Klein Naomi
embed movies in powerpoint movie based on real people psychology licensure requirements http elk grove village movie theater play station 2 video game system elite torrents down page lord of war movie review kimbo videos march movie release dates saw the movie 2004 japanese free video xxx presario 5000 video drivers eight elm photo video
Naomi KleinBiografia
Naomi Klein ÃÂè nata nel 1970 a Montreal, da una regista femminista e da un medico militante di sinistra, entrambi oppositori della guerra in Vietnam, fuggiti in Canada per la loro attivitÃÂàpolitica. Naomi ha trascorso la sua infanzia e adolescenza a contestare i genitori per "i marchi" che loro le imponevano mentre lei mai avrebbe partecipato all'ÃÂëeconomia del logoÃÂû, preferendo diventare, cosÃÂì come hanno fatto molti ricercatori scientifici, docenti universitari, un semplice ÃÂënodoÃÂû, al pari di altri, di una rete sociale di attivisti, condividendo cosÃÂì il loro sapere con gli altri, senza per questo rivendicare nessuno ÃÂëstatusÃÂû particolare per sÃÂé. Naomi ha sofferto per la costrizione del marchio fino agli anni dell'universitÃÂà. "Ne sono uscita con un atto di forza - racconta - come un tossicodipendente che si libera dalla droga". Interrotti gli studi si ÃÂè gettata a capofitto nella contestazione, dedicandosi alla realizzazione del progetto "No Logo". Giornalista e scrittrice, scrive per il quotidiano canadese Globe and Mail e collabora con The Guardian (Gran Bretagna) e Internazionale. ÃÂàdivenuta famosa in tutto il mondo con il libro No logo, dedicato al pensiero e ai movimenti no-global. EâÃÂàsposata con il regista Avi Lewis, con il quale condivide impegno politico e attivitÃÂàlavorativa.
Le opere
L'immagine ÃÂè tutto. Anche troppo. Dopo anni, anzi decenni, passati a inseguire falsi bisogni (e vere etichette) le nuove generazioni stanno impadronendosi di una nuova consapevolezza: la vita ÃÂè fatta di sostanza, non solo di apparenza. Anche perchÃÂé, dietro l'industria dei marchi e delle firme, si cela una societÃÂàoccidentale che non esita ad applicare, nei confronti del Terzo mondo, politiche di sfruttamento economico e individuale degne di un capitalismo orientato piÃÂù all'Ottocento che al terzo millennio. Bill Gates, la perfetta icona della new economy, si ÃÂè trasformato in un orfanello della globalizzazione, il baffo della Nike (il piÃÂù grande successo di marketing degli anni Novanta) ÃÂè diventato simbolo di sfruttamento della manodopera: alcuni dei piÃÂù celebrati marchi del mondo vengono oltraggiati e sono diventati l'obiettivo preferito degli hacker e delle campagne anti-industriali, quindi cosa significa tutto questo per il mercato delle multinazionali e le loro relazioni planetarie, qual ÃÂè il futuro delle nostre comunitÃÂàe del mondo in cui viviamo? Con una buona miscela di analisi socio-culturale, cronaca giornalistica e âÃÂÃÂlavoro sporco", Naomi Klein affronta in No Logo le tematiche sopra descritte: Naomi Klein ci porta all'interno delle fabbriche sfruttatrici in Indonesia e nelle Filippine; ci accompagna nei centri commerciali del Nord America con il loro life-style pronto da indossare; ci presenta un gran numero di attivisti che combattono la societÃÂàdei marchi, i "sabotatori" di cartelloni pubblicitari, i manifestanti che hanno sfidato la Shell sul delta del Niger, gli attivisti dietro al processo McLibel di Londra, gli hacker che hanno dichiarato guerra ai sistemi informatici delle multinazionali che violano i diritti umani in Asia. Naomi Klein spiega e analizza le ragioni della nuova contestazione, fornendo allo stesso tempo una denuncia dettagliata delle contraddizioni della nuova economia globale.
http://www.portalinus.it/redazione/nologo/nologo_capitoli2.asp
Nel successivo libro 'Recinti e finestre, Naomi Klein raccoglie molti degli articoli, reportage e saggi scritti dalla giornalista canadese tra il 1999 e il 2002. Il libro si apre con il racconto della ÃÂërivolta di SeattleÃÂû, infatti in una mattina di dicembre 1999, gruppi di persone cominciarono a bloccare gli incroci di Seattle, cittÃÂànota soprattutto perchÃÂé aveva dato i natali alla musica grunge (i Nirvana di Kurt Cobain venivano da lÃÂì) e perchÃÂé sede della piÃÂù importante societÃÂàdi software del mondo, la Microsoft di Bill Gates. In quel giorno, cinque, seimila persone riunite per gruppi di affinitÃÂà, chi mascherato da tartaruga marina, chi indossando una felpa nera con il logo di una universitÃÂà, chi calzando un cappello da baseball con la sigla di un sindacato, riuscirono in quello che sembrava impossibile fino al giorno prima: fecero fallire la riunione dell'Organizzazione mondiale del commercio. Questo ÃÂè un volume che non ha ÃÂëambizioniÃÂû teoriche, come invece aveva il precedente No Logo; ÃÂè una storia in tempo reale del movimento no global o, come ama definirlo la stessa autrice, del ÃÂëmovimento dei movimentiÃÂû. Il fatto che sia composto di brevi testi nulla toglie perÃÂò alla passione con cui sono stati scritti. Leggerli uno dopo l'altro, sebbene siano divisi in cinque aree tematiche (finestre del dissenso, recintare la democrazia, recintare il movimento, capitalizzare il terrore, finestre per la democrazia) ÃÂè come veder nuovamente proiettato sullo schermo un film avvincente di cui si conosce l'inizio, i protagonisti principali, ma di cui non si intravede la fine. L'inizio coincide con la rivolta di Seattle e uno dei protagonisti ÃÂè âÃÂÃÂil movimento", una realtÃÂàcosÃÂì piena di potere attrattivo che spinge la stessa autrice a catapultarsi fuori dalla sua sonnacchiosa cittÃÂà, Montreal, per compiere la sua educazione sentimentale alla politica nelle vie di piccole e grandi cittÃÂà, dall'opulenta Washington alla inquinatissima CittÃÂàdel Messico, dal deserto australiano alla pianura argentina, dalla periferia romana alle favelas brasiliane. Finestre e recinti si chiude con un'aspra critica della politica estera statunitense. L'autrice di No Logo scrive che la ÃÂëguerra contro il terrorismoÃÂû degli Usa iniziata in Afghanistan puÃÂò essere considerata come il fallimento del ÃÂëbrandingÃÂû della politica estera americana; puÃÂò vincere con le armi, ma non riesce a raccogliere consenso, cosa che invece riesce meglio al ÃÂëmovimento dei movimentiÃÂû, bloccando o almeno inceppando la macchina della guerra.
http://www.axiaonline.it/2003/libri/axialibri_Ottobre.htm
Il documentario di Naomi Klein The take, esperienza cinematografica condivisa con il marito, il regista Avi Lewis, racconta le storie di padri di famiglia, giovani che avevano ormai perso ogni speranza, anziani operai, irriducibili mogli, alle prese con curatori fallimentari, decisioni di tribunali, frustranti ostacoli burocratici, la minaccia concreta della repressione violenta da parte della polizia, con un solo grande obiettivo: continuare a vivere del loro lavoro, di quello che sanno e vogliono fare, senza l'aiuto dei padroni. Nel film, alla periferia di Buenos Aires, trenta operai disoccupati entrano nella loro fabbrica e non vogliono piÃÂù abbandonarla. Chiedono solo di far ripartire le macchine ferme. Alla vigilia della drammatica crisi economica del 2001, la piÃÂù ricca borghesia dellâÃÂÃÂAmerica latina si ritrova in una cittÃÂàfantasma con fabbriche abbandonate e unâÃÂÃÂenorme disoccupazione. Freddy, il presidente della nuova cooperativa degli operai, e Lalo, il politico del Movimento delle societÃÂàrecuperate, sanno che il successo non ÃÂè assicurato. Devono affrontare tribunali, polizia e politici che possono dar loro protezione legale o sbatterli fuori dalla fabbrica con violenza. La storia della lotta degli operai ha sullo sfondo la cruciale elezione presidenziale dove lâÃÂÃÂarchitetto del collasso, Carlos Menem, ÃÂè il favorito. Armati solo di fionde e di una fede duratura nella democrazia della base operaia, i lavoratori affrontano i loro capi, i banchieri e un intero sistema che vede le loro amate fabbriche solo come rottami da vendere. Si organizzano, si autotassano, si assicurano l'appoggio della popolazione locale, intrecciano rapporti con altre aziende che stanno vivendo la loro stessa situazione intessendo una rete di reciproco sostegno. Una ricetta rivoluzionaria fatta di piccoli passi, che rifugge dalle seduzioni utopistiche delle ideologie e liquida la politica come un fatto secondario, estraneo alle loro reali necessitÃÂà.
http://www.cinematografo.it/pls/cinematografo/consultazione.mostra_paginat?id_pagina=2467
In occasione della presentazione milanese di âÃÂÃÂThe Take", il 21 marzo 2005, Naomi Klein incontra e saluta Cantieri, San Precario e Casas de Plastica, un gruppo di immigrati sudamericani. E la saggista ricorda: nel secondo anniversario dell'invasione dell'Iraq, ribadiamo il nostro impegno contro le occupazioni di morte e pro altre occupazioni: quelle per il diritto all'acqua e al cibo, al lavoro, alla salute, all'istruzione. Incontro registrato presso la Libreria Feltrinelli di Milano. Nel filmato successivo, Naomi Klein e Avi Lewis sono intervistati da Miriam Giovenzana, direttrice di Altraeconomia, e Carlo Giorgi, direttore di Terre di Mezzo, nell'ambito dell'iniziativa Fa' la cosa giusta (Milano, 20 marzo).
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=2391
http://movies2.arcoiris.tv/movies/00_03_2005/intervista_klein_e_lewis_big.ram
La poetica
A soli 30 anni, Naomi Klein ÃÂè una dei guru del âÃÂÃÂmovimento antimondializzazione", un ampio gruppo transnazionale relativamente organizzato che protesta contro il potere, crescente e totalizzante, dell'economia multinazionale nel mondo. EâÃÂàuna giornalista e certamente non una teorica e il suo non ÃÂè mai un atteggiamento antintellettuale. Si potrebbe dire che il suo lavoro rappresenta molto bene l'attuale rapporto tra intellettuali e movimenti sociali. Lei stessa asserisce: âÃÂÃÂLa mia speranza ÃÂè che l'attivismo, rappresenti una consapevolezza sempre maggiore rispetto al fatto che stiamo perdendo il controllo delle nostre societÃÂà, che dobbiamo condurre le companies ad un piÃÂù elevato standard etico, che siamo qualcosa di piÃÂù di semplici relazioni economiche". Il âÃÂÃÂmovimento dei movimenti", come lei lo definisce, segna la fine del âÃÂÃÂgrande freddo" che va dalla fine degli anni Settanta alla fine degli anni Novanta, il ventennio della stagione cosiddetta âÃÂÃÂpost-ideologica" che ha interpretato il tramonto delle ideologie come necessario e ineluttabile adattamento alla politica delle procedure liberali, dei vincoli determinati, dell'economia di mercato senza frontiere. Nel movimento c'ÃÂè una ripresa dei grandi temi dell'universalismo e della liberazione che avevano segnato gli anni Sessanta, un decennio di soggettivitÃÂàcosmopolite e di grande ricambio generazionale in cui non a caso sono stati inventati i grandi linguaggi innovativi che tuttora âÃÂÃÂritmano" - alla lettera, a cominciare dalla musica - molti comportamenti sociali dell'ultima generazione e i rapporti fra le generazioni. Definisce la globalizzazione non come omologazione e nemmeno scontro delle civiltÃÂà, piuttosto come un transito, un passaggio, di tutte le aree del pianeta attraverso gli stili occidentali. Infatti, personalmente arriva a conclusioni opposte a quelle che diagnosticano il trionfo del pensiero unico occidentale, perchÃÂé nella globalizzazione l'occidentalizzazione va di pari passo con la de-occidentalizzazione: quando l'occidente diventa mondo, i suoi âÃÂÃÂpilastri fondamentali" si rompono.
Bibiliografia
- Klein Naomi, No logo: economia globale e nuova contestazione, Baldini e Castoldi, Milano, 2001 e 2002
- Klein Naomi, Recinti e finestre. Dispacci dalle prime linee del dibattito sulla globalizzazione, Baldini Castoldi Dalai, 2003
- Klein Naomi, D'Eramo Marco, Della Sala Vitaliano, Global magazine Democrazie in quarantena [vol 3] Manifestolibri, 2003