Arp Jean Hans: differenze tra le versioni

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Hans Jean Arp (Strasburgo 1887 – Basilea 1966) è un scrittore, scultore e pittore francese, riconosciuto come uno dei precusori e fondatore del movimento Dada nato nel 1915, allo scoppio della Prima guerra Mondiale.


Hans Peter Wilhelm Arp

Cognome Nome / Pseudonimo / Denominazione:

Arp Hans

Biografia:

Hans Peter Wilhelm Arp, nacque il 16 settembre del 1886. Figlio di Jürgen Wilhelm Arp, produttore tedesco di sigari e di Maria-Josephine Koeberle, pianista e cantante di Strasburgo, il maggiore di tre figli, il giovane Arp mostrerà sin dall’infanzia una propensione verso il disegno e la poesia.
Dal 1901 fino al 1903, Hans frequenterà la Kunst-un Gewerbeschule di Strasburgo.. La sua passione per la poesia lo porterà nel 1904 a pubblicare la sua prima raccolta durante una sua visita a Parigi, dopo aver lasciato in quello stesso anno l’Ecole des Arts te Métiers di Strasburgo. Durante il suo soggiorno a Weimar tra il 1905 e il 1907 studierà alla Kunstschule, entrando così in contatto con due sostenitori dell’arte moderna : Henry van de Velde e Harry Graf Kessler.
In seguito, l’artista si sposterà nuovamente a Parigi, nel 1908, dove studierà presso all’Acadèmie Julian e in quello stesso anno, Van de Velde gli permetterà di esporre le sue opere presso la galleria Bernheim Jeune, affiancato da artisti di calibro di Signac, Van Dongen e Matisse. Negli anni successivi, fonderà con i pittori svizzeri Walter Helbig e Oscar, il Moderne Bunde, con il preciso obiettivo di diffondere le idee dell’avanguardia in Svizzera, organizzando una prima mostra a Lucerna dove verranno mostrati il già citato Henri Matisse, Paul Klee, Gauguin e Pablo Picasso e una seconda alla Kunsthaus di Zurigo dove parteciperà anche Wassily Kandinsky. L’artista russo, incoraggerà Hans a partecipare alla corrente delle Blue Reiter, nata nel 1911, e a stilare un alamanacco denominato Der Blaue Reiter (“il cavaliere blu” in lingua francese”). Allo scoppiare della guerra nel 1914, l’artista fuggirà inizialmente a Parigi poi, a Zurigo,
rimasta neutrale al conflitto. In questo periodo, con il conseguito scioglimento del gruppo prima citato, entrerà in contatto con artista del calibro di Guillaume Apollinaire, Picasso, Robert Delunay e conoscerà Sophie Taeuber: questa donna, avrà un ruolo molto importante nella vita di Arp, collaborando con lui in diverse opere oltre che a influenzarlo nel suo percorso artistico, grazie alle sue opere geometriche e, la poesia. Nel 1915, l’artista fonderà insieme a Hugo Ball, Tristan Tzara e Richard Huelsenbeck la tendenza “Dada”, un movimento “anti-artistico” che aveva come punto di ritrovo il Cabaret Voltaire in risposta allo scoppio della guerra. Il Dada (il cui nome non ha alcun significato) voleva scardinare i fondamenti dell’arte con la sua non-arte e mostrare la sua disapprovazione nei confronti del Primo conflitto mondiale.
Durante quel periodo, Hans Arp creerà numerose opere utilizzando materiali alternativi, componendo diversi collage, opere tessili e realizzando diverse numerose sculture, anche in coppia con la moglie. Insieme a Sophie aderirà al movimento Das Neue Leben (La nuova vita). Le sue opere più famose, oltre ad essere sculture, saranno principalmente realizzate in rilievo su legno, dalle forme tondeggianti e con un forte richiamo alla figura e alla morfologia dell’embrione: tali lavori definiti collage o “tachitstes”. Nel 1917 la tendenza Dada raggiungerà l’apice della sua grandezza,
diffondendosi anche in Germania e successivamente, con la fine della guerra, in America. Nel 1920, l’artista Dada fonda il gruppo Dada di Colonia nel mentre, aderisce e partecipa alla “variante” politica dadaista accanto a Raoul Hausmann e Johannes Bader. L'artista farà marcia indietro solo grazie alla mediazione del fondatore del movimento Dada, Tristan Tzara e Francis Picabia, questo aderendo così al gruppo parigino raccolto attorno a Louis Aragon e Paul Elaurd e Andrè Breton.
Il 1922 sarà un anno molto importante per l’artista: due anni dopo la fine del conflitto, l’artista prenderà in sposa Sophie Taeuber e insieme, affitteranno un atelier a Parigi; In quello stesso periodo, i due coniugi acquisiranno la cittadinanza francese. Nei primi anni venti, Arp verrà esposto insieme a Giorgio De Chirico, Max Ernst,Paul Klee, Man Ray, Joan Mirò e Pablo Picasso nella prima mostra dedicata ai surrealisti.
Agli inizi dei primi anni trenta, Sophie suggerirà all’artista di collaborare con Theo van Doesburg per rimodernare e l’atelier del Palazzo dell’Aubette e grazie al compenso, realizzeranno la loro dimora a Clamart, vicino Parigi. Qui l’artista realizzerà alcune opere, tra il 1930 al 1937, utilizzando pezzi di corda, avvicinandosi all’arte della papiers dèchirès (stracciando carta di poca fattura) e realizzando una serie di sculture completamente in gesso. La maggior parte delle sue opere saranno esposte presso la Kuntmuseum di Basilea. Agli inizi degli anni ’40, la coppia di coniugi acquisirà sempre più notorietà grazie all’aiuto di |Eugène Gallatin che, presenterà le opere di Arp nel Nuovo Mondo. Queste susciteranno molto successo tanto che nello stesso anno, Jean verrà chiamato a partecipare a diverse mostre dedicate al cubismo, l’astrattismo, il dada e il surrealismo, presso il Museum of Modern Art di New York. I coniugi Arp realizzeranno, prima dello scoppio della guerra, diverse sculture in legno ed entreranno a far parte del gruppo svizzero di Allianz, con lo stesso Gallatin, Morris e Domela e diventando al tempo stesso coordinatori della rivista Plastique.
L’avvento della guerra però, obbligherà Sophie ed Arp a fuggire nel Sud dalla Francia, accolti da amici. Questo non sfiducerà l’artista che, in mancanza di materiali idonei per le sue creazioni, riciclerà scarti di marmo piccole sculture e rilievi, dipingerà quadri utilizzando le sue stesse mani in mancanza di pennello e disegnerà a china, su fogli di carta da pacchi. Tuttavia, fino alla fine della guerra, i due coniugi saranno costretti a spostarsi in Francia non potendo permettersi di andare in America.
Nel 1943, la sua compagna morirà improvvisamente gettando così l’artista in una profonda crisi che lo porterà ad una lunga pausa. Solo nel 1948, tornerà a scolpire e realizzerà Il pastore di nuvole, la sua prima scultura monumentale commissionata dall’Università di Caracas, la stessa che nel 1957, insieme all’UNESCO, commissioneranno un rilievo murale in bronzo di grandi dimensioni. Negli ultimi anni della sua vita, dopo aver ricevuto un premio per la scultura alla Biennale di Venezia e il Gran Prix National des Arts a Parigi, acquisterà una tenuta di Ronco dei Fiori a Locarno-Solduno dove trascorrerà gli ultimi anni di vita. Dopo che le sue opere saranno ospitate a Basilea, Stoccolma, Copenaghen e Londra, l’artista deciderà di decidere una gran parte delle sue opere private alla città di Locarno, tutt’ora espose al Museo d’arte contemporanea della città. Poco prima di morire, realizzerà nel 1966 una targa commemorativa a forma di ombelico all’ormai ex Cabaret Voltaire per celebrare i 50 anni dell’ormai estinto movimento Dada.
Hans Jean Arp si spegnerà il 7 giugno del 1966 a Basilea, a causa di un arresto cardiaco.[1]

Sito web:

http://fondazionearp.ch/

Poetica:


«La legge del caso, che racchiude in sé tutte le leggi e resta a noi incomprensibile come la causa prima onde origina la vita, può essere conosciuta soltanto in un completo abbandono all’inconscio. Io affermo che chi segue questa legge creerà la vita vera e propria» (Legge del caso – Hans Jean Arp)[2]

Nel corso di tutta la sua vita, l'artista cambierà radicalmente il proprio concetto di arte. In una fase iniziale troveremo a farne da padrona, la creatività spontanea determinata dal caso con il rifiuto della razionalità, esaltando la casualità. Tale concetto, ovvero l'esaltazione dell’inconscio umano contro una razionalità dettata dai canoni estetici e dai vincoli morali dettati dalla società, verrà poi ripreso e utilizzato dai surrealisti e dagli espressionisti astratti[3]. Il concetto dettato dalla “Legge del caso” esprime appieno la vera espressione del Dada, deducibile anche dal nome stessa della tendenza (Dada, in alcune culture indigene significa “zebra”, in russo vuol dire due volte “sì”, in francese significa “cavallo a dondolo” ed in italiano, sono le prime parole che dice un bambino per indicare una persona o un oggetto). Per molti anni, l’aria vissuta attraverso l’ideologia Dada lo fece vivere tra il progresso, le intemperanze giocose e con dubbi sui codici etici ed estetici. Successivamente, muterà il suo modo di vedere le cose a causa della morte della moglie il quale, lo condurrà verso una concezione anti-idealistica dell’arte, rassegnandosi alla condizione umana: inutile e senza scopi. La dolorosa perdita, lo porterà nel ’43 a strappare i suoi lavori e successivamente crearne un collage con i frammenti di essi, per commemorare la moglie. Questa fase lo spingerà a cambiare la sua concezione di arte concedendole una finalità e un motivo d'esistenza. La ricerca primordiale, l’armonia dinamica capace di comporre paesaggi stellari e scritture molecolari [4]saranno i temi principali affrontati dall'autore per tutto il resto della sua vita.

Opere:

Pittura:

  • Composizione I, 1907
  • Bouteille et oiseau 1925 rilievo in legno dipinto

Scultura:

  • En Songe, 1916-30 marmo bianco - Collezione privata
  • Die Grablegung der Vögel und Schmetterlinge, 1917 rilievo in legno, Kunsthaus Zürich
  • Konfiguration, 1928 Öffentliche Kunstsammlung Basel
  • Testa con oggetti fastidiosi, 1930 bronzo
  • Torso, 1930
  • Frutta mano, 1930 legno
  • Amphora, 1931 Bemaltes Holzrelief, Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen, Düsseldorf'
  • Konfiguration, 1932
  • Essere sperduti nei boschi, 1932 bronzo
  • Verstümmelt und heimatlos, 1936
  • Scultura di silenzio, Corneille, 1942 GAM - Torino
  • Evocazione di una forma umana lunare spettrale, 1950 bronzo
  • Weiblicher Torso, 1953
  • Berger de nuages, 1953 scultura Skulpturenpark am Kröller-Müller-Museum in Otterlo
  • Tolomeo, 1953 bronzo
  • Face, 1955 Museo Cantonale d'Arte, Lugano
  • Großes Bronzerelief für die, 1957 UNESCO a Parigi
  • Duo-Relief, 1957 Museo Cantonale d'Arte, Lugano
  • Feuille se reposant, 1959 Skulpturenmuseum Glaskasten in Marl
  • Bewegtes Tanzgeschmeide, 1960 Bahnhof Rolandseck
  • Seuil-profil, 1960
  • Idole des Lapins, 1960-65 gesso, Museo Cantonale d'Arte, Lugano
  • Wolkenschale, 1961 Universitätsbibliothek Bonn
  • Schlüssel des Stundenschlägers, 1962 Jockel-Fuchs-Platz in Mainz (1974)
  • S'élévant, 1962 Museo Cantonale d'Arte, Lugano
  • Constellation de sept formes, 1962 Museo Cantonale d'Arte, Lugano
  • Apparat d'une danse, 1962 bronzo
  • Poupée Préadamite, 1964 bronzo, Museo Cantonale d'Arte, Lugano.



Ritratto di Tristan Tzara, 1916
  • Ritratto di Tristan Tzara, 1916
    Collages

https://allancastria.wordpress.com
Osservando questo ritratto possiamo cogliere al meglio il riflesso della corrente Dada.
Di fatto, nell'opera possiamo notare come non vi sia affatto alcuna forma che ricolleghi alla morfologia del volto umano, ma piuttosto un'insieme di forme astratte date semplicemente dalla spontaneità e dal no-sense.
Esente così da un qualsiasi tipo di riferimento alla realtà, di "ritratto" ha solo il nome, l'opera ha così un valore relegato al gesto, al valore estetico dell'artista che, con quest'opera,ne vuole stravolgere la sua funzione principale. Così facendo, il ritratto perde il suo approccio con la realtà come in questo caso, dove si vuole rappresentare e raffigurare il fondatore del movimento Dada: Tristan Tzara.








Torse des Pyrénées , 1959
  • Torse des Pyrénées , 1959
    Marmo

http://www.christies.com/
L'idea di Arp di scardinare i principi dell'arte classica lasciando che sia il gesto a parlare, lo possiamo trovare anche attraverso l'arte scultorea,
adesso ridotta ad un'insieme di forme morbide e dolci che vagamente, in quest'opera, ricordano una forma femminile, adesso ridotta all'essenziale, vittima anche lei del no-sense ma che affascina con le sue forme accattivanti e dall'alto valore estetico.
Lo scopo di Arp, e del Dada stesso, è quello di liberare totalmente l'arte dai preconcetti di ordine, di regole fin'ora seguiti e che lentamente, stavano venendo scardinate dalle correnti nate nello stesso anno.













Configuration, 1932
  • 'Configuration, 1932
    Basso-rilievo in legno

http://www.fondationbeyeler.ch/
Chiamato anche "Nach dem Gesetz des Zufalls (According to the law of chance)", questo lavoro realizzato in legno dipinto. Con questa opera l'artista vuole dimostrare che è possibile creare un'opera anche la forma non è reale, ma ha comunque delle qualità organiche, come il materiale con cui essa è composta.
La scelta bicromatica dell'autore riesce a risaltare la tridimensionalità dell'opera nonostante la sua bidimensionalità dando così un senso naturale a tutta l'opera che dimostra quindi, di essere viva nonostante il suo non identificarsi in qualcosa di reale.







Poesia:

  • Sulla nuovissima pittura [5]

«Anfore di cristallo in vetta al monte. Tengo il misero pennacchio della mia vita in te, o candida lava. Non interrompere il rapporto con me, o Inezia. I nostri dialoghi nella casa tappezzata di pergamena. E dov’è il tuo volto? Adesso fioriscono sotto il tuo alito gli alberi di questo paesaggio invernale. O mensa per caprioli, le tue ali sono specchi. Nei tuoi orecchi cantano usignoli. Stelle le tue branchie. TI mostri nelle teste senza bocca delle vergini intatte dall’alta fronte che pendono dai mantelli, senza corpo e con il lunghissimo collo. Marionette di Castiglione d’Olona. Sei volata tra l’indice proteso e gli impietriti della Sibila cumana di Andrea del Castagno. A Grunewald ti mostri come ardente spina colorata di fronte a paesaggi che si avvicinano di corsa simili a metalli incandescenti. E calici fluttuano intorno a te. Sorridi dolcemente dietro siepi di fiori di boccio attraverso i quali splendono le stelle. Riposi tranquilla o fiamma nei campi delle architetture dorate. In queste stanze pianimetriche mostri i grandi piedi dalle lunghe dita. Le tue lingue. E il tuo gregge e i tuoi amici, o fiamma, si dispongono come petali intorno a te. Respiri nel tremulo riflesso luminoso sul ventre del Budda e nei veli della Rosita Mauri di Manet. Nelle cromolitografie dei cataloghi dei fruttivendoli, affratellata al grossolano intonaco a calce o alle più lisce superfici smaltate, come lo consideri lontano Dio da questo trompel’oeil. O cornice dagli angoli muniti di cunei innalzata nell’universo, introdotta in Te, mondata dal sudore violetto del Tuo dorso. O nostalgia di un volto più grande. Per lo meno la città per lo meno cupola, per lo meno colonna. Anche se per via fossimo tentati da abbracci, da piante. (O ossicino nel mare, nel cielo, nel ruscello.) Ti mostri di nuovo più forte, Dio. Noi accatastiamo, ammucchiamo. Alla fine siamo tutti quanti convertiti che si precipitano, avvolti nel mantello purpureo, tra le fiamme canore del Nulla, con i gesti più solenni di un’ardente tragedia. Un cosmo di cupole. Un portale di scorrevole carne di pietra in mezzo al canto delle nuvole che si alzano, ma senza sentimentalismi. Campane dal respiro pesante. In questo quadro di Léger, Composizione con figure umane, 1912, le ombre paiono muoversi intorno alle cupole, cangianti, e sono indicatori. Allora è qui l’angolo più rischioso, l’arco più temerario della nostra fisica. Li la necessaria saggia bocca della banalità di cui abbiamo bisogno per lo slancio e intorno alla quale le voci e i cori aderiscono simili a stelle. E piccole arpe rabbrividiscono nelle pianure, sotto i muschi. Tutto frammisto alla violenza delle grandi cose. Picchiaci sopra con dita leggere e sentirai che all’interno è Dio che risuona. Scruta in fondo alle crepe. Dentro vi galleggia Dio. E quelli che dirigono i lavori continuano ancora ad appoggiarsi a cattedre più alte. Le siluette della città si muovono. Dio si annida in loro.»


  • Sui disegni della cartella di Kokoschka [6]

«Dalle stelle spuntano rami di fiore colmi di lumi accesi. Dalla gronda delle stelle scorre il vino, a torrenti. Archie A. Goodale passeggia accanto alle stelle con la testa penzolante nell’abisso. A volte ondeggia pensoso, come un grappolo pesante. Il contorno del fiore con i suoi cupi umori del crimine, della follia e del sogno. La pelle trasparente dell’uomo con il suo meccanismo di orologeria, le sue impalcature e i suoi canali. E intorno i cordoni rossi, gialli e azzurri. L’anatomia primitiva tratta della complessità, come i panneggi intorno ai vecchi santi. Crani iridescenti. Biondi manichini tutti capelli, frutti zoomorfi e spilloni. Elmi di crespe di chiome variopinte contro neri schermi di carta. Fauni rugiadosi e vizi antichi traspaiono fra il muscio e la lanugine. L’eternità evapora da noi come fumo che esce dalle pipe. In certi occhi vi è l’oscurità dei palchi con i loro piccoli accorgimenti erotici, il canto dei corpi ruotanti. Sullo sfondo lampeggiano i trapezi che dondolano, abbaglianti di nichelatura. Un’ondata di fazzoletti di gemme vitree scende dalla balaustra. In una rete fermentano pelli dorate di leone. O le facce stupite dei gerani e delle massaie. Genuflessioni davanti agli altari splendenti nei giardini dei crocifissi in fiore. K. Traccia linee colme di forza elusiva, simili, a quelle piene di vita nell’atteggiamento delle dita dei Buddha, con i loro orgoglio e la loro illuminazione determinante, che si dissipano per piccole cose come i soli e le stelle. Ragià davanti alle finzioni delle anime europee. Fruscii colmi della grazia di un Guys, olezzanti di profumi orientali. Piroette di epoche galanti. Maschere bonarie d’animali fantastici, da sortilegio di mezza estate, percorse da gemme di luminosa grazia verginale. Salotti il cui aspetto subisce l’influsso della freschezza dei salici, delle turchesi e delle gaze, ingentiliti da alcune piccole convenzioni d’una pittura più intimistica e d’uno stile più misterioso. Sensazioni i cui cieli portano cuori fiammanti e i cui uomini hanno stelle nel petto. Donne e piante simili fino a confondersi. Gabbie riempite di fiori. Circhi crepuscolari. Metamorfosi di corone arboree a fioritura notturna in cariatidi a copertina di libro. Bizzarre commistioni di linfe naturali e di artificiosità desuete. (La cartella dei disegni di Kokoschka era stata pubblicata nelle edizioni di “Der Sturm.”)»



  • Senza Titolo [7]

«La farfalla impagliata diventa una fafarfalla impapagliata la fafarfalla
impapagliata diventa una granfafarfalla grandinpapagliata. Davanti alla sua
immensa finestra alta quanto quella di una cattedrale, il grande sadico
eccezionale vibra come una budella elettrica piena di caucciù di niente. Il
grande sadico eccezionale è completamente nudo e strofinato di fosforo,
questo lo rende macabro e decorativo. I suoi occhi come la sua lunga
femminea capigliatura sono bianchi come aria strigliata. Il suo portamento è
fiero e senza pietà come in tutti i veri grandi sadici stilizzati, brevettati, e che
hanno diritto a una pensione di stato. Il grande sadico eccezionale disdegna
di mangiare il suo tempo profumato nell’erba spenta, di portare i guanti
bianchi rosati di coloro che trasportano i loro riscatti in una lettiera di
luce tarata. Vibra come una budella elettrica piena di caucciù di
niente, ho detto, e lo ripeto e lo ripeterò tante volte quanto sarà
necessario. E’ ansioso di continuare il suo penoso lavoro augusto o
alfonso come volete chiamarlo. Già i suoi domestici arrivano con
coccodrilli, nonne, damerini, aeroplani, mosche eccetera deponendoli di fronte alla grande finestra.
In uno slancio diabolico e remunerato, con un grido gioioso di
tirolese defenestratore che danza attorno a un lago di morchia, si
precipita sugli oggetti accumulati e li getta dall’alta finestra
maestosa. E’ la sua vita gettare dalla finestra tutto ciò che esiste.
Piano, piano, piano supplicano gli elefanti intrepidi ma terrorizzati. Il
grande sadico eccezionale non si arresta nel suo venerabile slancio.
Tutto quello che gli portano i servitori di vivo o di morto, dolce o
salato, pesante o leggero, egli lo getta dalla finestra: sigari, marinai,
appartamenti, ferrovie, caffelatte, sex-appeals, case, funghi
eccetera. La finestra è collocata a un’altezza sufficiente perché gli
oggetti dopo la loro caduta si trasformino in marmellata d’aranci, che
miliardi di bambinetti leccano come mosche con le loro piccole
bocche. I bambinetti battono gioiosamente fra loro le manine e
gridano, marmellata, marmellata, marmellata, verso la finestra del
grande sadico eccezionale. E senza respiro, a forza di braccia, egli
getta pianoforti, dirigibili, monumenti, diplomatici, eccetera dalla
finestra. Egli schiumeggia, traspira, stride i denti e si rende conto che
deve superare se stesso e coronare la sua opera già
incommensurabile. Non avendo più nulla sottomano, strappa la sua
capigliatura bianca, le sue mani, i suoi piedi, li getta dalla finestra, e
finalmente getta dalla finestra ciò che ancora rimane di se stesso
lanciando un grido terribile, mentre si trasforma, dopo la caduta,
come tutti gli altri oggetti, con grande piacere dei miliardi di
bambinetti, in marmellata d’arancio.»


  • La nostra trombetta [8]


«Senza sosta la nostra trombetta cerca di suonare la sua nuova trombetta.
La nostra trombetta non è soltanto un buon trombetta, ma anche un
signor trombetta.
Nient’altro di simile esiste oggi sulla faccia della terra.
La sua nuova trombetta, quest’inquietante creatura che svanisce in
un mondo privo di materia, lui non è più capace di trattenerla.
In gioventù la nostra trombetta trovò un beccuccio, proprio là dove
avrebbe dovuto esserci soltanto il nulla.
Poco più di uno sbaglio per questa vivace trombetta.
Vanamente lui adesso gonfia le sue guance come un pallone.
Quaggiù più nessun suono risuona.
Credo che la cosa riguardi le parti invisibili della trombetta.
Di quali e quanti sotterfugi sarà mai capace questa trombetta?
Si metterà anche lei a resistere? L’inquietante e smisurata creatura
non produce neanche mezzo suono.
Guarda con quanta sfacciataggine adesso soffia dentro al nostro
trombettista: trara trara trara!
Il nostro trombettista stramazza al suolo e si domanda se è mai stato
una trombetta.
Certo non pensa di mollare.
Si mette a soffiare forte, fin quasi a perdere conoscenza.
La cosa non garba alla trombetta, che non può essere chiamata
trombetta.
Prima violenta e poi malvagia, lei si agita come una biscia pestata.
Il nostro trombettista riprende subito conoscenza e con il pericolo
arrivano anche le arti e il coraggio.
Altro piccolo istante di turbamento.
Lui si crede un ramo secco travestito da cascata, una scuderia piena
di cavalli a dondolo, un familionario spudorato, una scimmia
immatura che cade come un frutto dall’albero e chiede aiuto in un
inglese incomprensibile.
Una volta e poi un’altra volta ancora appoggia le sue labbra alla
trombetta, che non è una trombetta, e suona chiara e pura la sua aria
preferita: “Le grand Knipperdolling”.
Lui suona.
La trombetta, che non è una trombetta, risponde.
Si può pensare che a forza di soffiare i due siano sul punto di
scoppiare.
Il nostro trombettista soffia e soffia fino alla vittoria.
Mai il trombettista aveva soffiato così bene, ma la trombetta adesso
pende dalle sue labbra come un diavolo vizzo, come uno straccio
bagnato.»


  • Quattro donne [9]


«Quattro fanciulle decidono di crescere fino a diventare donne.
Una volta diventate donne
sposano quattro uomini piccoli
e continuano a crescere
fin quasi a toccare il soffitto.
Per passare dalla porta
devono strisciare a quattro zampe.
Più le donne crescono
più gli uomini diminuiscono.
Prima per la sorpresa
di queste donne che continuano a crescere
poi per amore.
Il corpo degli uomini è ricoperto
di piume grigie e blu.
Gli uomini poco chiacchieroni
parlano sempre meno
cominciano a tubare
poi diventano ancora più taciturni
ma tubano e tubano.
Nel frattempo una delle quattro donne
dorme nella stanza
e continua a crescere e a crescere
dentro la stanza.
La sua massa compatta riempie tutta la stanza
con parti di essa che escono dagli infissi.
Suo marito è un cafone
e senza tanti complimenti
si dichiara stufo di tutta questa crescenza
tuba un’altra volta
e incomincia a volare.
La massa della moglie scoperchia la prigione
poi corre a nascondersi
nel primo abisso disponibile.
Gli altri tre uomini
restano fedeli alle loro gigantesse
e appollaiati sulle loro dita
tubano
e s’ingozzano di briciole di pane.»

Elenco esposizioni (anno, titolo, curatela, luogo, città):

  • 1907,Bernheim Jeune, Parigi
  • 1911, Moderne Bund, Lucerna
  • 1914, Deutche Werkbund
  • 1915, Tanner, Zurigo
  • 1932, Kunstmuseum, Basilea
  • 1933, «Cubism and Abstract Art», Museum of Modem Art, New York
  • 1933, «Fantastic Art, Dada, Surrealism», Pierre Loeb, Parigi
  • 1943, Art of this Century, New York.
  • 2009,«L'energia del luogo»,Museo Comunale d'arte moderna Ascona, Ascona[10]
  • 2014,«Klee-Melotti»,Museo d’Arte,Lugano[11]

File multimediali:

Video:

Audio:

Altro:

Augmented reality:

Latitudine e longitudine del Cabaret Voltaire[12]:

Latitudine: 47.3716106

Longitudine: 8.5438163

Link verso portali di augmented reality

Bibliografia:

  • AA.VV., L'universale, in La Grande Enciclopedia Tematica, Edizione Speciale per Il Giornale, Garzanti Libri S.p.A, Milano, 2003
  • Schwarz Arturo (a cura di), in "Antologia letteraria-artistica Cronologia Repertorio delle riviste", in Almanacco Dada , Prima Edizione, Feltrinelli, Milano, 1976
  • Arp Jean Hans,Sable de lune, trad. It. di Loris Pattuelli, Editions Arfuyen,2005
  • Arp Jean Hans,Poesie, Quaderni della fenice 3, trad. It. Vincenzo Accame, Guanda, 1976

Webliografia:

Note:

  1. http://correr.visitmuve.it/it/mostre/archivio-mostre/jean-arp-sophie-taeuber-arp-dada-e-oltre/2011/10/4818/jean-hans-arp/
  2. Prof. Francesco Morante, http://www.francescomorante.it/pag_3/312.htm
  3. http://it.wikipedia.org/wiki/Hans_Arp
  4. Helga Marsala, "Hans Arp a Nuovo. Viaggio nelle galassie delle avanguardie",19 febbraio 2014, http://www.artribune.com/2014/02/hans-arp-a-nuoro-viaggio-nella-galassia-delle-avanguardie/
  5. Jean Hans Arp,Der Sturm,Alamanacco Dada" n.188-189, 15 dicembre 1913, p. 140, Feltrinelli,1976
  6. Jean Hans Arp,Der Sturm,Alamanacco Dada n.190-191, 15-30 dicembre 1913, p. 151, Feltrinelli,1976
  7. Jean Hans Arp,Poesie, Quaderni della fenice 3, trad. It. Vincenzo Accame, Guanda, 1976
  8. Jean Hans Arp, Sable de lune, trad. It. di Loris Pattuelli, Editions Arfuyen, 2005
  9. Jean Hans Arp,Sable de lune, trad. It. di Loris Pattuelli, Editions Arfuyen,2005
  10. http://museoascona.ch/it/mcam/esposizioni/l-energia-del-luogo/opere
  11. http://www.osvaldolicini.net/2014/04/jean-arp-osvaldo-licini-un-dialogo-visivo-inedito/
  12. Il Cabaret Voltaire è situato presso il quartiere della Spiegelgasse di Zurigo con il precedente nome di Meitrei Bar (http://it.wikipedia.org/wiki/Cabaret_Voltaire). Fondato nel 1916 da Hugo Ball e da Tristan Tzara, il Cabaret Voltaire di Zurigo diventerà il punto di ritrovo per gli artisti spediti in esilio a causa del primo conflitto mondiale e culla del movimento Dada; Presso di esso svolgeranno spettacoli sperimentali, mostre francesi e russe e la lettura di poesie. Il locale è stato riaperto nel 2004, con il nome di Dadahaus (https://www.zuerich.com/it/visitare/cultura/cabaret-voltaire). Adesso è tornato agli antichi albori, diventando un centro ricreativo dove si svolgono spettacoli, mostre ed eventi con tanto di bar e negozio.

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