Sniping: differenze tra le versioni

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*J.Baudrillard, ''Lo scambio simbolico e la morte,'' Feltrinelli, Milano, 2002
 
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Revisione 12:07, 3 Apr 2009

Genere o movimento artistico:

Sniping

Personaggi o Gruppi:

Luogo

America, Europa, New York

Poetica

Gli snipers sono franchi tiratori semiotici (vedi anche Semiotic art). I loro attacchi non avvengono con armi da fuoco o congegni di puntamento, bensì con bombolette spray; la loro specialità è un insidioso e inosservato inserimento di segni e simboli nello spazio pubblico. Essi cambiano, commentano, correggono o spiegano i contenuti spesso inespressi di manifesti, monumenti, insegne e simili o anche "détournare" muri e facciate di edifici apparentemente privi di contenuto per mezzo dei graffiti: la maggior parte degli attacchi degli sniper sono interventi illeciti nella proprietà privata. Il termine inglese sniping significa anche tagliuzzare. Lo sniper lavora con interventi grafici o testuali diversi, e spesso frammentari. Utilizza il materiale che trova nel cuore della notte sul terreno del nemico, nei suoi spazi o sui suoi oggetti, lo completa o lo deforma coi suoi proiettili semiotici, con frammenti di testo, con simboli o immagini. Il messaggio originario viene straniato, ed eventualmente trasformato nel suo contrario (straniamento). La città viene attaccata in quanto considerata «luogo di riproduzione del codice». Scrive Baudrillard a proposito del fenomeno di invasione di graffiti che colpì New York nella Primavera del 1972: «La città non è più il poligono politico-industriale che è stata nel XIX secolo, è il poligono dei segni, dei media, del codice. [...] Per la prima volta con i graffiti di New York i tracciati urbani e i supporti mobili sono stati utilizzati con tale ampiezza, e con una tale libertà offensiva. Ma, soprattutto, per la prima volta i media sono stati attaccati nella loro stessa forma, cioè nel loro modo di produzione e di diffusione. E questo proprio perché i graffiti non hanno contenuto, non hanno un messaggio. È questo vuoto che costituisce la loro forza. E non è un caso se l'offensiva sulla forma si accompagna a una recessione dei contenuti. Questo deriva da una specie di intuizione rivoluzionaria – e cioè che l'ideologia profonda non funziona più al livello dei significati politici, ma al livello dei significanti – e che là il sistema è vulnerabile e dev'essere smantellato» (Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano, 2002 p.94)

Le tags, le firme, i segni gestualidei graffitari sono da intendersi in quest'ottica non tanto come veicoli 'testuali' di significato ma come gesti significanti di riappropriazione urbana. È il gesto a farsi testo, non più la parola o l'immagine di rappresentazione. Mentre gli slogan politici – pensiamo agli slogan sui muri del periodo fascista in Italia o gli slogan del movimento studentesco del 1968 in Francia – possono essere fagocitati e neutralizzati attraverso un contrattacco sul piano dei significati, a detta di Baudrillard i graffiti sfuggono completamente agli anticorpi del sistema urbano. Le tags non mirano a dire o raccontare, tantomeno a convincere qualcuno, si limitano ad aggredire e ad occuparelo spazio pubblico per destabilizzarne l'ordine precostituito ed alterarne la percezione.

Non è un caso che i graffitisti siano oggetto di punizioni drastiche ed esemplari mentre altri artisti vengano invitati ad armonizzare il paesaggio urbano con murales o city walls. In queste ultime forme di estetiche metropolitane è possibile ritrovare quello stesso tentativo di armonizzazione delle forme urbane che ha caratterizzato il passaggio da architettura moderna ad architettura post-moderna: utilizzare un muro come superficie artistica serve ad attenuare la freddezza dei materiali industriali (cemento, ferro, vetro, acciaio) ma non a metterne in discussione la sostanza ed il suo significato intrinseco.


Bibliografia

  • AA.VV., Comunicazione-guerriglia. Tattiche di agitazione gioiosa e resistenza ludica all’oppressione,Derive e Approdi, 2001
  • J.Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano, 2002