Copyleft and Tenure: Towards a Network Model
Autore: Joline Blais, Jon Ippolito (intervistati da Trebor Scholz)
Tratto da: http://www.newmediaeducation.org (As part of WebCamTalk1.0) adjusted by Trebor Scholz in List of the Institute for Distributed Creativity <idc.bbs.thing.net> idc@bbs.thing.net http://mailman.thing.net/cgi-bin/mailman/listinfo/idc
Titolo Originale: Copyleft and Tenure: Towards a Network Model - Interview with Joline Blais and Jon Ippolito
Traduzione di: Alessandra Ceriani
Anno: 2005
Copyleft e Diritto di Possesso: verso un modello di rete
Trebor Scholz: La legittimazione accademica dell’ampia varietà delle pratiche di ricerca dei nuovi media è un argomento largamente discusso. Dall’artista che collabora con i media al critico dei media che pubblica online, la condivisione del contenuto non sempre favorisce i
processi di diritto di possesso. Più spesso che no, la nozione di libero accesso è in
disaccordo con la logica affaristica dell’ università. Possono i dibattiti sul possesso, per
esempio, condurre allo sviluppo di modelli che hanno valore anche al di fuori
dell’accademia?
Jon Ippolito: Il possesso, come il diritto d’autore, ha perso di vista il suo originale
scopo. C’é un parallelo tra il problema che ha l’università ad adattarsi al mondo digitale e
i problemi che il diritto d’autore ha ad adattarsi allo stesso mondo. In entrambi i casi un’
iniziale idea molto utile è stata corrotta trasformandola in un modello di scarsità che
mantiene i prodotti della conoscenza in una piccola cerchia di una particolare sottocultura.
Attualmente, il processo di rivisitazione del diritto di possesso non tiene conto di
collaborazioni, come tu fai notare. La conoscenza è sempre più bloccata, attaccata ai soldi.
Nel caso del possesso il livello d’oro [n.d.t. gold standard] sta contribuendo con i giornali universitari, ognuno dei quali potrebbe costare annualmente all’università 10,000 dollari in abbonamenti. Questo
significa un considerevole numero di abbonamenti a tali riviste possibile solo per Harvard e
il MIT, e spesso lasciano i professori di altre scuole incapaci di assegnare agli studenti i
loro testi perchè la loro biblioteca non se li può permettere. Fino ad ora gli strumenti del diritto di possesso e del copyright possono essere usati,
forse, come un modo per ripensare questi concetti. Le licenze Copyleft/GNU rispettano un
sistema molto più democratico. Come può il possesso essere usato in un modo simile? Una
nuova iniziativa alla quale stiamo lavorando, the Maine Intellectual Commons, sta esplorando
questa questione. Uno dei nostri colleghi dell’università del Maine, Harlan Onsrud, ha
consigliato di riscrivere i criteri di revisione del diritto di possesso per favorire le
pubblicazioni a libero accesso rispetto ai giornali con accesso a pagamento. L’idea originale di una pari revisione era fantastica, ma è stata danneggiata da piccoli
gruppi egemoni che hanno un investimento pre-impostato nei più vecchi paradigmi
intellettuali. Essi spesso hanno una stretta mortale esclusiva su un campo. Se noi
come Gnutella o bitTorrent, improvvisamente il termine significa inclusione piuttosto che
esclusione.
Dare priorità alle pubblicazioni a libero accesso è una cosa difficile da fare approvare
nelle università, comunque, a causa di tutti i cerchi burocratici si deve negoziare,
dall’amministrazione al senato di facoltà alle unioni. Così Harlan ha proposto come
obiettivo a breve temine di riscrivere semplicemente i moduli sui quali le persone
presentano le loro domande di diritto di possesso. I primi spazi andrebbero riempiti con
categorie a libero accesso. Essenzialmente, questo non cambierebbe le norme ma farebbe
pensare due volte i professori quando realizzano che non hanno nulla in questi primi quattro
spazi per libri o articoli a libero accesso. Questa è una mezza misura che funziona in modo
simile al copyleft, che è una mezza misura di adattamento al problema del copyright.
http://en.wikipedia.org/wiki/Copyleft
http://en.wikipedia.org/wiki/Tenure
Joline Blais: la mia domanda in relazione al processo del possesso è sulla responsabilità.
Sono anche io responsabile? Sono responsabile verso la comunità locale o verso una rete di
lavoro globale di ricercatori nel mio campo? Hanno nulla con cui contribuire alla mia
ricerca le persone che vivono nella mia comunità? Questo semestre ho invitato i membri della
comunità locale dei Nativi Americani che vivono a poche miglia dall’università a prendere
parte alle lezioni senza pagarle. Essi hanno fatto delle domande, hanno sollevato questioni
locali (per esempio in relazione ad un progetto di rivendicazione del fiume per la pulizia
di uno dei nostri fiumi). Sono diventati parte del materiale del corso.
Relativo alle questioni del possesso è anche il rapporto con le gerarchie. Noi tentiamo di
spostare il possesso dalle gerarchie ai networks. Ero preso da un recente saggio di Alex
Galloway, "Global Networks and the Effect on Culture", nel quale egli dice che uno non può
realmente attaccare direttamente un sistema così come è molto difficile abbatterlo. Ciò che consiglia è una strategia del girare intorno, proprio come in internet. Tra server e
client un pacchetto di informazioni trova la via di minore resistenza, a volte anche
scomponendo le informazioni. Alex propone di girare intorno ad un sistema o una strutture
così che il particolare sistema o struttura diventi irrilevante. Noi pensiamo a questo
girare intorno anche come ad un modello di processo di revisione possesso, in modo che più
persone si comportino e trovino modi di avere successo utilizzando diverse strategie.
JI: Il saggio di Galloway è emerso durante una battaglia lunga una settimana che abbiamo
combattuto Joline ed io sulla quetione se le reti di lavoro della comunità stanno in
definitiva avendo potere.
JB: Jon è del parere che i networks sono profondamente in grado ma il commento finale di
Alex è che le Powers That Be ora sono al di sopra del valore dei networks lavorano loro
stesse nelle strutture dei networks
JI: Bene, Joline ha ragione, noi dobbiamo trovare il modo di prevenire queste strutture
dall’essere co-optate. Il possesso originariamente era stato creato per andare oltre le
strette reti di persone che si conoscevano l’uno con l’altro così da permettere alle persone
franche di essere in qualche modo protette e nel complesso dare un vantaggio alla società.
Anche il copyright in origine era stato pensato per tutelare chi voleva un modo per
proteggere i propri lavori e finora queste cose hanno contribuito ad un sonoro pubblico
dominio. Ma ora l’impallidire delle monografie in confronto a Google colpisce come una certa influenza,
mentre un tesoro di musica e filmati resta chiuso fuori dalla pubblica portata perchè i suoi
creatori hanno ceduto i loro diritti alla EMI o alla Disney.
TS: Qualcuno dei miei colleghi europei percepisce il sistema del possesso americano come
divini scendono giù dai loro studenti mi sembra altrettanto tragico. Come puoi immaginare un sistema che uccida la creatività?
JI: Io sono fortemente a favore dei sistemi di hacking come il diritto di possesso
per promuovere la libera circolazione delle idee e proteggerei profanatori. L’Accademia
l’aveva concepita con in mente quel obiettivo.
JB: Quando il professor UC- Boulder (macigno) Ward Churcill criticò gli Stati Uniti dopo
l’11 Settembre, il repubblicano Bill Owens , governatore del Colorado,
dovette chiamare per le dimissioni di Churcill. Nota il linguaggio: egli dovette chiamare
per le sue dimissioni perchè non c’era un modo semplice per licenziarlo. Senza tener conto
di ciò che tu pensi di Churchill o dei suoi programmi, lo considero importante per
costruire strutture di dissenso, e nella sua forma originale il diritto di possesso era una
di queste.
JI:E’ giusto, in una corporazione avrebbe indossato solo slip rosa--fine della discussione.
Così il diritto di possesso, come il copyright, potrebbe essere una leva per far valere te
stesso. Nella passata Conferenza di Novembre della Camera degli Intellettuali Neeru Paharia
descrisse una proposta che qualcuno fece per una licenza Creative Commons “ad uso non
leve.
http://commons.umaine.edu/coic/ http://commons.umaine.edu/coic/coicmovies/CC.mov
JB:Si, ma anche le strutture tradizionali del diritto del possesso sono sotto assalto. Una
legge per modificare le protezioni del diritto di possesso è stata appena sottoposta alla
legislatura del Maine. Etichettato come “un atto per creare un disegno di legge accademico
dei diritti “, è attualmente un primo esempio di doppia lingua. Il nome del disegno di legge
è una maschera della sua sostanza con la quale calpestare la libertà accademica
sottoponendo l’insegnamento e il programma culturale del campus ad una sorveglianza
legislativa in una causa privata. Chiunque considera controverso l’oggetto del problema ed
avversari hanno identificato questo come parte delle guerre di cultura varate dai nuovi
amici di Bush.
LD 1194 "An Act to Create an Academic Bills of Rights" http://janus.state.me.us/legis/LawMakerWeb/externalsiteframe.asp?ID=28001621 2&LD=1194&Type=2&SessionID=6 http://www.thenation.com/doc.mhtml?i=20050404&c=1&s=jacoby http://www.insidehighered.com/news/2005/03/25/acfreedom
Quindi secondo il mio parere, invece di potenziare i modelli esistenti, dovremmo creare dei
percorsi intorno ad essi. Insieme ad alcuni colleghi e studenti del UMaine, abbiamo
costruito una struttura collaborativa chiamata The Pool che offre un gruppo di lavoro di
fiducia democratico e indipendente del sistema di equa recensione della Ivory Tower . Fino a qui abbiamo usato questo beta system principalmente per stimolare lavori artistici
collaborativi e applicazioni—un Art Pool—ma recentemente ci è venuto in mente che potremmo
costruire un Text Pool per fare lo stesso per una critica collaborativa
http://newmedia.umaine.edu/pool/
In un contesto accademico la possibilità di seguire ogni contributo individuale ad un
progetto più vasto può essere interessante. In un modo lo si può gia fare con liste come
<nettime> ricercando un colloquiale farsi strada nell’archivio. Con il Text Pool potresti
apprendere un’ idea simile, forse migliore, della costruzione sociale di un testo invece di
leggere solo un articolo che dichiara un autore. In un testo puoi semplicemente cliccare su
TS: Il sito Open Theory è l’equivalente tedesco di questo. Prende l’idea di software libero
per scritti collaborativi di teoria.
JI: Grande, non conoscevo il sito Open Theory. C’è certamente un crescente numero di siti
che applicano un’ interfaccia dallo stile Source-Forge a tutto, dalle ricette della cola ai
casi di persone scomparse. http://www.colawp.com/colas/400/cola467_recipe.html http://doenetwork.org/
Mentre il Pool include version tracking come questi siti, il Pool è basato su un’interfaccia
grafica piuttosto che un inventario lineare. Nella principale interfaccia, l’indice
d’ascolto della comunità produce uno sciame emergente di progetti intrecciati in accordo con
i loro livelli di approvazione e riconoscimento.
Un’altra interfaccia del Pool è un diagramma di gruppo di lavoro collaborativo realizzato da
uno dei nostri studenti, Jeremy Knope. Come con gli strumenti di network sociali, puoi fare
un grafico dei gradi di separazione delle diverse persone, ma in questo caso puoi anche
vedere quanto sono collegate attraverso progetti collaborativi.
http://newmedia.umaine.edu/pool/pool_extras.html
Quando mostrammo The Pool a Jim Crutchfield e all’Istututo di santa Fe, una think tank per
la teoria del caos e la scienza della complessità, lui pensò che questo poteva essere
prezioso nel processo di ricerca perchè puoi non avere alcun articolo in una rivista per la
quale sei il principale autore, ma molti lavori per i quali hai giocato dei ruoli nella
creazione di prodotti intellettuali di altre persone. Mentre il tuo saggio lo fa nel New
Media Reader, sfortunatamente non c’è nessun pulsante che puoi cliccare per vedere la lista
di tutte le persone che vi hanno contribuito o l’hanno criticato su <nettime>. Penso che
abbiamo davvero bisogno di strutture che permettano questo tipo di storia della versione.
TS: Come usi questi progetti in un contesto educativo? Progetti come The Art Pool o Text
Pool come si paragonano a progetti open courseware come l’OpenCourseware del MIT o i
progetti Connexions della rice University, il progetto H2O di Harvard, Citeulike, o il
nostro Distributed Learning Project? Se la preoccupazione è il libero accesso all’arte, bè,
il Rhizome Artbase è libero il venerdì. I creatori di Rhizome enfatizzarono il compito
sociale di attrarre la gente ad uno strumento online oltre la sua complessità tecnica.
Aprire una stanza non significa che la gente ci entrerà. Devi dare un party con birra gratis
perchè la gente entri. Questa era una delle cose che ho imparato dal lavoro collaborativo su
Discordia. Inoltre, non sarebbe utile fare dei collegamenti agli archivi dei progetti con
popolazioni come l’ArtBase di rhizome, Art Pool, e Neural?
http://h2o.law.harvard.edu/ http://ocw.mit.edu/ http://cnx.rice.edu/ http://dlp.distributedcreativity.org/ http://www.citeulike.org/ http://rhizome.org/artbase/
http://discordia.us (archiviato)
JB: molti dei progetti che hai menzionato riguardano l’open access: l’OpenCourseWare del MIT
è sull’accesso al programma del corso di studi. Le persone che non stanno pagando tasse
scolastiche, che non stanno frequentando i corsi, possono entrarvi e avere il programma. Lo
stesso è vero per Rhizome (i venerdì)—lì puoi avere accesso all’arte. The Pool non è proprio
sul mero accesso—è sul processo che porta le persone insieme, non solo un portale a senso
unico per avere un progetto o un testo. Nel Pool puoi rivedere i progetti altrui e puoi
potenzialmente collegarli. L’obiettivo del progetto è di fare uscire studenti e facoltà dal
modello di lavoro competitivo e portarli in un tipo di progetto collaborativo che permetta
alla gente di avere credito individuale.
JI: Il movimento dell’Open Access è grande. Ma c’è un enorme scarto tra un professore al MIT
che distribuisce il suo programma e lo stesso professore che dice “Voglio iniziare un
software è un modello di produzione molto migliore.
TS: Sì, la leadership di mercato del MIT è rinforzata dal loro progetto di open courseware
mentre il college di una piccola comunità potrebbe non beneficiare molto dall’essere aperto.
Axel Bruns si riferì a questo in una precedente intervista.
JB: L’apertura del MIT è impostata come una offerta a senso unico. Non posso aggiungere
risorse ad un programma. Non posso aggiungere alla loro versione. Baudrillard si riferisce a
queste idee di reciprocità e interattività. Dichiara che i media “sono ciò che impedisce
aggiungerei al tuo potere. Questo è precisamente il modello del MIT. Loro possono stabilire
il canone della cultura.
Quando lavoravo all’Università di New York, Blackboard è stato introdotto per i corsi
online. I professori dovevano mettere lì i loro programmi così che l’università poteva
venderli dopo che i professori avevano lasciato l’università. Se il mio programma è online e
nessuno può contribuirvi, allora non vedo che vantaggio ci sia ad utilizzare questa
tecnologia.
TS:Questa idea di condivisione delle risorse e la creazione di un programma collaborativo è
anche al cuore /nocciolo della Distributed Language Project (DLP) sul quale lavoro con Tom
Leonhardt. (Il progetto)È in via di costruzione/di elaborazione ma è un inizio concettuale
che può essere seguito. Si spera che possa funzionare entro metà estate.
http://dlp.distributedcreativity.org
Poi Jon sollevò la questione del dominio pubblico e chiese se i docenti continuassero a
parlare di questo.
JB:Si, è molto importante sollevare la questione di come si contribuisce ai diversi tipi di
pubblico dominio. Oggi, una persona che vuole prendere posizione ha bisogno di un possesso
per proteggersi. Ma 200 anni fa in questa zona un individuo non necessitava di un contratto
legale per essere in grado di esprimere le proprie opinioni. I nativi americani tenevano i
loro dibattiti dove tutti sono ascoltati allo stesso modo. Due fine settimana fa ho
partecipato ad un dibattito tra i Passamaquoddy che stanno lottando per mantenere un
impianto di Gas Naturale Liquefatto dalla distruzione delle loro ultime terre. Il modello è
quello di ascoltare profondamente, ottenendo l’appoggio dell’intera comunità, e quindi
formare un consenso intorno al quale le decisioni politiche vengono prese e ciò fa sentire
tutti quanti parte integrante della decisone. Prima che qualcuno parli i problemi non sono
nemmeno messi in luce. La pluralità di punti di vista è benvenuta; è vista come un aiuto per
espandere la base per la formazione del consenso.
La cultura dei nativi americani ci fornisce anche un modello per i comuni. Dobbiamo andare
indietro ai movimenti prima delle enclosures inglesi e nelle altre parti dell’Europa per
ottenere un ricordo di come i comuni fossero: un campo da brucare per il bestiame, un pezzo
di terra che non apparteneva a tutti e a nessuno dove tutti potevano raccoglierne i frutti
e cacciare. Solo fino ad un secolo fa, avevamo ancora esempi di gente che possedevano terreni in comune
negli USA. I colonizzatori bianchi che volevano comprare terreni dai nativi americani non
potevano farlo perchè i nativi che possedevano i terreni in comune necessitavano il consenso
di tutti per essere riappropriato. La causa Dawe del 1887 portò alla luce che i terreni
comuni e poi privatizzati erano di 40-100 acri a persona. E durante questo periodo i nativi
americani persero quasi due terzi dei loro terreni perchè gli individui erano corrotti,
e caddero nelle mani del governo o dei privati.
TS: Naomi Klein indirizzò i comuni a Windows and Fences—“... i comuni si stanno
ritrasformando e riarraggiando-- tagliate le spese, privatizzati, deregolarizzati—e tutto
JB: Si, il punto è quando si privatizza, la comunità perde i suoi possedimenti sul terreno,
sull’acqua, sull’aria, sui codici genetici e gli individui diventano molto vulnerabili.
ai drammatici risultati della privatizzazione. I risultati sono ambienti
tossici,riscaldamento globale, povertà, dipendenza dai governi e dalle corporazioni, e
sistemi politici fascisti. Naomi Klein connette questa privatizzazione alla marca
dell’etichetta nel film. La marca è la visione di noi stessi prodotti dalle corporazioni.
http://www.thecorporation.com/
Il movimento per ritornare ai comuni è qualcosa di molto potente per le persone. Mentre la Banca Mondiale e Bechtel provarono a privatizzare il diritto all’acqua In Cochamba,Bolivia, la gente scendeva nelle strade chiedendo l’accesso all’acqua come un
bene pubblico, e alla fine prevalsero. Mi piacerebbe vedere che succede nel Maine. L’acqua
che imbottigliavo gratuitamente quando ero bambino sta ora producendo 60 milioni di dollari
all’anno per la Poland Spring.
Come creiamo o difendiamo gli spazi comuni e i pubblici accessi ai nostri campi e al nostro
mondo?
TS: Ci sono molte iniziative che rispondono al commercio for-profit online e non. Bonificare
le strade giocosamente e creare zone pubbliche. La città virtuale De Digitale Staad (DDS)
offriva prezzi di accesso ragionevoli per tutti alla metà degli anni 90.
http://rts.gn.apc.org/sp'96/sp96.htm
JI: Lo scopo di un circolo di dibattito è piuttosto diverso dalla critica in rete che trovi
su <nettime> o la critica d’arte che trovi su Rhizome. Non è una discussione filosofica come
Code Zebra. E’ invece utilizzata al fine di un’azione politica. Questo è qualcosa che può
essere un po’ più vicino alla comunità dei blog ma i bloggers tendono a correlarsi di note
l’un l’altro invece che a scrivere in una maniera veramente collaborativa. Il net artist
questa dispersa comunità di attivisti in un gruppo decisionale di collaborazione. Lui vuole
usare il kit di software di Pool per fare in modo che la gente produca un’affermazione
politica Trovo molto interessante il fatti che network originariamente concepiti per artisti o
accademici possano essere riproposti per fini politici.
Riferimenti: http://en.wikipedia.org/wiki/Copyleft http://www.opencontent.org/ http://cyber.law.harvard.edu/openlaw/ http://www.freeculture.org/ http://wikimediafoundation.org/wiki/Home http://www.freecycle.org/
Jean Baudrillard, "Requiem for the Media", in The New Media Reader, Noah Wardrip-Fruon & Nick Montfort Eds. Cambridge: MIT Press. 2003
Nikolai Bezroukov, "Open Source Software Development as a Special Type of
Academic Research"
http://firstmonday.org/issues/issue4_10/bezroukov/index.html
Jessica Littman, Digital Copyright, Prometheus Books 2001
Alex Galloway,"Global Networks and the Effect on Culture", in Digital Production in a Digital Age, Annals of the American Academy of Political and Social Science,
Vol 597, Jan 2005.
Naomi Klein, "Fences and Windows: Dispatches from the Front Lines of the Globalization Debate", Random House October 2002
James F. Moore, Berkman Center for Internet & Society http://cyber.law.harvard.edu/people/jmoore/secondsuperpower.html
Still Water for network art & culture http://newmedia.umaine.edu/stillwater/
Jon Ippolito è un artista, curatore del Guggenheim, e co-fondatore con Joline Blais del
programma Still Water per l’arte e la cultura della rete all’Università del Maine dove è un
assistente professore dei New Media.
La scrittrice di narratica Joline Blais è stata pioniera nello sviluppo del programma Media
Studies in SCPD alla New York University, e attualmente è assistente professore dei New
Media all’Università del Maine. Ha una preparazione in storia e letteratura comparata ad
Harvard e all’Università della Pennsylvania.