Curating (on) the Web: differenze tra le versioni
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Revisione 14:15, 20 Gen 2006
Autore: Steve Dietz Direttore (all’epoca della stesura di questo testo) di New Media Initiatives, Walker Art Center
Tratto da: http://www.archimuse.com/mw98/papers/dietz/dietz_curatingtheweb.html
Titolo Originale: Curating (on) the Web
Traduzione di:
Anno: Curating (su) il web
Indice
1. I musei in una cultura dell'interfaccia
2. I musei rispondono al Web
- Tour virtuali ed esibizioni museali in aumento
- Tu sei qui: l'interfaccia immersiva
- L'esibizione estesa
- Mostre progettate per essere on line
- Il curatore come filtro
- Fare il curatore del Web: Mappe & Iper-esperimenti
- Fare il curatore di Web Art
- Collezionare Web Art
3. Competizione culturale
- Musei virtuali
- Organizzazioni di arti virtuali
- Zine Galleries
- Una festa mobile
- Progettare l'arte
- e-Commercial Galleries
- Biblioteche & Archivi
4. Gli artisti mostrano le modalità
- net.art
- Collaborative Art
- Il pubblico come curatore
- L'artista come museo
5. net.curator?
- Guide on the Side
- Auto-Curation
6. Ibridazione & Fusione
Links
Note
Contents
- 1 (1) I musei in una cultura dell’interfaccia
- 2 (2) I musei rispondono al Web
- 3 Tu sei qui: l’interfaccia immersiva
- 4 L’esibizione estesa
- 5 Mostre progettate per essere on line
- 6 Il curatore come filtro
- 7 Fare il curatore del Web: mappe & iperesperimenti
- 8 Fare il curatore di Web Art
- 9 Collezionare Web Art
- 10 (3) Competizione culturale
- 11 Musei Virtuali
- 12 Organizzazioni Virtuali delle Arti
- 13 Zine Gallerie
- 14 Una festa mobile
- 15 Progettare l’arte
- 16 Gallerie e-commerciali
- 17 Biblioteche & Archivi
- 18 (4) Gli artisti mostrano le Modalità
- 19 Net.art
- 20 Arte collaborativa
- 21 Il pubblico come curatore
- 22 Gli artisti come musei
- 23 (5) net.curator?
- 24 Auto-Curation
- 25 (6) Hybridity and Fusion
(1) I musei in una cultura dell’interfaccia
Una volta si pensavano i musei come istituzioni per collezionare e preservare oggetti da tutto il mondo, luoghi per lo studio scientifico delle loro collezioni e solo alla fine luoghi per mostrare al pubblico lo straordinario. Alcuni hanno attribuito a questo periodo di mostra come un mucchio profondo, come a un ammasso di alta filosofia della mostra. Negli anni i musei sono cambiati moltissimo. Oggi, mentre i musei sono mutevoli, così lo sono anche le loro anime, si può ben dire che primariamente si occupano di distribuzione dell’informazione piuttosto che degli artefatti. Il vantaggio di pensare in termini di informazione è che rende valide le collezioni immateriali, così come le storie orali e le copie e gli artefatti attuali; mette i musei in una posizione chiave nell’era dell’informazione; rende più facile integrare le funzioni tradizionali di collezionare, preservare, ricercare e mostrare con le nuove parole della visione, l’educazione e la comunicazione. --David Bearman (1)
Scrivendo nel 1992 sulla tecnologia nei musei, Bearman riassume in modo acuto un profondo cambiamento nella percezione della missione dei musei, cambiamento che ora si è velocizzato da quando Internet ed il World Wide Web è esploso.
La mia esperienza attuale (in opposizione a quella dell’anno passato) nel lavorare con i musei ed i nuovi media è che mentre la maggior parte del personale non comprende come Internet lavori - che sembra perfettamente ragionevole – sempre più però comprende come esso possa lavorare per loro. Di solito ciò è un altro accesso all’educazione e comunicazione. In questo senso, non c’è niente di particolarmente rivoluzionario riguardo al Web. E’ un poco come un marketing diretto, solo più divertente. E’ come l’apprendimento a distanza, soltanto attraverso un computer invece che attraverso una videocamera. E’ come pubblicare un opuscolo o un catalogo, soltanto che si possono anche apportare cambiamenti dopo la stampa. La eco di McLuhan - tendiamo a capire i nuovi media, all’inizio, nei termini della nostra comprensione dei vecchi media – è qui familiare e completamente appropriata.
Il più profondo cambiamento introdotto dalla rivoluzione digitale non coinvolgerà campane, fischi o nuovi artifici di programmazione… Il più profondo cambiamento riguarderà le nostre aspettative generiche sull’interfaccia stessa. Finiremo con il pensare al design dell’interfaccia come ad un tipo di forma artistica – forse la forma artistica del prossimo secolo. E con quel cambiamento più ampio arriveranno centinaia di effetti corollari, effetti che goccioleranno in un’ampia sezione d’incrocio della vita quotidiana, alterando i nostri desideri di racconto, il nostro senso dello spazio fisico, il nostro gusto musicale, il design delle nostre città.(3)
(2) I musei rispondono al Web
Tour virtuali ed esibizioni museali in aumento
The White House Collection of American Crafts, National Museum of American Art Per esempio, la prima mostra on line di Smithsonian è stata "The White House Collection of American Crafts," presentata e prodotta dal National Museum of American Art. Questa mostra includeva video e audio clip estensivi del curatore che parlava dei pezzi selezionati e discuteva di essi in un modo impossibile durante una mostra. In più, ad ogni artista era richiesto di rispondere ad una serie di domande sul proprio lavoro, cosa che non faceva parte dell’esibizione stessa. (4) Un altro esempio più vicino nel tempo di tour on line di una mostra museale è il bell’allestimento di Alternating Currents del Jose Museum of Art's. Il sito mostra chiaramente come la sofisticatezza crescente del linguaggio HTML permetta un maggior controllo del design e del layout delle pagine web. Nota che le versioni on line sia di The White House Collection of American Crafts che di Alternating Currents sono riportate come tour, un’importante differenza semantica che cerca di rendere chiara e mantenere separata la nozione per cui le presentazioni on line non vengano intese come sostitutive delle mostre.
Tu sei qui: l’interfaccia immersiva
The Virtual Endeavourora ha un componente di rete VR. Altre istituzioni, come Ars Electronica di Linz e ZKM di Karlsruhe stanno provando ambienti pienamente immersivi che potrebbero anche essere in rete, come è stato dimostrato dal programma NICE del Electronic Visualization Lab dell’University of Illinois. (6)
L’esibizione estesa
Infine, in termini di tour on line di mostre museali, accanto ad un aumento dell’esibizione ed alla presentazione di un’interfaccia immersiva, c’è anche l’opzione di estendere la mostra. Come le pubblicazioni delle migliori mostre, l’estensione di un’esibizione on line significa più che una semplice rappresentazione di essa, un riformattarla per la migliore esperienza possibile nel mezzo – davanti ad un video di computer, trasmesso via Internet.
[[Mostre progettate per essere on line
In maniera crescente, le mostre sono progettate per essere almeno parzialmente on line. Cioè, dalla prima concezione di una mostra, una componente on line integrata è pianificata. In primo luogo, queste coinvolgono mostre basate su siti, ma questo sta cambiando come vedremo.
Il curatore come filtro
Fare il curatore del Web: mappe & iperesperimenti
“Uno sforzo concertato per fare il diagramma di questa terra incognita [il cyberspazo]
I suoi primi due progetti sono Electric Sky di [
[
Fare il curatore di Web Art
Annotare collegamenti, fare la mappa del territorio, navigare una strada, sono tutte funzioni curatoriali che operano su oggetti digitali e/o su un dominio digitale. Forse la più chiara espressione di questo tipo di sforzo è prendersi cura dell’arte Web-specific. Mentre la tecnologia, incluso il Web, è stata fatta a suo modo nella galleria per gli scorsi trent’anni o più, oggi appare esserci meno consenso nella comunità museale sulla definizione o persino sul valore di un’arte Web-specific.
Molti artisti hanno incorporato Internet come un aspetto delle loro installazioni fisiche nei musei: Bowling Alley di Shu Lea Cheang, originariamente presentato al Walker Art Center, le recenti installazioni di Peter Halley ed il progetto Exploding Cell al Museum of Modern Art, per nominarne giusto due, ma per quanto riguarda l’abbraccio tra l’arte Web-specific ed i musei finora si è andati con i piedi di piombo.
Due dei primi pionieri, è interessante notarlo, sono entrambi musei universitari con una forte propensione per la fotografia e la programmazione artistica. Il California Museum of Photography di UC Riverside ha presentato per molti anni progetti di artisti Web-specific così come ha incoraggiato mostre che hanno componenti Web significativi. Hanno persino acquistato una copia del programma Adobe Photoshop per la loro collezione permanente per la sua importanza nella storia futura dell’immagine. @art, uno dei cui fondatori, Joseph Squier, è un fotografo, un affiliato di una galleria d’arte elettronica con la Scuola d’Arte e Design, dell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaig. I progetti di @art includono lavori di Peter Campus, Carol Flax, Barbara DeGenevieve, ed altri.
Uno dei più innovativi e sostanziali sforzi di un museo per sorreggere l’arte Web-specific è dal 1994 il Dia Center's series of over half a dozen projects. Di seguito c’è una auto-descrizione dei loro sforzi:
Dia's artists' projects per il Web è iniziato nell’ultima parte del 1994 quando Michael Govan divenne il Direttore di Dia. Il suo sostegno entusiastico al Web aveva due obiettivi: uno, far informazione intorno a Dia ed al suo programma accessibile ad un ampio pubblico; due, più importante, commissionare lavori artistici fatti specificamente per il web. Da questo principio, Dia si è definita come un veicolo per la realizzazione di progetti artistici straordinari che non potrebbero essere sorretti diversamente da istituzioni più convenzionali. Per questo fine, si è sempre cercato di facilitare esperienze dirette e non mediate tra il pubblico ed il lavoro artistico. Il web ha fornito l’opportunità di portare l’arte direttamente al pubblico commissionando progetti densi di significato ad artisti che erano interessati ad esplorare le potenzialità estetiche e concettuali di questo nuovo medium.Il Curatore di Dia, Lynne Cooke, seleziona gli artisti con cui Dia progetta di lavorare collaborando con Sara Tucker, Direttore di Digital Media. Sulla base della nostra ricerca estesa e continua della pratica artistica contemporanea, noi seguiamo il lavoro di molti artisti, sia negli Stati Uniti che all’estero, spaziando dai giovani e sconosciuti fino ai famosi e affermati. Scegliamo artisti principalmente dalle belle arti, ma anche dalle discipline affini, tra cui danza ed architettura, essendo convinti che si avvicineranno al medium in un modo riflessivo e non ortodosso. Gli artisti pongono nel Web una serie di istanze e domande, a cui si dedicano nel loro lavoro in altri media, formulando progetti che incoraggiano le loro idee nel dedicarsi al contesto e alle caratteristiche del Web.
Non ci sono regole formali o linee-guida per questi progetti – il processo di produzione di solito varia notevolmente da progetto a progetto. Sara Tucker lavora a stretto contatto con l’artista per realizzare il progetto in maniera ottimale. Le decisioni sulla larghezza di banda o sul browser per progettare sono lasciati all’artista dopo che hanno capito i diversi passaggi. Anche se ci sono state alcune eccezioni, la maggior parte degli artisti non aveva abilità di programmazione: il processo dell’opera si evolve prima esplorando potenzialità e limiti, poi l’artista lavora insieme alla Tucker per progettare e programmare i progetti.
I Multimedia e l’elettronica non sono nuovi alle arti visuali. Dia, per esempio, ha sponsorizzato le installazioni di alcuni artisti come la Monte Uoung e Robert Whitman nei primi anni Settanta. I media digitali, però, hanno acquisito sempre più importanza nelle arti visuali poiché il progresso delle tecnologie informatiche e comunicative ha reso possibile agli artisti manipolare facilmente le immagini, il testo ed il suono e immaginare la distribuzione del loro lavoro ad un pubblico numerosissimo suggerito dalla crescita esponenziale di Internet. Dato che lo sviluppo storico di ogni nuovo medium, del film come della fotografia, è stato condotto dagli artisti, è nostra speranza che Dia, implementando i progetti degli artisti nel regno dei media digitali, possa estendere i confini di questo medium e sfidare le presupposizioni dominanti che lo governano.
L’obiettivo principale di questo programma di progetti di artisti per il web è commissionare una serie di progetti differenti, di rottura ed intriganti. (9)
Collezionare Web Art
Il Whitney Museum of American Art ha acquistato The World's First Collaborative Sentence di Douglas Davis come parte dell’eredità del collezionista Eugene Schwartz e prevede di ospitarla nel loro server, sebbene sia ancora collocata nel dipartimento dell’università dove è stata creata.
Walker Art Center ha anche un accordo teorico per acquisire il sito completo adaweb, che i proprietari corporativi non saranno più a lungo in grado di sorreggere per lo sforzo eccessivo. (11) adaweb vorrebbe continuare per essere servita dal sito del Walker, ma i nuovi progetti non dovrebbero essergli aggiunti. Il Walker prevede l’acquisizione di adaweb come un primo passo significativo in un ulteriore impegno per creare una collezione di studi digitali di specifica Web-art.
(3) Competizione culturale
Senza minimizzare – o volersi impegolare in questo discorso – le domande di esperienze autentiche o non autentiche in una cultura mediata, dal mio punto di vista, dimenticano di competere con la visione artistica di un Steven Spielberg o di un James Cameron, noi musei cerchiamo con difficoltà di non perdere di vista il fatto di rimanere soli di fronte ai più modesti sforzi di artisti e di organizzazioni di artisti che lavorano il Web oggi.
Musei Virtuali
Organizzazioni Virtuali delle Arti
[Prima che ti lamenti riguardo a tutti i grandi siti perduti, continua a leggere, in seguito, in differenti contesti se ne discuterà più ampiamente.]Ancora, l’impegno di ognuno di questi siti verso un contesto critico, l’educazione, l’interfaccia innovativa, la costruzione di comunità, e sì, la selezione culturale, colpisce ed ispira.
La domanda interessante è non come rendere questi siti in competizione con quelli dei musei, o come i musei virtuali, ma piuttosto, che cosa i musei tradizionali hanno che questi siti non hanno o non potrebbero avere?
[rivista autoprodotta on line (n.d.r.)] è potenzialmente proprio effettiva come la galleria virtuale di un museo – entrambe possono procurarsi la stessa quantità di spazio sull’hard drive, di cyberspazio, di spazio del colore, di capacità di codifica. Ancora, qual è allora la differenza?
Zine Gallerie
Una breve lista ancora inadeguata potrebbe includere Hotwired’s rgb gallery, Leonardo Electronic Almanac, Speed, Switch from the CADRE Institute at San Jose State University, Talk Back!, Why Not Sneeze? e molte altre.
La LEA Gallery è ideata statica, mai in cambiamento, - che si adatta sia al design che alla funzione dei nuovi progetti complementari, così come offre una struttura per archiviare i lavori più vecchi. Mentre lo stesso Leonardo Electronic Almanac è progettato per ospitare un’ampia varietà di utenti – quelli che utilizzano una tecnologia obsoleta, come quelli che fanno affidamento sui dischi - su modem e browser più vecchi – la LEA Gallery è stata progettata per dare vantaggio ad alcuni dei più nuovi sviluppi tecnologici. Come la galleria si evolve e si adatta, così la tecnologia che essa utilizza farà altrettanto, e, rendendo la galleria aperta all’esplorazione tecnologica, crea la possibilità per i progetti di provare e utilizzare animazione, suono, VRML e Java.
Il futuro della galleria comprende la presentazione di nuovi lavori che esplorano i confini tra arte, scienza e tecnologia, lavori di attualità che si accordano con le tematiche esplorate nelle domande mensili dell’Almanac, omaggi artistici ai pionieri dei media e lavori che illuminano le teorie sulle arti e le scienze.--Patrick Maun, curatore di LEA Gallery (13)
Come programmatore per Walker's Gallery 9, potrei – e lo faccio – identificare molti degli stessi obiettivi. Che cosa ci differenzia?
Una festa mobile
Uno dei più conosciuti siti per i nuovi media non aveva neppure una home pubblica permanente fino all’anno scorso, Ars Electronica's "Festival of Art, Technology and Society" è stata una potenza significativa per quasi vent’anni e negli anni recenti ha avuto una presenza forte nel Web. Allo stesso modo la conferenza annuale per la International Society for Electronic Arts (ISEA) ospita un sito Web con una serie di link a lavori artistici scelti da una giuria. L’autorevole conferenza SIGGRAPH ha una galleria d’arte on line. Persino la più recente Documenta ha curato un sito Web separato dalle sue installazioni fisiche. E per i Musei e la Conferenza di quest’anno, c’è un’esibizione on line di net art.
Progettare l’arte
Oltre la (con)fusione delle case di design che creano contenuto/arte originale, la stessa interfaccia, come si è ampiamente discusso, è una forma d’arte importante (e.g. SFMOMA collecting Web site design). Un’interfaccia particolarmente interessante, Plumb Design's Thinkmap/Visual Thesaurus, è stata attualmente uno spin-off dell’rsub di Razorfish, ed è la principale interfaccia per l’esibizione di Smithsonian, Revealing Things, menzionata sopra.
Gallerie e-commerciali
Biblioteche & Archivi
Nel suo affascinante testo per la Time & Bits conference, Michael Lesk riduce alla giusta proporzione la nozione che sarebbe fisicamente impossibile immagazzinare la totalità della conoscenza umana ma suggerisce una problematica persino più grande – come valutare ciò.
Ci sarà abbastanza spazio su disco e sugli archivi a nastro nel mondo per immagazzinare ogni cosa che le persone scrivono, dicono, interpretano o fotografano. Per chi scrive è già vero; per gli altri è lontano soltanto un anno o due. Soltanto una piccola frazione di questa informazione è stata approvata professionalmente, e soltanto una piccola frazione di essa sarà ricordata da qualcuno. Come notato prima, i media da immagazzinamento supereranno la nostra abilità di creare cose per immetterle in essi; e così dopo l’anno 2000 i drive dischi medi o i link di comunicazioni conterranno comunicazione macchina-a-macchina, non uomo-a-uomo. Quando noi vivremo in un mondo in cui il medio pezzo d’informazione non è mai stato visto da una persona umana, avremo bisogno di sapere come valutare ogni cosa automaticamente per decidere che cosa portare alla preziosa risorsa dell’attenzione umana. (16)
Standard, decimali di Dewey, archivi, longevità. Non ci sono argomenti attraenti, ma se noi non paghiamo l’attenzione, la storia potrebbe smettere di essere compresa dai nostri nipoti in un modo molto diverso di quello che noi vivevamo.
(4) Gli artisti mostrano le Modalità
Gli artisti capiscono la rete quasi in modo intuitivo, hanno mostrato un incredibile interesse ed entusiasmo nei processi corporativi ed hanno esposto realmente, a chi è interessato ad intraprendere qualcosa per cui il Web può essere utilizzato, come potrebbe cambiare la modalità con cui noi comunichiamo, come potrebbe unire persone diverse, creando ciò che talvolta io chiamo una geografia mondiale-virtuale del video, guidata dai media. Benjamin Weil, curator, adaweb
Net.art
Quando noi parliamo di net.art e di arte in rete alcuni dicono che dovremmo sbarazzarci della nozione di arte e che dovremmo fare qualcosa che non sia in relazione con il sistema artistico, ecc. Io penso che non sia del tutto possibile, specialmente in rete, a causa del sistema degli iperlink. Se si seguono i link, si può entrare nel contesto dell’arte ed essere collegati alle istituzioni artistiche, i siti relativi all’arte. --Alexeij Shulgin
Desktip IS di Shulgin è sintomatico di questo approccio. Desktop IS è sia un’"opera" di Shulgin che uno sforzo di gruppo aperto a tutti. La "chiamata" è un valore che fa quotazione nella sua interezza.
DESKTOP IS:
La prima esibizione internazionale on line di desktop http://www.easylife.org/desktop Se tu volessi partecipare:
- Scatta un’istantanea del tuo desktop (tasto "PrtScr" per Windows e la combinazione "Apple+Shift+3" per Macintosh)
- salvala come un file JPEG e nominala "desktop.jpg"
- mettila sul tuo sito web e invia il link a desktop@easylife.org (se non hai un sito web,invia il tuo file desktop.jpg come allegato di una e-mail - noi lo metteremo on line sul sito DESKTOP IS).
Non c’è termine massimo per l’esibizione, i nuovi file inviati saranno aggiunti al momento della ricezione per almeno sei mesi dal 20 ottobre 1997. Noi stiamo pensando di mostrare DESKTOP IS in uno spazio galleriale. Tutti i partecipanti saranno contattati per discutere dettagli e condizioni. (17)
Il nostro metodo di lavoro potrebbe essere descritto come fin troppo democratico, perché così tanto del nostro processo dipende dalla revisione, selezione, e giustapposizione critica di innumerevoli oggetti culturali, aderire a un processo collettivo è estremamente lungo e difficile. Comunque, l’apprendimento distribuito e le idee producono dei risultati che spesso sono inaccessibili a chi lavora da solo. (18)
Arte collaborativa
L’installazione File Room di Antonio Muntadas non era concepita come un progetto soltanto per il Web come The World's First Collaborative Sentence di Davis, ma fu specificamente estesa al Web per invocare la collaborazione di persone di tutto il mondo.
File Room –- documenti di numerosi casi individuali di censura nel mondo e storia con facilità d’uso, archivio informatico interattivo. -- File Room agisce non come un’enciclopedia elettronica ma come uno strumento per lo scambio di informazioni e come catalisi per il dialogo. Testi ed immagini sono scomparsi, sono stati rimossi dalla vista o vietati dall’inizio della storia. Questo progetto intende rendere visibile, in tutto il mondo, alcuni di questi incidenti ed atti come una sorgente di documentazione per nuovi incidenti che possono essere inviati dagli utenti on line.
File Room non permette soltanto agli utenti di aggiungere le loro storie ai file, ma usa anche la possibilità di ricerca e di accesso casuale dei media digitali per rendere ciò che era invisibile più facilmente visibile. Purtroppo, come una postilla ironica e tragica, con la chiusura della Randolph Street Gallery, che ha co-prodotto il progetto, File Room non è più disponile ormai on line nella sua più recente incarnazione. (19)
Il pubblico come curatore
Mentre Komar e Melamid non vanno così lontano da rendere costume di massa le loro presentazioni – essi sono più interessati al significato ed alla norma – l’aspetto che rende il loro progetto chiaramente per il Web gioca con la comunicazione molto vantata a due vie della Rete. Non solo i visitatori possono dire agli artisti ciò che pensano, ma possono perfino influenzare direttamente ciò che creano.
Paul Vanouse fa un ulteriore passo avanti con il suo progetto Persistent Data Confidante. Con PDC, i visitatori dicono un segreto (di almeno dieci parole) ed a loro volta viene detto loro un segreto che valutano [
Gli artisti come musei
Da Andrei Wyeth a Any Warhol, non c’è nulla di nuovo nell’avere un museo dedicato ad un singolo artista, persino se l’artista è vivo. E’ qualcosa di meno usuale per un artista essere architetto, direttore, designer della mostra, manager di pubblicazioni e di pubbliche relazioni, archivista, educatore e, oh sì, artista. Ma ci sono molti di tali edifici in Internet che scherzosamente mimano le tradizionali strutture dei musei nel cyberspazio. Il Lin Hsin Hsin Art Museum è forse l’esempio più energetico intorno a noi, completo di negozio di souvenir, bar, bagno musicale e molto, molto di più. Diventa un socio ora! E riceverai entrate scontate a …
Il Hsin Hsin Museum è un po’ come la canzonatura di una persona famosa. Uno può dire la verità vestendosi in modo eccessivo. Se ciò è uno scherzo o no, il museo Hsin Hsin infilza sullo spiedo il Museo ricreando fedelmente e amabilmente le sue forme senza preoccuparsi troppo dei suoi significati. E questa non è una descrizione non curata della prima coppia di onde dei siti museali Web. Abbiamo conosciuto la forma e abbiamo utilizzato un po’ di vistosa tecnologia, ma è questa l’esperienza che vogliamo avere con il Web?
Project Tumbleweed di Robbin Murphy, comunque, è un po’ come visitare un grande museo dove stanno entrando molte persone e l’allestimento offre realmente il senso soltanto dopo che ci si è stati un po’ di volte e si è iniziato a trovarsi a proprio agio con le cose. La prima volta il visitatore può essere un po’ disorientato, ma è chiaro che qualcosa ci sia. Murphy, co-fondatore di artnetweb (e non è sempre chiaro dove uno finisca e l’altro inizi) scrive del suo progetto così:
Quando la realtà viene proiettata, il reale diviene virtuale ed il virtuale diventa reale. Nel suo corrente lavoro – specialmente il Columbia University Student Center – Tschumi estende i processi di medializzazione e virtualizzazione della realtà trasformando i corpi in immagini. Lo spazio in-tra dove gli eventi mediali sono rappresentati è avvolto nella costruzione in un modo tale che gli schermi proiettano altri schermi. Schermi infiniti rendono il reale immaginario e le immagini reali... Gli scherrni non sono semplicemente facciate esterne ma sono proiettati come propaggini in modo tale che la costruzione diventa un assemblaggio intricato di superfici stratificate. Come i corpi si muovono attraverso le pelli che corrono in profondità, il materiale diviene immateriale e l’immateriale si materializza. Lungo il bordo senza fine dell’interfaccia niente è nascosto. (20)
<livelli> (prospettive):
" i o l a <
Questo è un progetto significativo che i musei farebbero bene a rubare come possono.
(5) net.curator?
Guide On the Side
Penso alla prima volta che mi svegliai realmente alla possibilità di imbattermi per caso nella listserv per l’esibizione: PORT: Navigating Digital Culture. Fondamentalmente, era un processo curatoriale aperto a cui tutti potevano partecipare, per cui tutti potevano proporre progetti, in cui tutti potevano captare comunicazione. Sarebbe ingenuo pensare che tutte le decisioni siano state prese su quella listserv, ma in realtà essa ha creato un contesto per se stessa, sia per testare le idee che per identificare le opportunità. (21)
Auto-Curation
"Il focus del progetto è la generazione automatica di testo, In questo campo, i sistemi sono costruiti in modo che producono testi descrittivi, esplicativi o argomentativi per realizzare diversi compiti comunicativi. Noi progettiamo di costruire un sistema che produca descrizioni di oggetti incontrati durante una visita guidata di na galleria museale. In prima istanza, il tour sarà di una galleria ‘virtuale’ esplorato attraverso un’interfaccia a ipertesti. (23)
La sfida calcolata di ILEX sta rendendo possibile generare testi dinamicamente basati sul seguire le tracce che l’utente ha già visto ed il suo livello di interesse. Per creare il testo base, i ricercatori di ILEX passano molte ore intervistando il curatore dell’utilizzo della collezione (jewelry), analizzando la sua conoscenza delle storie sui differenti oggetti di cui ha parlato durante le visite guidate.
(6) Hybridity and Fusion
I musei virtuali reali stanno già apparendo all’orizzonte. Franklin Furnace, per esempio, ha recentemente chiuso le sue porte ed ora sta curando una serie di performance bi-settimanali specifiche per Internet e sta progettando di rendere i suoi ampi archivi adatti al Web.
Generalmente, comunque, un approccio monolitico, se favorevole esclusivamente all’utilizzare o specificamente all’ignorare il virtuale, è improbabile che abbia un maggiore orientamento. Al posto di entrambi/o, le risposte saranno entrambe o nessuna – una terza via. I musei come ZKM stanno già facendo sforzi notevoli per integrare i nuovi media – tutti i media – nella loro collezione permanente su base permanente. Viceversa, i musei d’arte contemporanea come quello di Chicago e San Diego e il Walker Art Center (tra gli altri) stanno facendo sforzi significativi per rendere on line la loro programmazione.
Soltanto cinque anni fa, non si poteva avere una più autorevole qualità dell’Enciclopedia Britannica. Già, essenzialmente, a 100 dollari la versione CD-ROM di un defunto concorrente Funk & Wagnalls, che è fallito. Potremmo sostenere che le mucche tornano a casa – o piuttosto in quale misura – questo era un caso di persone che preferiscono la convenienza alla qualità o un trionfo di marketing (ombre di vhs vs beta) o un dinosauro che non fa attenzione al suo futuro e che si sente sicuro in una serie humungous di porte che fermano il prezzo ben sopra 1.000 dollari, come se il formato fosse la cosa veramente importante e non la conoscenza e l’informazione in essa contenuta (IBM suona una campana?).
Che cosa ciò ha a che fare con i musei? Penso che sia una favola precauzionale che la nostra esistenza non possa essere garantita, specialmente in una forma immutabile, senza riguardo di come impossibile e persino ridicolo sembri ora contemplare un universo senza di noi. La prosperità, se non la sopravvivenza, possono richiedere una crescente definizione di sé ibrida ed un’apertura alla fusione e mutazione.
Come per il curatore, non abbiamo scelta. Andremo dove gli artisti ci guideranno.