Aitiani Marcello

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Aitiani Marcello

Aitiani Marcello


Biografia:

Marcello Aitiani, compiuti gli studi classici, si è laureato in Giurisprudenza e contemporaneamente si è dedicato alla ricerca nel campo delle arti visive e della musica. Questa formazione composita e la naturale inclinazione per le varie arti secondo una visione totalizzante, lo hanno condotto ad operare nella pittura e nelle arti plastiche, talvolta anche nella musica e nella scrittura e, in alcuni casi, ponendo queste singole discipline in reciproca interazione. Da sempre attento alle sollecitazioni della realtà e convinto che soprattutto in arte si debba evitare il pericolo di chiudersi in "accademie" pseudo-elitarie, nella fase giovanile dei primi anni ’70 opera in settori dell’industria musicale, attività che tra l’altro gli consente una concreta esperienza di fonologia musicale, allora di tipo analogico; stimolato e seguito da Giancarlo Lucariello, in quel periodo attivo come Producer dotato di una notevole sensibilità innovativa, compone le musiche di Matteo, una delle rime opere progressive pop italiane, della quale è anche coautore dei testi. Successivamente si concentra intensamente soprattutto sulla pittura e, più in generale, sulla visualità, talvolta in connessione con lavori musicale e con la parola poetica; questa dimensione interdisciplinare lo conduce, particolarmente nella prima metà degli anni ’80, a frequentazioni, scambi culturali e comuni iniziative espositive con vari artisti operanti anch’essi, con diversi profili, all’interno di più codici espressivi, tra i quali Luciano Caruso, Chiari Giuseppe, Hanri Chopin, Corrado Costa, Mikhail Koulakov, Stelio Maria Martini, Eugenio Miccini, Lamberto Pignotti. A partire dal 1984, mentre proseguono le esperienze indicate e le attività espositive, si interessa al nascente fenomeno delle nuove tecnologie digitali, intuendo la portata della rivoluzione pratica e di pensiero che esse avrebbero ben presto determinato, ed entra in contatto con ricercatori come Giuseppe Salverno, del gruppo telematico Tempo reale di Calcata, con studiosi e teorici come Mario Costa, dell’Università di Salerno, teorico dei nuovi media e dell’estetica della comunicazione, con musicisti come Pietro Grossi, Albert Mayr, Francesco Giomi. Realizza così pionieristici lavori d’arte, musica e telematica che hanno esplorato le inedite dimensioni spazio-temporali connesse ai nuovi media, evidenziando a livello artistico i problemi e le possibilità poste dall’odierna società cibernetica, dal punto di vista della creazione e della fruizione delle opere. La vocazione totalizzante di Aitiani si è quindi venuta precisando secondo un pensiero attento ai temi contemporanei della complessità, rintracciabili in settori anche scientifici, e in studiosi quali Prigogine e Bateson, naturalmente nei limiti delle proprie competenze e di una operatività strettamente artistica. I risultati di tale lavoro si sono concretizzati in progetti e opere visive, presentate in varie rassegne, mostre personali e collettive. Convinto dell’importanza del momento estetico-qualitativo nella natura e nella vita dell’uomo, accresce nel tempo l’interesse per il rapporto tra arte-architettura-ambiente, in un quadro sistemico-ecologico, dunque ancora secondo una visione d’insieme che necessita di connessioni tra varie arti e della collaborazione tra specialisti di differente discipline. Accanto all’impegno strettamente artistico, Aitiani ha svolto attività teoriche: ha insegnato presso Università, ha curato convegni e vi ha preso parte come relatore; ha partecipato alla fondazione e redazione di riviste d’arte (ad esempio, “Kiliagono", edita in Miliano da V. Scheiwiller). Ha realizzato libri-oggetto e pubblicato numerosi articoli, saggi e libri.

Sito web:

Poetica:

Marcello Aitiani illustrando in parte il suo pensiero afferma quanto segue:

La realtà, l’universo, le forme viventi appaiono sempre più come note di un flusso musicale, una tessitura polifonica di eventi, di organismi e individui; una partitura ricchissima di configurazioni, colori, sapori quanto mai vari, diversificati, stupefacenti, imprevedibili. Speriamo che questa ricchezza di forme della natura non sia alterata e immiserita da miopi e arroganti interventi umani, che purtroppo non possiamo ignorare a che vanno nella direzione della morte e della perdita di diversità. Molti segnali, anche nell’arte, hanno fatto pensare al trionfo dell’entropia, della degradazione, della diminuzione d’energia, secondo un’ottocentesca visione termodinamica, per fare un paragone con la scienza; che oggi però percorre altre strade, aperte all’estetica e all’ “ordine del non equilibrio‿ (per riprendere un’espressione da Prigogine) e non all’esito dell’azzereramento e al puro caos. Anche l’arte deve, allora, seguire questo percorso; e il mio interesse per il fare artistico in rapporto all’architettura, alla vita degli uomini nella città e nell’ambiente nasce proprio da questa convinzione, dal bisogno di riproporre un’arte “polifonica‿, che cerchi di donare agli uomini un po’ di bellezza e di qualità, contro la resa ad una visione schiacciata sul gretto calcolo economico e oltre una visione estetica che per troppo tempo si è risolta nel vecchio demonismo del brutto e dell’informe o nella caduta a mera dimensione tecnologica, che qualcuno, a mio parere sbagliando, ritiene inevitabile. Credo che l’artista debba scontrarsi con tutti i materiali e non temere di “sporcarsi le mani‿ con la realtà del proprio tempo, ma questo non significa azzerare il passato, le ricchezze di pensiero stratificate nel tempo, abbandonare le tecniche precedenti; si tratta se mai farle entrare in dialogo, di creare reti connessione, inglobare l’antico in una più ampia visione. Pensare che il nuovo debba fare tabula rasa di ciò che è stato, significa restare prigionieri di una ideologia, in questo caso della modernità, che ormai mostra tutti i suoi limiti. Nessuno può fare a meno del passato. I miei lavori più “spinti‿ in chiave tecnologica creano sempre rapporti con l’antico; si pensi al canto gregoriano, nella Nave di luce, in connessione con l’informatica musicale; e alle sue installazioni computerizzate inserite in antiche architetture, che dunque pongono in essere un rapporto tra spazi-tempi reali a altri di tipo virtuale. Le sue “metapartiture numeriche‿ (Scritture pneumatiche), sono una resa frattalizzazione dell’uomo, secondo una condizione suggerita da Baudrillard, e al codice binario delle tecnologie digitali odierne, oppure rappresentano il tentativo di porre in essere una forma costruttiva che aggira, ripartendo da zero, la nientificazione del linguaggio contemporaneo? Ognuno pensi come vuole. Comunque non mi dichiaro vinto dal disincanto di quanti pensano il tutto alla luce di un inevitabile destino ormai compiuto. Anche se alla fine dovessi rimanere solo, come Berenger, protagonista dell’indimenticabile pièce di Ionesco, dopo che tutti ormai si sono trasformati in compatti, pratici, funzionali rinoceronti corazzati e – oggi – tecnologici, mi ritroverei a urlare “Come sono brutto! Guai a colui che vuole conservare la sua originalità! E allora tanto peggio! Mi difenderò contro tutti!... Io non mi arrendo! Non mi arrendo!‿ Questo se restassi solo a non cedere; ma, per fortuna, mi sento ancora in buona e numerosa compagnia.

Opere:

Bibliografia

  • 1985 Passione di luce. Cromoscritture dalla “Teoria dei colori‿ di Goethe, nella collana “Le brache di Gutenberg, a cura di L. Caruso, Belforte Editore, Livorno .
  • 1990 Riflessioni e note, in Marcello Aitiani, Nave di Luce. Arte, Musica, Telematica, Electa, Milano .
  • 1991 The Artwork Nave di luce A Journey into Telematics, Art And Music, con Francesco Giomi, in “Leonardo Journal of International Society for the Art, Sciences and Technology‿, vol. 24, n. 2
  • 1992 Spirale de vie vermeille, in “Le carré bleu. Revue internationale d’architecture », 3/4, Parigi
  • 1998 Fata Morgana Considerazioni sull’arte nell’era della telematica,con la prefazione dello scienziato Enzo Tiezzi, Pezzini Editore,Viareggio .
  • 2001 La notte dell’arte tra il nulla e l’ineffabile, in La cattedrale come spazio sacro. Saggi sul duomo di Firenze, a cura di T. Verdon e A. Innocenti, voll. I*, I**, II*, II**, Edizioni Edifir, Firenze,, vol. II**.
  • 2001 Bellezza e antipaesaggio delle brutte Arpie, in “La Nuova Città. Rivista fondata da Giovanni Michelacci‿, 2/3 Firenze.


Webliografia: