Videodrome
Il corpo massmediale
Vero e proprio manifesto del cinema di David Cronenberg, Videodrome rappresenta un lucido saggio teorico sul mondo mass-mediale e sul rapporto tra il cinema, gli altri media e il corpo dello spettatore. L’opera mette in luce una profonda riflessione su uno dei principali aspetti della società contemporanea: la diffusione della tv e le conseguenti modificazioni fisiche e antropologiche che essa apporta all’apparato percettivo umano. L ’intossicazione iconica derivata dall’ossesivo consumo di immagini televisive sono il nucleo attorno al quale si sviluppa l’intera opera. Videodrome dipinge un universo al tempo stesso allucinante e allucinato abitato da automi ormai assuefatti al virtuale, totalmente privi di individualità e programmabili come videoregistratori. Il regista canadese fonde suggestioni eterogenee provenienti da ambiti culturali diversi: gli studi sulla comunicazione di McLuhan, La rivoluzione elettronica 1 di W. Burroughs, La società dello spettacolo 2 di G. Debord. Il film può essere interpretato come una sorta di profezia di un futuro in cui la televisione diviene strumento di possessione e gestione delle menti. Le problematiche affrontate dall’autore sono tuttora fonte di riflessione nonostante gli oltre venti anni trascorsi dalla sua uscita nelle sale esso è sicuramente più attuale oggi di allora vista l’incontrollata diffusione dei mass-media e delle nuove tecnologie. Videodrome traduce in immagine la contaminazione tra l’organico e l’elettronico mostrando uno schermo che diventa carne e un corpo che funziona come un apparecchio televisivo all’interno di una narrazione che varia continuamente il punto di vista e non consente di stabilire con certezza se ciò a cui assistiamo sia realtà, sogno o allucinazione.
Tutto ciò è quello che vediamo in Videodrome, è la successione degli eventi in realtà lo spettatore vede con gli occhi allucinati di Max, è costretto a condividere lo sconcerto e il disorientamento percettivo provato da lui sulla propria pelle. Ogni inquadratura, ogni informazione del film può apparirgli dubbia o menzognera, l’intreccio forse non è altro che una brillante metafora sul potere dell’immagine, sulle connessioni che già esistono fra televisione e sistema nervoso umano. I personaggi secondari, potrebbero essere solo frutto della fantasia del protagonista o addirittura tutta la pellicola potrebbe essere semplicemente un sogno dal momento che nella scena iniziale lo vediamo disteso nel suo letto. Afferma Cronenberg: “La mia visione di che cos'è la realtà è molto soggettiva. Quando si fa un film, la realtà è prima di tutto una convenzione: che cosa si accetta di considerare come reale in un film?
Altri personaggi appaiono anch’essi per lo più sotto forma di immagini preregistrate; non c'è un individuo che fruisce una tecnologia ma la acquisisce materialmente, dentro di sé, protesizzandosi, mutando in una nuova forma, in "nuova carne". Il vecchio corpo esiste solo nell'iperrealtà del corpo monitorizzato. E’ un mondo fatto di forme mutanti dove i concetti di temporalità e spazialità assumono accezioni nuove. Ciò che è fuori dallo schermo scompare inesorabilmente, inglobato nello spazio del nuovo universo e Max Renn vive questo processo di riprogrammazione del reale direttamente sulle sue membra trasformandosi in un videoregistratore umano per accogliere dentro di sè la videocassetta che penetra la fessura vaginale creatasi sul suo ventre. Adesso è finalmente in grado di leggere la nuova realtà ed essere programmato per essa. Alla evoluzione corporea dei personaggi corrisponde quella degli oggetti della tecnologia: televisori e videocassette si umanizzano al punto da trasmettere sensualità. In una delle scene più significative vediamo Max che affonda la testa nell’ ansimante schermo su cui sono impresse le enormi e carnose labbra di Nicki che lo chiama a sè, egli spinge il suo corpo dentro al monitor e contemporaneamente nella bocca avida che lo fagocita interamente. E’ la fusione totale con il media, una congiunzione quasi carnale con esso; l'irresistibile amplesso elettro-biologico segna il definitivo ingresso del protagonista in un universo contiguo al reale, fatto di sessualità multi-organica e visionarietà diffusa. Quando Max introduce nel suo addome la pistola che tiene in mano facendola penetrare nella misteriosa fessura apertasi sul ventre questo si richiude inglobando completamente l’arma. Anche in questa scena il rapporto tra organico ed inorganico ha forti connotazioni sessuali, la pistola è un chiaro simbolo fallico e la ricerca di fusione tra viscere e metallo si porta a compimento quando egli recupererà l’arma dispersa nel suo addome che adesso è fatta di carne ed è un tutt’uno con la sua mano. Ne è l’estensione. Il protagonista è al tempo stesso vittima e carnefice non a caso è direttore di una emittente quindi racchiude in sè sia le caratteristiche del dirigente arrivista e vittima degli ascolti sia quelle dello spettatore dipendente, il suo rapporto di odio-amore con il mezzo ci viene chiarito nella scena in cui lo vediamo frustare la televisione forse nel tentativo di dominare proprio colei che lo ha reso schiavo. Videodrome è pervaso da una sensazione di estrema solitudine, tutto è illusione, tutto è fittizio non si vede mai la luce del sole, gli ambienti sono grigi e scarni; Max finisce per dialogare solo con lo schermo ,con personaggi già morti o con il suo alter ego elettronico. E’ la solitudine dell’uomo moderno che trova nella macchina, nella tecnologia, nel media e nell’immagine il surrogato dei rapporti interpersonali, dell’amore e del sesso. Non a caso lo stesso autore ha rivelato in un’intervista come il punto di partenza della sua sceneggiatura fosse rappresentato dall’interesse che nutriva per coloro che si chiudono in casa da soli a guardare videocassette pornografiche.
-1. W. Burroughs, La Rivoluzione Elettronica, SugarCo, Milano 1980
-2. G. Debord, La società dello spettacolo, Baldini & Castoldi, Milano 1997
Bibliografia
-M. Canosa (a cura di), La bellezza interiore. Il Cinema di David Cronenberg, Le Mani, Genova, 1995
-G. Canova, David Croneneberg, Il Castoro, Milano, 2000
-J. Costello, Tutti i film di David Cronemberg, Lindau, Torino, 2001
-S. Grunberg, David Cronenberg, Shake, Milano, 1992
-M. Pecchioli, Effetto Cronenberg, Pendragon, Bologna, 1994