Shulgin), Vuk.org (Vuk Cosic), o Irational.org (Heath Bunting), per citare alcuni dei più rilevanti artisti. Le cose potrebbero essere differenti quando l’opera dell’artista è commissionata e/o prodotta da un laboratorio o una istituzione, dove i metodi e i programmi di lavoro tendono ad essere più definiti nel tempo. Inoltre, su ada web , progetti come Securytyland di Julia Scher sono rimasti aperti per l’intera durata della vita del sito dal febbraio 1995, quando il trailer fu presentato, alla tarda estate dell’ultimo anno quando fu aggiunta Wonderland. Allo stesso modo, The Hrad Way di Matthew Ritchie fu realizzato in due fasi, ed è solo perché ada web sospese di produrre nuovi progetti che non ce ne fu una terza. E’ inoltre degno di nota che un numero di artisti sono ritornati al team di ada web con l’intento sia di revisionare il loro progetto che di crearne uno nuovo.
Mentre si sviluppa la rete dei media, numerosi progetti che sono stati pubblicati on line affrontano l’intera nozione della natura dell’arte. In realtà, il provare a capire e decidere che cosa è l’arte oppure non è, è il difficile e provocatorio ruolo che il curatore deve assumersi . Un recente progetto, Extension (prodotto dalla storica d’arte Susan Hapgood, che ha come suo principale interesse Fluxus; da Ainatte Inbal, un produttore che lavorava anche in Ada web prima della sua recente morte; e da me stesso), consiste nella selezione di siti Web d’arte (progetti, informazioni di base, e classificazione di riviste). Nella selezione dei siti, alcuni erano deliberatamente inclusi per riflettere sul significato dell’arte on line (come alcuni progetti visti da un punto di vista artistico possano essere intesi come opere d’arte), o come importanti nel contesto di tale ricerca. Extension aveva anche l’intenzione di rivelare le dinamiche che possono esistere tra quei siti, come sono collegati l’uno all’altro, come si rimandano l’uno all’altro. Questo può, naturalmente, essere il risultato di una spontanea alleanza che può eventualmente rimandare ad una ulteriore riflessione sul ruolo del curatore on line.
Si potrebbero vedere due modelli sovrapposti che si completano uno con l’altro mentre mostrano differenti livelli di intervento del curatore nel lavoro: sia esso un dialogo, una reale collaborazione nel processo di produzione, o semplicemente una selezione che riporta a una interpretazione e /o a un contesto.
Beyond Interface: net art and Art on the Net (Oltre l’interfaccia: arte della rete e Arte nella Rete)è un recente e interessante approccio all’ultima forma di ‘’curatore’’ on line. Curato da Steve Dietz , direttore del New Media Initiatives al Walker Art Center (notare il giro di parole nel titolo!) l’esposizione consiste in una chiara interfaccia informativa e guidata che raggruppa un numero di progetti che egli ha trovato nella rete. In qualche modo questo approccio imita l’esistenza, prematura , di pagine collegate da link che i siti hanno messo insieme per creare un certo tipo di contesto per i progetti e le informazioni che essi presentano on line.
Come nel caso di un’opera d’arte più ‘’tradizionale’’ ( se si possono chiamare tradizionali i metodi artistici degli ultimi anni ‘60e 70), i limiti tra il ruolo del curatore può essere difficile da decifrare. Quando Jodi offre una mappa di vari siti che sembrano avere un certo tipo di affiliazione, essi in qualche modo lavorano ad un livello curatoriale. Quando alcuni artisti creano un ambiente nel quale essi invitano altri di loro a lavorare, essi in qualche modo si impegnano al di là di ciò che può essere definito come “arte‿. Questo è il caso, per esempio,di Irational.org, così come Easylife e molti altri. Tuttavia, è chiaro che queste attività sono complementari, e creano un interessante e importante dinamica.
Quando fu creato adaweb, circa tre anni e mezzo fa, portò avanti un approccio curatoriale iniziato con altri media, e cercò di esplorare i significati di proporre l’arte in uno spazio pubblico, portarla via dagli spazi istituzionali, e spedirla ad un pubblico diverso, con strategie che sicuramente avevano bisogno di essere messe a punto in quell’ambito. Effettivamente, quando i visitatori scelgono di entrare in un museo, essi sanno per che cosa sono lì. Ma quando l’arte si sposta sulla strada, in un senso o nell’altro, essa in qualche modo sta mutando verso una forma più adattabile e fluida, che si mette in comunicazione, senza imporsi, con il potenziale spettatore. Poiché il Web è un ambiente pubblico, chiunque può facilmente vedere come la strategia sia di raggiungere e rendere disponibile un eclettico insieme di progetti che indagano il medium e aiutano realmente a plasmarlo. Non è una sorpresa sapere che, fin quando ada web ha operato, una larga parte dell’audience dei siti fosse composta da sviluppatori.
Il secondo modello di “curatore online‿ consiste nell’autorizzare e coordinare la produzione di progetti con artisti invitati. All’inizio, lo scopo di ada Web fu solo questo. Mentre il sito cresceva e iniziava ad avere una reale presenza on line, gli artisti che vi lavoravano, manifestarono interesse a collegare stabilmente i progetti al sito ada Web, perché erano interessati al contesto che poteva crearsi intorno al loro lavoro.Come conseguenza, ada Web offrì rapidamente una dimensione ‿associativa‿ a quei progetti che erano presentati da artisti tipo Michael Samyn (GroupZ), Jodi, e Maciej Wisniewsky.
La funzione “curatoriale‿ in questo contesto è completamente diversa dall’unica intesa fino ad allora: il curatore diventa un facilitatore, un emulatore, e una specie di traduttore, a volte. L’idea fu di incoraggiare una discussione tra gli artisti e i produttori cosi come di creare le condizioni ideali per produrre un’opera che riflettesse gli interessi e la partecipazione degli artisti. In effetti, mentre ero direttamente coinvolto nel processo di produzione all’inizio di ada Web, sono stato subito consapevole che non potevo stare al passo con l’evoluzione tecnologica a livello pratico, e gradualmente mi ritirai dalla parte tecnica della produzione del processo.
Curare un progetto è leggermente diverso dal curare un sito Web. Effettivamente, la costruzione di un sito Web è pervasa da un insieme di lavori, nonostante non sia indispensabile portare a conclusione i progetti prima di procedere con altri. I problemi riguardanti l’interfaccia e la navigazione, cercando di capire come presentare al meglio i progetti o avere accesso ad essi, sono anch’essi parte dei compiti del curatore che stia lavorando online a richiesta. Il team di adaweb si impegnava in una regolare rielaborazione dell’interfaccia per fornire ai visitatori quelle che meglio riflettevano la natura del sito e che fossero facili da usare senza avere particolari conoscenze. La prima interfaccia cercò di separare i contenuti in quattro differenti categorie -progetto, afflusso, contesto, estensione- mentre offriva un accesso casuale ad ogni pagina nel sito e un’ icona per l’accesso all’area shopping. L’idea portante era di trovare una metafora appropriata per lo spazio virtuale mentre si rendeva il design molto evocativo per le quattro distinte dimensioni. Per esempio, l’accesso casuale era segnalato dall’immagine di un subacqueo e l’insieme dell’interfaccia somigliava ad una piazza.
L’interfaccia 2.0, introdotta circa 10 mesi più tardi, si avventurò nell’esplorazione della metafora del film. Mentre rimaneva l’acceso alle quattro dimensioni, il nucleo dell’interfaccia era una pellicola che caratterizzava i contenuti più nuovi, soprattutto i progetti. L’ idea di promuovere i più recenti lavori disponibili era stata resa concreta con l’introduzione di una pagina a caratteri cubitali che derivò dalla decisione di produrre una serie di pagine artistiche che biasimavano il CDA (Communication Decency Act). Presto, tuttavia, questa pagina divenne il luogo di presentazione della più recente caratteristica del sito.
L’interfaccia 3.0 offrì una nuova categorizzazione del contenuto, risultante dalla deduzione che qualche contenuto riguardava la parte d’esperienza mentre altro riguardava l’informazione. “I lavori‿ ( prodotti in-casa e “basati sull’esperienza‿, incluse le dimensioni “ afflusso‿ e “progetti‿), mentre la subdimensione‿ associato‿ appariva in “contesto‿. Inoltre, questa interfaccia includeva un indice che dava la possibilità agli utenti di accedere direttamente al contenuto di cui essi volessero fare esperienza. In realtà, il team di ada Web riteneva importante questo fatto per offrire ai visitatori abituali un veloce acceso ai progetti a cui erano interessati così come fornivano un più facile accesso per i nuovi visitatori che sembravano interessati a ricercare progetti partendo dai nomi degli artisti. Prima di allora, si era partiti dal presupposto che gli artisti non fossero particolarmente interessati al fatto che i loro nomi fossero messi in evidenza ( considerando i loro lavori come risultato di una collaborazione) o che essi preferissero deliberatamente l’anonimato in questo ambiente, riprendendo la strategia che essi avevano sviluppato nel loro pensiero al riguardo del lavoro negli spazi pubblici. Questo può indicare un interessante cambiamento nella visione del Web come “spazio‿. Mentre gli artisti più vecchi consideravano deliberatamente il Web come uno spazio pubblico, è immaginabile che i più giovani pensassero unicamente ad esso uno spazio di lavoro come un altro, probabilmente perché nessuno di questi artisti aveva effettivamente lavorato in uno spazio pubblico prima di lavorare online. Gli altri preferivano nascondere la loro identità, per così dire, adottando un “marchio di fabbrica‿, così come fece Michael Samyn con il marchio “Group Z‿, o Joan H and Dirk Paemans con il nome Jodi, indirizzando la pubblicazione dall’anonimato in modo che riecheggiassero i nomi sempre più sofisticati delle corporazioni, che adottarono i soprannomi dei loro fondatori per non molto tempo.
Mentre manteneva l’indice, la versione 4.0 introdusse una nuova dimensione alla nozione di interfaccia. Nonostante gli scopi fossero simili ( miglioramento della navigazione e potenziale servizio verso una crescente comunità di visitatori che potrebbero non avere la stessa relazione con lo schermo come i loro predecessori) appare evidente il desiderio di posizionare il sito come diverso dal magma dei siti commerciali che venivano aperti giornalmente. Da ciò il quasi scherzoso approccio all’onnipresente “frameset - con barra di navigazione sinistra‿. Nel caso di Ada Web, questo strumento di navigazione chiaramente difficile da usare, era in perpetuo movimento come le icone. L’interfaccia, di conseguenza, era determinata come se fosse più di un tool di navigazione: essa rifletteva i processi di pensiero adottati dal team di produzione e offriva un contesto reale al lavoro sul display così come al contenuto.
E’ proprio a questo punto che fu necessaria una completa revisione della subdimensione “indagare‿. Mentre il numero dei visitatori di adaWeb era in crescita e la loro conoscenza dell’arte era probabilmente niente affatto da “primi adepti‿, si ritenne importante fornire specifiche informazioni sui progetti. Perciò fu sviluppata un’intera serie di strumenti per facilitare una migliore comprensione dei progetti, inclusa una “fact sheet “più organizzata sugli autori dei lavori. Mentre veniva sviluppata la nuova interfaccia, divenne altrettanto chiaro che la pagina dei link doveva evolvere. Sfortunatamente, il lavoro che era stato iniziato da Susan Hapgood e dal resto del team non si concretizzò nel sito, benché fosse stato eseguito ed è attualmente ospitato come parte delle serie di prospetti di Ippolito (CyberAtlas, una dimensione del Guggenheim web site).
Tornando indietro ai problemi correlati alla funzione di curatore on-line, un tema piuttosto controverso riguardava il curatore come partecipante nella definizione di un possibile modello economico per la produzione on-line e per la presentazione dei progetti artistici. Finora, i contenuti in linea di massima avevano avuto tempi difficili nella ricerca di un valido modello e noi possiamo vedere come questo fatto abbia creato tensioni. E’ ovvio che la maggior parte dei modelli esplorati dai siti commerciali sono difficilmente applicabili ad un contesto artistico. Per esempio, gli striscioni pubblicitari sono completamente estranei dal momento che implicano un disturbo all’esperienza di lavoro. Se prendiamo l’esempio della rivista Slate, che ha deciso di dare l’accesso solo agli abbonati, si può concludere che questa non sia un modello percorribile anche per le arti. Effettivamente, questo implica che l’intera nozione di link e la possibilità di creare progetti che vadano bene per tutti diventa impossibile. Una terza opzione è di cercare e vendere “dai-prodotti‿. Anche questo è un problema poiché implica che i prodotti on-line abbiano bisogno di essere sostenuti dai prodotti off-line. Tuttora è di cruciale importanza trovare modelli di rendita per l’arte on-line se noi vogliamo veramente che questo tipo di produzione culturale abbia più di un ridotto impatto, fino a esplorare e definire questo nuovo medium.
Infine, parte della funzione del curatore è quella di trovare collegamenti adeguati tra la produzione di arte on-line e la sua possibile presentazione negli spazi tradizionali di fruizione dell’arte. Effettivamente, le istituzioni artistiche hanno iniziato a mostrare interesse a presentare online i progetti degli artisti e questo richiede “il pensare avanti‿ in termini di possibilità di esporre questo tipo di lavoro. Per esempio, molti degli artisti che sono stati invitati a partecipare a “Documenta‿ l’anno scorso, erano atterriti dal modo in cui i loro progetti sarebbero stati presentati, con postazioni computer esposte in un ambiente simile ad un ufficio. Il curatore dovette a lungo analizzare questi problemi con gli artisti affinché fossero soddisfatti dal potenziale effetto che queste presentazioni potevano avere sulla comprensione del loro lavoro. I curatori inoltre avevano bisogno di ragionare sulle strade che questo tipo di presentazioni potevano favorire all’interno delle strutture tradizionali. “Map the gap‿ , un’esposizione organizzata dal team di adaweb alla fine del 1997, fu un tentativo di affrontare questi problemi.
Con il trasferimento adaweb e i suoi al Walker Art Center prese l’avvio un intero nuovo tipo di problemi riguardanti la raccolta e la conservazione dell’arte on-line. Questo probabilmente costituisce una nuova sfida mentre porta indietro il curatore ai problemi che hanno fatto parte della sua funzione con i media più tradizionali.
1. Nel caso di Shulgin e di altri artisti dell’Europa dell’Est, benché le strategie potessero essere state simili, così come diceva Jodi, le motivazioni furono leggermente diverse. Gli artisti dell’Europa dell’Est non potevano essere stati provocatori verso le infrastrutture esistenti, perché esse non esistevano.