Arte cinetica

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Corrente artistica del XX secolo fondata sull'idea di introdurre il movimento quale parte integrante dell'opera d'arte. Già negli anni Venti alcuni artisti costruttivisti, come Vladimir Tatlin, Naum Gabo e Aleksandr Rodčenko, fecero interessanti esperimenti con la luce e il movimento; nel 1930 László Moholy-Nagy costruì una macchina rotante intitolata Requisito luce-spazio. Marcel Duchamp, che già utilizzava nelle sue creazioni parti in movimento (si pensi alla famosa ruota di bicicletta montata su uno sgabello), coniò l'espressione "mobiles" per le opere di Calder, composte di parti incernierate che ondeggiano liberamente nello spazio: tali strutture divennero presto l'esempio più popolare di questo tipo d'arte.

Accogliendo spunti dal costruttivismo e dal dadaismo, l'arte cinetica conobbe una grossa fioritura dopo la seconda guerra mondiale, tra gli anni Sessanta e Settanta, a opera di vari gruppi di artisti in diversi paesi europei. Le possibilità espressive legate a questa forma artistica si ampliarono notevolmente con l'introduzione di apparecchi a motore, elettronici, ad acqua o magnetici. In molti casi, l'arte cinetica divenne veicolo di critica e riflessione sul mondo contemporaneo, in cui il frenetico sviluppo tecnologico e gli incalzanti ritmi della quotidianità rischiano di svuotare di senso azioni e gesti: un messaggio che emerge ad esempio dalle complicate macchine di Jean Tinguely, composte di rottami e di oggetti comuni tutti collegati tra loro e coinvolti in sequenze di movimenti reciproci, ripetuti all'infinito senza scopo. Altri esempi famosi di arte cinetica sono i lavori dell'artista ungherese Nicolas Schöffer, in particolare le sue Torri spaziodinamiche, come quella del Parc de la Boverie (1961) a Luttich, in Belgio.