Tecnologia dell'Educazione: differenze tra le versioni

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Revisione 19:19, 27 Feb 2007

==Autore:== Fulignati Sonia

==Anno:== 2007

==Titolo:== L’evoluzione della Tecnologia dell’Educazione: dalle radici storiche ai giorni nostri


Bibliografia:

Calvani A., Manuale di Tecnologia dell’educazione, Edizioni ETS, Pisa 1995

Ciotti F., Roncaglia G., Il mondo digitale introduzione ai nuovi media, Editori Laterza, Bari 2000

Comenio, La grande didattica, in Opere, a cura di M. Fattori, Edizioni Utet, Torino 1974

De Kerckhove D., Brainframes. Mente, tecnologia, mercato, Edizioni Baskerville, Bologna 1993

Jonassen D.H., Thinking Technology, Towards a Constructivistic Design, in “Educational Technology”, 1994

Fornaca P., Didattica e tecnologie educative, Edizioni Principato, Milano 1985

Levy P., Le tecnologie dell’intelligenza, Edizioni A/Traverso, Bologna 1992

Maragliano R., Didattica del libro. L’insegnante come tipografo, Edizioni Anicia, Roma 1992

Norman D.A., Le cose che ci fanno intelligenti, Edizioni Feltrinelli, Milano 1993

Parisi D., Tecnologie della mente corpo, in Capucci P.L., Il corpo tecnologico, Edizioni Baskerville, Milano 1993

Pravettoni G., Web psychology, Edizioni Guerini e Associati, Milano 2002

Prellezo J.M., Lanfranchi R., Educazione e Pedagogia nei solchi della storia, Società editrice internazionale, Torino 1997

Turkle S., La vita sullo schermo, Edizioni Apogeo, Milano 1997

Webliografia:

http://www.acidevolution.com

http://www.filosofico.net

http://www.indire.it

http://www.infed.org

http://www.istruzione.it/organizzazione_new/uff_regionali.shtml

http://www.swif.uniba.it/lei/filosofi/autori/herbert-scheda.htm

http://www.wikiartpedia.org

http://www.wikipedia.it.


L’Educational Technology, in italiano chiamata tecnologia dell’educazione, rappresenta un ambito di studio e ricerca delle scienze dell'educazione ed ha radici che si possono ricercare nelle tecniche e nelle metodologie delle prime scuole degli Egizi e dei Romani . Attraverso gli strumenti didattici è possibile osservare la storia della scuola; una volta gli utensili impiegati a supporto dell’insegnamento erano oggetti come la tavoletta d’argilla, poi vennero il papiro, la pergamena, la carta e infine il computer. La tradizione pedagogica mette in luce i materiali didattici di educatori illustri come ad esempio i doni di Fröebel: il cubo e la sfera, simboli della quiete e del moto; la Montessori con la sua gamma di materiali strutturati per l’educazione sensoriale; Freinet con la tipografia; le scuole attive con il loro grande repertorio di materiali di autocorrezione. Negli ultimi quarant’anni acquista risalto una particolare categoria di utensili che riguardano più direttamente la trasmissione e l’elaborazione dell’informazione: i media. Intorno agli anni ’50-’60 vengono alla ribalta i cosiddetti mass media, ovvero media a diffusione uno-molti come la radio, la televisione e la stampa e i self media come il registratore, la macchina fotografica e il videoregistratore. Negli anni ’70 i mass media rimangono un po’ in penombra per poi vivere un notevole picco a partire dagli anni ’80, con lo sviluppo dei nuovi media digitali interattivi come i personal media e i telemedia, in grado di innescare un processo senza precedenti basato sulla ristrutturazione di tutta l’area della comunicazione. Tale ristrutturazione, dagli anni ’90 fino ai giorni nostri, ha portato ad una comunicazione basata anche sulla multimedialità. Una prima grande opera di tecnologia dell’educazione può essere già individuata durante l’Umanesimo, nella Didactica Magna di Comenio , saggio in cui il pedagogista afferma che l’arte d’insegnare non esige altro che una disposizione tecnicamente ben fatta del tempo, delle cose e del metodo. Comenio ricerca i principi che consentono di fornire un fondamento rigoroso all’istruzione e trova un modello teorico nel modo di funzionare della stampa e dell’orologio: “La carta sono gli alunni, la cui mente viene impressa con i caratteri delle scienze. I caratteri tipografici sono i libri scolastici e tutti gli altri strumenti didattici […] L’inchiostro è la viva voce dell’insegnante […]. Il torchio è la disciplina scolastica”. La tecnologia dell’educazione come disciplina autonoma di studio, è nata soltanto dalla metà del secolo scorso e più precisamente nel 1954, anno di pubblicazione di un famoso articolo di Skinner The Science of Learning and the Art of Teaching, lavoro che dà il via ad una serie di applicazioni all’istruzione basate su conoscenze scientifiche che si ricavano dalla psicologia sperimentale. In quello stesso periodo, in cui è da poco terminata la II guerra mondiale e negli Stati Uniti il clima politico è cambiato perché l’alleato sovietico si è trasformato ormai in un temibile rivale, prendono corpo la progettazione curriculare e le prime teorie sulla progettualità educativa che saranno alla base di ciò che diverrà l’Instructional Design. Lo sforzo culminato nella bomba atomica mette in moto un eccezionale avanzamento della ricerca scientifica; fisica e matematica danno vita a nuove e promettenti discipline come la scienza dell’informazione e la cibernetica, le quali si presentano come il modello di ciò che si deve intendere per scienza e nel contempo in grado di individuare metodi efficaci per migliorare negli anni il sistema d’istruzione statunitense ed equipararlo a quello sovietico. Alla fine degli anni ’50 viene alla luce il concetto che anche la mente può essere oggetto di studio e proprio per questo nasce una componente culturale che condizionerà notevolmente la storia dell’Educational Technology: la rivoluzione cognitivista. Nel 1956, due studiosi americani del cognitivismo Allen Newell ed Herbert Simon , in un convegno al M.I.T. (Massachusetts Institute of Technology) offrono la prima dimostrazione completa di un teorema eseguito da un calcolatore dando il via all’IA (Intelligenza Artificiale): un filone di studio che si propone di realizzare macchine capaci di comportamenti intelligenti, in grado cioè di simulare comportamenti umani agli occhi di osservatori esterni. Dalla fine degli anni ’50 fino alla fine degli anni ’70 c’è poco spazio per l’insorgere di fenomeni casuali, perchè il sistema educativo è dominato dall’approccio cognitivista che si basa su una strutturazione ordinata, lineare e razionale del percorso di apprendimento e su obiettivi definiti operazionalmente, ovvero traducibili in comportamenti misurabili. Durante gli anni ’80 però, diventano sempre più forti i segni di insoddisfazione verso i modelli gerarchico-sequenziali che hanno avuto peso nei decenni precedenti e più in generale verso il paradigma teorico di taglio oggettivistico e razionalistico basato sulla premessa che all’educazione possano essere trasferiti i risultati della ricerca scientifica. Proprio per questo si ridimensionano anche le aspettative relative all’Intelligenza Artificiale, perché confrontando il computer con la comprensione del linguaggio naturale, si evidenzia che il software non è in grado di padroneggiare la complessità di un testo, facendo una sintesi attraverso una parafrasi. Prende piede l’esigenza di progettare macchine capaci di ampliare le potenzialità umane sul piano del linguaggio, ampliando così le capacità relazionali, di condivisione e ridistribuzione dell’informatica e dando spazio a nuove comunità di dialogo. Durante i primi anni ’90, sulla base di una ristrutturazione del cognitivismo e riprendendo in chiave moderna il concetto di costruttivismo sociale di Vygotsky, viene alla luce una nuova forma di conoscenza negoziata e multidimensionale: il costruttivismo. I concetti principali che caratterizzano questa corrente sono riconducibili a tre: 1) la conoscenza è prodotto di una costruzione attiva del soggetto; 2) ha carattere <<situato>>, ancorato all’interno di un contesto concreto; 3) si svolge attraverso particolari forme di collaborazione e negoziazione sociale. L’attenzione del progettista di formazione, che prende ispirazione da questo approccio teorico, si sposta dalla organizzazione sequenziale degli interventi didattici al concetto di <<ambiente di apprendimento>> . Un ambiente di apprendimento viene inteso come uno spazio reale e/o virtuale in cui sono disponibili diverse risorse: strumenti formativi, attività di apprendimento di gruppo, problem solving e intorno alle quali ogni soggetto allestisce un variegato repertorio di risorse idonee per procedere nella forma ottimale. All’inizio del nuovo millennio, grazie al supporto della tecnologia cognitiva, l’interesse per la tecnologia dell’educazione è strettamente legato a ciò che rappresenta internet per la formazione a distanza: tale caratteristica è data dall’e-learning. Uno dei paradigmi più potenti prodotti dalla tecnologia educativa è quello dei micromondi, o mondi artificiali per apprendere , in grado di guardare alla tecnologia nella scuola come a un modello emergente di progettazione dell'azione didattica che si potrebbe definire progettualita orientata al mondo. L'e-learning, è solo il più recente sviluppo di un approccio che affonda radici profonde nella cultura della simulazione, si può definire anche come apprendimento elettronico o teledidattica e si basa sulla capacità di coadiuvare i processi di creazione, gestione, trasmissione della conoscenza che appaiono cruciali per l’avanzamento della società. La tecnologia dell’educazione utilizza le risorse internet come il web, l’e-mail e lo streaming video per distribuire in rete contenuti didattici multimediali, tali contenuti si basano su quattro principali caratteristiche della formazione online: 1) modularità: il materiale didattico deve essere composto da moduli didattici, chiamati anche Learning object (LO) in modo che l'utente possa dedicare alla formazione brevi lassi di tempo (indicativamente 15/20 minuti di tempo), personalizzando così tempi e modalità di approccio ai contenuti; 2) interattività: l'utente deve interagire con il materiale didattico, che deve rispondere efficacemente alle necessità motivazionali dell'interazione uomo-macchina; 3) esaustività: ogni Learning object (LO) deve rispondere ad un obiettivo formativo e portare l'utente al completamento di tale obiettivo; 4) interoperabilità: i materiali didattici devono essere predisposti per la distribuzione su qualsiasi piattaforma tecnologica e per garantire la tracciabilità dell'azione formativa. A tal fine sono stati individuati degli standard (AICC, SCORM, IMS,…) che devono essere implementati per garantire la comunicazione fra diversi sistemi e fare in modo che i moduli didattici concepiti su una piattaforma possano essere integrati anche in un'altra. Un componente base dell'e-learning è la piattaforma tecnologica (Learning Management System o LMS) che gestisce la distribuzione e la fruizione della formazione: si tratta infatti di un sistema gestionale che grazie alla tecnologia SCORM, permette di tracciare la frequenza ai corsi e le attività formative dell'utente (accesso ai contenuti, tempo di fruizione, risultati dei momenti valutativi,...). Tutte le informazioni sui corsi e sugli utenti restano indicizzate nel database della piattaforma: questa caratteristica permette all'utente di accedere alla propria offerta formativa da qualsiasi computer collegato a Internet. L'utente è in questo caso totalmente delocalizzato e in virtù di ciò risulta più semplice il suo accesso al proprio percorso formativo perché per mezzo di un server può accedere da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento. Se la piattaforma risulta essere una componente fondamentale per l'e-learning, l'aula virtuale (o ambiente collaborativo)è la metodologia didattica che permette l'interazione fra utenti, sia in modalità sincrona che in modalità asincrona: si tratta infatti di strumenti che, nel primo caso, favoriscono la comunicazione immediata tramite chat, lavagne condivise (whiteboard) e videoconferenze; nel secondo caso invece, favoriscono una comunicazione che non necessita della presenza degli utenti nello stesso momento come avviene nei forum di discussione, nella posta elettronica, nelle mailing list e nei newsgroups. Una delle maggiori critiche che sono state fatte all’e-learning è l’apparente mancanza del docente rispetto alla formazione tradizionale, in realtà l’assenza di questa figura viene sopperita con azioni di tutoraggio che supportano la formazione degli utenti per quanto riguarda l'approfondimento degli argomenti di studio e per quanto riguarda la motivazione. Le caratteristiche fondamentali del tutor sono: la capacità di agire sulle attività del singolo e del gruppo attraverso gli strumenti disponibili: chat, forum, posta elettronica,...; il compito di distribuire i materiali didattici e di supporto; la possibilità di relazionarsi con esperti di contenuto per aiutare gli utenti nella formazione; la capacità di gestire le aree di collaborazione dei sistemi di piattaforma tecnologica come il Learning Management System (LMS). In Italia l’Indire , l’Istituto Nazionale di Documentazione per l'Innovazione e la Ricerca Educativa, da alcuni anni si occupa della formazione in servizio del personale della scuola (dirigenti, insegnanti, personale amministrativo e collaboratori scolastici), proponendo una modalità blended . L’Indire collabora con il MIUR e gli Uffici Scolastici Regionali per portare l’intero sistema scolastico ad un nuovo concetto di formazione basato sulla conoscenza dei New Media e sulla relazione che intercorre tra essi e la didattica. La tecnologia cognitiva che supporta i vari ambiti didattici della tecnologia dell’educazione indirizza l’uomo verso un concetto di informazione inteso come un enorme magazzino di dati . Tale concetto, fondato su risorse distribuite, è alla base delle moderne reti in cui l’informazione viene dislocata ed è anche una buona metafora per descrivere il funzionamento stesso della mente. Inizialmente, negli anni ’60, gli studiosi approcciavano alla tecnologia tenendo ben distinte mente e corpo, oggi invece sia la mente che il corpo sono diventati oggetti tecnologici, artefatti della realtà e la realtà virtuale ne è un esempio emblematico. Domenico Parisi, studioso di New Media, afferma che il calcolatore può continuare ad aiutarci e questo aiuto sarà sempre più indispensabile, ma dovremmo smettere di pensare al calcolatore come modello della mente umana, perché esso realizza tecnologie della mente/corpo, interfacce e ambienti che agganciano insieme il nostro corpo alla nostra mente. Derrick De Kerckhove propone di chiamare psicotecnologia la nuova area di studio che riguarda il modo in cui le tecnologie si integrano con i processi della mente, estendendo, emulando ed amplificando funzioni sensomotorie, psicologiche o cognitive. << La psicotecnologia è dunque lo studio della psicologia non come assioma universale, ma come condizione psicologica di persone sottoposte all’influsso delle motivazioni tecnologiche>> ,afferma De Kerckhove, in quanto avviene una trasformazione delle motivazioni che si modellano e si integrano con le tecnologie. De Kerckhove aggiunge anche che i sistemi di elaborazione di informazioni, come il computer e la televisione, sono di fatto estensioni di alcune proprietà psicologiche della nostra mente e di conseguenza si possono chiamare tecnologie della psiche, quindi psicotecnologie. La psicotecnologia è dunque un qualsiasi dispositivo tecnologico in grado di estendere o imitare le caratteristiche psicologiche dell’uomo. Levy affronta lo stesso argomento di De Kerckhove con una visione completamente diversa e propone il termine di ecologia cognitiva inserendolo all’interno del campo sociologico. Secondo Levy infatti, il pensiero ha alla base attori collettivi cui partecipano organicamente dispositivi tecnici ed istituzioni sociali, questo perché una tecnologia intellettuale deve essere analizzata come una molteplicità infinitamente aperta capace di interpretare gli usi sociali. L’ipertesto-rete rappresenta al giorno d’oggi la metafora per eccellenza in grado di valere per tutte le sfere della realtà e l’ipertesto collettivo esterno si integra con gli ipertesti individuali, ovvero con l’incessante attività di produzione di significati che il singolo chiama in causa. L’uomo appartiene a molteplici strati, ad un reticolo di reticoli che non ha inizio né fine né centro e si modifica continuamente senza cause precise. Gli studi sulla tecnologia cognitiva e in particolar modo gli studi di Levy, rappresentano un nuovo crocevia tra scienza cognitiva, informatica e psicologia. All’interno di tale crocevia l’oggetto centrale riguarda le forme possibili di integrazione, compenetrazione, cooperazione e contaminazione che scaturiscono dal rapporto costante tra mente e mezzo e che danno luogo a spazi comunitari nuovi e diversi. Per merito della tecnologia educativa, buona parte della nostra società, ha sviluppato una nuova consapevolezza metodologica, all’interno di spazi comunitari e all’interno delle scuole, che non può più fare a meno della mediazione di strumenti e infrastrutture tecnologiche.